Marion XIX

L'autunno non si era fatto attendere nelle terre della Nuova Francia: già a partire dalla seconda metà di Agosto l'aria s'era fatta pungente e le piogge sempre più frequenti e torrenziali; e ora che si era giunti alla fine di Settembre, il sole pareva perennemente nascosto dietro un velo di pallide nubi rarefatte.

Intenta a mescolare la polenta d'orzo che aveva intenzione di servire per cena, Marion ragionò sull'opportunità di seminare l'orzo nei giorni successivi, in modo da sbrigare quel lavoro immane quando ancora le giornate non avevano iniziato ad accorciarsi. Bisognava anche macellare qualcuna delle bestie più vecchie, che probabilmente non sarebbe sopravvissuta all'inverno e che avrebbe fruttato di più come carne per la zuppa.
A volte si stupiva ella stessa di come si fosse adattata a quella vita rurale, che non aveva mai sperimentato prima di arrivare in Nuova Francia; i timori degli esordi erano svaniti davanti all'abitudine e all'aiuto dei servi e soprattutto grazie ai consigli di Le Loup.

Doveva così tanto a quel vecchio, che non aveva il cuore di rimproverarlo quando nel bel mezzo del lavoro pareva smarrirsi e dimenticare ciò che stava facendo, o quando i suoi discorsi sagaci prendevano strade tortuose e terminavano in un balbettio incomprensibile. Era opinione di tutti, alla fattoria, che quei bizzarri comportamenti fossero dovuti al violento colpo subito durante l'attacco degli Irochesi e di tacito accordo nessuno ne faceva mai menzione.
E sempre per quel silenzioso patto fatto di comprensione e pietà si erano tutti affollati attorno a lei non appena era tornata a casa, solleciti e premurosi come non li aveva mai visti; erano state soprattutto le premure di Étienne e Le Loup, due uomini fatti e finiti che avevano appena perso un compagno, a commuoverla.

Serge, invece, l'aveva sorpresa oltre ogni dire: la notte successiva al loro ritorno, quando Keme si era addormentata quietamente tra le sue braccia, si era voltato verso di lei con espressione grave e le aveva chiesto di raccontarle cosa fosse accaduto al villaggio degli Irochesi.
«Non voglio rimproverarti» aveva chiarito. «Tu non hai nulla di cui vergognarti e devi, anzi, essere orgogliosa di ciò che hai fatto per proteggere Keme. Io lo sono.»

A quelle parole Marion si era lasciata andare a un pianto irrefrenabile in cui aveva dato sfogo al tormento e al terrore che ancora si portava appresso e suo marito l'aveva accarezzata con una dolcezza e un rispetto di cui non lo credeva capace. Come il bacio che si erano scambiati al villaggio irochese – Marion avvertiva ancora le labbra bruciare al pensiero – quel tocco non aveva nulla di carnale ed era piuttosto il mezzo più semplice con cui quell'uomo potesse dimostrarle la sua vicinanza.
Non erano tuttavia bastate le rassicurazioni di Serge, né quelle di Ahanu: per giorni e giorni non aveva avuto il coraggio di lasciare la sicurezza delle quattro mura della fattoria e ancora allora, dopo diverse settimane, si guardava le spalle a ogni piè sospinto.
Forse l'avrebbe fatto per tutto il resto della vita, ma la notizia che l'esercito francese era in procinto di partire verso sud per guerreggiare con Inglesi e Irochesi sulle loro stesse terre le aveva dato un poco di conforto.

«È pronto?»

La voce di Henri tradiva la sua fame e interruppe il corso dei pensieri di Marion. La donna rispose con un freddo cenno di assenso: non gli aveva ancora perdonato la vigliaccheria dimostrata durante l'attacco. Aveva anche pensato di chiedere a Serge di mandarlo via, ma alla fine aveva desistito da quel proposito, poiché Henri era un giovanotto robusto, seppure codardo, e non potevano permettersi di rinunciare ai suoi servigi.
Gli uomini arrivarono a tavola alla spicciolata, affamati e allegri – con l'eccezione di suo marito, che sembrava nervoso.
Marion non avrebbe saputo definire cosa nel suo atteggiamento le dava quell'impressione, ma oramai lo conosceva a sufficienza da preoccuparsi quando vedeva le rughe attorno agli occhi farsi più marcate.

Finalmente, non appena Jeannette ebbe terminato di pronunciare la preghiera di ringraziamento, Serge batté una mano sul tavolo per richiamare la loro attenzione.
Parve lottare qualche istante con sé stesso, alla ricerca delle parole giuste, e l'ansia di Marion aumentò fino a serrarle la gola.

«Ho deciso di unirmi al reggimento di Courcelles. Partiremo per le colonie inglesi sul finire del mese.»

Marion rovesciò a terra il piatto di polenta che stava per servirgli, Henri fischiò tra i denti e Le Loup si tagliò la mano col coltello che stava usando per tagliare il pane.
Mentre il vecchio imprecava e Jeannette correva a prendere uno straccio con cui bendargli la ferita, Keme si alzò in piedi sulla sedia e fissò suo padre dritto negli occhi. Pareva la miniatura di una donna adulta e in lei Marion vide, come un lampo, l'ombra fiera di sua nonna.

«Anche tu mi abbandoni?» mormorò, ma la tristezza del suo tono parve scuotere tutti nell'intimo, tanto che Serge impallidì e fece il giro del tavolo per baciarle i capelli.

«Se me ne vado è proprio perché non voglio che ti accada nulla di male» le spiegò. «Voglio tenere gli Irochesi lontani da questa casa, in modo che voi tutti siate al sicuro.»

«Ma l'altra volta te ne sei andato ed è stato proprio allora che ci hanno rapite!»

«Lo so.»
Un'ombra di puro odio, a malapena trattenuto, calò sul viso dell'uomo.
«Ma questa volta ci sono i soldati di De Tracy a proteggervi. Quando sono partito per Montréal non avevo alcun sentore di questa minaccia: ora che ne sono venuto a conoscenza non posso rimanere qui ad aspettare che essa si risolva da sola!
Senza sapere, poi, se all'orizzonte un giorno arriveranno i bravi soldati francesi o gli Inglesi e gli Irochesi, impazienti di darsi al saccheggio. È meglio che io vada a combattere lontano, piuttosto che ritrovarmi la guerra sulla porta di casa. Sono l'onore e il dovere a impormelo. Keme, anyęah... Lo capisci questo?»

La piccola scosse la testa mentre la bellicosità l'abbandonava e lasciava il posto a un broncio più infantile.

«Il padrone ha ragione» esclamò all'improvviso Étienne, che fino ad allora non aveva aperto bocca e si era limitato a seguire la conversazione con molto interesse.
«Se permettete, signore, mi unirò a voi nella lotta agli Inglesi.»

Serge annuì.
«L'esercito non disdegnerà di certo un altro fucile.»

«Ma se ve ne andate entrambi, chi baderà alla fattoria?» protestò Henri. «Rimarranno solo le donne e il vecchio a darmi una mano!»

«Sta per arrivare l'inverno, non ci sarà più molto da fare...»

Badando a fare il minimo rumore possibile, Marion scivolò via dalla cucina e da quella vivace discussione e uscì a rifugiarsi sul cortile posteriore. Si appoggiò al forno in muratura e infilò due dita nella scollatura del corsetto per dare sollievo alla pelle accaldata: sentiva di stare per svenire.
La parvenza di quiete che le sembrava di aver riguadagnato dopo il rapimento era andata in pezzi sotto il peso di quell'annuncio.

"Se ne va. Va in guerra e Dio solo sa quanti soldati non tornano più a casa. Se ne va come sono andati via tutti coloro a cui ho voluto un po' di bene..."

Udì la porta aprirsi e chiudersi alle sue spalle e lanciò un'occhiata obliqua a Serge, che si era fermato a qualche passo da lei: le ciocche dorate gli ricadevano sulla fronte in maniera disordinata, come se vi avesse passato più volte le dita attraverso, e le labbra erano tirate in un sorriso mesto.
All'improvviso provò una gran rabbia nei suoi confronti e una tale frustrazione che dai denti serrati le sfuggì un verso che non era un singhiozzo e non era neanche propriamente un ringhio: era la perfetta espressione della confusione che aveva nella testa e nel cuore.

«Non volevo turbarti» esordì Serge. «Avevo anche pensato di discuterne con te, in privato, ma...»

«Non l'avete fatto.»

L'uomo si strinse nelle spalle.
«No, alla fine no. Temevo che mi avresti convinto a restare.»

«Ah!» sbottò Marion, voltandosi a fronteggiarlo coi pugni stretti sui fianchi. «Nessuna donna ha questo potere sul proprio marito.»

«Tu ce l'hai!» l'interruppe lui, con una foga inusuale. Dal modo in cui si torceva le mani e spostava il peso da una gamba all'altra, pareva in preda a una disperazione nera.
«Farei qualsiasi cosa se fossi tu a chiedermelo, Marion. Mi dispiace di non saperlo dimostrare, mi dispiace...
Mi dispiace di non averti mai chiesto scusa.
Per averti quasi ammazzata, soprattutto, ma anche per averti costretto a sposarmi con l'inganno. Non l'ho mai fatto perché... Beh, un po' perché ho questo brutto temperamento, meschino e cattivo, che sarà la mia rovina... Un po' perché non ho mai trovato le parole giuste per domandarti perdono.
Io non merito il tuo perdono, lo so.
Tu non mi devi niente.»

Trasse un respiro incerto e chinò il capo come se non riuscisse più a guardarla negli occhi; e Marion, invece, avrebbe voluto continuare a scrutare nelle sue iridi grigie e tristi, perché non le erano mai sembrate così limpide.

«Ho riflettuto molto su di te in questi giorni. Ti ho fatto più di un torto e tu mi hai ripagato solo con obbedienza e lealtà, perciò volevo... Sistemare le cose, ecco. Voglio che tu sappia che in un modo o nell'altro, prima della fine di questa guerra potresti essere una donna libera.»

Marion fu colta da un attacco di nausea e per un istante temette che le ginocchia non l'avrebbero retta, perciò si accasciò ancor di più contro la parete del forno.
«Mi state ripudiando
Un secondo sospetto, ancora più tremendo, le mozzò il respiro.
«Oppure vi proponete di non tornare vivo dal fronte? È così? Volete morire?»
Non le importava di aver alzato la voce, che risuonò isterica anche alle sue stesse orecchie.
"Che sentano, che sentano pure!" pensò, furiosa, sbattendo veloce le palpebre per scacciare le lacrime. "Di tutti i folli propositi che quest'uomo ha avuto, questo è di gran lunga il peggiore!"

«Spero con tutto il cuore di sopravvivere – se non per me stesso, almeno perché Keme non rimanga orfana» la contraddisse Serge.
«E il Signore mi è testimone quando dico che non c'è nulla che desidero più di trovarti qui quando tornerò. Ma se così non fosse, non te ne farò una colpa: il matrimonio non è stato consumato... Potrei chiedere l'annullamento.»

Tra loro cadde un silenzio colmo di stupore e aspettativa.
Poi, di tutte le domande che affollavano la sua mente confusa, Marion si ritrovò a dar voce alla meno importante.

«E Keme? Chosovi...?»

«Chosovi dovrà rassegnarsi all'idea che non può dettar legge su ciò che concerne me e mia figlia: l'ha già fatto per troppo tempo e io ero troppo debole ed egoista per oppormi. Non ti preoccupare di questo.»

«Ma se è proprio per questo che mi avete sposato!» gridò lei, tra i singhiozzi.

«Oh, Marion» sussurrò suo marito, avvicinandosi per stringerla tra le braccia. «Sono giunto alla conclusione che non potrei mai rallegrarmi della mia felicità alle spese della tua. Potresti trovarti un marito che ami, costruire una nuova famiglia... Potresti essere davvero felice, lontana da questa fattoria.»

"Io sono già felice."
Lo stupore di Marion nel realizzare un fatto così semplice fu grande: proprio lei che fino a qualche settimana prima piangeva ancora la madrepatria aveva iniziato a considerare quella fattoria la sua casa e quella gente la sua famiglia. Ed era accaduto in maniera così silenziosa che non se ne era neanche accorta – almeno finché suo marito, in un atto di inopportuna generosità, non si era proposto di sottrarle tutto ciò che aveva imparato ad apprezzare e amare.
Fu invasa da gioia e dolore in egual misura:
"Proprio ora che ho capito qual è il mio posto sono destinata a perderlo?"
Si sciolse dall'abbraccio di Serge, ma intrecciò le dita tra le sue e cercò i suoi occhi, decisa a confidargli ciò che provava, poiché era un sentimento troppo grande e complicato perché potesse affrontarlo da sola.

«Io... io vi...» balbettò.

Lo sguardo serio di suo marito la fece esitare: le era tornato improvvisamente in mente quello stesso volto coi bei lineamenti stravolti dall'ira e dall'odio, mentre lui tentava di affogarla. Vide riflesso quel ricordo nelle iridi di lui e la vergogna e lo sgomento che si dipinsero sul suo viso le strinsero il cuore.

Le Loup caracollò fuori dalla casa con la sua andatura da storpio, tenendosi stretta al petto la mano ferita, e l'incanto si spezzò.
Serge fece un passo indietro e schermò la sua espressione dietro un cipiglio corrucciato.
«È un brutto taglio» commentò all'indirizzo del vecchio, che storse le labbra.

«Lo so, accidenti al demonio! Fa pure un male cane! Sono uscito per lavar via tutto 'sto sangue. Ora, c'era un secchio con dell'acqua buona da qualche parte, qua fuori...»

Marion socchiuse le labbra, alla ricerca delle parole giuste per recuperare quello straordinario sprazzo d'intimità con suo marito, ma Serge le voltò le spalle.

«Sarà bene che vada a discutere con Henri di ciò che va fatto prima dell'arrivo dell'inverno» borbottò. «Non mi restano che pochi giorni prima della partenza.»

NOTE STORICHE

Daniel de Rémy de Courcelles (1626-1698) stato un condottiero e politico francese che insieme a De Tracy (che avete già incontrato e che ritornerà nei prossimi capitoli 😝) guidò la spedizione di guerra contro gli Inglesi nell'inverno del 1666.

• Gli scontri del biennio 1665-1666 s'inseriscono in un conflitto molto più ampio — noto come Guerre Franco-Irochesi o Guerre dei castori: queste si conclusero solo nel 1701, quando con l'espansione territoriale degli Inglesi (che avevano una politica molto più incentrata sulla colonizzazione e la sottomissione dei nativi rispetto ai Francesi) la Lega Irochese si convinse che la Francia era il minore dei mali e siglò la grande pace di Montréal.
Terminava così quasi un secolo di ostilità.

Compagni scrittori, vi è mai capitato di provare uno slancio di tenerezza infinita per dei personaggi, che vi spinge a dire "vabbè, quasi quasi una gioia gliela regalo"?

Ecco, a me mai 😂😈

Però ammetto di essermi addolcita un po' nello scrivere questo capitolo — sarà l'estate, la fine della sessione estiva o il finale di Fille du Roi che s'avvicina (😢)...
Sarà che Serge, diciamolo, si è messo d'impegno per riscattarsi questa volta 😂 e l'ha fatto con una delle sue scelte da stupida testa calda, decidendo di scendere in guerra! Ah, ne vedremo delle belle...

Voi che ne pensate? Marion si pentirà di essere rimasta in silenzio? 🤔

Enjoy ❤️

  Crilu

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top