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Quella sera, alla mostra, Alec non aveva detto di conoscere Beth, e lei gli era immensamente riconoscente. Non che dovesse dare spiegazioni a qualcuno per il suo comportamento, sia chiaro, solo che non voleva essere giudicata. Non lo avrebbe mai ammesso, ma era una persona troppo fragile per essere giudicata, troppo fragile non ottenere l'appoggio di qualcuno tanto da impegnarsi molto per ottenerlo, anche nelle piccole cose. Ad esempio ogni mattina, dato che era la prima a lasciare casa, lasciava biglietti di buongiorno ai suoi coinquilini. Di tanto in tanto portava caffè o ciambelle ai colleghi di lavoro per "iniziare dolcemente la giornata". Era buona come il pane, lo dicevano tutti, ma sapeva anche essere un po' stronza, se avesse voluto. Il problema era che non voleva mai.
Il tirocinio quel giorno non era stato pesante e alla fine della giornata, verso le 17:30, i colleghi stavano organizzando una serata tutti insieme ad un locale vicino il laboratorio dove andavano sempre.
"Beth, tu vieni?" domandò Marghe rivolgendosi all'amica. Di tutti i colleghi Margherita era quella con cui Bethsabea aveva legato di più, nemmeno lei sapeva il motivo. Forse perché era una donna molto solare, coinvolgente, espansiva e in men che non si dicesse aveva già raccontato tutta la sua vita ai colleghi, o forse perché entrambe avevano origini italiane -Margherita era originaria di Firenze- o forse ancora perché avevano gli stessi interessi; non si conosceva il vero motivo, ma le due avevano legato.
"No, mi dispiace ragazzi, ma mia madre ha un organizzato un cena" declinò l'invito la bella bionda, seppur a malincuore.
Non che non volesse vedere la madre, sia chiaro. Diciamo solo che non aveva molta voglia di vedere gli altri ospiti della cena. Infatti Vanessa aveva deciso di organizzare una cena con il suo professore, la moglie e i figli in un ristorante decisamente troppo lussuoso per un tipo come la figlia, ma non ci teneva affatto a fare brutta figura con il professore e quindi Beth aveva dovuto adattarsi, ma soprattutto mettersi in tiro.
La madre le aveva raccomandato a lungo di vestirsi elegante, di non osare, che quel locale era molto particolare e non aveva alcuna intenzione di farsi cacciare per schiamazzi o cose del genere. Come se poi Beth avesse avuto bisogno di quelle raccomandazioni... silenziosa com'era avrebbero potuto perfino dimenticarla lì! Oh e le aveva anche raccomandato di non vestirsi né di bianco né di dorato perché quelli sarebbero stati i suoi colori.
Non avendo la minima idea di cosa indossare, Beth aveva comprato un abito, nei giorni precedenti, insieme a Isabelle. Non aveva nulla di particolare, era lungo, smanicato e si legava al collo, aveva un laccetto alla vita ed era color rosso mattone a quanto diceva Isabelle. Le scarpe già le aveva, quasi dello stesso colore. Le aveva comprate per la sua festa dei sedici anni e le aveva indossate solo allora, anche se credeva fossero stupende. Si fece prestare una borsetta elegante da Izi e così anche lei era pronta per andare alla cena.
Erano rimaste d'accordo, con la madre, che sarebbe passata a prenderla con il taxi, ma all'ultimo minuto le aveva fatto sapere che non sarebbe passata, quindi chiamò un altro taxi. Il ristorante non distava moltissimo da casa sua ma non c'erano stazioni di autobus o metro lì vicino e arrivarci a piedi sarebbe stata una vera impresa.
Davanti all'entrata notò subito sua madre, avvolta in un abito bianco lungo fino al ginocchio, che chiacchierava con Edmund, elegante come sempre, e una donna fasciata in un lungo abito nero e tortora.
Leggermente in disparte c'era Alec, anch'egli in giacca e cravatta senza però l'aria austera del padre. In effetti non si assomigliavano molto, se non per l'altezza. La madre invece aveva gli stessi lineamenti pronunciati e gli occhi chiari.
"Buonasera" esordì Beth sorridendo a tutti.
"Ciao tesoro! Lascia che ti presenti Josephine, la moglie di Edmund. Josephine, lei è mia figlia Bethsabea".
"Molto piacere" disse educatamente la giovane mentre la madre li conduceva all'interno del locale. Non era lussuoso quanto si era immaginata, roba di candelabri d'oro e lampadari scintillanti, ma era comunque molto impegnativo. I tavoli rotondi erano disposti a eguale distanza gli uni dagli altri ed erano ricoperti con lunghe tovaglie bianche. Le sedie erano alte e spaziose, senza manici laterali, e come segnaposto vi erano delle candele. Un cameriere si avvicinò a loro e li condusse ad un largo tavolo quasi al centro della sala, dove spostò la sedia a Vanessa per farla accomodare mentre Edmund faceva lo stesso con sua moglie. Bethsabea la spostò da sola perché era perfettamente capace di sedersi senza l'aiuto di nessuno.
Ordinarono pietanze prelibate mentre a tavola veniva servito un eccellente vino bianco. Non che Beth ne capisse qualcosa, nemmeno le piaceva il vino. L'argomento principale della conversazione fu l'arte, mentre di tanto in tanto Edmund si vantava delle capacità di uno dei suoi tre figli più grandi. Due erano gemelli ed erano entrambi laureati in legge. Uno studiava per diventare notaio, uno per diventare magistrato, entrambi a Glasgow. Il più grande, invece, faceva parte dell'aeronautica militare, ed era precisamente Sergente. Per quanto riguardava Alec, invece, non se ne parlò per niente, ma fu Vanessa ad aprire la conversazione.
"E tu, invece, Alexander?" domandò interessata facendo calare il silenzio sul tavolo.
Josephine era in procinto di rispondere ma Alec la anticipò: "Io sto frequentando un corso di criminologia".
"Oh magnifico!" esclamò Vanessa, "Anche a Beth sarebbe piaciuta una carriera del genere, ma adesso facendo il tirocinio per entrare nella polizia scientifica".
"Affascinante" esordì Edmund, "E di cosa si occupa?".
"Beh, il mio lavoro è principalmente quello di raccogliere ed analizzare le prove inorganiche, come frammenti di vetro, di stoffa, cose del genere" rispose prontamente Beth. Quando si trattava della sua professione lei era sempre preparata.
Avendo iniziato a parlare di polizia, si aprì il dibattito su un vecchio caso di omicidio oltreoceano che era giunto fino in Europa oltre che per la crudeltà, anche perché uno degli indiziati era tedesco, ed Edmund rivolse a Beth molte domande riguardo l'analisi delle prove. A fine cena si poteva dire che la giovane si era sciolta molto e non si sentiva più un pesce fuor d'acqua in quel locale per gente altolocata.
Quando il cameriere portò il conto, Vanessa stava per prenderlo e offrire la cena, ma fu bloccata da Edmund che disse: "Che gentil uomo sarei se mi facessi offrire la cena da due donzelle?" e poi pagava la cena a tutti e cinque.
Una volta usciti dal locale, Edmund e Alec aiutarono Josephine, la quale non si sentiva molto bene, a salire in macchina, mentre Vanessa e Bethsabea si salutavano. Il mattino seguente, infatti, la donna avrebbe preso il volo che l'avrebbe riportata a casa.
"Andiamo Vanessa" la incitò Edmund, "Ti portiamo noi all'Hotel. Non ci perdiamo mica per cento metri".
Vanessa strinse la figlia in un ultimo abbraccio ed entrò in macchina con la coppia. Mentre prendeva il cellulare dalla borsetta per chiamare un taxi fu sorpresa da una voce profonda alle sue spalle.
"Se non credi che sia un serial killer, posso accompagnarti io a casa".
N.d'A.
Allora, ci fidiamo di Alec? Cosa ne pensiamo? Fatemi sapere 🌱
flyerthanwind
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