Capitolo 9

Drake si fece attendere. Mira lo aspettava sul ciglio del marciapiede, stretta nella giacca; il bagliore rosso e arancione dei neon le dipingeva una tinta astratta sugli anfibi.

Arrivò prima il suono delle sirene spiegate. L'auto della polizia si fermò proprio di fronte a lei, e Drake aprì la portiera al volo. Mira saltò su e lui premette sull'acceleratore prima ancora che lei potesse richiuderla.

«Com'è andata da Ulio?» Drake le lanciò un'occhiata veloce. Teneva il volante con una mano sola, con l'altra si piegava la parte superiore dell'orecchio. Mira si concentrò sulla strada che scorreva fuori dal finestrino, reprimendo a stento una smorfia.

«McRaven ci è dentro fino al collo,» rispose soltanto. Afferrò la cintura, solo per lasciarla andare subito dopo. Allacciarla era solo uno spreco di tempo.

Drake agitò la testa in avanti. Colpì il palmo contro il volante. «Lo sapevo che nascondeva qualcosa!» Le rivolse un sorriso sbilenco. «Quindi hai scoperto qualche segreto interessante?»

Mira appoggiò il gomito alla portiera. «Ne ho già parlato con Norton al telefono.» E non aveva alcuna voglia di ripetersi. Ci avrebbe pensato lui a esporre le nuove informazioni a Drake e Alex, lei il suo lavoro l'aveva fatto.

«Non mi fai nemmeno uno spoiler?»

Qualche istante di attesa.

Drake spense l'allarme. Il rumore rombante del motore che scoppiettava all'improvviso sembrava rilassante.

Poi lui si schiarì la gola. «Comunque,» disse, «a quanto pare un'ibrida ha attaccato le guardie di un punto di risonanza.»

«Lo so, me l'ha detto Norton.»

Mira aveva stretto così tanto il telefono, mentre Norton le spiegava la situazione, che aveva temuto di romperlo. Che fosse la platinata? Si era convinta che fosse proprio quella faccia da bambola insopportabile ad aver combinato un casino. Così si era data disponibile per andare a prenderla a calci in culo, sebbene non fosse di turno.

Gliele avrebbe fatte rimangiare, le sue parole del cazzo.

Drake fece un cenno per puntare i sedili posteriori. «Ho portato una cosa interessante. Dacci un'occhiata, scommetto che ti piaceranno.»

Mira si sporse per afferrare due dei guanti metallici che lui aveva gettato alla rinfusa. Oggetti freddi e privi di anima. A contatto con la pelle, i fulmini le mandarono una scarica sottopelle. Li indossò, ma non provò nulla. Si aspettava una sensazione di potere, come quando rilasciava la furia della Tempesta, invece niente. Era come impugnare una pistola.

Armi come quelle potevano davvero tenere testa a ibridi del calibro della platinata?

«Allora? Che ne pensi?» Il ghigno di Drake le provocò uno spasmo della palpebra.

Mira fletté le dita. «Dipende. Stiamo andando a cacciare una torta dal forno?»

Drake rise. «Più o meno. Sarebbero ottimi come guanti da forno, però, hanno un'ottima presa, no?»

Lei si girò a guardarlo. Lui si grattò il mento in un gesto distratto. Non appena si accorse del suo sguardo, si voltò e le sorrise. La luce di fuori gli illuminava la mascella squadrata.

«Come funzionano?» cambiò argomento Mira. Tornò a concentrarsi sulla strada fuori dal finestrino.

«Devi accenderli per usarli, c'è un tasto di lato.»

Lo trovò subito, il pulsante in questione, era sotto il polso. Quindi erano spenti. Ecco perché non sentiva niente. Così premette il tasto e trattenne il fiato, pronta a sopportare una qualche esplosione di energia, una scarica di adrenalina sulla pelle, qualunque cosa. Invece non accadde niente. Solo il freddo del metallo.

Quelli che le sembravano solo inutili guanti impreziositi da cavi in bella vista restarono tali.

Drake le sfiorò il polso con un dito. Sparse un semplice profumo di bagnoschiuma. «Quando premi quello, è come togliere la sicura. Se dai un pugno adesso,» aprì le dita, «boom! Inizia la festa.»

«Credevo ci volessero mesi per perfezionarli.»

«Infatti non sono perfetti. Questo qui è un prototipo. Ma sai, vista la situazione, ce li facciamo bastare. Ce li ha portati lo scienziato pazzo.»

Mira alzò un sopracciglio e accennò a un sorriso. Se lo ricordava, il tecnico che aveva presentato il progetto. Aveva gli occhi cerchiati di nero e i capelli ricci sparati in aria, per questo Alex l'aveva sempre chiamato "lo scienziato pazzo". Il nome vero lo conosceva solo Norton.

Nello stomaco, i fulmini si intrecciavano gli uni agli altri. Spalancò il finestrino, si godette l'aria che le sferzava il volto. Non bastò per far smettere le saette di lamentarsi, ma almeno la distrasse.

«Alex?» chiese. Meno pensava alla lotta imminente, più probabilità aveva di calmarsi.

«È andata dritta lì dalla centrale. Io ero già per strada, perciò mi hanno mandato a prenderti.» Drake tirò su col naso. «Credi che sia la stessa ibrida dell'altra volta?»

Mira strinse i pugni. Il metallo dei guanti continuava a scottarle la pelle con il suo gelo. «Probabile.»

«È la sospettata numero uno, infatti,» annuì lui. «Tu l'hai affrontata. Secondo te ce l'abbiamo davvero qualche possibilità, contro di lei?»

Non l'aveva davvero affrontata. La platinata si era solo presa gioco di lei.

Mira sospirò. «Non lo so.» Tornò composta con la schiena contro il sedile.

Drake afferrò il volante con entrambe le mani. Aveva i muscoli tanto tesi che la divisa gli si stirava addosso. «Secondo te vogliono indebolire la cupola?»

«Non lo so,» rispose ancora lei.

«Ma perché farlo? Cosa ci ottengono, loro?»

Mira premette di nuovo il pulsante per spegnere i guanti. Ne tolse uno, e i fulmini le scoppiettarono sotto i polpastrelli. Volevano uscire, e faticò a tenerli a bada. «Meno è resistente la cupola, più l'influsso della Tempesta è forte. Significherebbe avere più forza ma meno controllo.»

«Pensi che vogliano iniziare una guerra?»

«Forse. Non lo so.»

Quale che fosse il motivo, una cupola indebolita le avrebbe reso impossibile nascondersi fra le persone comuni. Mira non era pronta a dire addio alla vita che si era costruita, per quanto noiosa fosse a volte.

Drake arrestò la macchina. Mira uscì per prima, mentre lui si stirava per raccattare i guanti sul sedile posteriore. La torre a protezione del punto di risonanza era avvolta in un silenzio spettrale. Con i suoi colori spenti e la mancanza quasi totale di finestre, appariva come il classico luogo infestato dai fantasmi.

Mira rabbrividì e si strinse nelle braccia: così vicina al punto di risonanza, i fulmini le guizzavano senza sosta nello stomaco. Premette le labbra una contro l'altra.

Non c'erano altre macchine, solo la loro. Alex e gli altri non erano ancora arrivati. Strano.

I tre agenti a guardia dell'entrata erano a terra. Pochi schizzi di sangue macchiavano il terreno. Mira si avvicinò, ma tenne lo sguardo incollato alla porta spalancata e all'oscurità che regnava all'interno.

Drake la superò di corsa, spargendo il suo profumo di bagnoschiuma; si inginocchiò accanto all'agente dalla cresta blu e gli poggiò l'orecchio sul petto. «Respira ancora,» disse, e controllò gli altri.

Mira non lo aiutò, se ne restò in disparte, con il richiamo della Tempesta che la dilaniava dall'interno. Un tuono si abbatté proprio sopra le loro teste, in un flash di luce. La cupola li protesse, ma la forza del tuono la raggiunse lo stesso, le riecheggiò nella testa.

Quale che fosse il piano della platinata – e di chiunque lavorasse con lei – uccidere gli agenti non faceva parte del programma. E Mira non sapeva davvero come prendere quell'informazione. Una svista, forse, ma ne dubitava.

«Mira!» Drake si rialzò, la mascella contratta. «Io vado dentro. Voglio massacrare quegli stronzi.»

Ironico quanto si fosse incazzato nello scoprire che nessuno dei suoi compagni era stato ucciso. Se li avessero trovati morti, si sarebbe arrabbiato a quel modo? O sarebbe stata la paura ad avvolgerlo?

«Tu resta qui,» continuò lui. «Aspetta l'arrivo degli altri, io intanto...»

«Col cazzo.» Mira lasciò ricadere le braccia lungo i fianchi. Serrò entrambi i pugni. Dentro di lei, i fulmini spingevano per uscire. «Da solo finirai per farti ammazzare.»

Drake aprì la bocca, ma la richiuse subito dopo. Le labbra gli si stirarono in un sorriso tremolante. «Tu coprimi allora.»

Entrò per primo. Veloce, con il rumore dei passi che rimbombava fra i muri.

Proprio quando mise un piede dentro, Mira sentì un fulmine percorrerle il braccio. Fu un attimo, e per fortuna Drake le dava le spalle, ma la congelò sul posto. Ecco perché evitava sempre i punti di risonanza: lì la Tempesta colpiva con troppa forza, e controllarsi diventava più difficile.

Doveva calmarsi. Doveva tranquillizzare l'elettricità che le scorreva imbizzarrita lungo tutto il corpo.

Deglutì. Un paio di respiri profondi e i fulmini tornarono a nascondersi. Poteva farcela.

Il cuore le pulsava nelle orecchie, tanto assordante da coprire il suono dei loro passi sul pavimento di ferro.

Nella struttura regnava un silenzio sinistro. Oltre l'alto soffitto, il rumore dei tuoni diventava mano a mano più destabilizzante. Quando giunsero di fronte all'immensa rampa di scale di ferro, Mira distinse un odore particolare, non cattivo o disturbante, solo appena pungente; le solleticava le narici e le provocava dei brividi improvvisi. Il formicolio sulle braccia e sulle gambe le ricordava del poco tempo che aveva prima che i suoi poteri avessero la meglio.

Salì gli scalini a due a due, faticando per stare dietro a Drake. A ogni passo troppo lungo, le gambe le fremevano, ansiose di scatenare la loro vera natura.

Si faticava a vedere qualunque cosa, oltre al palmo del proprio naso. Giunti all'ultimo piano, Drake ansimava appena.

Le luci lì erano accese: delle lampadine appese al soffitto ondeggiavano nel vuoto. Il corridoio davanti a loro era vuoto. Dei ripari rinforzati, utili per garantire una copertura in caso di attacco, piazzati qui e lì rappresentavano l'unica eccezione. La strada procedeva per diversi metri, per poi svoltare ad angolo retto.

Mira e Drake si fermarono proprio in quel punto, appiattiti contro il muro. Lui sporse appena la testa per sbirciare, ma lei non ne ebbe bisogno: udiva forti e chiari i passi di una persona oltre l'angolo, assieme al rumore di una mano che batteva contro il metallo. Chiunque ci fosse lì dietro, giocava con la sua arma in attesa che la festa iniziasse.

Drake ritirò la testa, una smorfia strana sul volto. «È solo una,» bisbigliò. «Io sono più vicino, cercherò di prenderla alla sprovvista e...»

Un colpo, proprio accanto ai suoi piedi, lo interruppe. Un proiettile schizzò fin lì e rimbalzò sul ferro; lo sparo provocò un rumore assordante, acuito dalle mura strette.

Drake imprecò a gran voce; Mira si appoggiò ancor di più contro il muro.

«Mi avete preso per una sorda?» Una voce femminile. «Uno di voi due ha il passo di un bufalo con le palle girate.»

«Cazzo,» mormorò Drake. «Cazzo, cazzo, cazzo.» Senza l'attacco a sorpresa sembrava disperato. E dire che voleva addentrarsi da solo.

Mira si sentì il corpo fremerle. Chiuse gli occhi, sperando che l'energia dentro di lei si placasse. «Che facciamo?»

«Cambio di piani.» Drake non aggiunse altro. Uscì allo scoperto, il pugno tirato dietro l'orecchio. Tirò un diretto alla cieca, in una corsa sfrenata verso il riparo più vicino. Un cerchio di aria compresso guizzò in avanti, verso l'ibrida.

Lei mosse un passo di lato. Il cappuccio le ricadde sulle spalle e i lunghi capelli rossi si sollevarono al passaggio a causa del colpo. In tutta calma, con il pollice che batteva contro la coscia a un ritmo irregolare, tornò nella posizione iniziale. Inclinò la testa di lato, ma una maschera di cera le nascondeva l'espressione. Sulla spalla poggiava la parte superiore della pistola a doppia canna, e si picchiettava con aria impaziente.

«Che cazzo era quello?» La voce le tremò appena, come se stesse trattenendo una risata. «Da quando in qua voi piedi piatti avete i gadget futuristici?»

Si avvicinò la mano libera al volto. Chiuse le dita in un pugno, in un gesto teatrale; l'odore pungente aumentò d'intensità. A decorarle il braccio comparvero dei fulmini, piccoli e sottili, talmente tanti da formare una ragnatela elettrica.

Si lanciò contro il riparo di Drake e lo colpì: viti, bulloni e pezzi di metallo schizzarono in ogni dove. Al di là, Drake rimase paralizzato, gli occhi strabuzzanti. Lei gli puntò l'arma alla testa.

«Però rimanete le solite scartine.» Teneva l'indice ben saldo sul grilletto. Se solo lo avesse premuto, il cervello di Drake sarebbe schizzato ovunque.

Mira sentì il boato e scorse il rosso del sangue che innaffiava le pareti. Una visione, veloce e fugace, perché l'ibrida non aveva ancora sparato.

Toccava a lei. Premette il tasto sul polso e uscì dal riparo. Sferrò un pugno, e l'aria compressa si scontrò contro l'ibrida: alcune scintille le volarono attorno e lei scivolò via. Le suole delle scarpe fischiarono contro il pavimento.

«Tu guarda,» l'ibrida si riavviò i capelli. «La seconda scartina si è decisa a fare qualcosa.»

Mira chiuse gli occhi. Prese un respiro profondo. L'aria pungente le entrò nei polmoni, e i fulmini le scalpitarono nel petto. Se solo Drake non fosse stato presente, si sarebbe potuta sfogare. Se solo non si fosse dovuta preoccupare di nascondersi...

Alzò il mento nella sua direzione. «Metti giù l'arma.»

L'altra sollevò la mano libera e, indietreggiando di qualche passo, poggiò la pistola a terra. «Decisione tua, faccia incazzata.»

Poi le fu addosso. I fulmini le scorrevano lungo il corpo. Un pugno in pieno stomaco piegò Mira in due; le si mozzò il respiro. Il calcio successivo la scaraventò contro il muro.

Mira crollò a terra, sputando grumi di sangue. Il sapore ferroso le invase il palato, assieme a un vago retrogusto di bile.

Un rumore sordo la distrasse dal dolore acuto che la corrodeva. L'altra evitò l'impatto e afferrò il braccio di Drake per colpirlo con l'avambraccio sul gomito. Lui urlò, ma per l'ibrida non era ancora abbastanza: lo scagliò contro il pavimento con un calcio dritto sul volto.

Nel tempo che Mira impiegò per rialzarsi, l'altra aveva già recuperato la propria arma da terra. In tutta calma, si incamminò verso l'ultima rampa di scale e si arrestò appena a qualche passo di distanza.

«E dire che ci avevo sperato,» borbottò fra sé, giocherellando con l'arma. «Ho fatto tutto questo casino per un cazzo niente.»

Mira udì quelle parole soffocate, come se un muro le separasse. Il boato dei fulmini che le ringhiava dentro le impediva di concentrarsi. Per alcuni istanti, fu tutto ciò che comprese. Poi notò un movimento con la coda dell'occhio, e capì che Drake presto sarebbe stato di nuovo in piedi. Si concentrò su quell'energia rombante. La pregò di assopirsi ancora per un po'. Soltanto un altro po'.

La bolla in cui era rinchiusa si ruppe e il rumore del piede dell'altra ibrida che batteva a terra la investì. Si trascinò accanto a Drake, ora in ginocchio. Lui aveva i muscoli tanto contratti da tremare.

«Non mi arrendo!» Il suo grido era una stilettata in pieno petto. Ci aveva sperato per davvero, di poter vincere. Ci aveva creduto.

L'ibrida sbuffò. «Sentite, siamo seri, siete delle mezze seghe.» Li guardava dall'alto con quella sua maschera priva di emozioni – Mira desiderò spaccarle il grugno a suon di fulmini. Si incamminò verso di loro, lenta, con l'andatura di un predatore. «Non mi va di farmi due palle gigantesche a combattere con voi, perciò smettetela di agitare quei cosi usciti da un fumetto di merda e magari non vi pesto troppo.»

«Mai!» Drake sollevò la nuca per incrociarne lo sguardo. Gli occhi gli ardevano come fuochi. «Non vi permetterò... di fare quello... che volete fare...»

Uno strano calore si irradiò nel petto di Mira. «Sei uno scemo,» borbottò fra sé e sé, mentre sollevava la mano. Lui non se ne accorse nemmeno, del colpo che gli si abbatté sulla nuca. Rovesciò gli occhi e perse i senti.

«Ehi.» L'altra le puntò addosso la pistola. «Ma tu, da che parte stai?»

Mira liberò i muscoli da ogni impedimento. Accolse il furore dei fulmini, li lasciò sprigionarsi attorno a lei come uno scudo magnetico. «Da quella che ti prende a calci nel culo,» rispose, un attimo prima che l'altra sparasse.

Note:

E adesso inizia la festa! Mira vs Altair. Ditemi per chi tifate, se vi va xD

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