3. L'unica possibilità
1 settembre 2017
Libra Black era appena tornata a casa. Viveva, con la figlia, in un piccolo appartamento nella periferia di Londra. Il salotto non era molto grande, le pareti erano dipinte di bianco e sfoggiavano un paio di quadri. Uno di essi, il più grande, rappresentava Alicia all'età di quattro anni con indosso un maglioncino arancione. Gli altri rappresentavano paesaggi di mondi talmente perfetti che non potevano esistere veramente. Un televisore, un aggeggio Babbano, era poggiato su un mobiletto basso e un po' rovinato. Un divano ed una poltrona occupavano la maggior parte delle spazio che rimaneva.
Dopo aver poggiato le chiavi di casa, Libra andò in cucina per prepararsi il pranzo. Prese un pentolino e fece bollire l'acqua per la pasta, quando non c'era la figlia viveva solamente di essa. Aprì un mobiletto per scegliere che tipo di pasta mangiare, optò per quella con la cottura più breve. La stava pesando quando sentì uno strano rumore provenire dal salotto. Afferrò un coltello da cucina abbastanza affilato da poter ferire anche un uomo armato e, a passo leggero, andò a sbirciare.
Gridò non appena lo vide, non poteva essere davvero lui! Spalancò gli occhi impaurita e protese il braccio in avanti, sulla difensiva.
«C-Cosa v-vuoi?» balbettò tremante.
Lui la guardò di traverso, con le sopracciglia inarcate. La vista del coltello non gli faceva ne caldo ne freddo. Si guardò intorno, osservò con attenzione clinica i dipinti del salotto; soffermò lo sguardo su Alicia.
«È lei?» domandò con noncuranza.
Si ricordava perfettamente del giorno in cui aveva incontrato Libra, sapeva d'aver commesso lo sbaglio più grande della sua vita, sapeva di non aver fatto quell'incantesimo. La donna non gli rispose e lui si voltò per guardarla. Non la ricordava così agguerrita sotto di lui, ghignò al pensiero.
«Ti ho posto una domanda, rispondi!» ringhiò.
«Pure io te ne ho posta una» rispose Libra con rinnovata forza. «Perché sei qua? Perché non sei ad Azkaban con quelli come te? Perché vuoi sapere di lei, dimmelo Rosier, dimmelo!»
«So benissimo che è mia figlia, lurida Maganò. Ho detto loro che ero sotto Imperius e ho fornito un po' di nomi, come tanti d'altronde, sei contenta? Come l'hai chiamata?» sbottò indicando il quadro.
«Non chiamarmi in quel modo, sei tu il lurido in questo caso! E si chiama Alicia, Alicia Rosier.»
Evan Rosier, perché era di lui che si trattava, parve sorpreso nel sapere che la giovane portava il suo cognome. Aprì la bocca per replicare ma non disse nulla.
«Non puoi conoscerla, ne ora ne mai» proseguì Libra ormai preda di una rabbia incontenibile.
Agitava le mani in modo frenetico, era talmente agitata che rischiò più volte di tagliarsi con il coltello. I capelli, raccolti da una molletta, le ricaddero sulle spalle in una cascata di fili di tenebre. Anche in questo caso Evan sussultò, colto alla sprovvista da quella splendida visione.
«E perché mai non posso conoscere mia figlia?» domandò leggermente più tranquillo.
«Perché è ad Hogwarts e non voglio che sappia chi è suo padre e cosa ha fatto! Ti rendi conto che verrà presa di mira da tutti? Verrà additata come "figlia di Mangiamorte" e lei non sa nulla, non sa nemmeno chi sono questi Mangiamorte!» sbraitò.
«Tu... tu non le hai detto niente di niente sulle Guerre Magiche? E poi sei tu che le hai dato il mio cognome, potevi benissimo darle il tuo!»
«Io...»
Libra lasciò la frase in sospeso, non sapeva nemmeno lei il perché. Lasciò cadere il coltello, se avesse voluto ucciderla poteva farlo tranquillamente. Dalla bocca le uscì un singhiozzo, stava piangendo.
Evan, che dei sentimenti delle donne sapeva bene poco, rimase impassibile ad osservarla. Si era pentito amaramente di ciò che aveva fatto, uccidere Babbani, Nati Babbani e tutti coloro che si erano opposti a Voldemort era stato un terribile sbaglio. Pensare anche per un solo istante che gli ideali di Voldemort fossero giusti era uno sbaglio terribile. Ma si odiava ancora di più per ciò che aveva fatto alla donna che si trovava davanti, non poteva credere d'averla davvero violentata. Eppure vedere quell'adorabile bimbetta lo rasserenava un po'.
«Alicia si merita di sapere la verità, potrai dirle tutto al suo sesto anno. Sono certa che a sedici anni sarà matura abbastanza da sapere tutto. Potrai scriverle delle lettere, solo questo» disse Libra a denti stretti.
Evan sorrise leggermente, non si aspettava proprio che il suo colloquio con la donna avesse un tale risvolto. Non aveva mai avuto una buona memoria ma quello, sicuramente, non se lo sarebbe mai e poi mai scordato.
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