Capitolo 9: Appuntamento a tre

Il bar di Anna era un posto aperto da poco, situato vicino al liceo scientifico Primo Levi e frequentato per lo più da adolescenti, ma sopratutto era un luogo dove potevi stare bene.

Il posto aveva una piccola terrazza con una ventina di tavoli e all'interno, decorato come i pub inglesi, c'era giusto lo spazio per una decina di persone. 

Il nome del locale, non era nemmeno "il bar di Anna", Anna era solo la proprietaria.

«Mirco! Ti avevo detto di essere puntuale» asserì furente Teresa per poi venirmi in contro a testa bassa.

«Andiamo, ho fatto solo... solo, quanto? Nemmeno due minuti» dissi mentre arretravo preoccupato.

Teresa stizzita da quella risposta, fermò la sua marcia, per fulminarmi con lo sguardo.

«Mirco lasciala stare, vieni pure qui» affermò Asha pacata, facendomi segno di avvicinarmi a un tavolo rotondo di metallo nero.

«Asha!» disse Teresa indispettita per poi aggiungere con più calma: «Va bene, oggi non sarò petulante.»

"Grazie infinite Asha" pensai, mentre mi stavo dirigendo verso il suo tavolo.

Dopo essermi seduto dall'altra parte del tavolo, fui raggiunto da una Teresa all'apparenza più calma che si sedette vicina a me.

Entrambe erano vestite molto bene, Asha aveva optato per dei pantaloni bianchi, una maglietta color panna con delle scritte nere, un giubbotto dello stesso colore della maglietta e delle converse bianche e nere. 

Teresa al contrario di Asha aveva applicato un po' di make up, un'acconciatura diversa dal solito, cioè uno chignon, una gonna nera che le avevo visto indossare solo un'altra volta, una maglietta del medesimo colore con l'immagine di un gatto fatta da pallini argentati, un giubbotto sempre nero e degli stivali abbinati al resto del suo outfit.

«Gli altri arriveranno a momenti» asserì Asha per poi chiedermi, qualche secondo dopo «Ti piace come ci siamo agghindate per uscire?»

«Siete stupende» risposi imbarazzato.

«Non farti strane idee, io e Asha ci siamo vestite così solo per farci notare da qualche bel ragazzo» affermò Teresa acida, mentre si sgranchiva le mani.

«In verità a me non interessa, mi sono vestita così perché mi piace il bianco» la corresse Asha.

Teresa, dopo un sospiro seccato, asserì «Dici così, ma poi quando avrai la fila cambierai idea.»

«Chissà... La mia ultima relazione non è andata molto bene» le rispose per poi guardarmi negli occhi con un flebile sorriso.

La vergogna e il disagio presero il controllo del mio corpo e mi impedirono di sostenere il suo sguardo.

«Comunque il passato è passato, ora voglio solo bere qualcosa in compagnia» affermò qualche secondo dopo con leggerezza.

«Già» dissi sottovoce e imbarazzato.

«Ordiniamo allora. Gli altri prenderanno qualcosa quando verranno» disse Teresa a braccia conserte.

Un cameriere di circa vent'anni, forse perché aveva udito Teresa, venne da noi con un sorriso smagliante e un blocco per prendere ordinazioni. 

«Salve. Cosa posso portarvi?» asserì il ragazzo con voce rauca.

«Io prendo una fanta» disse Asha.

«Invece io un estathé» affermò poco dopo Teresa.

«Perfetto. Invece per te?»

«Ehm... io prendo una cola» risposi dopo pochi attimi.

«Magnifico, torno tra poco» disse il cameriere, mentre finiva di scrivere. 

Una volta allontanatosi fui il primo a parlare.

«Chi sono gli altri due che dovrebbero arrivare?»

«Non li conosci. Sono due vecchi compagni delle medie di Asha.»

«Ah... Ok» risposi perplesso.

«Se te lo stai chiedendo, ho inisistito io per invitare anche te» disse Asha pacata.

«C-cosa? Io... non stavo pensando questo, comunque grazie.» 

«L'idea di organizzare questa uscita è stata mia» si intromise Teresa indispettita con sguardo truce rivolto verso me.

«Allora grazie anche a te» risposi timoroso.

«Prego» ribattè Teresa, mentre dava un'occhiata al suo iPhone.

«Quello non sarà mica il nuovo iPhone?» chiese Asha stupita.

«No, è il modello 4S, a essere sincera non so neanche usarlo bene.» 

«Io ho un'iPhone 3 da quasi un anno, ma lo uso pochissimo, credo sia un po' rotto» affermò Asha.

«Forse devi solo prenderci mano» commentai mentre mi grattavo la nuca.

«In effetti è possibile, specie se non hai mai avuto iPhone» intervenne Teresa con la testa poggiata sulla sua mano destra.

«Ecco le vostre bevande» ci interruppe il cameriere con un vassoio rosso contenente le nostre bevande. 

Trascorsi diversi minuti passati a chiacchierare e a sorseggiare le nostre vevande, Teresa con uno sbuffo prese a chiamare i due che non erano ancora venuti.

«Forse sono rimasti imbottigliati nel traffico» suggerì Asha.

«Già, forse» rispose Teresa turbata con il telefono sull'orecchio destro.

«Dai vedrai che tra poco -» 

«Segreteria telefonica?» domandò Teresa stizzita, senza lasciarmi finire di parlare.

«Forse è meglio se lasciamo stare, avete qualche idea su cosa fare?» intervenne Asha.

«Potremmo fare quattro passi?» suggerii senza riflettere troppo.

Ne seguì un colpo ben piazzato sul mio stinco che mi fece piegare la testa per il dolore.

«Così impari a pensare due volte» commentò Teresa acida.

Asha invece mise una mano sulla bocca per trattenere un risolino.

«Ho parlato senza riflettere bene, non succederà più. Scusami, Asha.» 

«Tranquillo, posso venire con voi "a fare quattro passi", senza problemi» disse divertita, facendo il segno delle virgolette verso la parte della passeggiata.

«Nei dintorni c'è un parco, potremmo andare lì» suggerì Teresa.

Sebbene fossi reticente all'idea, acconsentii dopo aver visto l'entusiasmo di Asha verso la proposta.

Dopo aver pagato, ci dirigemmo con calma al parco, nel mentre parlammo un po' dei nostri professori.

Arrivati a destinazione, ci fermammo a una panchina di legno. Il parco non era molto grande, non aveva più alberi con foglie attaccate, oramai tutte cadute per terra, in più era desolato e con pochi cespugli con ancora qualche fogliolina.

«Non ero mai stata in questo parco, nonostante sia abbastanza vicino al bar di Anna» commentò Teresa, prima di sedersi con le braccia allargate sui lati della panchina.

«Nemmeno io. A essere onesto avrei preferito evitare questo posto» dissi preoccupato di fronte a Teresa.

«Cosa hai detto?» domandò Teresa seccata.

«Come mai?» chiese Asha subito dopo.

«Mio padre qualche settimana fa ha letto sul giornale del ritrovamento di due cadaveri, avvenuto proprio in una zona nascosta di questo parco» risposi a pugni stretti.

«Tutto qui?» domandò Teresa con espressione delusa.

«Il parco sembra inoltre essere frequentato da drogati. Non so... forse dovremo andare via, è rischioso andare in posti come questo specie ora che il sole è quasi tramontato.»

Teresa, divertita da quello che avevo detto, rise per poi scuotere il capo.

«Teresa, magari non è una cattiva idea cambiare posto. Il parco è... non so... forse per il fatto che siamo a novembre, mi sembra lugubre. Andiamo via» asserì Asha con le braccia avvolte sulle sue spalle.

«Siamo appena arrivati, non preoccupatevi. Mi rendo conto che il posto sia un po' morto con tutte queste foglie marroni per terra e con gli alberi spogli, ma è normale a novembre! Tra cinque minuti ce ne andremo, ok?»

Anche se titubante, dopo un sospiro di rassegnazione, acconsentii.

Asha, dopo qualche secondo di tentennamento, seguì il mio esempio.

«Per far passare più in fretta il tempo, perché non mi dite i vostri sogni nel cassetto» propose Teresa, mentre si sgranchiva le mani.

Asha, apparve piuttosto imbarazzata da quella proposta e rispose con qualche borbottio inudibile.

Io invece, dopo aver deglutito, affermai con convinzione: 

«Voglio fare il tatuatore e essere considerato uno dei migliori.»

Nessuna delle due ragazze disse nulla, ma notai una sostanziale differenza tra le loro espressioni.

Teresa apparve soddisfatta, mentre Asha sembrava essere incredula, quasi le avessero detto che era diventata milionaria.

«Sembra tu abbia stupito Asha, complimenti» mi canzonò Teresa applaudendo.

«Anche io... anche io... voglio diventare una tatuatrice ed essere tra le più brave al mondo!» asserì Asha con lo sguardo rivolto verso Teresa.

Fu una doccia fredda per me. Teresa al contrario sembrò essere al settimo cielo.

«Ma è fantastico! Anzi no è... maledizione! Non mi viene la parola!» disse Teresa con le mani sui capelli.

«Che vuoi dire?» chiesi confuso.

«Ah... giusto non te l'ho mai detto, ma io adoro i tatuaggi, infatti anche se non ne sono ancora sicura, non mi dispiacerebbe fare la tatuatrice.»

Mi sentii felice nello scoprire che la mia passione era capita e apprezzata. Purtroppo, poco prima di essere in grado di esprimere la mia gioia, una folata di vento ci investì con la conseguenza di interrompere la nostra conversazione e spingerci a tornare a casa.

Non fu quella però la vera tragedia. Appena fuori dal parco, con la coda dell'occhio scorsi una figura a me familiare. 

Non ne ero sicuro, ma nella mia testa continuavo a ripetermi una maledetta domanda, a cui avrei dovuto cercare di dare una risposta. 

"Possibile che quella sia Giulia?" 

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