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Quando Auxis riaprì gli occhi scattò subito a sedere. Si guardò intorno, senza capire dove fosse.
Era confusa, spaesata e spaventata dalla situazione.
Fece scattare la testa a destra e a sinistra, nella cella di pietra dove si trovava;
Era sdraiata in una specie di nicchia, avvolta in alcune coperte di vari colori, in fondo alla cella.
Si alzò e cominciò a studiare quel luogo; sarà stata ampia al massimo quattro metri quadrati e l'unica cosa presente era il groviglio di tessuto dal quale era appena uscita.
Strinse le sbarre e le scosse, tentando di spezzarne una, ma erano molto più resistenti di quanto sembravano.
Ora era anche furiosa. Perché cavolo l'aveva fatta finire lì?
Dopo qualche minuto Ares apparve davanti a lei.

~ Fammi uscire di qui!~ esclamò lei sbattendo le mani sulle sbarre.

~ Non finché non ti sarai data una calmata.~ rispose tranquillo.

~ E perché dovrei darmi una calmata?!~

~ Perché sei incazzata nera.~

~ Sono incazzata nera proprio perché sono qui dentro!~ protestò.

~ Beh, ci resterai. Almeno fino a quando non la pianterai di urlare.~

Con un gesto di stizza Auxis diede un pugno a un'asta che stridette sonoramente, attirando la sua attenzione. Guardò in basso: aveva piegato la sbarra solo con un pugno.
Strabuzzò gli occhi in un'espressione stupefatta mentre osservava il danno.

~ Brava. Non male per la figlia del Dio della Guerra.~ constatò l'uomo.

~ Basta, io non sono tua figlia!~

Si udì uno sbuffo seguito da un sospiro profondo, poi l'attimo dopo lui fu davanti a lei, dentro alla cella.
La guardò fare avanti e indietro per la "stanza" prima di azzardare una parola.

~ Prima o poi dovrai accettarlo, Auxis.~ mormorò senza staccarle gli splendidi occhi di dosso.

Lei non rispondeva né lo guardava. Era decisa a ignorarlo, nella vaga e infantile speranza che fosse tutto un sogno e che appena si fosse svegliata tutto sarebbe tornato come prima.

~ Non avrei ragione di mentirti.~ aggiunse.

~ Non hai una ragione nemmeno per portarmi qui.~

Evidentemente ignorarlo non era così facile come pensava. E sapeva bene che rispondere a tutto e tutti era nel suo carattere. Non era capace di stare zitta.

~ Questa è la tua casa. Eccola la ragione.~

~ No, non lo è.~

~ Auxis, ti prego.~ sospirò di nuovo.

~ Che vuoi da me?!~

~ Solo che mi ascolti.~

~ Ho accettato di ascoltarti e guarda dove mi trovo ora!~ esclamò lei voltandosi.

Ares sospirò ancora e si sedette su una panchina di marmo apparsa dal nulla l'istante prima.

~ Smettila di sospirare. Mi tratti come fossi una bambina piccola.~

~ Ti comporti da bambina piccola. Non posso farci niente.~ ringhiò lui in risposta, ora decisamente irritato.

~ Perché cazzo mi fai questo? Mi ero abituata alla mia vita dopo l'incidente e ora tu hai rovinato tutto!~ esplose Auxis con la voce rotta dal nervosismo.

~ È giusto così. Questa era la tua vita prima che...~ cominciò con tono duro.

~ "Prima che" cosa?~

~ Zeus mi ha ordinato di non parlartene prima che tu l'abbia incontrato.~ disse evasivo spostando lo sguardo.

~ Lui non è il mio capo. Me ne frego di quello che vuole.~ sbuffò lei arrogante.

~ Devi cambiare atteggiamento, ragazzina.~

~ NON CHIAMARMI "RAGAZZINA"!!~ urlò.

Ares restò immobile a guardarla, severo.
Il fatto che parlasse poco la irritava più delle eventuali scuse che avrebbe potuto trovare. Spesso non le rispondeva, ma si limitava a fissarla con quello sguardo duro e severo.

~ Ti ho solo raccontato la verità. Pensavo avresti apprezzato che fossi io a dirtelo.~

~ E perché avrei dovuto? Tu non sei né più né meno di uno sconosciuto.~ rispose tagliente.

~ Sono tuo padre, Auxis.~

~ No, non è vero.~

~ Perché dovrei mentirti?!~ chiese lui esasperato, alzando la voce e mettendosi in piedi di fronte a lei.

~ Perché se davvero fossi mio padre non mi avresti mai abbandonata!~ strillò Auxis con il viso che si riempiva di lacrime.

Lo sguardo di Ares era diverso ora; la guardava sempre negli occhi, ma i suoi erano stupiti e quasi commossi. Evidentemente non si aspettava una risposta del genere e Auxis l'aveva decisamente sconvolto. Ora quello sguardo trasmetteva tristezza e pentimento, oltre a essere quello più umano che le avesse mai rivolto.
Lei teneva la testa alta e gli occhi sicuri, mostrando fieramente le proprie lacrime e esponendo senza paura né vergogna le sue emozioni.
Stavano l'uno davanti all'altra e ognuno era l'opposto dell'altro: Auxis appariva fragile e ferita, oltre che sconvolta, mentre lui era forte, sicuro come la roccia e il contrario di tutto quello che era lei in quel momento.
Lui schiuse le labbra prima di pronunciare ancora il suo nome.
Si avvicinò a lei senza osare aggiungere altro e tese un braccio verso il suo, tentando di accarezzarla per quella che sembrava la prima volta.
Quando furono a poco dal toccarsi, lei spostò il braccio indietro, sfuggendo alla sua presa, ma Ares fu più veloce; con uno scatto le afferrò le spalle e la tirò verso di sé, vincendo la sua resistenza e stringendola tra le braccia.
Auxis, che aveva gli avambracci premuti contro al suo petto e la testa sulla sua spalla, all'inizio restò impassibile ma dopo qualche secondo riprese a piangere silenziosamente, scostando il suo viso quel poco che bastava per appoggiare la tempia contro al collo di suo padre.
Lui le accarezzava i capelli senza parlare, a malapena si sentiva il suo respiro, ma ora era di sicuro più presente che nei due anni precedenti.

~ Mi dispiace, Auxis. Non avrei mai e poi mai voluto lasciarti nel mondo degli umani ma gli dei hanno votato e questa è stata la decisione.~

~ Perché non mi ricordo di te?~ chiese lei più per lamentarsi che per fare una domanda.

~ Quando ti hanno mandata sulla Terra ti hanno cancellato la memoria, bambina.~

Quella parola..."bambina"...la fece sussultare improvvisamente. Sembrava che solo nel momento in cui l'aveva udita si fosse accorta di quanto le era mancata.

~ Potevi lasciarmi i ricordi, almeno.~ mormorò.

~ Zeus stesso te li ha rimossi. Se l'avesse fatto fare a me non avrei esitato a lasciarteli, credimi.~

~ Perché mi hanno mandata via?~

~ Te l'ho già detto; prima devi parlare con Zeus.~

All'improvvisò Auxis impallidì e spalancò gli occhi: un'idea le era venuta in mente e non le piaceva affatto.
Si scostò un po' da lui, il giusto per guardarlo in viso.

~ Che cosa ho fatto?~ chiese preoccupata.

Ares ignorò la domanda e se la strinse di nuovo al petto. Lei lo lasciò fare. In fondo, quegli abbracci erano come una droga che non sapeva di aver mai preso; quei pochi attimi nei quali erano stati separati bastarono a farle sentire la mancanza delle sue braccia e, come un drogato in astinenza, aveva subito voluto un'altra dose.

Ciao a tutti, ragazzi!
Come state? Eccovi il nuovo capitolo, che spero vi piaccia. Vorrei sapere come trovate la storia e se vi piace magari potete consigliarla in giro.
Non mancate di commentare e premere le piccole stelline❤️
Sara vi lovva😊

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