18

Alec aveva una figlia.
Più ci pensava meno le sembrava reale.

Alec era padre. E da ormai cinque anni per di più.
Assurdo.

Eppure la storia filava, ogni tassello tornava. L'astio con i genitori, con il padre in particolare, aveva un significato molto più profondo di quello che Beth avrebbe mai potuto immaginare.

"Come si chiama?" aveva domandato in preda alla curiosità, senza curarsi dello sguardo preoccupato del giovane, timoroso di aver rovinato il rapporto che stava nascendo.

"Rebecca" aveva risposto mentre un sospiro di sollievo gli aveva alleggerito l'animo.

"Mio padre l'aveva pagata per non farsi più vedere e mi aveva proibito di cercarla ancora, ma alla fine non ce l'ho fatta. Due anni fa le sono ripiombato in casa e ho preteso di vedere mio figlio, quel giorno ho scoperto che era un bambina. E sempre quel giorno il suo compagno mi ha rotto il naso. Non gli sto per niente simpatico" ci scherzò su, suscitando anche l'ilarità di Bethsabea.

"Hai messo incinta la sua fidanzata e poi sei sparito, mi sembra normale" rispose la donna, ma nonostante tutto c'era una nota di severità nella sua voce.

Sentiva il bisogno di chiedere qualcosa, ma non voleva essere maleducata. Alec l'aveva capito, per cui tacque fin quando si decise a parlare.

"Perché hai aspettato tre anni per cercarla?" domandò fugace, lanciandogli solo una breve occhiata mentre si apprestava ad aggiungere: "E non provare a rifilarmi la storia che avevi deciso di fare il bravo figlio perché non ci credo".

"Avevo paura" ammise francamente con un nostalgico sorriso sulle labbra, "Non mi sentivo pronto per fare il padre e mi ero lasciato abbindolare dalle parole di mio padre nonostante sapessi che il bambino poteva essere solamente mio".

La giovane lo osservò attentamente, scrutando i suoi occhi che si muovevano veloci verso l'orizzonte pur di evitare il suo sguardo.

"Puoi dirlo che sono stato uno stronzo" le sorrise cortese, senza estendere quella gentilezza agli occhi. Continuava ad analizzarla per accertarsi che non stesse meditando di tagliare tutti i ponti con lui.

"Sei stato un grandissimo stronzo" gli sorrise, spintonandolo leggermente.

Gli aveva detto la verità ne era certa, non c'era motivo per non credergli. Aveva avuto paura, e in un certo senso riusciva persino a capirlo, ma mai a giustificarlo.

"Dovresti conoscerla, è davvero una bambina sveglia" spiegò con un bellissimo luccichio negli occhi.

Probabilmente anche i suoi genitori, un tempo, aveva parlato di lei in quel modo con i loro amici. Tutti i bambini dovrebbero avere qualcuno a cui brillano gli occhi quando si parla di loro, qualcuno che li ami più di ogni altra cosa. Beth ne era convinta.

"Avrà preso tutto dalla madre" lo schernì la giovane alzandosi dal muretto su cui erano ancora poggiati.

Superato lo shock iniziale, aveva bellamente iniziato a prenderlo in giro, sentendosi perfettamente in dovere di farlo.

"In effetti le somiglia moltissimo, sembra quasi la sua piccola fotocopia. In questi giorni sono a Roma dalla madre, potremmo andare a trovarle" azzardò, scrutando con curiosità l'espressione sorpresa della sua interlocutrice.

"Non credo sia il caso... Insomma, non mi conosce, potrebbe voler stare da sola con te..." tentò di propinare una serie infinita di scuse che naturalmente Alec non bevve.

"Troppo tardi... Le ho invitate a pranzo questo week-end, e ho già detto che ci sarai anche tu" le annunciò, affrettando successivamente il passo per sfuggire alle ire di Beth.

"Che cosa?! Come ti sei azzardato? Sei un dannatissimo prepotente, so prendere le mie decisioni da sola!" iniziò la sua infinita ramanzina mentre Alec se la rideva di gusto, attirando su di loro l'attenzione divertita degli altri passanti.

"Dove stai andando?!" s'interruppe Bethsabea mentre, senza preavviso, Alec si era infilato nuovamente nell'auto e aveva messo in moto. L'aveva seguito velocemente, in silenzio, osservando i suoi movimenti calcolati.

"Vorresti dirmi, di grazia, dove diamine andiamo!" esclamò nuovamente, con finto tono calmo, mentre il giovane sogghignava senza degnarla di attenzioni.

Beth non conosceva assolutamente la capitale, per quanto le riguardava potevano anche trovarsi in una sperduta stradina di campagna, eppure si fidava di Alec, nonostante tutto.

"Non ti ho addolcita abbastanza" disse semplicemente, con le mani serrate sul volante, certo della strada che stava percorrendo.

Si arrestò poco dopo, nei pressi di un dirupo, e scese dall'auto con nonchalance. Beth iniziò a pensare che fosse matto, ma lui si sedette sul cofano dell'auto e prese a scrutare il magnifico orizzonte.

"È... bellissimo" biascicò la giovane raggiungendolo e sistemandosi accanto a lui.

Il paesaggio in lontananza si ergeva prepotente tra quella natura incontaminata. Una landa immensa di tetti colorati e luci al neon risplendeva a poca distanza, non abbastanza lontana da mostrare la capitale nella sua eterea bellezza eppure concedendone un piccolo scorcio.
Una vista così normale da mozzare il fiato.

Non conosceva il posto in cui si trovavano, probabilmente anche Alec l'aveva scoperto per caso, magari girovagando per quei colli su cui si erge la città alla ricerca del proprio angolo di paradiso.

In quell'istante, il tempo era scandito dal rumore ovattato dei clacson in lontananza e dal fruscio del vento che portava i capelli a solleticarle il collo. Con quella pace a instillarsi nell'animo le venne naturale poggiare il viso sul suo petto e rilassarsi udendo il battito del suo cuore.

Stava per dire qualcosa quando Alec le prese il viso tra le mani, carezzandole la guancia per impedirle di rovinare la magia del silenzio con sillabe inutili.

La guardò a lungo -occhi negli occhi- prima di baciarla lentamente, con dolcezza e insieme passione tale da sconvolgere tutte le sue convinzioni.

N.d'A.
Un po' di romanticismo ci voleva, necessitavo della mia dose di fluff settimanale 💞
Fatemi sapere cosa ne pensate, mi renderebbe davvero felice 🌱
flyerthanwind
Ah quasi dimenticavo... Buon 25 aprile a tutti, festeggiamo la libertà e l'antifascismo!

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