Capitolo 5: Vecchi legami

La settimana stava per finire e l'appuntamento a casa Toscano si stava facendo sempre più vicino, senza che io me ne fossi reso conto.

«Come compiti per casa fate gli esercizi due, tre e quattro di pagina ventisei» affermò la professoressa d'inglese, poco prima del suono finale della campanella. 

Era stata una giornata piacevole, se non la migliore che avessi mai avuto, nonostante ci fosse stato un violento temporale. Asha mi aveva più volte rivolto la parola, mentre Teresa si era limitata a qualche sguardo torvo nella mia direzione e a qualche convenevole con Asha. 

Purtroppo, una volta tornato a casa, la mia serenità venne rovinata da mio padre. 

«Domani sera cerca di non rovinare la serata e soprattutto parla con Rebecca» affermò mentre salivo le scale.

«Perché è così importante questa Rebecca?» domandai irritato.

«È una bella ragazza e credo possiate andare d'accordo» rispose pacato, dopo aver alzato di poco il labbro inferiore.

«Ma se neanche la conosco!» sbottai con le braccia aperte.

«Certo che la conosci e lei conosce te, è stato grazie a una sua richiesta se abbiamo una cena a casa loro.» 

«Cosa?» chiesi sbalordito.

"Ma che scherzo è?" pensai con gli occhi spalancati.

«Domani avrai modo di farci quattro chiacchiere. Sono sicuro che rimarrai sorpreso.»

«Non ha senso! In nessuna scuola che ho fatto c'era una Rebecca in classe con me! Perché ha chiesto di me se non mi conosce?»

«Ma che dici? Comunque non so perché ti preoccupi tanto» affermò mio padre con lo sguardo rivolto sullo schermo del suo cellulare.

«Lascia stare, vado in camera a fare i compiti» dissi esausto e con un braccio alzato per metà verso di lui.

«Certo. Qualche disegnino» commentò divertito per poi darmi le spalle e andarsene nel soggiorno.

Oramai ero abituato ai commenti al vetriolo di mio padre, facevano male, ma non mi buttavano più a terra. 

Nel tardo pomeriggio avevo finito tutti i compiti e iniziato un disegno piuttosto impegnativo.

Mentre marcavo una linea, ricevetti una chiamata inaspettata.

«Ciao, Mirco, come te la passi?» 

"Non ci credo!"

«Giulia? Come fai ad avere il mio numero?» domandai stupito.

«Ho i miei contatti. Ti ho chiamato perché sono vicina a casa tua. Ti va di fare quattro passi?» 

«Ok» risposi con poca convinzione e dopo averci pensato sopra.

Uscito di casa, vidi Giulia, vestita in tuta sportiva e con i capelli raccolti in una coda di cavallo, a qualche metro che si stava sbracciando per attirare la mia attenzione.

«Ciao. Come va?» mi chiese con le braccia dietro la schiena.

«Bene, tu?» 

«Non posso lamentarmi. Sai perché sono qui?» 

"Come faccio a saperlo? Che sono? Un indovino?" pensai irritato.

«Ho saputo che hai fatto pace con Asha» asserì allegra.

Per un attimo mi sembrò che la terra fosse sparita da sotto i piedi. Il mio silenzio unito all'espressione che feci spinse Giulia a continuare a parlare. 

«La mia pestifera sorellina è molto amica con Asha, si vedono quasi sempre, nonostante frequentino scuole diverse.» 

«Asha ha parlato di me?» domandai in preda al disagio.

«Non di proposito, è successo ieri. Potevi anche evitare di chiamarla, visto che ti aveva già scritto un messaggio» asserì con un sorrisetto fastidioso.

«Mi ha concesso una possibilità, non ha parlato di perdono immediato però è bastato per spingermi a chiamarla per ringraziarla» dissi con i pugni serrati e lo sguardo rivolto a terra.

«Non hai fatto brutta figura. Comunque ora che avete risolto che intenzioni hai?» 

«Cosa? Che vuol dire?» domandai confuso e con la fronte aggrottata.

«Lei è stata il tuo primo bacio e anche la tua prima fidanzata. Perciò...» 

«Nulla. Sono felice che lei mi abbia concesso una possibilità di farmi perdonare. Non voglio altro» affermai risoluto.

«Ah sì? Ok» disse poco convinta per poi aggiungere: «Passeggiamo un po'.» 

Poco dopo esserci mossi, Giulia ricominciò a parlare, ma questa volta riguardo alla cena a cui sarei dovuto andare.

«Ho saputo da mio padre che domani andrai a cena dai Toscano, non credevo che fossi ancora in buoni rapporti con Rebecca.» 

«Cosa?» chiesi stupito.

«Non ci andate più? Oppure ho sbagliato data?» 

«Ci andremo, ma non conosco Rebecca!» 

«Come fai a non ricordarti di lei? Ogni estate vi trovavate sulla stessa spiaggia a giocare e nuotare. Non facevi altro che parlare di lei quando facevi le elementari.» 

Non aveva senso, mi ricordavo di una bambina di nome Rebecca con cui giocavo d'estate, ma non poteva essere la stessa. 

«Non può essere lei» dissi sottovoce.

«Cosa hai detto? Non ti ho sentito» 

«Non può essere lei!» sbottai.

«Oh! Ma che modi sono?» domandò con le sopracciglia aggrottate e la bocca semiaperta.

«Scusa... mio padre ha detto che è grazie a Rebecca se domani ceneremo a casa sua. Non ci capisco niente.» 

«Sicuro? Se non sbaglio avete frequentato anche le stesse medie.» 

«Sono due persone diverse. Devono esserlo.» 

«Non hai pensato che sia la stessa ma che sia cambiata tanto? Del resto, l'ultima volta in cui avete trascorso la stessa estate insieme è stata poco prima che tu iniziassi la quinta elementare» affermò Giulia, fermatasi a pochi passi da me.

Era vero. Dopo il casino con Asha non ho rivisto il mare fino all'estate prima di iniziare le superiori. 

«Mirco? Sei ancora con me?» mi chiese preoccupata e ridestandomi dai miei pensieri.

«Forse sono sul serio la stessa persona» mormorai a testa bassa.

«Non è una buona cosa?» 

In effetti la cosa poteva anche essere un vantaggio, ma comunque non spiegava perché fossi stato invitato.

«Certo» risposi con poca convinzione, dopo qualche secondo.

«Non sembri sicuro.» 

«Preferirei non parlarne più. Piuttosto credo di doverti delle scuse. Accettale.» 

«Ahahah, facevi così anche da bambino, mi combinavi una marachella, chiedevi scusa e pretendevi che le accettassi» raccontò con il sorriso.

Per qualche secondo, rimasi interdetto a causa dei ricordi della mia infanzia che coinvolgevano Giulia.

«Accettale!» ripetei deciso, dopo aver fatto un passo verso di lei. 

«Certo che le accetto, in fondo un po' di colpa ce l'ho anche io» disse con le braccia allargate e avvicinandosi a me.

«Cosa vuoi -» 

Venni interrotto dal suo slancio felino verso di me. Il suo abbraccio fu inevitabile, caldo e profumava di lilla.

«Giulia, basta!» implorai.

«Shh» bisbigliò.

«Dai staccati! Non voglio che la gente si faccia strane idee» insistetti deciso.

«Ok. Ma so che ti è piaciuto!» affermò divertita, poco prima di sciogliere l'abbraccio.

«Perché hai messo tanto profumo? Stavo per soffocare.» 

«Esagerato.» 

«Ora è il caso che vada. Salutami tuo padre e Clara» asserii rilassato.

«Ok. Le dirò che sei innamorato di Asha.» 

«Cosa? Perché?» 

«Scherzavo. Stammi bene, saluta tua madre e sta' attento a tuo padre.» 

Ero contento di aver fatto pace con mia cugina, ma nonostante ciò rimaneva una macchia nera nella mia vita: mio padre.

Rientrato a casa, provai a chiedere a lui i dettagli di come Rebecca avesse insistito, ma mi liquidò in malo modo a causa di una chiamata. 

Mia madre provò a rispondere ai miei dubbi, ma ne sapeva quanto me.

La sera, finito di cenare, tra le raccomandazioni di mio padre sulla cena del giorno dopo e i commenti sullo scorrere del tempo di mia madre, feci la domanda fatidica.

«Perché Rebecca ha voluto che partecipassimo a una cena a casa sua?» 

«Credevo lo sapessi» rispose mio padre roteando gli occhi.

«Non può essere perchè eravamo amici da bambini.» 

«Cosa? Lei è... ma è fantastico! Credevo foste solo ex compagni di scuola.» 

«Non lo sapevi!» 

«Come potevo? Certo che è cresciuta. Non avrei mai scommesso che fosse la stessa Rebecca con cui giocavi da bambino. Come hai fatto ad arrivarci? Non è che ti » 

Deluso e scoraggiato, mi limitai ad andare in camera mia per distrarmi con la playstation e con youtube.

Verso le dieci, stancatomi di quelle attività, decisi di coricarmi.

Poco prima di addormentarmi però mia madre bussò alla porta.

«Mirco, devo parlarti» asserì preoccupata.

Dopo essermi alzato e seduto sul letto, le chiesi:

«Riguarda la cena di domani?» 

«No. Riguarda tuo padre, anzi l'intera famiglia.» 

Ero spaventato e senza parole. Il mio cuore prese a martellare a una velocità pericolosa e il sudore iniziò a scendermi sulla schiena.

Dopo qualche tentennamento e aver preso un respiro profondo disse: «Voglio divorziare da tuo padre.» 

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