Capitolo 18: Un nuovo inizio
Il giorno del funerale c'era un freddo terribile e un cielo coperto da nuvole grigie.
Avevo lottato contro il dolore e la tristezza per tutta la notte precedente, ma riuscii lo stesso a recarmi con mia madre al funerale.
Lo zio, aveva deciso di non far fare la veglia funebre in casa. Forse perché era troppo doloroso per lui.
"L'ultima volta che sono stato in una chiesa era stato per la mia prima comunione" pensai mentre varcavo il portone della chiesa con la mano destra stretta a quella di mia madre.
La piccola chiesa in cui si svolse la cerimonia funebre era gremita di gente.
Erano almeno un centinaio e tutti incappottati.
C'erano suoi compagni di classe e di scuola, suoi conoscenti e amici, colleghi e amici del padre. C'erano persino Asha e Teresa.
Ero stato ingiusto con loro due in quel periodo, ma non me la sentii proprio di rispondere subito alle loro innumerevoli chiamate.
Alla fine, il giorno prima del funerale, verso le quattro del pomeriggio, riuscii a chiamare entrambe e a parlare di tutto quello che mi era successo.
Provai anche a telefonare più volte a Rebecca, ma senza ottenere nessun risultato.
Teresa, in lacrime a metà del mio racconto, affermò di voler subito correre a casa dei miei nonni per abbracciarmi. Dovetti lottare una buona mezz'ora per farla mollare.
Asha invece... rimase in silenzio per tutta la durata della mia narrazione e alla fine mi disse:
«Domani verrò al funerale insieme a mia madre. Spero con tutto il cuore che tuo padre non torni mai più. Pregherò per te e Giulia.»
Quando mi videro a capo chino al primo banco a destra, vestito con una giacca e pantaloni neri, mi vennero incontro e mi salutarono con gli occhi lucidi.
Teresa mi saltò addosso e mi ripetè più volte all'orecchio, a bassa voce:
«Mi spiace.»
Asha fu meno irruenta ma lo stesso dolce.
Dopo essermi staccato da Teresa mi abbassai piano, per lasciarmi abbracciare da Asha che aveva allungato le sue braccia verso di me.
«Puoi contare su di me e anche su Teresa» bisbigliò al mio orecchio.
Fui così grato per la loro vicinanza che mi sentii sul punto di piangere.
Qualche minuto dopo esserci reincontrati, il rito funebre potè iniziare.
Il giovane prete, che recitò la messa, fu molto abile nel recitare l'elogio.
Le persone che parlarono al microfono di Giulia, mi fecero scoprire tante cose che ignoravo su di lei, alcune erano sciocchezze mentre altre... mi hanno sorpreso.
Grazie a una sua amica scoprii che non era sempre stata allegra come la conoscevo.
Aveva pianto più volte fra le sue braccia perché era pentita per aver provato l'eroina.
Per merito di una sua compagna di classe scoprii che era la colonna portante della classe.
E infine grazie a mio zio, scoprii come era iniziata il suo calvario.
Un ragazzo di pochi anni più grande di lei, di nome Cesare, l'aveva avvicinata e fatta innamorare.
Il tutto successe in meno di un mese e all'inizio non sembrò essere un tipo pericoloso.
Dopo aver ottenuto la sua piena fiducia le fece provare le canne e poi... l'eroina.
Prima che potesse essere troppo tardi, mio zio la mandò in una comunità.
Ci volle un anno affinché lei ne uscisse.
Mentre raccontava tutta quella storia, non potei fare a meno di chiedermi:
"Ma possibile che Giulia si sia fatta trascinare da uno così?"
Quando poi mio zio, con il sorriso disse che da un po' di tempo aveva pure iniziato a parlare di nuovo di me, non ci ho più capito niente.
Divenni catatonico.
Mia madre fu obbligata a scuotermi per farmi riprendere.
Mio zio mi stava chiamando per farmi dire qualcosa su Giulia.
Cosa avrei dovuto dire? Che al nostro primo incontro dopo anni l'avevo trattata male per colpa di mio padre? Oppure che una sera mentre ero con Teresa e Asha l'avevo vista in una brutta zona?
Supplicai mia madre con lo sguardo di venirmi in aiuto e lei da brava donna, dopo avermi accarezzato una guancia, si avvicinò a mio zio e gli sussurrò all'orecchio che non ce la facevo a parlare al microfono.
Arrivato il momento di andare via, aspettai fermo, con lo sguardo rivolto verso la bara contenente Giulia.
Volevo rimanere per darle un ultimo addio e in più volevo confessare a mio zio cosa avevo visto.
Mia madre, dopo aver provato a smuovermi dal mio posto, confusa dal mio atteggiamento mi chiese pacata: «Che succede?»
A testa bassa e con le mani strette sulle ginocchia le risposi: «Voglio rimanere da solo. Per favore aspettami fuori, non ci metterò molto.»
Lei dapprima dischiuse le labbra per dire qualcosa, ma invece fece un sorriso spento e mi accarezzò la testa per poi andare da mio zio.
Una volta che quasi tutti, furono usciti mi avvicinai alla bara dove si trovava Giulia, prima che venisse sigillata.
Lei era bianca e fredda. Per una manciata di secondi, fantasticai sul fatto che in realtà quella non fosse Giulia, ma solo una bambola di porcellana.
«Non sai quanto mi dispiace... Io... Spero che tu sia in un posto migliore» bisbigliai, prima di darle le spalle per andare da mio zio.
A pochi passi da lui, mi fermai con il cuore che martellava al limite del sopportabile.
«Mirco... Devi dirmi qualcosa?» mi domandò lui accigliato.
Dovevo dirgli tante cose, ma invece dissi solo che ero addolorato come non mai.
A pochi metri dall'uscita della chiesa, lui corse da me e mi fermò con una mano sulla spalla.
«Mi dispiace che lei non ti abbia potuto frequentare per anni, è stata sopratutto colpa mia. Il divorzio, la mia incapacità come padre e... quel criminale!» disse col fiatone e passando dalla tristezza alla rabbia.
«Zio... Non de-»
«Ti prego! È importante!» mi interruppe brusco, per poi proseguire con calma:
«Voglio che tu sappia che per lei eri molto importante. Lei mi ha sempre detto che sareste diventati... due artisti importanti. Era fiera di te.»
Quella rivelazione mi fece male. Anche se era impossibile, pensai di star sanguinando dentro di me.
Rimasi in silenzio con il capo chino. Non avevo il coraggio di guardarlo negli occhi.
«Tua madre mi ha raccontato quello che mio fratello vi ha fatto... Se volete aiuto non esitate a chiamarmi» affermò l'uomo dandomi qualche piccolo colpetto sulla spalla.
Rapido e senza tentennamenti lo ringraziai e me ne andai da lì, a passo rapido.
Fuori ad aspettarmi, trovai oltre che a mia madre anche Teresa e Asha.
«Che ci fate ancora qui?» chiesi con gli occhi spalancati.
«Secondo te ti lascio proprio in un momento come questo?» mi domandò Teresa a braccia incrociate.
Subito dopo, Asha con un sorriso che mi fece provare imbarazzo, vergogna e felicità affermò:
«Gli amici si vedono nel momento del bisogno.»
Sopraffatto da tutte quelle emozioni con gli occhi sgranati ho iniziato piangere.
Fui subito circondato e consolato da loro tre.
«Grazie» dissi tra un soffio col naso e un singhiozzo.
Ho pensato di essere fortunato durante quella manifestazione d'affetto.
Più tardi, Asha e Teresa vennero a casa dei miei nonni per farmi compagnia.
Mio nonno mi fece complimenti di nascosto, per aver portato a casa ben due ragazze.
Fui troppo in imbarazzo per spirgargli che per me loro erano solo care amiche.
Passammo un'ora nella camera dove dormivo a parlare di Giulia e della scuola.
Mentre ero stato assente erano cambiate un po' di cose.
Il professor Bironzi si era messo in malattia, la prof Bianchi aveva annunciato di essere in dolce attesa e Alessio... è stato beccato con dell'erba da un professore.
«Quando hai intenzione di tornare?» mi domandò a un certo punto Teresa.
Colpito da quella domanda, tentennai un po' prima di rispondere.
«Vorrei tornare già domani, a dire il vero, ho ricomprato tutti i libri, i quaderni e i colori che mi servono.»
«Tuo padre è stato pro-»
«Preferisco non parlarne più» interruppi Teresa.
Lei apparve essere sorpresa, ma rispettò la mia richiesta e mi raccontò del nuovo fidanzato della madre mentre Asha mi osservò in silenzio con un flebile sorriso.
Al momento di salutarci, mi promiserò che sarebberò venute l'indomani mattina per andare a scuola insieme.
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