EXTRA - SERGE AGLI HUNGER GAMES

Quella che segue è la one shot scritta per il contest de Le sfide dell'Angolo di GiulsYes a tema Hunger Games: e chi potevo mai mandarci se non il nostro irascibile Sergetto? 😂😝
Che tra l'altro si è piazzato secondo 🎉🎉🎉

Enjoy ❤️

Serge aveva imparato a pesare gli sguardi molto tempo prima. Gli occhi dei suoi avversari erano una stilettata gelida tra le costole, quelli degli spettatori una carezza insensibile sulla pelle. Lo sguardo degli Strateghi era uguale a tanti altri che l'avevano scrutato, soppesato e giudicato nel corso degli anni: era un peso premuto contro la base della nuca, inamovibile come la mano del Padre eterno.
Lo stavano osservando, seduti a una lunga tavolata a pochi passi da lui, ma non parevano particolarmente interessati.
"Ognuno vede solo quello che vuol vedere."
Si avvicinò all'assortimento di armi che era stato preparato per lui e le studiò con occhi vacui per un tempo che dovettero giudicare troppo lungo.
«Avete capito cosa dovete fare?» sbottò infatti un assistente, avvicinandosi e scuotendolo per la manica.
«Non ne sono certo. Ma un bue non deve capire per poter essere condotto al macello, nevvero?» mormorò Serge. Il suo tono era canzonatorio, ma solo uno sciocco non avrebbe colto la minaccia che vibrava sotto la strafottenza.
L'assistente gli rivolse un sorriso mellifluo.
«State facendo perdere tempo agli Strateghi, monsieur. E dire che un uomo nella vostra posizione dovrebbe tener conto di certe cose... Soprattutto ora che Capitol City sta valutando l'espansione a nord del vostro distretto...»
L'uomo non aveva nominato né Keme né i nativi, ma Serge comprese all'istante cosa gli stava prospettando: se il governo avesse voluto, avrebbe spazzato via i Wyandot nel giro di un battito di cuore; e con essi, ne era certo, la sua bambina mezzosangue.
Perciò strinse le labbra e annuì, afferrando il primo fucile che gli capitò tra le mani.
L'assistente, soddisfatto, commise lo sciocco errore di voltargli le spalle.
Lo sparo lacerò l'aria e interruppe le chiacchiere distratte degli Strateghi mentre Serge, meticoloso come i Wyandot gli avevano insegnato a essere, si avvicinava alla sua preda e la percuoteva con la punta dello stivale per accertarsi del decesso. Quindi si chinò a prendere un coltello che brillava in mezzo alle altre armi e con un gesto deciso fece lo scalpo al cadavere ancora caldo: quando la pelle venne via con un sonoro plop, più di un gemito nauseato si alzò dal tavolo dei giudici.
«Potrebbe esservi giunta una certa voce» esordì una volta che ebbe completato la sua macabra opera. «Una diceria secondo cui io abbia strangolato la mia stessa sposa.»
Il sangue rese scivolosa la sua presa sullo scalpo mentre lo faceva oscillare prima di gettarlo ai piedi degli Strateghi.
Gli sguardi che aveva addosso si erano colorati di un nuovo, freddo rispetto; Serge lasciò che vedessero la rabbia a malapena trattenuta tra i pugni serrati, la disperazione che minacciava di sopraffarlo ogni giorno, la scintilla di follia che già una volta l'aveva portato sull'orlo del suicidio.
E tenne per sé, invece, il ricordo delle risate di sua figlia, il profumo dolce di sua moglie e tutte le ragioni per vivere che quelle due donne gli davano.
Dopotutto, ognuno vede ciò che vuol vedere.
Gli Strateghi, quel giorno, videro solo un assassino.

L'arena era avvolta in una spessa cortina di fumo e la puzza di uova marce era tale da far lagrimare gli occhi.
"Se l'inferno esiste è questo il suo aspetto" pensò Serge, mentre lugubri rintocchi contavano il tempo che mancava all'inizio della carneficina.
Molti dei suoi avversari avevano già adocchiato con espressione famelica l'ampio campo coltivato alle sue spalle e l'uomo ghignò, compiaciuto. Dopo anni passati a spaccarsi la schiena sui terreni della fattoria, sputando bestemmie all'indirizzo delle sue piante d'orzo, gli era bastata rapida occhiata per essere certo che quelle piante sottili e dorate non erano commestibili.
"Ho bisogno di cibo, perché qua intorno temo che ne troverò ben poco" ragionò, gli occhi fissi sulla Cornucopia. "Cibo e medicinali, prima d'ogni altra cosa: questi miasmi potrebbero essere tossici. Quanto alle armi, se riesco a mettere le mani su uno di quei lunghi coltelli non potrò che trarne vantaggio. Ma se così non fosse, poco male: sono ben capace di costruirne uno da solo."
Quando l'ultimo rintocco si spense e la strada verso la Cornucopia fu aperta, Serge aveva già teso le membra, pronto a balzare.
Mentre correva verso quel ricco bottino superò un bambino acquattato su sé stesso, quasi invisibile, e il ricordo di Keme lo fece esitare... Imprecò: un ragazzo era già svicolato via con la bisaccia di provviste più grossa. Non aveva più tempo da perdere: mentre i suoi avversari iniziavano scontri feroci, Serge si appiattì sul terreno, strisciò fino alla Cornucopia e s'impadronì di una borsa di medie dimensioni, che non avrebbe avuto problemi a portare con sé. Un avversario gli si parò davanti, pronto a ucciderlo per il suo trofeo, ma Serge non aveva intenzione di rimanere impelagato in quel bagno di sangue: lo atterrò con una spallata, schiacciandogli poi la trachea con la punta dello stivale per un tempo sufficiente a stordirlo.
La ragione gli suggeriva di ucciderlo.
Ma lo fissò negli occhi e vi vide riflessa la sua stessa paura, la stessa cupa disperazione che rendeva gli abitanti dei Distretti così diversi da quelli di Capitol City: gli suscitò una pietà che credeva di aver dimenticato, perciò lasciò andare il ragazzo e fuggì.
Valutò le sue opzioni nel tempo di un battito di ciglia, prima che una ragazza dagli occhi color ghiaccio potesse rivolgere su di lui le sue intenzioni aggressive:
"Piante forse velenose, lago venefico o lava incandescente?"
La sua natura folle ebbe infine la meglio: ignorando i polmoni che bruciavano e le gambe tremanti si costrinse a un ultimo sforzo, inerpicandosi lungo il pendio del vulcano risparmiato dalla lava.
Si voltò giusto una volta, per sincerarsi che nessuno fosse abbastanza pazzo o assetato di sangue da seguirlo: era solo. Per il momento.
Per la prima volta da quando era stato sorteggiato era di buonumore: quel luogo ostile avrebbe gettato nello sconforto chiunque, ma lui era cresciuto in un territorio altrettanto selvaggio e aveva fatto della sopravvivenza un'arte.
Sorrise: avrebbe trovato un rifugio per la notte, un posto nascosto e ben difendibile.
E poi avrebbe iniziato a pianificare la sua caccia.

Serge, accovacciato accanto ai resti del suo focolare, meditò sull'annuncio che avevano ricevuto quella mattina. 
"Da quando quel bastardello mi ha fregato il coltello la mia vita è appesa a un filo" pensò, digrignando i denti al pensiero dell'attacco in cui aveva venduto cara la pelle... E in cui aveva perso la sua unica arma. Quella lama era la sua miglior garanzia di sopravvivenza e temeva di non avere abbastanza tempo a disposizione per costruirne un altro: ora che la fine degli Hunger Games era vicina, i suoi avversari non avrebbero esitato ad allearsi per farlo fuori come un cane rabbioso. Del resto, già in diversi erano caduti vittime della sua caccia.
"Ho bisogno di un'arma, ma senza un'arma avvicinarsi alla Cornucopia sarebbe un suicidio. Un bel dilemma anche per me che ho sempre corteggiato la morte da vicino... Ah, se solo potessi mettere le mani su un moschetto..."
L'ispirazione lo folgorò quando abbassò lo sguardo verso i resti del suo fuoco: le armi da fuoco erano bandite dalla competizione, ma lui avrebbe comunque potuto sfruttarle, se avesse giocato d'astuzia. Con un sorriso scaltro, Serge si cacciò in tasca qualche bastoncino di carbone e s'incamminò fischiettando verso il lago.

Il tramonto dava all'arena un aspetto ancor più sinistro del solito: la lava rosseggiava sotto i raggi del sole morente e il lago sembrava una lastra d'oro fuso avvolta in una nebbia mefitica.
In quell'ambiente infernale, i Tributi che si ritrovarono a fronteggiarsi davanti alla Cornucopia parevano anch'essi dei fantasmi usciti dal nero ventre della terra.
Serge tenne ben alta la fiaccola davanti a sé, attirandosi le occhiate di scherno dei nemici. Le ricambiò con un ghigno altrettanto spietato.
«Sei pazzo!» gridò una ragazza, gli occhi chiari sgranati in un'espressione vagamente divertita.
«Oh, voi non avete idea di cosa sia la follia...» mormorò Serge tra sé e sé.
Lo scontro iniziò all'improvviso, senza grida né strepiti: tutti si gettarono nella mischia, pronti a sopraffare e ammazzare e rubare...
Tre tributi gli sbarrarono il passo, decisi a ucciderlo prima che potesse raggiungere la Cornucopia, ma Serge non si scompose: si limitò a lanciare in aria uno dei sacchetti di pelle che aveva agganciato alla cintura e lo percosse con la fiaccola. Poi scartò di lato mentre la bombarda improvvisata, ottenuta mischiando il carbone allo zolfo e al sale del lago, esplodeva in faccia ai suoi nemici e li colpiva con i detriti di cui era ripiena. Euforico, Serge non rallentò neanche quando uno di quei proiettili gli sfiorò la tempia.
«Ne ho altre! Venite ad assaggiarle o ve la fate nelle rhingrave?» ruggì.
Diede fuoco ad altre due bombarde prima che i suoi avversari decidessero di abbandonare la Cornucopia nelle sue mani per sgattaiolare via con ciò che erano riusciti a raccattare.
Serge buttò a terra la fiaccola ormai consumata e afferrò un lungo coltellaccio di ottima fattura. E rise e pianse nella maniera feroce dei pazzi mentre voltava le spalle alla carneficina che si era appena consumata.

Da giorni, l'Arena pareva deserta e il frusciare dei campi sembrava il mormorio dei morti. Erano tanti, i Tributi caduti a ingrassare quella terra maledetta: Serge sapeva che erano rimasti solo in due e che l'ultimo confronto non poteva più essere rimandato, anche se entrambi disdegnavano lo scontro diretto.
Ma Holmes era un giovanotto di buon cuore, abbastanza intelligente da barattare l'onore con l'astuzia e abbastanza umano da rammaricarsene; Serge, invece, lottava con l'istinto di una bestia, soffocando ogni rimorso di coscienza.
E come un animale stava seguendo fin dall'alba le tracce della sua preda che sembrava decisa a continuare il suo gioco, attirandolo ora verso il lago, ora verso le pendici vulcaniche.
Quando imboccò un sentiero stretto e scosceso Serge, che aveva imparato a menadito ogni angolo dell'Arena, emise uno sbuffo stranito:
"È proprio davanti a me e non ci sono scorciatoie o altre strade che portano a questa: come può sperare di prendermi di sorpresa?"
Esitò, poi scosse la testa: non aveva molta scelta ed era impaziente di chiudere la caccia.
Ci mise qualche istante di troppo a realizzare l'entità del proprio errore: Holmes era sì davanti a lui, ma qualcun altro era appostato qualche iarda più in alto.
"Un alleato! Ma chi..."
I suoi pensieri furono interrotti dalla granicola di pietre che gli piovvero addosso, spingendolo verso il bordo del precipizio; all'ultimo, Serge riuscì ad aggrapparsi al tronco di un piccolo arbusto che sporgeva dal sentiero. Piantò i piedi contro la parete rocciosa e riprese fiato a fatica. Su di lui si stagliò la figura di Holmes.
«Ben fatto, ragazzo» rise Serge. «Ora fai un piacere a un uomo morente.»
«Dimmi.»
«Voglio mandare un messaggio: non morirò seguendo le loro regole.»
Le labbra di Holmes si piegarono in un sorriso triste e insieme sollevato: di certo preferiva guardarlo morire piuttosto che infliggergli il colpo fatale.
«Come vuoi. »
Serge inspirò a fondo: ecco le ultime cose che avrebbe sentito e visto — puzza di zolfo e una terra morta quanto gli schiavi di Capitol City.
«Ohi, Panem! Ecco le mie ultime parole: fottiti, Snow! E anche voi, Strateghi dei miei stivali! Ci rivediamo giù da Belzebù!»
Racimolò le sue ultime forze, afferrò la caviglia di Holmes e si diede una forte spinta all'indietro facendo leva sulle ginocchia. Quando erano ragazzini, Ahiga e Ahanu gli avevano insegnato che quella era la migliore maniera di tuffarsi e mentre volava nel vuoto, Serge li ringrazio.
Ringraziò tutti i Wyandot per avergli regalato una una morale e una splendida figlia.
Ringraziò Marion perché gli aveva impedito di perdere la seconda e aveva in tutti i modi tentato di salvare la prima.
Forse in un altro tempo, un altro mondo, ci sarebbe anche riuscita; ma in quello gente come loro era destinata a perdere.
"Non per sempre."
Holmes piangeva e imprecava.
Serge sorrideva.
"Verrà il giorno, verranno gli eroi — quelli che io e te non siamo stati, Holmes — e io... Io avrò spianato loro la strada."

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top