Serge XIII
Serge non comprese subito cosa l'avesse svegliato.
All'inizio pensò di essere stato pungolato dalla stranezza di riposare su un materasso vero, tra lenzuola che profumavano di pulito e di Marion. Poi, che a destarlo fosse stata la semplice gioia di essere a casa e di essere vivo, un sentimento che non provava da molto tempo; e in effetti il suo ritorno gli sarebbe parso un sogno, se solo il dolore al braccio non gli avesse provato il contrario.
Ci vollero diversi istanti perché capisse che l'avevano disturbato le voci alterate che provenivano dalla cucina – la voce di Marion, incrinata dal terrore, e quelle di uomini che Serge non conosceva.
Prima che potesse pienamente realizzare quel che stava accadendo, Keme si affacciò nella stanza.
«Padre, venite!» gli bisbigliò con urgenza, le labbra socchiuse in un'espressione feroce. «Vogliono portar via Marion.»
Il cuore di Serge mancò un battito mentre rotolava giù dal letto con poca grazia.
Imprecò per il braccio ferito, che rispose a quel balzo con una tremenda stilettata di dolore.
"Chi osa...? Chi mai vorrebbe?" si chiese, sgomento, mentre si allacciava alla bell'e meglio la camicia e, scalzo, faceva irruzione nell'altra stanza.
"Oh, certamente. Chi se non Legrand?"
Il funzionario quando lo vide s'interruppe all'istante e si limitò a fissarlo nel più assoluto sconcerto, con le sopracciglia talmente inarcate da sfiorarsi e la bocca ancora torta per l'invettiva che stava pronunciando contro Marion.
Sua moglie, dal canto suo, era in piedi dietro al tavolo, in modo da stare il più lontana possibile non solo da Legrand, ma anche dai tre nerboruti ufficiali che si era portato dietro e che squadravano Henri con sospetto, come se lo ritenessero l'unico avversario degno d'attenzione.
Vedere Marion costretta in quel cantuccio, visibilmente scossa, riaccese in un solo colpo l'indole sanguigna di Serge.
«Cos'è questa storia?» sbottò. «Siete venuti a banchettare sul mio corpo? Ebbene, dannati avvoltoi, pare proprio che abbiate lisciato la coda al diavolo, perché io son vivo e vegeto.»
A Legrand occorse qualche altro momento per riprendersi dallo stupore. Poi allargò le braccia e gli rivolse un ampio sorriso a labbra strette: v'era qualcosa di malsano nella luce che gli animava lo sguardo.
«Monsieur Roux! Tutti vi davano oramai per spacciato!»
«Mi davano per spacciato anche l'anno scorso e quello prima ancora. Oramai dovreste aver capito che a dar credito alle dicerie si coltivano solo delusioni, Legrand.»
«Se ne siete così certo, allora devo concludere che foste d'accordo con vostra moglie. In tal caso, arresterò entrambi.»
Con un grido di rabbia, Keme corse al centro della stanza e di certo si sarebbe slanciata contro il funzionario, decretando la propria condanna, se le mani di Serge non si fossero posate sulle sue spalle.
«Anyęah, lascia a Monsieur Legrand il tempo di spiegarsi» mormorò con freddezza, senza però riuscire a celare un moto d'orgoglio.
«Sono certo che così capiremo in fretta come e perché sia caduto in errore.»
«Nessun errore, nessun errore!» esclamò l'altro, fin troppo vivacemente, picchiettando il lungo indice accusatore su un documento che aveva dispiegato sul tavolo.
«Le dicerie contengono sempre un fondo di verità e la verità, come vi dissi già una volta, non può essere nascosta in eterno. È una diceria, per esempio, che la giovinetta che avevate preso a servizio, tale Jeannette Brun, non fosse cugina di vostra moglie. Questa lettera, invece, ne è la conferma: ho scritto ad alcuni gentiluomini miei amici, a Parigi e a Briis-sous-Forges, che con discrezione hanno appurato che mai, negli ultimi trent'anni, si sono celebrati matrimoni tra la famiglia dei Brun e quella dei Fournier.»
Una breve occhiata a Marion fu sufficiente per capire che Legrand aveva ragione e Serge serrò i denti; la sua mente lavorava alacremente, alla ricerca di una via d'uscita.
Anche il funzionario osservava sua moglie, senza curarsi di nascondere il proprio trionfo.
«E del resto, come avrebbe potuto sussistere un tale legame tra due famiglie così diverse? Tra dei miserevoli contadini del nord e la figlia di un bravo e onesto conciatore parigino? Madame Roux, questa menzogna non vi fa onore!»
«Ne parlate come se ve ne intendeste» osservò lei. «Eppure, signore, a me pare che vi siate dato una pena eccessiva per noi, scomodando addirittura i vostri amici in Francia – le cui giornate di solito sono impegnate da occupazioni più alte dell'indagare sulla povera gente, ne sono certa. Sono dunque questi gli uomini d'onore di cui il Re si circonda?»
Serge rise tra sé e sé nel vedere che nessuno di quei cani maledetti aveva una risposta pronta quanto quella di Marion.
«Sono del parere, monsieur Legrand, che in casi come questo faccia fede la memoria delle donne più che il fiuto degli uomini» suggerì, tentando di nascondere il sorriso.
«Cosa sapete, davvero, su queste persone? Sui loro legami? Mia moglie chiamava Jeannette cugina: e dunque? Rammento che io chiamavo zia la mia comare di battesimo, che non era sorella né a mio padre né a mia madre. Non vedo alcun crimine nell'aver ospitato quella fanciulla presso di noi. Al più, è stato un atto di carità di cui renderemo conto al Signore in paradiso.»
«Come se voi poteste mai accedere al Regno dei Cieli» borbottò Legrand tra sé e sé. Poi alzò la voce, che s'era fatta, notò Serge, un poco più stridula.
«Non è la parentela o l'assenza di essa che m'interessa, bensì la dote che avete sottratto alle casse del Re!»
«Oh, nel nome del Cielo!» esclamò Marion, sbattendo un palmo aperto sul tavolo.
Serge sbatté le palpebre, sconcertato, mentre nella stanza scendeva il più assoluto silenzio:
"Questa dev'essere l'espressione più colorita che le sia scappata di bocca in ventisette anni di vita" pensò e non riuscì a reprimere un sorriso. Allo stesso tempo, lo intristiva vedere che la sua assenza aveva indurito il carattere di sua moglie; vide solo allora che attorno agli occhi erano nate piccole rughe, accentuate dall'espressione irata. Non c'erano l'ultima volta che l'aveva vista.
«Volete il denaro?» sibilò lei, aggirando il tavolo e piazzandosi davanti a Legrand con i pugni serrati sui fianchi.
«Ebbene, cercatelo! Rivoltate pure la mia casa da cima a fondo: siete quattro uomini fatti, non ci vorrà poi molto. Cercatelo e quando lo trovate fatemelo sapere, ché voglio proprio capire dove si siano cacciate quelle cinquanta livrees, visto che io non sono riuscita a trovarle.»
«Dunque ammettete di aver avuto intenzione di frodare la Corona, appropriandovi della dote di un'altra fille du Roi?»
Le sopracciglia di Marion ebbero un guizzo, come se solo un incredibile sforzo di volontà la separasse dal perdere le staffe.
«No, intendo dire che quel denaro non è più qui. E neanche Jeannette, cosa che avrebbe dovuto catturare la vostra attenzione nel momento in cui siete arrivato... Ma capisco che il ritorno di mio marito dall'aldilà possa avervi distratto.»
Legrand gonfiò il petto, visibilmente offeso. Quando però provò a fare un passo verso Marion, Serge fu più veloce e si frappose tra i due.
«Potete minacciare me fino alla fine dei vostri giorni, monsieur. Tuttavia, se provate ad alzare le mani contro mia moglie vedrò di dare a voi e all'Intendente un buon motivo per mandarmi sulla forca.»
L'espressione del funzionario virò dall'incredulità, alla confusione, alla sconfitta. Serge avrebbe potuto giurare di sentire lo scricchiolio dei suoi denti che grattavano gli uni sugli altri, tanto la sua mascella era serrata.
«Dov'è ora la ragazza?»
Sua moglie si strinse nelle spalle.
«È fuggita e ha portato con sé la propria dote. Si era invaghita di un soldato al soldo del comandante De Tracy, perciò immagino che sia con le sue truppe adesso... Sempre se siete interessato a rintracciarla. Potrete così chiedere a lei se siamo cugine. Anche se immagino che se davvero si è sposata non importi più molto, nevvero?»
«Non è mai davvero importato» la corresse Serge, stringendola a sé e lanciando all'uomo un'occhiata d'avvertimento. «Poiché io ho, da qualche parte, il documento che attesta come la dote di Jeannette ci fosse stata consegnata solo in prestito, in attesa che la ragazza convolasse a nozze.»
«Un attestato redatto in base a dichiarazioni mendaci non può...»
«Basta, Legrand!»
I gendarmi poggiarono la mano sull'elsa della spada, inquietati dall'ira che vibrava nella sua voce.
«Da quasi due anni portate avanti quest'ostilità insensata: prima mi accusate dell'omicidio di mia moglie e poi di qualsiasi altra sciocchezza vi venga in mente. Permettetemi di deludere le vostre speranze: condurmi in catene a Québec per farmi impiccare non vi farà avanzare di un passo verso la sedia dell'Intendente, sapete? Una volta, certo, il mio nome aveva un certo peso, ma ora? Cosa guadagnereste, ora, dal trascinarmi nel fango?»
Legrand aprì la bocca per protestare, ma Serge scosse il capo, furibondo.
«Non ho finito. Per come la vedo io, avete davanti due strade e davvero non so quale sceglierete.
Potreste ritirarvi con dignità da questa sfida in cui mi avete coinvolto e terminare qui la persecuzione nei confronti della mia famiglia. Oppure potreste continuare: di pretesti ne troverete a bizzeffe. Ho un brutto carattere, la mia fattoria è sempre sull'orlo del fallimento, a vostro dire parteggio per gli indiani... No, davvero non avreste che l'imbarazzo della scelta. Tuttavia, a quel punto mi vedrò costretto a lagnarmi della vostra condotta a Québec.»
Le iridi scure di Legrand si fecero acquose, ma nient'altro, nella sua figura altera, suggeriva che le sue parole l'avessero punto nel vivo.
«Voi non siete nessuno, l'avete appena detto! Siete un uomo rovinato e rozzo, chi mai vi vorrà dare ascolto?»
«Oh, monsieur!» ridacchiò Serge. «Le voci, come si suol dire, corrono. Sono certo che quando arriveranno alle orecchie di Jean Talon, queste si apriranno per bene per chiunque voglia disquisire su di voi.»
Trascorsero istanti in cui Serge avrebbe potuto cogliere anche il ronzio di un'ape che volteggiava sull'erba, fuori dalla casa. In quel silenzio, decine di dubbi si accavallarono gli uni sugli altri nella sua testa.
"Ho osato troppo? Perché se è così, la sua caccia si farà ancora più spietata."
Invece Legrand indossò il tricorno e arrotolò con fare sbrigativo la lettera che aveva portato come pegno del suo successo.
«Vi auguro una buona giornata» ringhiò, senza guardare nessuno in particolare e senza rivolgere a Marion neanche un cenno di cortesia.
I suoi uomini lo seguirono, muti e perplessi come erano arrivati, e Serge barcollò verso l'ingresso, instupidito dal sollievo: voleva sincerarsi che lasciassero le sue terre, una buona volta.
«Ben fatto, signore!» esclamò Henri alle sue spalle.
Serge annuì e si massaggiò la spalla, lì dove il coltello dell'Irochese aveva inciso l'osso: si sentiva al contempo esausto e colmo d'euforia, una combinazione che lo confondeva.
D'un tratto avvertì la presenza discreta di Marion al suo fianco: aveva le gote arrossate al di sotto delle cicatrici e un paio di lacrime erano rimaste incastrate tra le ciglia.
«Venite. Voglio farvi vedere una cosa.»
Fuori li aspettava una giornata tersa, non dissimile da quella in cui Serge s'era messo in viaggio, in fretta furia, per andare a Québec a prendere in sposa una fille du Roi.
Marion non si muoveva con la sua solita, veloce efficienza: era intenta a godersi, come lui, quell'intervallo di pace dopo tanto penare.
Serge adattò il suo passo stanco a quello della moglie, combattuto tra il desiderio di prenderla per mano e l'inquietudine che le leggeva sul viso. Avrebbe voluto chiederle a cosa stesse pensando, ma sotto la luce bianca del sole, con l'erba che gli accarezzava polpacci e il vento che gli soffiava sul viso gli odori della primavera, non ne ebbe il coraggio.
«Era da tanto che non passeggiavo con qualcuno» disse invece, più a sé stesso che a Marion.
"Quand'è stata, in effetti, l'ultima volta? Forse da ragazzo, con Yarhata?"
Si sorprese nello scoprire che pensare alla sua prima moglie non lo gettava nella più cupa disperazione. Il dolore, ne era certo, non lo avrebbe mai davvero abbandonato; ma col tempo, come gli aveva predetto Le Loup molti anni prima, s'era trasformato in una malinconia più gentile.
E all'improvviso capì dove erano diretti.
La tomba di Louis detto il lupo si trovava ai margini estremi della sua proprietà, dove si udiva il rumore del ruscello e i rami degli aceri giocavano con la luce del sole, creando fasci di luce sempre diversi.
Serge rimase diversi istanti a osservare le due assi di legno inchiodate a formare una rudimentale croce, finché Marion non fece scivolare una mano nella piega del suo braccio sano.
Si sentì in dovere di schiarirsi la gola.
«È un bel posto.»
Se anche sua moglie avesse notato il pianto nascosto nella sua voce, non fece commenti. Gli indicò invece un albero a qualche passo di distanza: sul tronco una mano umana aveva inciso tre profondi graffi.
«Quando è fuggita, Jeannette non ha preso i soldi della dote e io li ho nascosti qui.» spiegò con voce incerta. «Non potevo star tranquilla con quella somma dentro casa, visto ciò che è accaduto di recente, tra gli Irochesi e... I coureurs des bois... Avrei davvero preferito che Jeannette non li avesse lasciati qui. Prego ogni giorno affinché si sia effettivamente sposata, pur senza la grazia del Re. Sono... Molto in pena per lei.»
Serge si strinse nelle spalle.
«Ha scelto la propria strada, come dobbiamo fare tutti.»
E ricordando l'incredibile forza che si nascondeva dietro il corpo ossuto della ragazza, era sicuro che le terre selvagge della Nuova Francia non l'avrebbero spezzata – proprio come non avevano spezzato sua moglie.
Marion gli lanciò un'occhiata da sotto in su, timorosa.
«Potrete mai perdonarmi per la menzogna con cui ho gettato le basi del nostro matrimonio?»
«Se ben ricordo, neppure io sono stato del tutto sincero la sera in cui ci siamo conosciuti.»
«Ah, che bella coppia di bugiardi che siamo» sospirò lei, ma il suo sollievo era evidente.
Serge sorrise e accennò col capo verso il punto in cui era seppellita la dote di Jeannette.
«Perché credi che non abbia preso il denaro? Era suo di diritto e son certo che le avrebbe fatto comodo.»
«Non lo voleva. Non voleva nulla che le ricordasse anche solo un poco la Francia. Una volta... Aveva detto che avrebbe volentieri ceduto la dote a Keme, se avesse potuto scegliere.»
«Allora sarà per questo che lo useremo, se mai Keme deciderà di sposarsi.»
Marion parve ragionarci un poco. Più la osservava e più Serge trovava dettagli in grado di attirare la sua attenzione per molti anni a venire; come, per esempio, la maniera in cui la sua fronte si appianò non appena giunse a una decisione.
«Sono d'accordo. Sempre che... Jeannette non torni prima.»
«Mi sembra ragionevole.»
Serge avrebbe voluto prolungare quel momento all'infinito, lontano dalle preoccupazioni e dai lavori quotidiani. Lì non c'erano incomprensioni dovute alla rigidità di Marion o al proprio temperamento focoso. In quel silenzio, l'amore che li legava pareva un ponte di vetro teso nello spazio tra i loro corpi, pronto a spezzarsi non appena uno dei due avesse preso la parola.
Spinto dall'urgenza di trasformare quella sensazione in qualcosa di tangibile, quando Marion fece per avviarsi verso la fattoria Serge la trattenne e si sfilò dal collo il ciondolo con l'effige della Madonna.
«Per te» borbottò impacciato.
Fu ripagato da una risata deliziata.
«È molto bello» disse Marion, abbracciandolo. Poi, colta da una ritrosia che stonava col suo aspetto rispettabile, da onesta zitella, si tirò indietro e rimirò attentamente la collanina.
«Non ho mai posseduto un gioiello» sussurrò, meravigliata, avviandosi a passo svelto verso la fattoria.
«Voglio mostrarlo subito a Keme!»
Serge la seguì con passo più lento, voltandosi un'ultima volta verso la tomba di Le Loup. Era ancora frastornato dalla ferita, dal viaggio e dalla visita di Legrand; ma sapeva che, una volta che quel tumulto si fosse risolto, la perdita del suo fedele servitore l'avrebbe investito con tutta la sua tremenda forza.
"Tornerò" gli promise in silenzio.
"Ci sono così tante cose che devo raccontarti. Voglio costruire un pozzo, comprare un'altra bestia da soma, vendere il gregge.
Sì, ho grandi progetti per questa proprietà, Louis.
Ti piaceranno."
NOTE STORICHE
• L'ho detto già una volta nei primi capitoli e lo ribadisco ora: si sa veramente poco sul conto delle filles du Roi che non trovarono marito. L'inciucio della dote di Jeannette è perciò tutta farina del mio sacco 😝
• Briis-sous-Forges è un paesino situato nell'Île-de-France, non molto lontano da Parigi.
Rubo la battuta al mio migliore amico e beta reader per dire... Crilu è un'elfa libera! 🤩
Davvero, non si può finire la sessione il 29 settembre... Soprattutto se i Wattys scadono alle 5:59 di domani 😭
Non me ne vogliate dunque, se questo capitolo e l'epilogo (che arriverà, spero, tra un paio d'ore. Prima di andare a ubriacarmi a Trastevere, comunque, altrimenti addio coerenza 😂) saranno infarciti di errori.
Ho gli occhi da pesce lesso e rileggere tutto un'altra volta mi pare un'impresa impossibile ahahahah
Tanto credo che inizierò una prima revisione subito dopo aver completato la storia per "puntellare" questi ultimi capitoli che non mi convincono molto.
Per lacrimucce e colpi emotivi sotto la cintura rimando al prossimo capitolo
Stay tuned ❤️
Crilu
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