Jeannette IV




«Le brave fanciulle non scorrazzano di qua e di là con le gonne alzate.»

Le parole che sua madre aveva pronunciato molto tempo prima risuonavano nella sua mente insieme al sonoro ceffone che le aveva seguite.

«Le brave fanciulle non s'azzuffano coi giovanotti e non si rotolano nel fango a mo' di porci.»

Se sua madre o Marion – che di certo era della stessa opinione – l'avessero vista in quel momento sarebbero inorridite: Jeannette era inzaccherata di fango e sterco dal capo alle caviglie e aveva raccolto le gonne attorno alle ginocchia per correre con più scioltezza sul terreno accidentato del bosco.
Aveva ancora strozzato in gola il grido che si era costretta a soffocare quando aveva visto i selvaggi accerchiare Marion; e tra le ciglia aveva impigliate decine di lacrime che non poteva versare, ché altrimenti con la vista offuscata sarebbe sicuramente inciampata in una delle radici che costellavano il sentiero.

"Perdonatemi, maman. Era questione di vita o di morte, come direbbe il vecchio."

Il pensiero di Le Loup le strappò un singhiozzo e d'istinto Jeannette si appiattì contro un tronco, i palmi delle mani premuti sulle labbra affinché non ne uscisse più neanche un suono.
I rami sopra la sua testa sfregavano gli uni contro gli altri, mossi dalla brezza, e sotto il fruscio si udiva il gracchiare allegro di qualche uccello ignaro.
Nessuno oltre a lei pareva in allarme, nella foresta.

La ragazza fece per riprendere la sua fuga senza meta, ma le ginocchia non la ressero: crollò a terra scossa da un tremore violento, tanto che quasi non si accorse di essersi ferita i polsi e il viso contro delle pietruzze affilate. Si raccolse le ginocchia al petto e rimase in silenzio, a scrutare con gli occhi sbarrati il muschio verde del sottobosco; il terriccio era umido e fresco contro la sua guancia e le pareva morbido quanto un cuscino di piume.

"Potrei rimanere qui per sempre e nessuno verrebbe più a cercarmi. Sono tutti morti."

Tranne il padrone, ma il padrone era lontano e comunque sempre indifferente alla sua sorte: pareva importargli solo della bambina. Jeannette era certa che avrebbe smosso perfino gli oceani pur di ritrovarla, ma sarebbe stato il gesto futile di un padre disperato.
Sdraiata nel recinto delle pecore e nascosta dai loro velli, Jeannette aveva osservato impotente mentre i selvaggi trascinavano via Marion e Keme e disperava di poterle rivedere vive.
Erano ancora vividi, in lei, i racconti di Le Loup sulle terribili torture che gli Irochesi infliggevano ai prigionieri di guerra: se erano stati così spietati da uccidere due uomini inermi non si sarebbero certo fatti remore ad abusare di una donna e di una bambina.

«Louis» mormorò a mezza bocca. «Se siete già arrivato in paradiso presso nostro Signore, vi prego, rivolgete un pensiero alla vostra povera amica e statemi accanto in spirito così come faceste in questa valle di lacrime... Ché io da sola non sono forte abbastanza.»

A smuoverla fu l'immagine di Le Loup che fronteggiava spavaldo i selvaggi, come se fosse d'improvviso tornato a essere il giovane soldato che s'era coperto di gloria in Europa, e non un vecchio lento e storpio.
"Lui e Pierre hanno affrontato il nemico senza esitare e hanno dato la vita per me e per la padrona. E io invece mi sono rintanata tutta tremante in mezzo alle pecore e ai porci e poi sono scappata senza neanche gettargli sul petto una manciata di terra, senza neanche dire una preghiera per la salvezza delle loro anime..."

La vergogna le punse il cuore e le strappò un lamento, ma portò con sé anche un guizzo di lucidità:
"Riprenderò il cammino. Se procedo in questa direzione, che è opposta a quella che hanno preso i selvaggi, prima o poi incontrerò qualcuno timorato di Dio. Magari, se riesco a uscire da questa foresta, posso andare incontro al padrone sulla strada per Montréal e raccontargli ciò che è accaduto."

Le parve un buon proposito, tanto che rimase qualche altro istante a contemplarlo e a rinfrancarsi lo spirito prima di alzarsi in piedi. Le gambe le tremavano ancora, ma con meno violenza, e i graffi che si era procurata sui piedi e sui polpacci avevano smesso di sanguinare.

"È come in quella storia che Le Loup raccontava l'altra sera, di quella volta che si perse tra le montagne piene zeppe di nemici. Devo essere veloce e fare silenzio. E troverò il padrone. Il padrone ed Étienne sapranno cosa fare. Andrà tutto bene."

Quasi fosse stato una presenza viva al suo fianco, il vecchio Louis la spronò ad affrettare il passo e la guidò attraverso gli stretti sentieri della foresta; e quando la fatica la faceva barcollare, Jeannette lo udiva brontolare dietro di lei che era un fuscello che si sarebbe spezzato al minimo soffio di vento.
«Sto impazzendo» mormorò tra sé e sé, sfregandosi le dita sulle gote arrossate.
Rise, buttando il capo all'indietro per osservare i frammenti di cielo intrappolati tra i rami più alti degli alberi: erano belli e luminosi come il sorriso di Dio, e altrettanto lontani.

L'eco della sua risata gracidante si era appena spento, quando da qualche parte alla sua sinistra si udì il rumore di un corpo che si faceva avanti senza esitazione in mezzo alle frasche.
"A terra!" gridò Le Loup nella sua mente e Jeannette obbedì, appiattendosi sul terreno nel tempo di un battito di cuore.
Man mano che i passi si facevano più vicini, la ragazza capì che c'era più di una persona a zonzo nella foresta.
"Selvaggi, di certo" pensò, col cuore gonfio di terrore. "Chi altri si aggirerebbe da queste parti?"
Si fermarono a una ventina di passi da lei e si scambiarono qualche parola che lei non comprese. Poi i passi ripresero, avvicinandosi sempre di più...

«Oh! Dove vai, génois?» ridacchiò una voce in francese. «Che ti vergogni a calarti le brache davanti ai tuoi compari d'arme?»

«Mia, no stâ a dî de belinate*» borbottò un altro uomo in risposta ed era talmente vicino che a Jeannette sfuggì un sibilo.

«Chi è là?»

Con i nervi tesi allo spasimo e incapace di trattenersi più a lungo, Jeannette rotolò via e si alzò in piedi, pronta a riprendere la propria fuga; ma delle lunghe braccia si strinsero attorno alla sua vita e la ragazza si sentì strattonata contro un petto magro e caldo.

«'Na figétta!**»

Quelle parole sorprese le solleticarono l'orecchio insieme a un fiato caldo che sapeva di carne secca; non v'era traccia di minaccia nella voce dell'uomo, ma Jeannette non si soffermò a riflettere su quel fatto. Continuò invece a dibattersi, sputando e ringhiando a mo' di bestiola selvatica che, presa in trappola, non sa cogliere il momento opportuno per cessare la lotta.

Almeno finché colui che l'aveva catturata non l'afferrò per le spalle e la costrinse a voltarsi: allora Jeannette si ritrovò a fissare gli occhi neri e leggermente strabici di un giovane di poco più grande di lei, che la fissavano affascinati e preoccupati al tempo stesso.
Pure il velo di barba che gli ombreggiava il mento e i capelli che sfuggivano al cappello erano neri come il carbone e aveva membra secche e spigolose quanto le sue: le dolevano già i punti in cui aveva sbattuto contro il suo corpo.

«Non aver paura» le disse, sorridendo senza mostrare i denti. La presa sulle sue braccia si fece più leggera, ma non abbastanza da permetterle di scappare.
Nel frattempo i suoi compari s'erano avvicinati e la scrutavano con curiosità.

«Ma tu dimmi, questo va a pisciare e si ritrova una donna in braccio!» sbottò uno, con aria bonaria.

«Pensa che io avevo sentito che nelle colonie non ve n'erano abbastanza, di donne» rincarò un altro. «E invece pare che spuntino da sotto il muschio!»

«Smettetela di dare aria a quella fogna che avete al posto della bocca!» esclamò allora quello che l'aveva catturata. Nella voce aveva un accento cantilenante che Jeannette non aveva mai sentito.
«Non vedete che è ferita e spaventata? Non mi pare il momento buono per celiare!»

I due uomini, entrambi di molto più anziani, storsero le labbra ma non sghignazzarono più e, anzi, la gratificarono di un'occhiata più attenta e meno licenziosa. Jeannette ricambiò il favore e fu solo allora che si accorse di come tutti e tre vestissero in maniera simile, con un giustaccorpo grigio, grandi paramani e un cappello rotondo. Sul momento la sua mente offuscata pensò che fossero un bizzarro terzetto di religiosi, ma fu smentita subito dai fucili che portavano a tracolla e dalle spade appese alle loro cinture.

«Siete soldati» disse allora, più a sé stessa che agli altri.

Il ragazzo che ancora la teneva stretta le sorrise di nuovo.
«Sì, mademoiselle, del reggimento di Carignan-Salières... Per servirvi.»

Jeannette non riuscì a trattenere una risata stridula: nessuno si era mai offerto di servirla in alcun modo e la sola idea le pareva assurda.
«Arrivate tardi» borbottò poi, incrociando le braccia e scrutandoli a uno a uno. «I selvaggi sono già stati qui. Hanno assaltato la fattoria, ucciso gli altri servi e rapito la mia padrona e sua figlia.»

Uno dei soldati fischiò tra i denti.
«Quando è successo?»

«Questa mattina.»

«Allora dovrete condurci lì e al più presto. Seguiremo le loro tracce e li prenderemo alle spalle.»

Con suo grande disappunto, Jeannette riprese a tremare; per quanto si sforzasse, non riuscì a smettere di battere i denti, cosicché le parole le uscirono aspre e confuse.
«Non... riuscirete. Sono tanti.»

«Noi siamo di più, mademoiselle. E il Re ci ha inviato quaggiù con l'onorevole compito di proteggere i sudditi della Francia dalle scorrerie dei selvaggi: non possiamo lasciare due donne nelle loro mani.»

Jeannette non replicò: aveva ancora davanti agli occhi i visi terribili dei selvaggi e nelle narici l'odore acre del sangue che aveva inzuppato la terra. E quella visione – i corpi di Pierre e Le Loup riversi nei campi, Marion che piangeva in ginocchio – si sovrappose del tutto alla realtà, facendola precipitare in un abisso di dolore e spavento.
Quando il più giovane tra i soldati le poggiò una mano sulla spalla, Jeannette sobbalzò con violenza e lo guardò in cagnesco.

«Avete freddo?» le chiese.

«Sto bene.»

«No, non è vero» replicò lui col suo sorriso quieto. «Voi tremate. Ecco, tenete, vi scalderà un poco.»

Si slacciò il giustaccorpo, troppo grande per le sue spalle magre, e lo avvolse intorno a lei; era così rimasto in maniche di camicia, ma non pareva patire la brezza fredda del tardo pomeriggio. A pochi passi da loro, gli altri due uomini stavano confabulando tra loro, forse riguardo alla missione di salvataggio che si erano proposti di compiere.
Jeannette riportò lo sguardo sul profilo ossuto del ragazzo.

«Voi non siete francese.»

Le era uscita fuori una domanda anziché un'affermazione, ma lui sembrò cogliere la sua curiosità.

«No, mi són zenéize (*)... Di Genova, capite? In Italia. Mi chiamo Luca.»

«E che ci fate nel Nuovo Mondo insieme a dei soldati francesi, Luca di Genova?»

«Non sono solo francesi. Ci sono alemanni e savoiardi e qualche irlandese. Siamo fedeli alla bandiera del nostro reggimento, oltre che al Re: io vado dove va la bandiera e dove va Tracy, il nostro comandante.»

Jeannette gli lanciò un'occhiata obliqua, incredula.
«Mi volete dire che state rischiando la vita per un pezzo di stoffa?»

«Per qualcosa bisognerà pur morire, non credete?»
Il suo sorriso si era fatto più largo, come se la stesse prendendo in giro.
«È meglio morire per qualcosa in cui si crede che vivere cent'anni senza un ideale, a parer mio.»

Quando aprì la bocca per replicare con una battuta sferzante, Jeannette spalancò gli occhi, stupita: aveva appena inghiottito delle lacrime. Una volta rotto l'argine, il pianto le salì dal basso ventre a chiuderle la gola e grossi lacrimoni presero a rotolarle incontrollati lungo le guance.

«Mademoiselle?»

Luca la fece sedere su un masso e le si affaccendò attorno tutto preoccupato, ma la ragazza non lo degnò d'uno sguardo. Pensava a Marion, che tanto aveva detto e fatto per lei nella sera stessa in cui si erano conosciute.
"Lei ha creduto in me, in una fanciulla cenciosa e antipatica. Ha mentito al padrone per me."
Si asciugò le guance con la manica del giustaccorpo di Luca, impregnato dell'odore del fuoco da campo.
"Ho l'occasione di ripagarle il favore e devo esserne all'altezza. Mi costasse pure la vita!"

«Ohi, signori!» gridò allora, alzandosi in piedi per richiamare l'attenzione dei soldati.
«Vediamo di spicciarci o non arriveremo alla fattoria neanche per domani mattina.»

NOTE STORICHE

Il reggimento di Carignan-Salières fu inviato dal Re Sole in Nuova Francia con l'esatto scopo detto in questo capitolo: combattere gli Irochesi e le altre tribù ostili. Tuttavia questo reggimento era piuttosto composito, dato che accoglieva non solo francesi ma anche liguri, savoiardi, tedeschi e svizzeri.

• Questo reggimento fu uno dei primi a indossare un uniforme. Presto il resto dell'esercito francese seguirà il loro esempio, su spinta del Re e del suo ministro Louvois.

• Frasi in dialetto genovese (non sono di Genova!!! Quindi se vedete qualche errore non lapidatemi 😂🙈 anzi, ogni dritta è ben accetta):

* Non dire scempiaggini
** Una ragazza!
(*) Io sono genovese

Eccomi tornata con il più lungo capitolo scritto col POV di Jeannette!
A essere sincera non credevo sarebbe uscito fuori così, ma tra il trauma e l'entrata in scena di questi nuovi personaggi mi sono dilungata un po' 😝

Che ne pensate di Luca?
E secondo voi riuscirà il reggimento di Carignan-Salières a salvare Marion e Keme?

Enjoy ❤️

Crilu

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