Marion II




Marion lanciò all'Intendente un'occhiata di biasimo, opportunamente mascherata dal bordo arricciato della cuffietta:
"È un uomo troppo intelligente per non capire che la disproporzione causerà dei problemi, forse addirittura delle risse. Perché non fa qualcosa?"

Ma Talon si guardò bene dall'intervenire, forse intuendo che la soluzione migliore era che i coloni interagissero con le loro future mogli in un ambiente controllato; del resto, erano in arrivo almeno altre dieci navi con altrettante donne a bordo e non sarebbe stato un problema accontentare tutti.
Anche Marion sentì l'inquietudine svanire a poco a poco, mentre l'aria nel salone si riempiva di chiacchiere e risate e veniva servito un lauto banchetto a base di selvaggina per dare il benvenuto alle filles du Roi.
Come aveva previsto, la maggior parte dei coloni si assiepò attorno alle ragazze più belle della compagnia: Fantine, Georgette, Lilias e Vivienne splendevano di contentezza in mezzo ai loro corteggiatori. Altri, più timidi o forse più assennati, avevano preso a conversare con le donne più vicine a loro.

In mezzo a quella folla colorata, in cui tutti sembravano alla ricerca dell'amore o per lo meno di una certa affinità, Marion si sentì all'improvviso molto sola.
Nessuno le si era accostato o aveva fatto un tentativo di iniziare a conversare con lei.
"Non peccare di vanità!" si ammonì, asciugandosi con un gesto veloce delle dita le lacrime che premevano ai bordi degli occhi. "A cosa servono parole dolci e lodi senza merito? Non sono una ragazza di buona famiglia, non sono bella, non sono più giovane. Il tempo dei corteggiamenti, se mai c'è stato, è finito da un pezzo e va bene così. Deve andar bene. Devo trovare un lavoro, non un marito."

S'insinuò come una piuma tra le persone, tenendo il capo basso ma la schiena dritta come un fuso, le mani pudicamente incrociate in grembo; le gonne frusciavano dolcemente contro il pavimento di legno mentre procedeva indisturbata verso un angolo della stanza, attirando di tanto in tanto lo sguardo preoccupato o curioso degli astanti.
Quando infine raggiunse la sua meta – ovvero una rientranza nella parete accanto al camino – si lasciò sfuggire un sospiro di sollievo.
Osservò con un vago sorriso malinconico i corteggiamenti davanti a sé:
"Gli uomini sanno rendersi proprio sciocchi, alle volte" si disse, ridendo tra sé e sé nell'osservare due giovani che facevano a gara nel tentativo di dimostrarsi più prestanti agli occhi di una graziosa fanciulla.

A un tratto udì un lamento soffocato provenire dall'altro lato del caminetto; sbatté le palpebre, perplessa, e si sporse un poco per capirne la fonte.
Rannicchiata contro la colonna del focolare come se tentasse di diventare un tutt'uno con essa, c'era la ragazzina che aveva notato poco prima e il suo pianto era ormai incontrollato.
"È davvero troppo magra" pensò, chinandosi a sfiorarle una spalla. Quella scattò come se l'avesse frustata, piantandole in viso due occhi terrorizzati.
Pareva un'ombra di ciò che avrebbe dovuto essere: aveva dei begli occhi azzurri, ma erano iniettati di sangue e cerchiati da profonde occhiaie; un viso grazioso, ma scavato dalla fame e arrossato dalla paura e dalla tristezza, che tentava di nascondersi dietro ai lunghi e scompigliati capelli bruni. 
Marion sorrise, sperando di compensare a quel modo la vista del suo volto sfigurato.

«Non avere paura» mormorò. «Non c'è nulla da avere paura, noi siamo le figlie del Re, ricordi? Nessuno oserà farci del male.»
La fanciulla socchiuse le labbra sottili in un mezzo sorriso, come se quelle parole – che erano più una speranza che una realtà – fossero tutto ciò di cui avesse bisogno per essere rassicurata.
«Io sono Marion. Qual è il tuo nome?»

Lei la scrutò ancora un po', indecisa se fidarsi o meno.
«Jeannette» sussurrò infine con un pesante accento campagnolo, asciugandosi il viso con il dorso della mano.

Sotto il bordo liso del polsino Marion intravide il segno scuro di un livido; vide anche che la ragazzina non indorsava né il corsetto né una gonna pesante, alla maniera delle donne adulte, ma un vestitino grigio da bimba corto e stinto.
«Perché sei qui, Jeannette?» domandò, nel modo più dolce possibile, iniziando a capire.

La ragazzina riprese a tremare:
«Pe-per sposarmi...»

«Ma sei troppo piccola per andare in sposa a qualcuno!»

«Mio padre ha detto che non importa, che non ci sarebbe stata un'altra occasione per togliermi di torno ta-tanto in fretta... Il Re non paga una dote tutti i giorni, così ha detto. E a casa c'era così po-poco da mangiare e noi siamo sette fratelli...»

Marion l'attirò contro il suo fianco, ma senza forzarla: temeva che al primo gesto brusco Jeannette sarebbe svicolata via al pari di una bestiola non addomesticata.
«Non devi sposarti, se non vuoi» le sussurrò contro i capelli, di slancio, sapendo che quello avrebbe quietato un poco il suo pianto.
Se ne pentì quasi subito:
"E se non fosse così? Se ci costringessero davvero a sposarci col primo che passa?"
Sentì un pesante macigno chiuderle la gola.
"Come sei stata sciocca, Marion, a crederti più intelligente degli uomini! Certo, chi se lo immaginava che ci fossero davvero così tanti scapoli nelle colonie? Bisogna trovare un modo per venirne fuori. Per il momento paiono tutti contenti di andar dietro a quell'altre e ci lasceranno in pace."

Allungò il collo verso il fondo della sala, dove Jean Talon era rimasto a banchettare insieme agli altri funzionari della città.
"Devo parlare con lui. Forse c'è una maniera per avere una parte, anche piccola, della dote mentre cerchiamo una sistemazione. Mica si sposeranno tutti stasera... O no?"
Rosa dal dubbio, continuò ad accarezzare con gesti meccanici la testolina bruna di Jeannette, lo sguardo ora fisso sull'Intendente, ora perso in mezzo al turbinio della festa: una piccola banda aveva iniziato a suonare una musica elegante, che lei non conosceva, e si erano già formate alcune coppie che volteggiavano al centro del salone.
E mentre Marion stava ancora cercando il coraggio per recarsi a colloquio con Talon, le porte del municipio si spalancarono di colpo, lasciando entrare il vento freddo della notte americana.

Sulla soglia, a malapena distinguibile alla luce del camino e delle fiaccole, se ne stava un uomo avvolto in un mantello scuro, appesantito dall'umidità della sera; in testa portava un cappellaccio di feltro dalla tesa larga che rendeva impossibile distinguere i suoi lineamenti.
Una cappa di gelo sembrava essere scesa sui coloni: nessuno di essi rideva più, né accennava a corteggiare le filles du Roi; avevano occhi solo per il nuovo arrivato – ed erano occhi ostili quelli che lo seguirono mentre avanzava a grandi passi nel salone, togliendosi il cappello e scrollando le spalle come un cane randagio per asciugare il mantello.

«È apparso dal nulla, come il diavolo» mormorò Jeannette, nascondendosi dietro le sue gonne.
In effetti anche Marion pensò tra sé che ci fosse un che di luciferino nell'aspetto dello sconosciuto: aveva una figura alta, snella e agile che si muoveva per la stanza con fare aggressivo, rabbioso, da padrone.

«Scusate il ritardo» esclamò, beffardo, ma non sembrava affatto contrito. La sua voce bassa e rauca poteva benissimo essere uscita dalla bocca dell'inferno, tanto più che aveva la pronuncia incerta e cantilenante degli ubriachi.
In netto contrasto con delle premesse così infelici, quando si fece avanti Marion scoprì che era un uomo di rara bellezza, con lineamenti regolari e decisi che parevano scolpiti nella pietra; i capelli dorati e arricciati dalla brezza serale gli ricadevano scomposti sulla fronte e sul collo come quelli degli angeli posti a vegliare i cimiteri.
La bocca carnosa e scura era atteggiata in una smorfia per metà crudele e per metà divertita.
Più di tutto furono gli occhi a colpirla: occhi stretti, un po' allungati, ornati da lunghe ciglia che facevano invidia a quelle delle donne presenti.

Le iridi d'un grigio torbido, inquieto e vivido, si posarono un istante su di lei e poi passarono oltre – ma in quell'attimo Marion vi aveva scorto una tristezza pari alla sua, e una rabbia feroce, totalizzante, che le fece paura.
I coloni e le donne gli fecero spazio d'istinto, muti, finché l'uomo non si trovò davanti al tavolo di Jean Talon e qui si esibì in un profondo inchino, che rischiò quasi di fargli perdere l'equilibrio.
"Oh, sì, è ubriaco!" pensò Marion, storcendo il naso con aria di disapprovazione.

«Monsieur le Comte, signori: sono qui per prender moglie!» annunciò candidamente lo sconosciuto.

Da qualche parte in mezzo alla sala si alzò una voce risentita.
«Non c'è nessuna moglie per te, assassino!»
L'uomo si voltò con un ringhio, scandagliando la folla coi pugni serrati e la mascella contratta, alla ricerca di chi avesse lanciato l'insulto.

«Via, via!» borbottò Talon, alzandosi in piedi. «Monsieur Roux, calmatevi, la vostra animosità non vi porterà da nessuna parte!»
Ma anche lui era in chiara difficoltà: Marion lo vide scandagliare la stanza, forse in cerca di un'ispirazione. Gli occhi sagaci dell'Intendente incontrarono i suoi e la donna sentì il cuore iniziare a battere più forte; voleva scuotere la testa, ma tutto ciò che riuscì a fare fu socchiudere le labbra in un'espressione d'orrore. Quelle di Jean Talon invece s'incurvarono nel solito sorriso furbo.
«Monsieur Roux, io sarei anche disposto a chiudere un occhio sulle vostre passate disavventure con la giustizia, ma siete arrivato tardi, ve ne rendete conto anche voi: tutte le ragazze sono già occupate.»

«Sciempiaggini! Nessuna di loro porta già l'anello al dito!»

«Beh, ma ci sono già state promesse, proposte e così via... Dovrete comunque aspettare la prossima nave. Certo, a meno che..»

«A meno che?» ripeté la voce aspra di Monsieur Roux.

Jean Talon alzò il braccio a indicare l'angolino in cui Marion e Jeannette si erano rintanate.
«A meno che non vi accontentiate di una di loro.»

Uno degli uomini in prima fila scoppiò a ridere:
«Ardua scelta, tra una poppante e una vecchia butterata!»

Altri lo seguirono e Roux avvampò. Mosse anche qualche passo verso di loro con il chiaro intento di prenderli a pugni, poi sembrò tornare in sé e si diresse invece verso il camino.
A vederlo avvicinarsi, furente e minaccioso, Marion non poté fare a meno di raccomandarsi a Dio – ché quello era una canaglia, un delinquente, si vedeva subito. Ora che si era fatto più vicino poteva infatti notare gli occhi infossati e cerchiati di nero, la pelle gonfia e madida di chi è abituato a tracannare vino, l'ombra di barba chiara che gli cresceva sul mento e sul collo.
La squadrò da capo a piedi, prendendole le misure in pochi istanti, poi abbassò il capo verso Jeannette e digrignò i denti:
«Non stupro bambine!» ringhiò, a voce abbastanza alta affinché tutti, nella sala, riuscissero a sentirlo. Gli occhi grigi tornarono a piantarsi su di lei, impietosi.
«Vaiolo?» domandò, in modo brusco.

Marion annuì.

«Quanto tempo fa?»

La donna aprì bocca per parlare, ma scoprì di avere la gola arsa e ruvida e non le uscì neanche un filo di voce; un'ombra di disappunto attraversò il volto di lui.

«Sei anche muta, oltre che brutta?»

"Non piangere" si ordinò con un moto d'orgoglio e s'impettì sotto il suo sguardo disincantato.
«Sei anni» mormorò, risentita. «Non sono contagiosa»

Si pentì d'aver aggiunto quel particolare quando vide un lampo di trionfo accendere gli occhi di Monsieur Roux.

«Vada per la vecchia!»

Niente note storiche per questo capitolo, solo l'entrata in scena di un misterioso personaggio poco simpatico 😂 che ci posso fare se ho un debole per i mascalzoni dalla lingua tagliente?

Monsieur Roux sembra deciso a sposare Marion, qualche idea sul perché?

Enjoy ❤️

  Crilu

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