Marion I
Québec non aveva nulla a che vedere con la caotica e maestosa Parigi, ma questo non era necessariamente uno svantaggio.
Questo fu il primo pensiero di Marion Fournier quando mise piede, dopo due mesi di navigazione, nella principale città della Nuova Francia.
Québec era infatti il primo – e in sostanza anche l'unico – avamposto di civiltà europea in un territorio altrimenti selvaggio e incolto, fertile ma abitato da numerose tribù indigene ostili.
La ragazza, che nei suoi ventisei anni di vita non aveva mai varcato i confini della capitale francese, era rimasta frastornata dalla natura lussureggiante che aveva osservato nei giorni precedenti, mentre la nave risaliva il fiume San Lorenzo: tutti gli alberi, i salmoni che guizzavano nella corrente e gli spazi dilatati del Nuovo Mondo erano uno spettacolo inaspettato per lei, quasi eccessivo. Non aveva chiuso occhio nelle notti appena passate, spaventata dai richiami di animali sconosciuti che si alzavano dal fondo della foresta.
Ora, mentre lei e le altre filles du Roi venivano scortate nel semplice edificio a due piani che fungeva da municipio, Marion si sentiva più tranquilla: quello era il suo ambiente, era abituata alle case storte affastellate l'una sull'altra e alle strade di terra battuta che, immaginava, con la pioggia si sarebbero allagate proprio come la rua in cui abitava a Parigi.
Pensare alla sua vecchia casetta le provocò come sempre una fitta al cuore: non erano altro che due stanze sopra il negozio di suo padre, che però contenevano tutti i suoi ricordi più felici. Aveva pianto per giorni quando l'aveva dovuta lasciare, unica sopravvissuta di tutta la sua famiglia, per trasferirsi in un ospizio.
"Basta con i pensieri tristi!" si disse, risoluta. "Non c'è più spazio per i rimpianti: il Signore mi ha dato quest'opportunità, proprio come ha detto padre Bérnard, ed è mio dovere non sprecarla!"
Il senso di colpa guizzò nel suo petto, facendola irrigidire: nonostante fossero passati ben tre mesi dall'ultima volta che l'aveva visto, non riusciva a perdonarsi il fatto di aver mentito a un uomo di chiesa.
Padre Bérnard Ferret era il suo confessore sin da quando era bambina ed era stato così buono con lei – trovandole un posto al convento vicino alla sua chiesa e poi in un ospizio per orfane senza dote – che Marion non aveva avuto il cuore di dirgli di no, quando era venuto a trovarla per proporle il viaggio per Québec.
«Io sono vecchio, bambina mia» le aveva detto con dolcezza. «Temo che quando mi ricongiungerò con il nostro Creatore avrò ben poco da lasciarvi e la cosa mi angustia. Era desiderio di vostro padre, pace all'anima sua, che voi vi sposaste e foste felice e io condivido il suo volere: ora il Re si offre di pagare la dote a tutte le fanciulle che acconsentiranno a partire... È un segno di Dio, Marion, una benedizione! Oh, lo so che siete restia per via delle vostre cicatrici, ma un uomo non cerca solo la bellezza in una moglie: virtù come la pazienza, la castità e l'obbedienza sono altrettanto importanti e a voi non mancano!»
Tanto aveva detto e fatto, che infine Marion si era ritrovata su una nave diretta in Nuova Francia, lasciandosi alle spalle l'unico mondo che avesse mai conosciuto per un destino incerto.
Non nutriva infatti grandi speranze sul matrimonio: con lei sulla nave si erano imbarcate decine di donne più giovani, più belle e più robuste tra cui i coloni avrebbero potuto scegliere.
Marion aveva un'età per cui poteva già essere considerata una zitella, un fisico gracile che era la cagione dei suoi frequenti malanni e il viso, un tempo grazioso, ora era coperto dalle cicatrici rotonde e ruvide del vaiolo che disegnavano una orrenda scia sulle guance, sul mento e su parte della fronte. Quando si guardava allo specchio, la sua faccia le sembrava una maschera di cera sciolta.
Anche ora, gli uomini che erano accorsi per vedere quell'insolita sfilata di donne le lanciavano strane occhiate – disgustate, preoccupate o impietosite. Marion ci era abituata, ma sentì lo stesso una vampata di calore imporporarle le gote.
"Non ti curar di loro" si disse. "Tu non sei qui per accalappiare un marito!"
Mentre padre Bérnard si adoperava per trovarle un posto sulla nave delle filles du Roi – giurando e spergiurando che, per quanto sfigurata, lei non era contagiosa – Marion si era informata, con riserbo e discrezione, sui dettagli del contratto che il Re aveva stipulato con loro. Un contratto metaforico, mai messo su carta, eppure molto preciso: il sovrano si impegnava a pagare la traversata e ad assegnare a ciascuna una piccola dote da portare in dono al futuro sposo.
E alla sua domanda su cosa sarebbe accaduto a coloro che non si fossero sposate, gli emissari del Re avevano scrollato le spalle.
«Sua Maestà è sicuro che ognuna di voi troverà un degno consorte!» aveva replicato uno di loro, con aria indulgente.
"Sua Maestà non ha mai visto la mia faccia!" aveva pensato Marion, guardandosi bene dal pronunciare quelle parole a voce alta.
Da lì era nato il suo progetto, tenuto segreto anche al suo amico sacerdote – un'idea che non prevedeva né mariti né figli, solo una vita onesta in una nuova città in cui, sperava, la penuria di donne le avrebbe fatto trovare lavoro più facilmente che a Parigi.
«Vuoi venire a servire nella mia locanda? Con quella faccia non troveresti lavoro neanche in Rue de Tire-Vit!» aveva ghignato un oste davanti alla sua pietosa richiesta di un impiego.
Quell'insulto l'aveva ferita così profondamente che la ragazza si era ritirata di buon grado nell'ospizio, a vivere della carità delle monache.
"Qui sarà diverso" si ripeté per l'ennesima volta. "Qui non potranno sbattermi la porta in faccia, non se hanno davvero bisogno di brave lavoratrici! E il Signore sa che non mi sono mai tirata indietro quando c'era da faticare!"
Era vero: da quando, all'età di sette anni, suo padre l'aveva incaricata per la prima volta di stendere sulla valera le pelli appena conciate, Marion non aveva mai smesso di aiutarlo.
Prima della malattia aveva anche sperato che suo fratello minore la tenesse con sé, se non si fosse sposata prima della morte del padre, perché quel lavoro, per quanto faticoso, le piaceva. Le mancavano la consistenza morbida delle pelli conciate, il suono familiare del torchio che le asciugava e stendeva... Rimpiangeva persino il terribile odore che si spandeva nella via quando suo padre riceveva un nuovo carico.
Furono accolte in un ampio salone che la distolse dai suoi cupi pensieri: era una stanza piuttosto spoglia, senza i ricchi decori che adornavano i palazzi di prestigio a Parigi e che lei aveva intravisto quando una volta era andata a servizio a casa di un importante notaio. Assomigliava più alla sala da ballo di una locanda che alla sede delle massime autorità della città.
Insieme al sindaco e all'Intendente di Francia – l'uomo che aveva in mano i loro destini – c'erano già diversi altri gentiluomini: commercianti e soldati, ma per lo più contadini dalla faccia abbronzata e dalle mani callose, tutti vestiti con l'abito buono della domenica, allungarono il collo quando le udirono entrare.
D'istinto, Marion stirò con le dita delle pieghe invisibili sulla ruvida stoffa della gonna, per poi stringersi meglio nel mantello da viaggio blu notte che padre Bérnard le aveva dato come regalo d'addio: la ragazza non riusciva neanche a immaginare quanto avesse pagato per un indumento di così pregiata fattura, di gran lunga la cosa migliore che avesse mai posseduto. Si ripromise di trovare qualcuno a Québec che fosse in grado di leggere e scrivere per inviare una lettera al suo caro amico, dopo aver trovato una sistemazione.
"Coraggio, questa è la parte più penosa. Sopporta con pazienza e verrai ricompensata!"
Si aggrappò a quel pensiero mentre insieme alle altre donne sfilava sotto gli sguardi curiosi dei presenti fino al tavolo a cui era assiso monsieur Jean Talon e s'inchinava con fare maldestro, sollevando un poco le gonne orlate di fango.
Colse alcuni stralci di conversazione attorno a lei e arrossì.
«Belle tette...»
«Di che colore saranno i suoi capelli sotto la cuffietta?»
«Guarda che zitella quella là!»
«Mi sono appena innamorato!»
Jean Talon si alzò in piedi e mise a tacere all'istante i variegati mormorii della folla; strette le une alle altre per farsi coraggio, le quaranta filles à marier imbarcate sulla Sainte Geneviève aspettavano con trepidazione che iniziasse a parlare.
Era un uomo ancora giovane, non particolarmente imponente né autoritario, nonostante la ricciuta parrucca scura che gli adornava il capo e le vesti ricercate che spiccavano in mezzo al resto dei coloni.
Non era neanche bello nel senso classico del termine – aveva un viso allungato dai tratti poco decisi, imberbe e tondo come quello di un bambino, in cui l'unico tratto di virilità erano due baffetti scuri sopra il labbro superiore, vezzosamente arricciati all'insù come andava di moda nell'alta società.
A prima vista dava l'impressione di essere un uomo quieto, di buon cuore, forse anche debole di carattere, ma a guardarlo attentamente – come Marion fece – si notava un guizzo furbesco nella piega della sua piccola bocca che somigliava al sorriso saccente di certi ragazzini di strada sicuri di saperne una più del diavolo. E sebbene gli occhi scuri scrutassero bonari le nuove arrivate, Marion si sentì a disagio sotto il suo acuto esame; cominciava a capire come mai il cardinale Mazzarino, ai suoi tempi, l'avesse tanto elogiato ed elevato a posizioni di notevole prestigio.
Talon era arrivato nella Nuova Francia solo da pochi mesi, ma sembrava a suo agio come se fosse nato e cresciuto nelle modeste casette di Québec invece che nel suo castello affacciato sulla Marna: si muoveva con la sicurezza tipica dei nobili, abituati a prendere in fretta le redini di qualsiasi possedimento gli capitasse sottomano.
Eppure, nonostante tutta la sua sicurezza, al momento di rivolgersi a loro l'Intendente parve in imbarazzo: non erano certo il primo contingente di filles à marier che arrivava in quelle terre, ma erano le prime ad avere alle spalle la benedizione e la dote del Re e Marion sospettò che neanche Jean Talon sapesse bene cosa significasse tutto ciò.
«Benvenute! È con grande letizia che vi accogliamo quest'oggi, rallegrandoci che il Signore vi abbia benedette con un viaggio veloce e senza incidenti. Preghiamo anche affinché anche le vostre compagne abbiano una traversata altrettanto fortunata.»
Ci fu una breve pausa, in cui Marion intrecciò le mani in grembo e sussurrò una veloce preghiera per le altre donne che si erano imbarcate dopo di loro.
«Voglio poi lodare il vostro coraggio: avete lasciato le vostre case, parenti e amici per incontrare il vostro destino qui, in una terra ricca come l'Eden, ma molto più selvaggia. Siete partite da sole, avete affrontato il mare aperto e le rapide di fiume per incontrare l'uomo che diventerà vostro marito...»
Era un buon oratore, nulla da eccepire. Marion si guardò attorno da sotto il bordo della cuffietta, senza sollevare il capo: dubitava che qualcuna di loro si fosse lasciata qualcosa d'importante alle spalle.
"Se avessimo avuto una casa, un parente o un amico non saremmo qui" pensò.
La sua attenzione fu però catturata da una giovanissima fanciulla, che non poteva avere più di dodici, tredici anni e che a quelle parole aveva dovuto trattenere un sussulto; ora piangeva in silenzio, le spalle di quando in quando scosse da piccoli singhiozzi, a pochi passi da lei.
Si chiese se fosse anche lei un'orfana e si sentì stringere il cuore: lei era più grande quando il vaiolo si era portato via la sua famiglia e aveva potuto contare sulla carità di padre Bernard; a giudicare dal corpicino gracile e dai cenci che portava indosso, quella bambina non era stata altrettanto fortunata.
«Io, in quanto Intendente della Nuova Francia, avrò la responsabilità di assicurarvi un buon futuro, qui nelle colonie. Amministrerò le vostre doti con giudizio finché non troverete un uomo con cui, a Dio piacendo, potrete ben presto convolare a nozze. So che vi chiamano le filles du Roi, ma voglio che sappiate che io vi considero già da ora anche un po' figlie mie!»
E con quelle ispirate parole, accompagnate da un sorriso speranzoso, Jean Talon le invitò a rompere i ranghi.
Marion si voltò e deglutì a fondo:
"Oh, Signore che sei nei cieli! Possibile che nessuno abbia pensato a questo?"
Nella sala, infatti, stretti in trepidante attesa gli uni agli altri, c'erano non meno di cento uomini pronti a prendere moglie.
NOTE STORICHE
- la Rue de Tire-Vit è una delle "storiche" strade a luci rosse di Parigi. Insomma, molto prima del Moulin Rouge era lì e nei quartieri vicini che abbondavano prostitute di vario calibro.
- la valera è un arnese usato dai conciatori appunto per metterci ad asciugare le pelli appena lavate.
Le note storiche stavolta sono corte perché in realtà le fonti sulle filles du Roi sono poche, perciò dove non arriva la letteratura storica arrivo io con la mia fantasia 😂
Ho cercato però di rendere la descrizione di Jean Talon, che fu davvero il primo Intendente della Nuova Francia tra il 1665 e il 1666, il più possibile fedele all'originale:
Guardate quel sorrisetto sarcastico da personcina superiore che sta per mettervela in quel posto... (Marion ne saprà qualcosa *eh-ehm* 🙄🙈)
Infine, l'aspirante medico che è in me mi spinge a ricordarvi che il vaiolo:
1) è davvero una brutta bestia (non ho il cuore di mettervi qui le immagini di come è ridotta Marion, anche perché credo che mi bannerebbero da Wattpad)
2) ha ucciso una media stimata di 400.000 europei OGNI ANNO nel XVIII secolo, per poi arrivare a 300-500 milioni totali nell'arco del XX secolo.
3) grazie ai vaccini è stato ERADICATO. Estinto, debellato, sterminato, fate voi. L'ultimo caso risale al 1978; oggi ne esistono solo alcuni ceppi congelati in un paio di laboratori attorno al mondo per fini di studio.
Tutto questo per dire che quando sento qualche stron***a no-vax mi piacerebbe tanto avere un paio di quei graziosi virus a disposizione.
*fine sfogo*
Enjoy ❤️
Crilu
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