Capitolo 43
Trovarono il più grande assembramento di creature nella piazza.
I numeri digitali di un orologio svettavano sulla scena, lampeggianti di rosso sulla faccia di un edificio dalla vernice scrostata. La porta d'ingresso era sprangata, e due creature picchiavano le estremità delle braccia contro l'entrata. I cardini si piegarono. Poi cedettero del tutto.
La porta si spalancò. Le creature ciondolarono all'interno. Elettra corse lungo le strisce pedonali, la mano sollevata, gli occhi pieni di spilli invisibili e lacrime. Scagliò una sola saetta. Quella fendette l'aria e attraversò i corpi delle tre creature da parte a parte. Elettra rabbrividì: il contatto con i loro fulmini, ubriachi di rabbia, le trasmise una scossa lungo la schiena.
Ci fu una breve esplosione. Saette che riempivano l'ingresso, il loro bagliore riflesso sui muri. Poi le creature si disfecero.
Elettra emise un sospiro di sollievo. Il mondo sfarfallò nel buio per un paio di secondi. Batté le palpebre, premette un paio di pulsanti sul visore. Era impazzito, di nuovo.
Al suono di un urlo, volse le spalle al gigantesco orologio sulla parete.
Una creatura balzò sul tetto di una macchina parcheggiata. Nascosta dietro il cofano spuntava una chioma bionda. Il mostro affondò la protuberanza a forma di gamba nel parabrezza posteriore; quello resistette allo scoppio dei fulmini ma non al peso del corpo, e si frantumò. La bionda gridò ancora, sgusciando fuori dal nascondiglio.
Elettra si mosse troppo lenta. La creatura piombò in un balzo davanti alla donna, le bloccò la strada. Allungò il braccio verso di lei, come per afferrarla.
Ma non la raggiunse mai.
Vega gli schiantò lo scudo sul cranio. La testa gli saltò, e Vega continuò a percuoterlo fino a ridurlo in un ammasso di fulmini sfilacciati. «Da quella parte ci sono gli agenti, seguili, ti porteranno al sicuro,» disse alla donna.
Gli occhi spalancati, i capelli un groviglio di ciocche elettrizzate, lei annuì senza troppa convinzione. Corse via, dall'altro lato della piazza, dove un gruppo di agenti radunava i civili. Una decina di poliziotti accerchiava il gruppo indifeso, i fucili imbracciati, i proiettili che schizzavano per tenere alla larga le creature.
In pochi secondi, Elettra fu accanto a Vega. «La situazione è peggiore di quanto pensassi.»
«Siamo abbastanza nella merda,» concordò lui. Sollevò un dito a indicarle il centro della piazza.
Ancorato a due gambe di metallo, uno schermo mostrava il faccione paonazzo di Brandon Valley. Sotto il suo sorriso sornione, balenavano i caratteri del suo nome e la scritta "salvatore e fondatore di Nuova Folk". Emetteva una luce rossa intermittente che si rifletteva sul terreno.
Ad accerchiarlo, due agenti, circondati da creature. Elettra li riconobbe entrambi: lui, sebbene privo di occhiali, con il fisico magrolino e la precisione di ogni sparo era inconfondibile; lei lanciava pugni all'aria, scagliava onde soniche capaci di disfare i fulmini nemici, gli stivali ben affondati nel terreno. Norton e Alex.
Elettra li osservò collaborare. Lei colpiva per uccidere, lui danzava attorno allo schermo, eliminava o rallentava le creature che le si avvicinavano troppo.
Un guizzo le gorgogliò nello stomaco. Elettra reclinò il capo; le crepe sulla cupola si intrecciavano fra loro, dei labirinti intricati senza una via d'uscita. Una goccia di pioggia le cadde sulla fronte. Portava con sé la furia infinita della Tempesta.
Arrivò un tuono. La cupola tremò. Gli allarmi delle macchine scoppiarono in una sinfonia di lamenti angosciosi. Le lampadine dei lampioni si spaccarono.
Nuova Folk sprofondò nel buio.
Inondata dal bagliore delle creature, Alex si allontanò dallo schermo. Corse incontro a un gruppo distanziato, intento a inseguire una coppia e il loro bambino. Fece fuori i mostri in due singoli colpi; una nuova ondata di creature però si materializzò su una macchina accanto a lei. Non se la presero con lei, si abbatterono con tutte le forze sull'auto.
Elettra si mosse per prima. «Attenta!» Corse, ma l'esplosione arrivò prima che potesse raggiungerla.
Alex ne venne inondata. Sbalzata via. Atterrò pochi metri più distante, i muscoli del viso contratti dal dolore. Si teneva una gamba; i pantaloni le si macchiarono di rosso. Ai suoi piedi giaceva il paraurti, scheggiato, da un'estremità appuntita.
Un'altra creatura le andava incontro, le braccia spalancate e il passo strascicante.
Elettra lanciò una scarica. Inghiottì il paraurti nella sua rete elettrica e lo scagliò sulla nuca della creatura. L'attraversò da parte a parte, conficcandosi nel terreno e sollevando una nube di fumo.
«Tutto bene?» Elettra si inginocchiò accanto ad Alex.
Il sangue le zampillava fra le dita, schiacciate contro la coscia. Un pezzo di un finestrino le squarciava la carne. «Non mi faccio salvare da una schifosa ibrida.»
«Mi spiace, ormai è tardi.» Elettra le scansò le dita con delicatezza – i guanti metallici scottavano. La ferita era grande, se avesse rimosso il pezzo di vetro avrebbe perso troppo sangue. «Riesci a camminare?»
Alex digrignò i denti. Emise un verso sprezzante, ma scosse la testa. «Fa un male bastardo.»
Vega e Norton arrivarono insieme. Dietro di loro lasciarono una scia di bruciature sul terreno, nei punti in cui avevano posto fine all'esistenza delle creature.
«Alex, tutto bene?» Norton le si accucciò accanto. Le afferrò una spalla e la strinse.
«Tu che dici?» La voce le tremava per il dolore, tuttavia il tono suonava più seccato che altro.
Norton le rivolse un sorriso stanco. Poi si voltò verso Elettra e Vega. «Grazie dell'aiuto.»
«Che sta succedendo?» sbottò Vega.
«Non lo so. La cupola ha cominciato a cedere all'improvviso. Prima nel lato ovest,» Norton levò il braccio a indicare oltre la centrale di polizia, che svettava sull'altro lato della piazza, «poi ovunque.»
«Drake dov'è?»
Norton chinò la testa. La mano gli scivolò dalla spalla di Alex, trovò il grilletto del fucile e si aggrappò all'arma come se temesse potesse sfuggirgli.
Alex tirò su il busto. Strizzò gli occhi, i muscoli delle braccia tesi per il dolore. «Quel bastardo è sparito.»
«Questo casino, è causa sua,» disse Elettra.
L'altra emise un grugnito. A ogni movimento, spargeva puzza di bruciato, sudore e sangue. «La S.d. vuole distruggere la cupola per assorbire la Tempesta.»
Vega incrociò le braccia. «Tu come lo sai?»
«Mi ero rivolta a loro perché volevo smascherassero quella stronza di Mira. Ma continuavano a raccontarmi balle. Così mi è capitato di...» Una pausa. «Origliare qualche conversazione.» Roteò gli occhi nel notare il sopracciglio sollevato di Elettra. «Il piano è di scatenare l'inferno, far perdere fiducia nella figura di Valley.» Lo sguardo le vagò in lontananza, verso la faccia paonazza di Brandon sullo schermo. «Non credevo facessero sul serio. È da pazzi.»
All'improvviso, tutto acquistava un senso. Il primo ibrido. La Tempesta. Tutti i pezzi trovavano il loro posto in un puzzle troppo grande.
«Il primo ibrido, sono stati loro a fargli perdere il controllo.» Elettra cercò la spalla di Vega, accanto a lei. Gli trovò il petto, e ci si appoggiò; lui la sostenne, il braccio attorno alla vita. Le scintille dentro di lui pulsavano con la stessa intensità della Tempesta.
«Il primo che? Di che parli?» Alex si passò una mano sui bordi della ferita. Fece una smorfia.
«Il primo ibrido, l'hanno creato loro. E poi gli hanno fatto perdere il controllo, forse non apposta, forse sì. Fatto sta che non hanno perso tempo per guadagnarci. Ma poi Brandon Valley si è preso tutto il merito.»
Norton aggrottò la fronte. «Perciò ora vogliono spodestarlo e riprendersi la città?»
«Non hanno fatto altro che cercare un modo per controllarci.» Ogni loro attività era collegata. Il primo tentativo di indebolire la cupola, risalente a due anni prima e l'alleanza con uno degli ibridi con il potere più peculiare di tutti; gli esperimenti; ogni cosa. «Facevano esperimenti su di noi. Cercavano di capire come funzioniamo, per controllarci. E come controllare la Tempesta.»
«Se continuano così, non avranno una città da riprendersi,» borbottò Norton.
«E dubito possano davvero fermare la Tempesta,» annuì Vega. «Sarà solo un massacro.»
Uno scricchiolio le esplose nelle orecchie. Reclinarono tutti la testa. La cupola perdeva pezzi. Dei piccoli frammenti volavano verso il basso, e dalla fessura penetravano le gocce di pioggia della Tempesta. Di male in peggio.
Elettra si tastò il petto, nel punto in cui i fulmini le circondavano il cuore pulsante come filo spinato. La pungevano dall'interno, perché un'improvvisa consapevolezza li aveva messi in allerta. Si aggrappò al braccio di Vega. «Altair,» disse in un soffio.
Lui accostò il volto al suo. «Cosa?»
«L'arma speciale di cui ha parlato Keira. È quella ad assorbire la Tempesta.» Gli strinse la maglia troppo forte, il tessuto le bruciò la pelle. «Altair potrebbe essere nei guai.»
Gli spari degli altri agenti si avvicinarono, inghiottirono le sue parole nel caos. Vega mise una mano sulla sua, gliela scosse appena, e annuì.
Elettra gli si avvicinò di più, il collo voltato in direzione di Norton. «Ce la fate a occuparvi della situazione qui?»
«Alex?» chiese lui.
Alex gli rifilò uno schiaffo sulla spalla. Gli si attaccò, le gambe che scivolavano sul sangue nel tentativo di risollevarsi; Norton la sostenne. «Non ho bisogno del vostro aiuto. Difendere la città è compito mio.» Se solo non avesse avuto i denti digrignati e i muscoli del viso tanto contratti, forse crederle sarebbe stato più facile. Nonostante tutto si rialzò in piedi e picchiettò il terreno con il tacco dello stivale.
L'emorragia sembrava essersi fermata, o quasi. Finché non avesse estratto il pezzo di vetro, avrebbe patito il dolore ma avrebbe retto.
Elettra le concesse un breve sorriso. «Tenete duro allora. Noi cercheremo di fermare la S.d.»
«E chi cazzo mi dice che posso fidarmi di voi?» chiese Alex.
«Ti ha salvato la vita,» gli fece notare Vega.
Elettra però scosse il capo. Qualsiasi fosse la ragione che nutriva l'odio incondizionato di Alex, non si sarebbe dileguata così in fretta. «Non puoi,» le rispose, in una scrollata di spalle. «Ma al momento siamo comunque la vostra unica possibilità.»
Alex non replicò.
«Lasciate fare a noi qui,» disse allora Norton. «E buona fortuna.»
Note:
La storia di questo capitolo è abbastanza contorta. La prima volta l'avevo pensato così, ma poi avevo scritto tutt'altro perché non sapevo bene come renderlo. Nella revisione, l'ho ritrasformato e reso come volevo che fosse nel mio pensiero originale, con meno spiegoni e più azione. Spero abbia senso comunque XD
In ogni caso, da qui in avanti ci saranno diversi capitoli adrenalinici...
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