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Bethsabea era sempre stata una brava ragazza. Intelligente, studiosa, bella, con il giusto gruppo di amici. Aveva viaggiato molto e nella sua adolescenza si era divertita. Non si era mai drogata, non si era mai ubriacata, non aveva mai fumato, ma aveva passato una bella adolescenza, anche se i suoi genitori erano poco presenti. Nonostante vivessero tutti e tre insieme, non consumavano i pasti insieme se non in rare occasioni. A 18 anni si era trasferita a Belfast per l'università, ma non aveva perso di vista il suo gruppo di amici. Erano andati in città diverse, ma erano rimasti in contatto. Aveva perso di vista i suoi genitori. A Shadowland li scorgeva in casa di tanto in tanto; dopo il trasferimento, li scorgeva qualche weekend di tanto in tanto. Era stata fidanzata per due anni con un bravo ragazzo, di buona famiglia, poi era finita. Presa la laurea, era andata a Londra, e anche da qui era rimasta in contatto con i suoi amici. Skype, whatsapp, viber, wechat, kiwii, facebook; ce n'erano di modi per sentirsi. Aveva conosciuto nuove persone, i colleghi del tirocinio, Marghe, Adam, Daniel, Eric, Addison, Meredith; i supervisori Clary, George, Eddie, Clark, Lila; i coinquilini, Seth, Patrick, Mark, Isabelle, Cassandra. Non aveva visto i suoi genitori per cinque mesi.
Quel venerdì era arrivata tardi al lavoro perché c'era stato un guasto alla metro ed era dovuta andare a piedi. La sera aveva lasciato tardi il laboratorio perché Lila era nervosa e aveva trattenuto tutti i tirocinanti. Aveva cinque chiamate perse al cellulare e non sapeva di chi fossero perché non poteva staccarsi dal microscopio. Si era fermata a bere una birra in un locale con Marghe anche se la birra le faceva schifo, poi aveva accompagnato la collega a casa.
Stava tornando a piedi quando notò la vetrina di un negozio di scarpe. C'erano degli stivaletti bassi, modello platform, con un po' di tacco. Voleva farsi un regalo e li comprò, poi s'incamminò di nuovo. Se non altro la consolava il pensiero che a casa avrebbe trovato qualcuno a cucinare la cena e che non era il suo turno per il bucato. Aprì il portone del palazzo e scoprì con orrore che l'ascensore era rotto. Salì sette piani di scale a piedi col solo desiderio di buttarsi sul letto ma notò che il piano era stranamente silenzioso. Aprì la porta e salutò, ma in casa non c'era nessuno. Un biglietto sul frigorifero recitava "Stanotte non torno a casa -Mark". Probabilmente aveva rimorchiato qualcuna. La lavagna diceva che era il turno di Seth per la cena, ma aveva appuntato che avrebbe mangiato fuori. Patrick e Isabelle avevano un appuntamento quella sera, Beth se l'era appena ricordato. Controllò il telefono, c'era un messaggio da parte di Cassandra: "SOS puoi fare il bucato al posto mio? Ho conosciuto una ragazza e adesso devo scoprire tutto di lei".
L'idea di lavare le mutande di tutti non la metteva affatto di buon umore, ma sapeva che Cassandra aveva fatto outing da poco ed era insicura, quindi si rassegnò. Innanzitutto raccolse i cestini con i panni sporchi in tutte e sei le camere e attaccò la lavatrice.
Chiamò la madre, autrice delle chiamate perse, che le annunciò di essere invitata alla sua mostra a Londra per festeggiare vent'anni di carriera. Poi chiamò il padre, che le annunciò che non ci sarebbe stato alla mostra. Mangiò un hamburger di maiale per cena, si fece una doccia che la fece un po' rilassare, staccò la lavatrice, mise gli abiti ad asciugare, prese una camicia lunga dal suo guardaroba, la indossò insieme agli stivaletti che aveva appena comprato ed uscì di casa senza cellulare, senza chiavi, senza giubbino, senza sciarpa, senza calze, senza nemmeno una meta precisa.
Bethsabea per la prima volta prese la metro -quella linea funzionava- senza biglietto, ma dato che era uno degli ultimi turni e c'erano solo pendolari abbonati nessuno fece caso a lei, e scese alla fermata Clapham Common. Non appena risalì in strada sentì musica assordante provenire da un locale la cui insegna recitava "Infernos". Si mise in fila dietro un gruppo di amici ed entrò in discoteca, anche questa volta senza pagare.
La musica la investì di colpo, così come le luci gialle dei faretti che si riflettevano nell'enorme palla da discoteca posta al centro della pista, già gremita di gente nonostante fossero ancora le 22:00. Si avvicinò al bar e il barista le offrì un cocktail per darle "il benvenuto da Infernossss". Non ci credette minimamente, ma bevve il cocktail. Era amaro e le bruciò la gola, così si allontanò dal bancone con la faccia schifata per buttarsi in pista. Non era una tipa facile, Beth, per lei non era semplice sciogliersi, rilassarsi in mezzo a tanto gente, ma ci provò. C'era un ragazzo, non lontano da lei, che la stava fissando. Era imbarazzata e compiaciuta allo stesso tempo dallo sguardo ghiacciato di lui. Probabilmente arrossì, ma con tutte quelle luci non se ne accorse nessuno.
Dopo una prima manche in mezzo alla pista, tornò di nuovo al bar, dove il barman le porse un cocktail dicendo "Questo lo offre quel ragazzo lì". Il ragazzo in questione era biondo, con i capelli quasi a caschetto tutti scompigliati. Indossava una camicia azzurra e un paio di jeans attillati e il suo sguardo era di ghiaccio.
Sorrise compiaciuta e brindò da lontano col ragazzo, mentre completamente rossa in viso si voltò dall'altro lato. C'era un altro ragazzo che la stava fissando, anche questo biondo, il barman lo indicò e disse che le aveva offerto un cocktail. Accettò anche questo, nonostante fosse penoso come tutti i precedenti e si ributtò nella mischia.
Nessuno dei due ragazzi si avvicinò e fu grata ad entrambi per questo, ma poi notò che uno dei due stava ballando con un'altra. Non che le interessasse qualcosa, visto il tipo.
Continuò a credere di ballare da sola per un po', poi si voltò scoprendo che il ragazzo con lo sguardo agghiacciante l'aveva raggiunta e stava ballando a pochi centimetri da lei. Erano poche le volte in cui si sentiva bassa accanto a qualcuno, e quella era una di quelle volte. Era alta un metro e settanta, indossava i tacchi e lui non era molto più alto lei, ma la sua presenza la sovrastava. Notò, guardandolo bene, che aveva un piercing al naso, un anellino, e nonostante lei odiasse il septum non riusciva a smettere di pensare quanto gli stesse bene. Ormai ballavano insieme senza però sfiorarsi. Si guardavano negli occhi e di tanto in tanto sentiva sulle gambe gelide i jeans ruvidi, oppure la stoffa soffice della camicia di lui toccava quella della camicia di lei. I loro occhi erano fissi in quelli dell'altro, quasi si stessero scrutando l'anima, e, nonostante non si fossero mai visti prima d'allora, c'era qualcosa che li legava.
Il ragazzo stava tentando di frenare l'attrazione fisica che ella esercitava. Non era un principiante, aveva avuto tante ragazze, eppure mai nessuna gli aveva fatto quell'effetto. Lei, d'altro canto, dall'alto della sua inesperienza, non riusciva a spiegarsi l'ambiguo motivo per cui il suo corpo tentava di avvicinarsi a quello del ragazzo. Fu solo un attimo, si toccarono appena, e poi presero a baciarsi. Continuarono così fino alle quattro, quando la discoteca chiuse, e Beth poté appurare che il biondo misterioso di cui non conosceva nemmeno il nome, oltre che un gran baciatore, aveva un sorriso stupendo.
"Io sono Bethsabea" si presentò la ragazza mentre uscivano dal locale, ma a causa del volume ancora troppo alto lui colse solo "Bea".
Aveva bevuto tre cocktail, era nervosa, stressata, e quel tipo le manteneva i fianchi in un modo che nemmeno lei riusciva a spiegare.
"Io sono Alec" disse prendendola per mano e portandola a casa sua.
N.d'A.
E adesso conosciamo anche il bello e misterioso Alec! Non so voi ma io ho un debole per Jamie Campbell Bower, non potevo immaginare Alec diversamente! Fatemi sapere cosa ne pensate e scrivetemi pure su Instagram per chiarimenti e quant'altro 🌱
flyerthanwind
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