Marion VI




«Basta così, signora: date qua, faccio io!»

Con fare docile, Marion lasciò che Étienne le sfilasse di mano il forcone con cui stava ammonticchiando il foraggio per lo sparuto gruppo di pecore che suo marito era riuscito a salvare dalla bancarotta.
Era stato lo stesso Étienne a confidarle di come quelle bestie magre e malaticce erano solo un'ombra del gregge che la famiglia Roux possedeva un tempo; e ora che le terre di Serge erano state divorate dai debiti, esse erano diventate una pesante scocciatura, dato che toglievano tempo e braccia al lavoro della terra e rischiavano di non sopravvivere all'inverno.
Non essendoci un pascolo nei dintorni della fattoria, Marion si era assunta l'ingrato compito di nutrirle e curarle senza un lamento, anche se ogni sera si coricava nel letto con la schiena dolente e le mani gonfie.
A due settimane dalle nozze aveva smesso di attendere con trepidazione che suo marito la raggiungesse in camera, poiché ogni mattina era certa di trovarlo svenuto davanti al camino, in cucina o anche nel bel mezzo dei campi. Doveva avere una tempra d'acciaio per non essersi ammalato dopo tante notti passate all'addiaccio.
La donna si portò una mano al volto per schermare la luce del sole ormai prossimo a tramontare e schiuse le labbra in un sorriso nel vedere Jeannette correre verso di lei.

«Finalmente! Iniziavo a preoccuparmi!» esclamò, ma il sollievo lasciò subito il passo all'agitazione quando notò le condizioni della ragazzina, tornata senz'acqua e con le vesti e il viso sporchi di terra.
«Cosa ti è accaduto?»

«C'erano due indiani, al fiume.»

Marion rischiò d'inciampare nell'orlo della gonna mentre il suo cuore iniziava a tamburellare, impazzito per la sorpresa e la paura. D'istinto tese le braccia verso Jeannette e l'attirò contro il suo corpo, meravigliandosi di come apparisse tranquilla e composta: solo un leggero pallore e il respiro appena affannato tradivano la disavventura della ragazzina. La donna era certa che al suo posto non sarebbe riuscita a frenare le lacrime e il tremore.
«Cosa ti hanno fatto? Stai bene? Ti hanno seguita?» domandò, in un crescendo di ansia e terrore.
"Quanti altri ce ne saranno, là fuori? Perché sono così vicini alla fattoria? E se ci attaccassero?"

Jeannette scosse la testa.
«Non hanno badato affatto a me» spiegò. «Anche se io, sul momento, ho pensato il contrario e sono scappata. Ho anche perso la strada nella foresta...»

«Oh, bambina mia, che spavento devi esserti presa!» esclamò Marion, rassettandole la treccia ormai sciolta e offrendole un tremulo sorriso mentre la indirizzava verso la casa. «Vieni, mi racconterai meglio davanti a una focaccina di mais, che sono ancora calde. Sei stata fortunata a trovare la fattoria tanto in fretta.»

La ragazzina scrollò le spalle con fare pensieroso:
«No, in realtà non più di tanto. Una graziosa bambina indiana mi ha accompagnata.»

Marion non ebbe il tempo di riflettere su quelle parole che udì un gran trambusto e una violenta imprecazione che fece arrossire le sue guance butterate: voltatasi, scoprì con un certo sconcerto che Étienne aveva fatto crollare la balla di fieno su cui stava lavorando e ora era a terra, intento a pulirsi la faccia dal fango.

«So' inciampato, signora, mi dispiace. Ci sono proprio nato, imbranato così» borbottò a mo' di scuse.

«Non fa nulla, non fa nulla... Bada però di finire prima che mio marito rincasi» sussurrò lei di rimando, con un filo di voce.
Aveva intravisto un lampo di rabbia negli occhi del ragazzo, un'emozione troppo vivida perché fosse dettata solo da un incidente nel lavoro, e non sapere a cosa addurre quel repentino cambio d'umore la inquietò.
"È mai possibile?" si chiese, stringendosi meglio nello scialle mentre si dirigeva verso la cucina, preceduta da Jeannette. "Proprio il buon, caro Étienne che mi è stato di così tanto conforto in questi giorni... È davvero possibile che mi stia nascondendo qualcosa?"

La luna era sorta da un pezzo quando Marion si svegliò all'improvviso, destata da un rumore, e nella lattiginosa luce che filtrava dalla finestra vide Serge osservarla dai piedi del letto. Era troppo difficile intuire l'espressione di quel viso in penombra, tuttavia l'acre odore che si levava dai suoi vestiti sgualciti le confermò che aveva impiegato anche quella giornata a stordirsi col bere.
La mente di Marion s'animò nell'arco di un battito di cuore mentre un paralizzante torpore le bloccava le membra: suo marito si era già liberato della cintura e della camicia e si calò le brache senza dar mostra di pudore o imbarazzo prima di arrampicarsi sul letto accanto a lei.

Aveva atteso quel momento dalla sera in cui aveva pronunciato i voti nuziali, anzi, fin da quando sua madre le aveva spiegato che l'unione carnale tra un uomo e una donna era l'atto fondante di una famiglia, ciò che il matrimonio sanciva e santificava. Per Marion fanciulla quel mistero che dava la vita era legato in maniera indissolubile alle fantasticherie sullo sposo con cui l'avrebbe svelato, ma proprio allora, adulta e sposata, realizzò di non sapere nulla di ciò che sarebbe effettivamente accaduto.
Il terrore – alimentato proprio dall'uomo che aveva giurato di amare e onorare con l'anima, la mente e il corpo – le strinse il cuore in una gelida morsa.
Nel silenzio rotto solo dal suo respiro tremante, Marion notò il fremito disgustato che arricciò le labbra ben fatte del suo sposo, ancora macchiate di vino, e s'impose di non perdere la calma.

"Sta facendo la cosa giusta, finalmente, non rovinare tutto con i tuoi sciocchi timori!" si rimproverò, ma non poté impedire alle prime lacrime di inumidirle gli occhi quando Serge la coprì col proprio corpo e il suo membro le premette contro il ventre.
Marion trattenne il respiro – salvo lasciarlo andare con un singulto sorpreso quando l'uomo rotolò di nuovo sul letto, sibilando una bestemmia tra i denti. Vergogna, panico e il sollievo traditore le invasero l'animo: le sembrava che il cuore fosse sul punto di scoppiare, lacerato da emozioni che tentavano di spingerlo in direzioni opposte.

Forse suo marito udì la silenziosa domanda che Marion tratteneva tra le labbra, perché lasciò andare un lungo sospiro.
«Tu non vuoi. Non sei pronta.»

La donna strizzò gli occhi per scacciare il pianto: in quelle poche parole c'era il sunto del grande fallimento che era come moglie.
"Come se il mio viso e il mio corpo non fossero abbastanza!"
«Non ve ne andate, vi prego! Io... Starò quieta, ve lo giuro... Mi coprirò la faccia, io...»

Si zittì quando udì suo marito ridere – senza cattiveria né malizia per una volta – e, stupita, si voltò a guardarlo. Lo scoprì a fissarla con una luce gentile negli occhi chiari.
«Non ho mai fatto l'amore con una donna velata! Sarebbe interessante» sghignazzò, facendole l'occhiolino.
E Marion comprese.

«Siete ancora ubriaco.»

«Mh-mh» borbottò lui, annuendo lentamente col capo. Aveva chiuso gli occhi e il suo profilo baciato dalla luna le ricordò una volta di più quello di un santo intagliato nel marmo, con i lunghi riccioli biondi sparsi sul materasso a fargli da aureola.
«Non abbastanza ubriaco da impormi su una sposa che non mi vuole, comunque.»

«Mi dispiace...»

Serge fece un gesto vago con la mano.
«Di avermi sposato? Di avermi seguito fin quaggiù? Oh, fai bene! Ma questa sera la colpa è tutta mia. Non so a cosa stessi pensando, cosa immaginassi di trovare. Non dovevo toccarti, avevo detto... Avevo giurato... Lo sapevo che non dovevo venire qui.»

Marion si sollevò su un gomito, scrutandolo con attenzione da dietro le ciocche brune che le ricadevano sugli occhi. Il tormento che aveva scorto in suo marito fin dal primo momento quella notte era più evidente che mai, aizzato dal vino.
«Non c'è nulla di sbagliato nel giacere assieme» azzardò, timidamente. «Il matrimonio va consumato, prima o poi.»

«Perché?»

Serge la stava di nuovo fissando con un'insistenza bruciante che la metteva a disagio, testardo come il più viziato dei fanciulli: sotto quello scrutinio implacabile lei si sentì nuda nonostante il lenzuolo che si era drappeggiata attorno e arrossì.  

«Pe-Perché è così che dev'essere e un figlio è...»

«Dannazione, Adelaïde, di nuovo con questa storia?»

Marion strillò quando suo marito si alzò a sedere sul letto, agitando i pugni contro un nemico invisibile. Non c'era più nulla di gentile o sereno in lui: a vedere la faccia paonazza e gli occhi spiritati e quasi rivoltati all'indietro, la donna comprese perché Jeannette avesse visto in lui l'ombra del demonio.  

«Ti giuro, Adelaïde, che se farai di nuovo menzione con me, o con chiunque altro, di un proposito così abietto, se solo osi... Io ti ammazzo. Ti ammazzo con queste mie mani.»

Appena ebbe pronunciato quelle terribili parole ricadde sul letto e con grande sorpresa di Marion prese quasi subito a russare; lei, invece, rimase sveglia fino alle prime luci dell'alba.

Luci e ombre, ecco come dovrebbe chiamarsi questo capitolo 😝 ombre su Étienne, ombre sulla fattoria e lucine piccine picciò sul mosaico che è la personalità di Serge.

Non è stato un capitolo facile da scrivere, ma sono contenta di come è uscito alla fine: può sembrare strano che un uomo dell'epoca di Serge si rifiuti con tanta ostinazione di consumare il matrimonio, ma a tutto c'è una spiegazione... Che Marion prima o poi scoprirà 😏

Enjoy ❤️

   Crilu

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