Capitolo 1

Via Tverskaya: una via russa generalmente molto trafficata da un via vai di automobili, era totalmente deserta.
Non c'era quasi affatto movimento, l'aria sembrava più pesante rispetto al solito.
Le uniche cose che si potevano vedere erano gli scheletri di macchine sbandate, messe ai lati della strada, alcune da cui si sollevava fumo per il motore andato.
Una ragazza bionda dai capelli tagliati a caschetto in maniera irregolare e disordinata - che più che una ragazza sembrava una bambina sia per statura sia per aspetto generale- si dondolò leggermente, assistendo al paesaggio davanti ai suoi occhi, quasi con soddisfazione, sorridendo ad un uomo affianco a lei - il quale invece appariva estremamente serio- e stringendo tra le braccia una bambola dall'aspetto alquanto inquietante.
-Credo che abbiamo fatto un po' di casino- disse ridendo la ragazza, socchiudendo gli occhi, i quali avevano una diversa tonalità: uno era nero come l'oscurità più tremenda, l'altro quasi argenteo, leggermente luccicante.
Ella continuò a dondolarsi per diversi istanti, aspettando la risposta dell'uomo.
Egli era composto, i capelli tendenti al mosso per fattura, neri come delle ali di un corvo, gli occhi rossi, quasi iniettati di sangue.
Il suo volto era impassibile in un estrema incapacità di abbassarsi al mostrare qualsiasi tipo di emozione, sembrando almeno venti metri da terra.
-Facevano casino- si limitò a rispondere egli -Mi stavano disturbando.-
-E tu non riesci a concentrarti per colpa di un paio di automobili?- la bionda ridacchiò, portandosi una mano alla bocca con fare leggermente divertito, sempre con quel sorriso stampato in faccia.
Un sorriso pazzo.
Un sorriso che all'uomo affianco a lei non dispiaceva , o almeno così appariva: non si capiva molto a cosa pensasse.
Non rispose, continuò a non rispondere.
-Ohi, Ga-vri-el. Scena muta, fai?-
Lui la fulminò con lo sguardo, lei ridacchiò ancora: si divertiva tantissimo ad infastidire il suo angelo.
-Voglio sentire- ribatté lui con tono secco -Dobbiamo salire in alto-
-Mi fai volare anche a me con le tue ali? Voglio divertirmi anche io-
-Ho detto dobbiamo. Non era abbastanza per renderti chiarezza all'idea, Elissa?-
-Volevo solo una conferma, eh eh- lei strinse il peluche al petto, avvicinandosi al corvino, il quale si abbassò leggermente, permettendole di sedersi su una delle sue spalle.
Lei lo fece, con sempre la stessa espressione psicopatica stampata sul volto.
-Devi tenerti-
-Oooookaaaay- Elissa rise, ma rise ancora di più al sentire le spalle dell'angelo contrarsi sotto di sé: le ricordava l'effetto di quando una persona era presa dagli spasmi di dolore.
I suoi genitori.
I suoi genitori erano stati presi dagli spasmi di dolore.
Gavriel spalancò le bianchissime ed enormi ali. Erano almeno due metri e mezzo l'una.
Risultavano candide come la neve, brillavano sotto la luce timida di un sole pomeridiano nascosto da grigie nuvole.
L'angelo spiccò il volo, sollevandosi da terra con un altro contrarsi di muscoli, con tutta la pressione che si fece immediatamente sentire per colpa dello scatto.
Elissa sentiva l'aria sbatterle addosso e lo trovò divertente: non quanto le torture mentali agli sconosciuti, ma era divertente.
L'angelo si sollevò di qualche metro, poi si fermò, guardando ogni lato della città di Mosca che era raggiungibile al suo sguardo.
Nessuna luce particolare, non esternamente almeno.
Nessun odore.
Helal aveva detto Mosca, ma la città russa era grande: trovare la pietra sarebbe stato più complicato di quanto si era immaginato.
Non aveva specificato che pietra fosse, l'angelo, percependo il pozzo parlare con i suoi suoni quasi impossibili da tradurre per tutti.
"Non importa. Se finirà nelle mani di qualcuno, la recupererò immediatamente"
Non era presunzione, la sua: possedere una pietra significava avere addosso un marchio, un odore che si poteva sentire anche a ottocento chilometri di distanza.
Si diventava automaticamente una preda, questo finché la pietra non ti avesse definito come suo possessore, rimuovendo la scia.
Solo la morte di quell'angelo o quel demone poteva far tornare la pietra alla ricerca di un padrone.
-Cerchiamo in un altra parte della città-
-Roger!- esclamò Elisse con tono estremamente allegra, agitando le gambe, fregandosene altamente della probabilità che potesse cadere all'indietro e precipitare in direzione del duro asfalto.

*

Il rumore delle rotaie era assordante, il paesaggio scorreva, accompagnato da quel fastidio tremendo e otturante per i timpani.
Appoggiarsi al vetro o all'intero divanetto, stendendosi, non cambiava le sorti, anzi, in entrambi i casi quel chiasso risuonava nell' udito, quasi stordendo.
-Sinceramente? L'idea di un demone che và in treno mi diverte parecchio- asserí il ragazzo, accavallando le gambe e guardando il finestrino -Perché abbiamo scelto un mezzo simile, quando tu hai le ali e potremmo tranquillamente volare? Mh? Ci metteremmo meno e sinceramente preferirei essere uno dei primi ad arrivare, non uno degli ultimi. Cioè, per carità, non mi dispiace come cosa, ma davvero, non capisco la motivazione-
- E perché non dovremmo?- la demone sorrise, agitando la coda - Appena raggiungeremo la città saremo in un continuo andare a destra e manca. Se troveremo la prima pietra, saremo in pericolo. Perché non provare a divertirsi nel mentre?-
-Cosa ci trovi di divertente in un treno?-
-In realtà credevo lo fosse molto ... molto di più, ecco. Io non c'ero mai stata, sai. La mia ultima discesa sulla terra non aveva tutta questa tecnologia-
-In poche parole... Non sai come funzionano i computer e molte altre cose-
-Computer?- la demone agitò le antenne, con espressione esaltata -É qualcosa di divertente?-
Il ragazzo non sapeva se prenderla sul serio, ridere o sbattersi la mano in faccia.
Nel dubbio si limitò a mischiare tutte e tre le cose, i capelli platino che andavano a finirgli tutti sulla faccia, coprendogli gli occhi verdi.
La demone continuò ad essere incuriosita, cosa dimostrata sempre dalle sue antenne che si muovevano come le zampette di un insetto, accompagnate dalle ali.
La loro fortuna era il fatto che erano invisibili e che quindi nessuno avrebbe notato nulla... E tantomeno nessuno avrebbe chiesto loro il biglietto.
-Quindi? I computer sono divertenti? O no? Genesis. Terra chiama Genesis. Non ridere. Dai. Non ridereee- la demone piagnucolò, emettendo un verso simile ad un borbottio animalesco.
Genesis si contenne, con un netto sorriso sulle labbra, guardando la demone e la sua espressione imbronciata.
Il biondo di certo non si sarebbe mai e poi mai immaginato che una demone potesse essere così: cioè, dai, la conosceva a malapena da tre giorni e lo aveva già conquistato: forse era dovuto al fatto che lei era chiacchierona quanto lui.
Certo, Genesis era più che sicuro che Kobal poteva essere pericolosa con il suo talento dello sparire mischiato alla sua arma, però a lui ricordava tanto una di quelle bambine che veniva sempre a vederlo quando si esibiva nei suoi spettacoli di danza classica... Prima che lui mollasse, ovviamente, cercando una nuova attività, un nuovo traguardo da ottenere, un nuovo primeggiare, tentando e ritentando senza mai essere soddisfatto, arrivando poi a questo punto, deciso a battere chiunque pur di raggiungere la propria destinazione.
-Sí, i computer possono essere divertenti- il ragazzo si strinse nelle spalle -Ma sinceramente io non ne vado pazzo. Ho battuto diverse campionesse di diversi videogiochi, ma non ne sono molto entusiasta. É stato troppo facile.-
-Ah. Okay. Se tu non ti diverti, io non mi diverto- Kobal mise su un espressione 'responsabile' che fece sorridere Genesis.
Buffa. Forse troppo buffa, davvero.
-Suggerisci la prima tappa- asserí lei -Mi lascio nelle tue mani, poi andremo a cercare la prima pietra-
Genesis alzò il sopracciglio, pensieroso, appoggiando la testa al palmo della mano.
Ci ragionò a lungo, per poi battere le palpebre per due volte di fila -Mh. Che ne dici dello zoo?-
-Cos'é?-
-Un posto con tante specie di animali-
-Posso fare loro delle boccacce?- chiese speranzosa
-Se proprio ci tieni-


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