CAPITOLO 6 "Come abbiamo sempre inconsciamente fatto" (Neeve)
⚠️IN FASE DI CORREZIONE⚠️
Uno squadrone di soldati marcia battendo le suole singolarmente anonime ma dal riconoscibile ritmo collettivo. Gli equipaggiamenti militari tintinnano sulle armature bianco latte fremendo come animali incatenati ma sempre pronti al fischio di partenza.
Non appena alcuni metri di distanza ci separano dalla legione cambiamo posizione sostentandoci di angoli bui e stanze vacanti come farebbe un insetto qualsiasi privo di alcuna dignità la cui fine può essere decisa dalla suola di uno stivale.
"Pensi ci stiano cercando?". Il filo di voce del ragazzo si spande dalle mie spalle cercando di non sovrastare il silenzio assordante su cui si fonda la nostra unica copertura.
"Preferisco non scoprirlo". Ribatto, anche se ovviamente fa capolino l'ormai confermato sospetto che 'Morte Dorata' sia tornato cosciente e ora a capo della squadra investigativa sulle nostre tracce.
Compiamo alcuni passi incerti cercando di evitare convogli e squadriglie. Tutto sembra un incubo senza fine, di quelli dove ti senti in trappola mentre il respiro dell'essere alle tue spalle si fa sempre più vicino.
"Come faremo a farlo fuggire?".
Deglutisco a causa di quell'intervento che speravo non sarebbe mai giunto cosi da non mettere a nudo l'improcrastinabile verità. Difficile che io non abbia un piano, sono stata educata fin da bambina a fare tutto il necessario per terminare una missione, nei limiti del possibile ovviamente, e la base di una buona riuscita è avere qualcosa in mente. Questa situazione però è fin troppo inaspettata e fuori da ogni mio standard perché sia capace di gestirla. Ho paura di non sapere.
Getto un occhiata superficiale alla cinta di colonne appena successiva che appare sgombra. Il vento grida di dolore nei corridoi semivuoti. Il protocollo di emergenza parla chiaro, in queste situazioni tutti i padawan devono istantaneamente rientrare nelle proprie cabine e rimanerci fino alla fine dell'ispezione. Successe già una volta con la fuga di un'altra Apprendista jedi dal tempio, si risolse tutto nel giro di qualche giorno ma quella storia fece gran scalpore tra quelli di noi che rimasero.
Zayed mi prende per la spalla infilando le dita nello spazio tra la clavicola e la scapola come a volermi strappare la verità a forza.
"Mi spieghi cosa vuoi fare?". Mantiene a fatica il già basso contegno mettendo la stessa enfasi su ogni parola scandita singolarmente.
Corrugo la fronte e smuovo il braccio cercando di non dargli corda.
"Ehi, parlo con te, Coruscant chiama Neeve".
"Non ne ho la benché minima idea!" Sbotto. "Si, io non ho alcun piano".
Fa figurativamente un passo indietro, le pupille si dilatano per l'inaspettato incontro ravvicinato.
La sua voce sembra essersi raggelata, le labbra richiuse a riccio.
"Scusa, non avevo idea che...".
"Esatto. Il fatto che tu mi abbia salvato la vita non ci rende automaticamente amici. Sei qui solo perché so che Kel lo vorrebbe, non perché necessario".
Gli occhi celesti accompagnati dalle sopracciglia scure mirano il nulla verosimilmente imitando il movimento vacuo delle varie considerazioni, opinioni e teorie che staranno sguazzando nella sua testa.
Mi volto come una molla scossa da una forza esterna che ritorna alla forma originale dopo aver infranto il proprio equilibrio. Non succede spesso che io mi alteri ma d'altronde non succede spesso neanche di essere in fuga dalla propria casa quindi credo che una possa giustificare l'altra. Innalzo il gomito, lì per lì dal commettere il gesto dal siginificato intrinseco di 'via libera' quando...
"Aspetta". Sussurro stendendo una mano dietro di me.
La luce lunare trapassa il materiale semitrasparente di una vetrata dipingendo la corazza del militare, dal busto fino alla caviglia corazzata, di un mare di colori compresi tra il rosso e il dorato in totale armonia con lo scarlatto sul casco. Il dito fermo sul grilletto del fucile blaster impostato in modalità uccisione mi costringe a riformulare ogni mia attuale ipotesi sulla pericolosità della missione.
"La squadra tattica è pronta al trasferimento signore". Comunica il clone con grado di comando ben visibile sulla spalla destra.
"Ottimo lavoro Thorn, vi offriremo il necessario supporto logistico. La nave sarà lì tra dieci minuti, fatevi trovare pronti".
"Signorsì comandante Fox!". Il soldato ripone il trasmettitore all'interno della cintura affiancato a un paio di granate anti-droidi procedendo nella sua corsa.
Lego i fili d'argento sulla nuca con un semplice nodo. Infilo il cappuccio sulla testa ricoprendo la capigliatura smossa.
"Muoviti o lo perdiamo".
Non riconosco la smorfia sul viso di Zayed a causa della maschera di bronzo che ha innalzato allo scopo di reprimere ogni turbamento ma so essere presente. Ho imparato negli anni a comprendere le persone, cosa necessaria al fine di scambi diplomatici o presa d'ostaggi. Non ho avuto dubbi sul fatto di aver esagerato durante l'altergo ma d'altronde tutto ciò che ho detto non avrebbe effetto se tornassi subito sui miei passi, gli servirà da lezione, proprio come lo fu per me.
Muoviamo passi felini tra i corridoi brulicanti di tristi auspici e sguardi indagatori. Tenendoci incollati alle spalle del bersaglio.
Il comandante preme un pulsante collegato al meccanismo interno ai muri antichi che si risveglia dal proprio sonno precedendo l'arrivo del trasporta-persone.
Lo sguardo inclinato di ottanta gradi sulle mattonelle color panna.
"Non possiamo uccidere nessuno, chiaro?".
Zayed apre la bocca per dire qualcosa, ci rimugina su per qualche secondo e poi fa un passo avanti.
"Non so che tipo di criminale intergalattico pensi io sia e non vorrei di certo minare la tua autostima ma non sei l'unica a sapere come funzionino le regole Neeve".
Ideata come una frase di sfida quella mi riempie in realtà di serenità rimuovendo da me ogni cavillo di coscienza legato a eventuali incidenti.
Le porte dell'ascensore si spalancano nel giro di due secondi, faccio per entrare subito dopo il repubblicano sistemandomi al polo opposto della cabina, accanto alla pulsantiera numerata.
Il nemico pone i piedi sullo stesso livello alzando le spalle e il mento come ogni buon soldato farebbe.
"Dove deve andare comandante Thorn?". Le parole scorrono spontanee e senza un reale ragionamento alle spalle, aggiungendosi al sempre in aumento ammontare di improvvisazioni odierne.
"Banchina tre, grazie".
Neanche il tempo di dirlo e l'ascensore parte spedito ricordandoci la nostra direzione sulla base della differenza di peso riscontrata alla partenza.
Decido che la tattica migliore per superare il breve ma intenso tratto di strada sia rimanere in silenzio e così faccio contenendo il mio arco visivo ai piedi calzati stretti dagli stivali beige.
Il fucile, rimasto sempre accordato sulla stessa letale tonalità, non si smuove dalle braccia del Clone la cui voce ovattata è quella che mette in gioco le mie doti attoriali.
"Voi dove siete diretti?".
Il padawan al mio fianco non può fare a meno di rivolgermi uno sguardo neanche troppo velato.
"Livello 2". Rispondo con calma in modo da non permettendoci di riferire pareri discordanti.
Thorn passa le falangi guantate sull'avambraccio della corazza perlacea. Osservo i suoi movimenti con diffidenza, ogni atomo del suo corpo mi rende la vita più complessa.
Fa due passi alla mia sinistra per poi spingersi alle mie spalle. Non so cosa pensare ma l'azione fa affiorare dei brividi lungo tutto il corpo.
"Avete trovato nulla?".
"Cosa?". Mi sposto perché la vicinanza col militare si fa già troppa.
"Sui traditori".
"...No, non ancora almeno".
"Rubare delle prove e colpire una guardia del loro stesso ordine, se fossi in loro sarei già in fuga, i jedi non saranno molto clementi".
"Cosa intende?".
"Se continuano a fuggire avranno sulla testa una taglia istituita dalla repubblica stessa e verranno braccati nell'intera galassia concosciuta. Non avranno scampo".
"Non le sembra un pò troppo per quello che hanno fatto?".
"Sembra quasi che nessuno vi abbia informato".
Il soldato spinge la mano contro la mia spina dorsale lanciandomi contro Zayed che mi afferra al volo sfoderando istantaneamente la spada laser che si accende in un lampo verde.
"-Mi sarei aspettato un errore del genere da dei separatisti, non dai jedi".
Il blaster si rivolta verso lo sterno del ragazzo con in pugno la lama.
"I livelli dall'1 al 10 sono in chiusura cautelare a causa delle indagini, lo sapreste se solo aveste ricevuto il comunicato ma a quanto pare hanno scordato di inviarvelo. Infidi traditori". Pensare che quell'ultima parola pronunciata a denti stretti si riferisca a noi mi fa rigirare le budella nello stomaco.
"Non deve andare così Comandante, non siamo colpevoli, quella guardia è il vero traditore".
"Lo stesso jedi che avete ucciso? Facile puntare il dito sulla vittima".
"Ucciso? Noi non abbiamo ucciso nessuno".
Il respiro avanza a fatica tra le narici e i polmoni in iperventilazione.
"Mi credete stupido? L'ho visto di persona e riesco a riconoscere un cadavere quando lo vedo".
Rimaniamo in stallo, ognuno con in mano la vita del prossimo.
"Non puo ucciderci entrambi". La spada luminescente punta il petto del soldato.
"Non ne sarei così sicuro". Sposta verso il basso la visiera che inquadra la canna di una pistola blaster DC-17 diretta solo ed esclusivamente al mio petto.
"È la vostra fine, una squadra vi aspetta all'arrivo".
"Lei non è obbligato a farlo. Ci deve credere". La situazione si fa bollente e le mie parole non fanno altro che gettare goccie d'acqua su un incendio divampante.
"Avete già ingannato qualcuno e io non farò la stessa fine".
"Quindi è questa l'opinione che si è fatto di noi, assassini senza scrupoli".
Zayed non può ovviamente far a meno di parlare.
"Dopo tutto quello che abbiamo fatto per la vostra repubblica basta solo una falsa accusa a farvi dimenticare ogni cosa, a farvi credere che saremmo capaci di uccidere chiunque".
Le sacche tossiche gelosamente conservate al di sotto delle gengive scoppiano in un pandemonio di taglienti verità a lungo conservate.
"Se vuole ucciderci o consegnarci, lo faccia pure, io sono stanco di essere usato e dovrebbe esserlo anche lei, siete stati letteralmente creati perché considerati sacrificabili. Non pensa sia giunto il tempo di smettere di essere schiavi di qualcosa in cui non crediamo? Se la prigione è l'unica via di fuga da questo sistema malato... non vedo l'ora di raggiungerla".
Il clone alza le armi appoggiando il metallo alle nostre fronti, una goccia di sudore circumnaviga la canna che sento già dentro il cervello.
"Ti consiglio di fare silenzio". Le braccia tremano scuotendo l'armatura che le ricopre interamente. Strano a dirsi ma stavolta è il discorso di Zayed che mi lascia senza parole.
"No! Sono stufo di fare silenzio". La negazione crea un punto fermo nella discussione.
"Se lei pensa di star facendo la cosa giusta mi spari allora, potrà sempre dire che avevo provato a colpirla, altrimenti ci lasci andare. Lei è un soldato esperto sono sicuro sia capace di comprendere quando qualcun-".
Il clone afferra con ogni forza l'impugnatura dell'arma spingendola all'interno dell'osso frontale del ragazzo che emette un lamento appena abbozzato.
"Stai zitto!". Ordina digrignando i denti all'interno del casco.
"Ricorda il maestro Gilelk?". Le corde vocali vibrano doloranti.
"Pensa davvero che abbia potuto addestrare un traditore?".
"Basta!".
Alzo le braccia al cielo e piego le ginocchia come una bambina che si nasconde dalla realtà della vita.
Un colpo di arma da fuoco precede il vuoto più puro.
Apro lentamente gli occhi guardandomi attorno. Nessun foro fumante in vista, eppure un colpo è sicuramente partito, e questo è un fatto. Mi volto verso Zayed con gli occhi ancora fortemente strizzati ma apparentemente senza buchi al di sopra. Infine guardo l'ultimo rimasto nella piccola stanza mobile. Quel che vedo è quasi surreale. La pistola blaster del Clone è diretta al soffitto dove una telecamera fumante pende distrutta da un angolo ancora agganciata a pochi fili di diverso colore e spessore.
"La botola di salvataggio". Rimango a bocca aperta, la voce del repubblicano è stranamente di nuovo calma ma sempre piena di angoscia.
"Salite prima di raggiungere il piano cui siamo diretti, ci sarà un condotto sulla destra che vi porterà nel sistema di aerazione. Seguitelo fino alla piattaforma 6 e sarete dal vostro amico".
Esito calando le mani lungo i fianchi.
"Grazie Thorn, non se ne pentirà".
"Spero abbiate ragione, potrei essere ucciso per quel che sto facendo".
"Zayed vieni qui". Intreccio le dita per dargli uno slancio fino alla porticina sul tetto.
"Non ti dimenticheremo".
"Ve ne sono grato. Andate però, la nave sarà già in fase di decollo".
Zayed fa un salto spingendo con i gomiti per salire su.
"Neeve". Mi tende una mano.
"Signorina". Interviene il disertore. "Mi deve fare un ultimo favore".
"Qualunque cosa".
"Prenda la spada laser e mi faccia un taglio sul petto, renderà più credibile la vostra fuga".
Estraggo l'arma e passo la punta sul suo corpo cercando di non causargli una ferita troppo profonda ma allo stesso tempo poco realistica.
Il soldato con la striscia color cenere agli antipodi del bianco si sdraia sotto la ammaccatura sulla parete creata con il calcio del fucile fingendo di essere svenuto.
"Buona fortuna e che la forza sia con voi".
Sigilliamo la botola passando sopra i bordi la spada incandescente e ci infiliamo su per i condotti.
"Zayed, mi dispiace per quello che ho detto prima". Camminiamo a quattro zampe in fila indiana per gli angusti cubi di lamiera uno sull'altro.
"Non fa nulla".
"Non è vero. Ero troppo presa dal salvare Kel e non ho pensato che tu probabilmente eri in ansia proprio come me, sono stata egoista".
"Scuse accettate, ora liberiamo il nostro amico".
Si mette con la schiena contro la superficie metallica spingendo con i piedi contro la piccola grata che si deforma, cedendo.
"Lo vedo!".
Ci catapultiamo giù iniziando a correre verso la cannoniera.
Colpi blu volano come stelle cadenti nello spazio oscuro non incutendo più lo stesso timore di sempre.
La nave si alza da terra accendendo i motori con un rombo che vibra all'interno dello scheletro.
"Zayed tieni ferma la nave, io allontano i soldati e recupero Kel". Il padawan innalza una cupola di forza che deflette il gran numero di proiettili luminosi.
Sollevo un palmo spingendo l'ala di un caccia contro un gruppo di cloni che rimangono bloccati a una colonna dimenandosi come insetti in trappola.
Poggio un piede su una cassa saltando dentro l'abitacolo. Intravedo Kel con le manette ai polsi seduto in mezzo a due cloni.
"Non sono mai stato più felice di vederti". I suoi occhi sono specchi del proprio essere.
Lancio le armi dei due militi fuori dal vascello costringendoli a scendere dal veicolo con un piccolo aiutino telecinetico.
"Ragazzi veloci, non so quanto potrò resistere". Urla Zayed ormai allo scadere delle forze.
Trascino uno dei repubblicani fuori dalla cabina di pilotaggio, l'altro tira fuori un blaster da sotto il proprio sedile non facendo in tempo a usarlo prima che sbatta il suo casco sul cruscotto. Il timone che teneva si abbassa di colpo facendo schiantare la nave sulla piattaforma, a un passo dal precipizio.
"Zayed vieni qui!". Urlo rimuovendo la cintura che tiene incollato Kel alla seduta.
Kel chiude le braccia attorno alle mie spalle, velocemente, ma con un calore capace di sciogliere un ghiacciaio.
Zayed chiude il portellone alle sue spalle stramazzando subito dopo. Lo tsunami di luci viene chiuso ermeticamente all'esterno.
"Dobbiamo fare in fretta, stanno arrivando i rinforzi".
Kel apre un varco sull'altra facciata della cannoniera indecisa tra la vita e la morte.
"Spero tu stia scherzando". La nave si inclina di colpo destabilizzandosi.
"Non credo proprio!". Grida Zayed lanciandosi in caduta libera.
"Dai Neeve".
Mi guardo indietro, Kel mi prende per mano fissandomi dritta negli occhi. I colpi di blaster diventano come stelle cadenti in una notte stellata. Le mani perfettamente intrecciate come pezzi di uno stesso puzzle.
"Fidati di me". Sento il cuore battere ad una velocità supersonica, la mente viene sottoposta a nuove esperienze e processi chimici che non aveva mai provato.
Per una volta, la prima volta, forse anche l'ultima.
"Non ho mai smesso di fidarmi di te".
Sussurro affidandogli la mia intera esistenza.
Facciamo un passo nel vuoto, insieme, come abbiamo sempre inconsciamente fatto.
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