NEON - Marracash ft. Elisa

Mi svegliai di soprassalto, con il respiro irregolare mentre cercavo disperatamente l'interruttore. Finalmente la luce invase la mia enorme stanza da letto. Mi alzai dirigendomi verso la finestra a grandi passi. La spalancai e un venticello fresco mi colpì il viso. Facevo respiri profondi mentre guardavo l'alba all'orizzonte; un nuovo giorno stava iniziando, per fortuna.

Ecco quello che succedeva tutte le volte che provavo a dormire di notte. Incubi. Terribili incubi che t'invadono la testa e non hanno intenzione di andarsene. Il peggiore dei casi era quando, durante le notti più buie e senza stelle, sentivo delle urla strazianti. Potevo svegliarmi, potevo respirare, uscire, correre, camminare, stare in silenzio, urlare, tapparmi le orecchie. Le grida rimanevano lì. Solo una cosa fa calmare questo strazio: l'arte.

Presi un'ultima boccata di aria fresca e andai in cucina per la colazione. Dopo gli incubi la mia fame diminuiva sempre in modo notevole, quindi presi solo una mela e due biscotti con gocce di cioccolato. La colazione è il pasto più importante della giornata? Lo sapevo benissimo. Ma in momento stavo ascoltando ciò che mi diceva il cuore, rispetto a ciò che avrebbe voluto la testa.

Salì le scale e andai nel mio posto sicuro: la mansarda. Era lì che le mie creazioni prendevano vita. Ed era grazie a loro se potevo permettermi di vivere da sola. Presi i miei ultimi due dipinti e scesi a cambiarmi. Avevo appuntamento con Poke alle 9 ed erano le 8.45 per cui uscì di casa, incamminandomi verso il luogo dell'incontro. 

I miei dipinti andavano a ruba ma non ho mai voluto rivelare di essere l'artista che dava vita a quelle macchie d'inchiostro colorato. Tuttavia i soldi mi servivano per essere indipendente, così avevo trovato un ottimo negoziatore: Poke. All'università eravamo compagni di corso, avevo sempre saputo che avrebbe finito per fare il venditore di quadri. Ce l'aveva nel sangue. 

«Allora Isabella? Che mi hai portato di bello oggi?» Alzai gli occhi al cielo, sedendomi sulla sedia di fronte al ragazzo dalla pelle scura che mi sorrideva. «Buongiorno Poke. Sì, io sto bene. Grazie per aver chiesto.» Dissi prendendolo in giro mentre ordinavo una spremuta d'arancia al barista. Poi tirai fuori i due dipinti. Nel primo avevo raffigurato un cane e un gatto che giocavano sull'erba. Erano gli animali del mio vicino di casa e raramente andavano d'accordo. Il secondo rappresentava la fobia degli spazi chiusi. Il grigio era il personaggio principale di questo lavoro.

«I due animali sono sicuro che piaceranno a una simpatica anziana che verrà oggi all'asta. Quest'altro invece penso incuriosirà molta gente... Posso darti un anticipo di massimo mille euro, non di più. Il resto si vedrà alla fine dell'asta, ma questo già lo sai.» Annui sorridendo mentre lasciavo che prendesse i dipinti e mi mollasse due mazzette al loro posto. «Allora, dove hai passato la notte oggi? Sei andata in quel club che ti ho consigliato la settimana scorsa?»

Abbassai leggermente la testa, mentre bevevo la mia spremuta. «Stanotte ero a casa mia... Ho dormito.» Poke smise di sorridere e provò a incatenare i suoi occhi scuri nei miei ma io evitavo il suo sguardo, tenendo le mie iridi color verde prato fisse sul bicchiere. «Stai scherzando, non l'hai fatto veramente.» Non risposi. Lui si sporse sul tavolo e mi fece alzare gli occhi su di lui mettendomi un dito sotto il mento. «Cazzo Isabella ma sei deficiente? Lo sai cosa succede tutte le volte che dormi di notte. Che ti è saltato in mente?»

«So benissimo cosa succede, non serve che me lo ricordi. Di solito dormo di giorno, quando c'è la luce del sole e non il buio, ma ieri non sono riuscita. Il pomeriggio ho finito il dipinto per oggi e la sera sono crollata.» Dissi con voce fredda. Il ragazzo di fronte a me torno a sedersi al suo posto normalmente. «Qual è stato l'incubo di stanotte?» Sospirai, mentre iniziavo ad alzarmi per andare via.

«Il solito. Già lo sai. Questo pomeriggio dormirò un po' così stanotte andrò in quel locale. Come hai detto che si chiama?» Anche Poke iniziò a sistemare la sua roba, tirando fuori il portafogli. «Neon. Nella via di fianco alla biblioteca.» Ridacchiai. «Chi chiama un locale notturno "Neon"?» Lui mi abbracciò. «Lo scoprirai. Io ora vado, ci vediamo tra due giorni per il resto dei soldi.» Lo salutai con un cenno del capo e mi diressi verso casa.

***

Capì il significato delle parole di Poke solo quando mi trovai davanti all'insegna del locale. C'erano dei tubicini al neon che componevano la scritta del luogo. Riuscì a entrare senza problemi, dirigendomi subito al bancone degli alcolici. Ho passato tutta la serata seduta lì, a sorseggiare un drink mentre il mio sguardo vagava sulla gente che ballava in pista o stava appartata nei privé. 

Non avevo esattamente un look da discoteca. Non indossavo vestiti provocanti come la maggior parte delle ragazze in quel posto. I miei jeans neri strappati, la maglia larga verde petrolio e la giacca di pelle sembravano estranei al dress code delle normali discoteche. La cosa di positiva di quel posto è che, per fortuna mia, non aveva quel genere di codice d'abbigliamento. Più di un ragazzo si è avvicinato per chiedermi di ballare, ma io ho gentilmente rifiutato tutti.

Alle tre di notte, mentre c'era ancora un sacco di gente, me ne andai. Quel posto aveva iniziato a starmi stretto. Prima di incamminarmi verso casa, mi girai un'altra volta a guardare l'insegna del locale. Quei colori ferivano i miei occhi, che si erano abituati alla poca luce che c'era all'interno. Mi venne un'idea. Un'idea geniale. Purtroppo dovetti aspettare il mattino successivo per attuarla. E così fu.

Alle 9 uscì da casa, dopo aver passato le precedenti sei ore a dipingere una nuova tela. Avevo deciso di dipingere una farfalla perché non ne disegnavo una da molti anni e sono sempre state i miei soggetti preferiti da colorare. Il verde si era fuso con il blu, per dare forma a un gioco di colori. Mancava il tocco finale, quello a cui avevo pensato la sera prima. Andai nel negozio dove acquistavo tutto ciò che mi serviva per dipingere e presi quattro secchi di vernice blu, gialla, rossa e verde. 

Tornata alla mia mansarda, aprì due dei barattoli, legai i miei capelli neri in una coda per evitare che si sporcassero e finì il mio disegno. Altra vernice si aggiunse a quella ormai secca stesa sulla tela. Quel blu era più acceso e quel verde somigliava al parco vicino casa mia. Impiegai tutto il pomeriggio a fare un semplice disegno su un foglio di carta, mentre aspettavo che la mia farfalla si asciugasse. Quando calò la notte, alzai lo sguardo sul mio capolavoro.

Normalmente, con l'oscurità di ottobre e le luci spente, avrei visto una macchia informe su uno sfondo chiaro. Ma con il nuovo tocco che avevo dato quel pomeriggio, riuscì a distinguere chiaramente ogni contorno, ogni colore, ogni venatura delle ali. La vernice fluo faceva risplendere la farfalla così come i tubi al neon facevano risaltare il nome del club della sera prima. 

Ora arrivava la seconda parte dell'idea: portare la tela in camera mia e dormire. Forse quei colori avrebbero dato un po' di luce alla mia stanza. Forse potevo addormentarmi con l'immagine della farfalla e non più con il buio. Forse potevo liberarmi dagli incubi che mi tormentavo da anni. Non potevo crederci. Ma funzionò.

Quella notte non feci incubi. Ero libera.

***

«Che ne pensi di questo disegno? Ho usato una nuova tecnica, vediamo se riesci a riconoscerla.» Intascai i soldi senza neanche contarli e tirai fuori la tela con la farfalla, curiosa di sapere cosa ne pensava Poke. «Mi sembra normale, dello stesso stile dei tuoi soliti dipinti. Anche se è da tanto che non mi porti una farfalla.» Mi riconsegnò il disegno, mentre io ghignavo leggermente. «E se ti facessi vedere questa foto che ho scattato stanotte?» Il ragazzo fissò la foto che avevo immortalato con il cellulare incredulo. «È semplicemente stupendo. E unico. Come te e tutti i tuoi capolavori.» 

«L'ho messo in camera mia e sono riuscita a dormire, di notte, senza incubi. Quanto pensi che potrebbe valere all'asta un disegno simile?» Poke si risvegliò dal suo stato di trans, ridandomi il cellulare e fissandomi negli occhi. «Se sei riuscita a dormire allora è un disegno veramente miracoloso. L'anticipo è sempre di mille ma i compratori potrebbero donare un rene per avere una tua nuova creazione con una nuova tecnica.» Annui soddisfatta, mentre iniziavo a pensare ad un nuovo soggetto per una nuova creazione.

E ora sono qui, al cimitero, dove non avrei mai pensato di tornare. La sua tomba è nel secondo padiglione, terza fila. Mentre cammino guardo le lapidi delle altre persone, piene di fiori e frasi dei parenti. La sua la curo solo io, quando me la sento di venire, ovvero mai. Infatti il custode la pulisce ogni tanto.

Ed eccola, davanti ai miei occhi. Nella foto sorride, mi ricordo che c'ero io vicino al fotografo a fare facce buffe pur di farlo sorridere. Aveva un po' paura dei flash della macchina fotografica. Ci sono dei fiori, finti. Probabilmente li ha messi il custode.

«Ciao fratellino, come vanno le cose lì su? Ho un po' di novità, sai sono passati due anni dall'ultima volta che sono venuta qua da te, ma ti penso ogni giorno. Sto dormendo di notte, tutte le notte. Non dormo più al pomeriggio con la luce del sole a farmi compagnia. Ho imparato a vivere con il buio. E mi ha aiutato un'amica, una bellissima farfalla blu e verde. L'ho dipinta io, con un tocco speciale.» Devo prendere una pausa e fare un respiro profondo.

«Mi dispiace per quello che ti è successo. Te l'ho detto un sacco di volte e non smetterò mai di scusarmi. Dovevo esserci io al tuo posto. Mamma e papà litigavano tutte le notti, lo sapevamo entrambi. Ecco perché dormivamo con la luce accesa. Avevamo paura. Quella notte buia e senza stelle non dovevi uscire dalla camera. Era mio compito, compito di tua sorella maggiore, prendersi cura di te e andare in cucina a prenderti l'acqua quella notte. Non sapevi che lì avresti trovato la mamma con un coltello in mano e papà svenuto sul pavimento. Non sapevi che avvicinandoti a loro saresti stato ucciso. Quella era la sorte che toccava a papà, era lui il bersaglio della mamma. Ma tu non potevi saperlo. Dovevo uscire io dalla stanza quella notte.» Apro la mia borsa e tiro fuori un disegno.

«Ho una sorpresa per te. Ho fatto questo disegno, l'ho fatto il pomeriggio in cui ho dipinto la farfalla. È per te. Ha quel tocco speciale che ti dicevo prima, è dipinta con vernice fluo. Brilla al buio, spero ti possa aiutare a superare la paura del buio come la farfalla ha aiutato me. È una coppa. Come quella che avresti dovuto vincere il giorno dopo quell'incidente. Perché per me, quella gara di karate, l'hai vinta. Ci vediamo presto campione.»

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top