Capitolo 6

Quella era giornata di investigazioni. Mira sperava solo che il soggetto in questione, questa volta, fosse meno problematico di McRaven, benché ci credesse poco.

Ulio Ameris era il nome del personaggio che cercava. Bazzicava spesso fra i tavoli di un night club rinomato per la brutta gente che lo frequentava. Non appena mise piede nel locale in questione, Mira provò un moto irrefrenabile di andarsene – o di picchiare qualcuno, in alternativa. Ce le vedeva bene le sue nocche sul grugno di uno di quei soggetti che infestavano la pista da ballo.

Le luci intermittenti la infastidivano. Gli abiti succinti delle donne le facevano tremare la palpebra. Il modo di ballare degli uomini, dei lombrichi con evidenti problemi di bruciore di culo, le faceva salire il vomito. La musica almeno si salvava. Le note della cantante vibravano nell'aria. Il suo timbro, da donna matura, entrava in netto contrasto con il suo corpicino esile e il volto dai lineamenti ancora tondeggianti.

Mira non si mischio ai ballerini – sperava davvero di non doverlo fare – e si diresse al bancone. Si accomodò sullo sgabello, ad appena due posti di distanza da un uomo dalla faccia rossa e il bicchiere vuoto intento a corteggiare una donna dai tratti spigolosi. Le arrivarono alcune parole lascive di lui e digrignò i denti, ma mantenne il più possibile un'espressione imperturbabile, nonostante dentro di sé il ruggito della Tempesta la pregava di scaraventarlo contro la parete. Invece ordinò da bere – una bibita gassata e non alcolica.

Norton l'aveva mandata in quel locale alla ricerca di una qualche pista da seguire. Le uniche informazioni riguardanti il soggetto che possedevano erano due: che si trattava di un'ibrida e che era cieca. Ed era a questo punto che entrava in scena Ulio Ameris: uno spacciatore che non si era mai preoccupato di nascondersi, ma che a quanto pareva serviva il bene della città come spia per la polizia.

Sebbene non l'avesse mai incontrato, Mira lo odiava a prescindere.

Portò il bicchiere alle labbra, ma si fermò con il braccio a mezz'aria: uno sconosciuto si sedette accanto a lei. Gli schioccò un'occhiata di sbieco, senza scomporsi, nonostante l'elettricità le scorresse in tante piccole scintille sotto la pelle nascosta delle braccia.

«Salve,» disse il tipo. Indossava un ridicolo paio di occhiali da sole. Nel regno privo di sole di Nuova Folk, soltanto gli stupidi indossavano quella roba; tenerli al chiuso, poi, gli faceva toccare livello di stupidità inimmaginabili.

Ingurgitò la bibita in un solo sorso e quasi spaccò il bicchiere contro il banco. Lo sconosciuto sobbalzò, tuttavia raddrizzò la schiena subito dopo, nel tentativo inutile di ridarsi un contegno.

«Allora, cosa ci fa una bellezza simile tutta sola?»

Mira si girò nella sua direzione. «Non sono qui per farmi rimorchiare.»

I capelli di lui se ne stavano schiacciati contro la testa, pressati da uno strato indecente di gel. «Adoro le donne con carattere.» Era davvero una fortuna, per lui, essersi messo quegli stupidi occhiali. Mira avrebbe rischiato di conficcargli un dito nell'occhio, altrimenti.

«Vieni spesso qui?» gli chiese, andando contro al suo istinto primario di filarsela via il prima possibile.

Odiava quella parte del suo lavoro.

Lui mosse il collo in avanti come un piccione. «Sì.» Poggiò il braccio sul bancone. Non possedeva muscoli scolpiti e alcuni tatuaggi gli ricoprivano la pelle scura, ma ad attirare l'attenzione di Mira furono i peli ritti. All'improvviso, quell'uomo conquistò tutto il suo interesse. «Praticamente sono sempre qui. Sono il re della festa, giusto, Rick?» Fece un cenno al ragazzo dietro il bancone, che rispose con un sorriso tirato. «Tu, invece,» continuò, tornando a osservarla. «Non ti ho mai vista da queste parti. Me ne ricorderei.»

Mira aveva sempre creduto che quel modo di parlare fosse una prerogativa delle pellicole cinematografiche. Non aveva mai preso in considerazione la possibilità che qualcuno si esprimesse davvero per frasi fatte e scontate. Esistevano davvero delle donne che abboccavano? Non che lei ne sapesse qualcosa, di rituali per rimorchiare non ci capiva nulla. Di sicuro non aveva mai messo piede dentro un locale del genere se non per questioni di lavoro, e le andava bene così.

«Allora forse puoi aiutarmi,» gli disse, e lo vide rizzare le orecchie come un bravo cagnolino addestrato. «Sto cercando qualcuno.»

«Fammi indovinare, sei qui per Ulio Ameris.»

Mira inarcò il sopracciglio. «Deduco che lo cerchino spesso.»

«Puoi scommetterci. Ma di solito non sono donne così affascinanti, la maggior parte delle volte sono uomini nerboruti. Tutta gente simpatica, anche se diventano più simpatici quando capiscono chi è che comanda.» Piegò il braccio per mostrare un bicipite sgonfio.

Dunque, quel grandissimo imbecille era Ulio. Mira non sapeva se sentirsi fortunata di averlo trovato al primo colpo o disperata dall'incontro con un altro caso umano. Come se McRaven quella mattina non fosse stata abbastanza.

«Se preferisci, posso sempre farti passare un paio di notti dietro le sbarre.»

Si tolse gli occhiali in tutta furia. Si prese un attimo per studiarla. Se cercava indizi dal suo vestiario, non ne avrebbe trovati: si era recata lì in abiti civili. «Sei un'agente,» disse con un sorrisetto snervante. «Se mi cerchi per la droga, non spaccio più roba da mesi.»

«Stiamo cercando una donna,» rispose Mira. Fece una pausa. «Un'ibrida.»

Ulio tirò su col naso. «Non conosco ibridi, mi spiace.»

«Ha commesso un omicidio davanti ai miei occhi.» Aprì e chiuse i pugni nel ripensare a lei.

«Ah, no, spiacente! Non conosco assassini, io. Solo brava gente!»

Mira alzò appena le sopracciglia. «Non sapevo che i trafficanti di droga frequentassero solo gente con l'aureola in testa.»

Ulio si passò una mano fra i capelli. Lei prese l'appunto mentale di non stringergliela per niente al mondo: ritrovarsi con l'unto del gel era davvero un modo di merda per terminare la giornata. «Forse non così brava,» rispose con un sorrisetto vago. «Però comunque nessun assassino. Posso assicurarlo.»

«Sei una di quelle persone convinte di essere al corrente dei segreti di tutti?» Mira riprese il bicchiere vuoto e se lo rigirò davanti agli occhi. Una goccia si agitava, pigra, sul fondo.

«Sei una tipa interessante,» ammise lui. «Va bene. Mettiamo che è come dici tu e l'assassina sia qualcuno che conosco. Com'è fatta questa tipa?»

Quindi sapeva di altri ibridi in città. «Capelli platinati. Faccia da bambolina. Porta un visore per vederci: a quanto pare è cieca.»

«Non so di nessun ibrido che non ci vede,» rispose lui, senza il bisogno di pensarci. «Però so chi produce roba del genere. Potresti provare a interrogare McRaven...»

Mira roteò gli occhi al soffitto. Un'altra volta no, non l'avrebbe sopportata. «Già fatto.»

«Se posso dare un consiglio,» e con quelle parole Ulio si sporse verso di lei. Un'energia gli guizzava sotto pelle. Entrò in risonanza con quella sepolta di Mira. Le provocò un brivido, ma tenne a bada la voglia di liberarla. Era anche lui un Figlio della Tempesta? La polizia lo sapeva? «Non fidatevi di quello che dice.»

«Quindi la conosci bene?» Non lo invidiava affatto.

Lui fece vagare lo sguardo verso i ballerini, dove coppie di persone si strusciavano gli uni contro gli altri senza un minimo di pudore. «Ultimamente stava lavorando a un progetto grosso.» Mira gli si avvicinò per sentirlo meglio. «Borbotta sempre qualcosa sulle sue invenzioni quando si sballa.» Ed ecco uno dei segreti oscuri di McRaven che venivano a galla. Preferì non immaginarsela in quelle condizioni, le sembrava già abbastanza snervante al naturale. «Parlava di un aggeggio che stava preparando per qualcuno.»

«Avevi detto che non spacciavi da mesi,» gli fece notare. «Quindi o quest'informazione è vecchia, o mi hai preso per il culo.»

«Vedo che stai attenta,» sorrise lui. Si imbrattò ancora una volta la mano con il gel. «Forse non sono stato tanto sincero, no. L'informazione risale all'altro ieri, se non sbaglio.»

«E cosa ti fa credere che abbia a che fare con gli ibridi?»

«Perché ha parlato di un'operazione importante e della cupola. Senti, francamente, non è facile capire le stronzate di Keira. Però una cosa la so: lei e la fidanzata sono sempre state simpatizzanti nei confronti degli ibridi.»

Mira aveva già preso in considerazione la possibilità che McRaven le mentisse. Ulio però le aveva appena dato la certezza che quella donna avesse qualcosa a che fare con tutta la faccenda. Il segreto oscuro di Keira l'aveva tradita.

«Che genere di operazione?» Gli avrebbe spillato ogni informazione che possedeva.

«Te l'ho detto, ci ho capito poco. Fossi in voi però terrei gli occhi aperti.»

Mira si allontanò da lui e si sedette composta. Una serata iniziata male si era conclusa bene. Almeno Ulio si era dimostrato collaborativo, al contrario di McRaven. Non le aveva aperto una nuova pista, ma aveva spalancato la vecchia. Sperava solo che Norton non la rispedisse da sola a trattare con quella stramboide quando gli avesse riferito le novità.

«Allora, ti andrebbe di ballare?» Ulio accennò alla pista con la testa. Soltanto guardare le coppie che si agitavano spastiche le fece sfrigolare il sangue.

«Provarci con un ufficiale di polizia mentre ti sta ponendo delle domande è un reato,» rispose soltanto.

«Anche spacciare, però non mi stai arrestando.»

Mira non capiva se quel tipo fosse un totale idiota o solo un paraculo. Optò per entrambe le opzioni. Dopotutto, erano caratteristiche necessarie per uno come lui, se ci teneva a rimanere in vita.

«Allora mettiamola così,» disse. «Preferirei farmi pestare da un ibrido piuttosto che ballare con te.»

Ulio annuì. «Un vero peccato. Se dovessi cambiare idea, agente, sai dove trovarmi. Ora se non ti spiace, al contrario di un certo qualcuno, io sono venuto qui per divertirmi.» Le rivolse un occhiolino, poi inforcò di nuovo gli occhiali da sole e si alzò.

Non appena Mira dichiarò il lavoro concluso, il cellulare le vibrò contro la coscia. Norton. Ancora. «Pronto?»

«Abbiamo un problema.» Lui esordì così. E quando Norton ammetteva l'esistenza di un problemaera sempre un brutto segno.

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