Capitolo 4

Il sapore della sigaretta le riempiva il palato. Keira fece un tiro e sbuffò una nuvola di fumo di fronte a sé; sorrise al suono dei colpi di tosse di Evelyn, accanto a lei. Gli occhi rimasero incollati sullo schermo del computer, a imprimersi bene nelle retine le immagini della registrazione che continuava a rivedere da giorni.

Sotto lo scroscio incessante della pioggia sostava la sagoma di un uomo. Toccata, eppure oltrepassata dalle gocce, risultava chiara e ben distinta, nonostante l'intera figura tremolasse come il fantasma di un qualche film di bassa lega. La lontananza dallo schermo impediva di distinguerne i lineamenti, e soltanto la barba incolta spiccava dalla distanza. Uno spaventapasseri sotto la Tempesta. Ci vollero parecchi minuti prima che accadesse qualcosa.

Poi, l'uomo spalancò la bocca e lanciò un urlo muto. Corse verso la telecamera, al rallentatore.

Una nuova figura entrò nello schermo: una bambina, inginocchiata a terra. Aveva i capelli bagnati e, zoomando sulla scena, Keira distinse del sangue fra le ciocche castane. L'uomo la raggiunse, si sporcò i pantaloni sulla terra sudicia e abbracciò la testa della bambina. La strinse contro il petto e prese a dondolare, fra altre grida senza suono.

«La solita stronzata,» disse una voce, fuori dalla portata della telecamera.

Come offese, le immagini dell'uomo e della bambina si dissolsero.

Keira mise in pausa. Spense il mozzicone della sigaretta che reggeva fra le dita contro la scrivania e lo gettò a terra con noncuranza. Ancora non capiva. Ci doveva pur essere un senso in tutte le scene che filmavano. Un nesso. Qualcosa.

Staccò la schiena dalla sedia per avvicinarsi ancora di più allo schermo. Il video tornò al punto di partenza una, due, tre volte, a diverse velocità.

Evelyn le posò una mano sul braccio. «Dici che quello è il padre?»

«Forse. O magari è il suo cane che ha trovato il modo di diventare umano, ma non credo faccia molta differenza.»

«Quindi niente di utile? Come al solito?»

«Però deve esserci un qualche collegamento fra tutte queste immagini.»

«L'unico collegamento che vedo io è che sono tutte inutili stronzate.» La stessa voce del video.

Keira ed Evelyn si voltarono e sollevarono la mano in un saluto; Altair si fermò a metà fra le sedie delle due, le mani poggiate sulla scrivania. Keira si ritrovò davanti la sua chioma scarlatta dondolante. Spiaccicò il dito contro lo schermo, sulla faccia del tizio impegnato nel suo urlo privo di suono. «A che cazzo ci serve la registrazione di un tizio che si sta cagando addosso?»

Evelyn si sporse per avvicinarsi. «Secondo me ha solo sbattuto il mignolo contro uno spigolo,» replicò.

«Io dico che si sta cagando addosso. Vedi?» Altair picchiettò l'unghia sulla testa della ragazzina. «Ha pure una marmocchia dei film horror davanti.»

«Guarda che è lui quello inquietante fra i due.»

Con una scrollata di spalle, Altair allontanò la faccia dallo schermo. «Com'è che non vi ho trovate a ficcarvi la lingua in gola?»

Evelyn incrociò le gambe e appoggiò il mento sul palmo. «E com'è che tu non avvisi mai prima di arrivare?»

Altair sollevò il palmo. «Che cazzo vuoi, un messaggino la prossima volta?»

«Meglio una lettera. Magari con un po' di lustrini sopra.»

«Lustrini

«Ancora lustrini?» Keira non trattenne una risatina.

«Di' un po', ti sembro tipa da lustrini?» disse invece Altair.

Evelyn schioccò le dita e si esibì in un sorriso smagliante. Rivolse uno sguardo veloce in direzione di Keira, arricciando appena il naso; un segnale, e Keira rispose con un occhiolino.

Si accomodò contro lo schienale. Il teatrino stava per cominciare, e lei era pronta a goderselo.

Evelyn si batté la mano contro la coscia. «E mica sono per te, sono per me.»

«Io non metto lustrini da nessuna parte, mi rifiuto.» Scivolando indietro, Altair si riavviò una ciocca di capelli. La tuta di pelle nera si stirò nel seguire il movimento dei muscoli. Le gambe apparivano più lunghe del solito, e Keira si chiese se fosse per via degli abiti attillati o solo perché la stava osservando dal basso. Quale che fosse il motivo, le ci volle una manciata di secondi di troppo prima di distogliere lo sguardo.

«E per favore, non ti mettere a fare la sfilata adesso,» sbottò Evelyn. Se n'era accorta. Se ne accorgeva sempre.

Keira annuì, le braccia incrociate sul petto. «Lo sappiamo che sei figa, non serve.»

«E poi sarebbe impegnata, sai? Smettila di sedurla.» Evelyn puntò il pollice nella sua direzione; Keira si portò la mano sul cuore. Ottenne solo uno sfrarfallio di ciglia e un sospiro.

«Magari invece cercava di sedurre te,» le fece notare Keira.

Ancora in piedi e con la chioma rossa in disordine, Altair si tamburellava le dita contro la gamba. Sollevò un sopracciglio e sbuffò un sorriso. «Fidatevi, voi due non siete nemmeno nell'elenco delle persone che mi porterei a letto.»

«Vale lo stesso per noi.» Secca, Evelyn colpì l'aria con la mano.

«Aspetta,» Keira si sporse verso di lei, «abbiamo una lista di possibilità per qualcosa a tre?» Si aspettava il pugno che le arrivò in risposta, ma non si scansò, e lasciò che l'altra le colpisse il braccio. «Ahia!»

Il calcio sulla gamba della sedia che arrivò subito dopo, però, non l'aveva previsto. Altair non doveva ancora essere soddisfatta, perché poi le spinse le dita contro la spalla. «Avete finito il rituale d'amore o dovete rompermi le palle ancora a lungo?»

«Dipende,» rispose Evelyn. «Se continuiamo te ne vai prima?»

«Se continuate vi ammazzo prima, caso mai.» Altair si infilò la mano nella tasca dei pantaloni. Quando la estrasse, un oggetto metallico e rettangolare catturò la luce giallastra della lampadina. Rimandava indietro un arcobaleno di colori.

Altair lo lanciò e Keira lo afferrò al volo. Era ancora caldo.

«Sono i nuovi dati. Anche se tanto ci sono solo le solite cazzate. Fareste prima a vedervi un porno.» Le separò ancora una volta e si appoggiò alla scrivania. Diede un paio di colpetti al computer, senza un motivo apparente, poi si rimise in piedi, a tormentare il pavimento con la punta del piede.

«Mamma mia, che hai, il pepe al culo?» Evelyn si riaggiustò la gonna.

Keira inserì la chiavetta nel computer. Si concentrò sulle miniature dei video comparse nello schermo, ma udì lo schiocco delle dita di Altair e le sfuggì una risata.

«Sempre meglio di te che il culo ce l'hai attaccato sulla sedia.»

Keira non ascoltò la risposta di Evelyn. Con un doppio click sulla cartella presente all'interno del sistema di archiviazione, si aprì una lista di dieci nuovi video. Dettagli importanti pronti a essere collegati, che aspettavano solo lei.

Un peso improvviso contro la sedia la spinse in avanti. «Sono uguali agli altri.» Altair emanava un profumo fresco e forte, un miscuglio fra ambra e sapone. «Quindi non serviranno a un cazzo. Posso smetterla di rompermi i coglioni a sorbirmi sta roba? Sono un fottuto strazio.»

«Non sono inutili. Prima o poi troverò la chiave che li collega.»

Il caldo del fiato di Altair le solleticò il collo, per quanto era vicina. «È più probabile che ti si frigge il cervello prima.»

Evelyn tirò un calcetto da sotto la sedia; centrò Keira sullo stinco e le carezzò il braccio in segno di scusa. Riprovò ancora, ma Altair si scansò. «Non minacciarla.»

«Si può sapere che ve ne frega, dell'origine della Tempesta?» Il riflesso di Altair nello schermo raggiunse la moto e si issò sul sellino. Le dita tamburellavano senza sosta sulla carrozzeria, seguivano un ritmo che soltanto lei conosceva.

«Tu non sei curiosa?» Evelyn sporse il busto verso di lei. La curva quasi inesistente del seno sfiorava le ginocchia, sollevate sulla sedia. Batteva le ciglia con il capo inclinato da un lato; con i colori accesi degli abiti che indossava e l'aria assorta, rappresentava l'arcobaleno così come Keira se l'era sempre immaginato.

In perfetto contrasto, ad Altair mancavano solo le corna sulla nuca, poi il suo aspetto da diavolo seduttore sarebbe stato completo. «Sinceramente? Me ne frega meno di un cazzo.»

Evelyn saltò su, la mano sollevata. «Posso fare una battuta volgare?»

Keira conosceva già la battuta in questione. Le rivolse un occhiolino, poi riprese a cercare fra le cartelle nel computer. «Sono vicina alla soluzione,» cambiò argomento.

«E sarebbe?» chiese Altair.

«Ho detto che ci sono vicina, non che ce l'ho.»

«Parlavo della battuta.»

Keira ed Evelyn si voltarono insieme, un'unica entità in due separata in due corpi. Altair si dava dei buffetti sulle maniche, per eliminare qualche granello di polvere invisibile. Perfino in momenti del genere, mentre un sorriso strafottente le decorava il volto, emanava un'energia selvaggia e pungente.

«È impossibile,» le rispose Evelyn, in tono serioso. «Non esiste niente di meno interessante di un cazzo.»

Proprio la freddura che si era aspettata, eppure Keira non poté fare a meno di sogghignare. Levò il palmo aperto, in attesa che l'altra battesse il cinque.

Altair schioccò le dita. «Stronza io a chiedervelo.» Mimò una pistola con le dita e finse di spararmi in testa. «Piuttosto, le avete sentite le ultime scoperte della ghiacciolina?»

«No. Elettra non ci ha detto niente, ancora,» disse Keira. «Qualche novità interessante?»

«L'ibrida poliziotto a quanto pare non è un granché brava a tenere un basso profilo.» Altair smontò dalla moto. Incontrò il vecchio cerchione di una ruota sotto il piede; lo calciò, mandandolo a sbattere contro una mensola piena di oggetti buttati alla rinfusa. Keira sobbalzò sul posto, il respiro mozzato. Se non cadde nulla fu solo per miracolo.

«Cioè? Che fa, se ne va in giro a infrangere le regole della strada su una moto e a fare scazzottate con tutti?» chiese Evelyn.

Altair alzò gli occhi al cielo. «A quanto pare ha parecchi richiami per condotta di merda. Minaccia la gente con la pistola, e cazzate del genere.»

«Cos'è, la descrizione della tua anima gemella?»

Le parole di Evelyn bastarono a evocare un'immagine tanto folle quanto affascinante nella testa di Keira: ripensò all'agente di quella mattina, Mira, e al modo in cui era sembrata sul punto di prenderle a pugni. La vide avvicinarsi a un'Altair intenta a provocarla, attirarla a sé e...

Lo scenario evaporò nel nulla, sperduto, perché all'improvviso si ricordò di quanto fosse andata vicina a darle delle informazioni di troppo – si era limitata alla "mezza verità" che Elettra le aveva detto di rivelare in un'eventualità simile, per evitare che Keira destasse troppi sospetti. Evelyn e le sue scenate di gelosia erano arrivati appena in tempo. Non si era davvero aspettata che la polizia si facesse viva così presto.

«A proposito,» disse, e allungò una mano ad afferrare la spalla di Evelyn. «A quanto pare Elettra si è fatta scoprire. Questa mattina un'agente è venuta qui a farmi domande sul suo visore.»

Altair fermò la sua camminata furiosa e scoppiò a ridere. «Davvero? La signorina Perfettina ha fatto una cazzata?» Non ne sembrava stupita, ma la notizia per qualche ragione la faceva gongolare.

«A meno che non l'abbia fatto apposta.» Keira scrollò le spalle. «Forse cercava un contatto con l'ibrida nella polizia.»

Altair rispose con un fischio. «Che grandissima figlia della merda. Poi lei e quel superuomo del cazzo dicono che sono io, quella che fa stronzate.»

«Perché lo sei,» annuì Evelyn. «Magari voleva farsi vedere. Per formare un'alleanza, forse.»

Qualcosa tintinnò contro il pavimento, sulla destra. Keira si alzò dalla sedia per controllare che non fosse caduto nulla dalle mensole.

«E chi la capisce, quella? Ma comunque me ne frega meno di un cazzo. Io so solo che se l'agente si mette in mezzo alle palle, la prendo a calci in culo.» Altair completò il quadro di gentilezza delle sue parole picchiandosi il palmo con un pugno.

Un chiodo era rotolato contro il muro; Keira non trovò nient'altro, così lo raccolse e lo rimise sulla mensola. Raggiunse una scatola e frugò fra chiavi inglesi ed esperimenti falliti.

«Questo prima o dopo averci provato con lei?» chiese Evelyn, e Keira quasi soffocò con la sua stessa saliva.

Toccò il fondo dello scatolone, ma di quello che cercava nemmeno l'ombra. Eppure era convinta di averlo rimesso a posto – la realizzazione di quel che aveva combinato il giorno precedente la colpì solo allora. Si bloccò, le dita ancora premute contro il cartone e il braccio affondato in oggetti di metallo privi di utilità.

«Per chi cazzo mi hai preso?» Altair le camminò vicino. Il suo odore di ambra la riscosse. «Mentre la prendo a pugni.»

Keira barcollò in piedi. Il ricordo di lei che portava il Salvador – il nome l'aveva scelto Evelyn – da qualche parte lì attorno era annebbiato. Dopo si era dedicata alla moto, ma prima...

Lo trovò accanto al computer. Circolare, con le ventose che ne ricoprivano un lato verso l'alto e un garbuglio di fili che pendeva dalla scrivania. Con il cuore che copriva le voci delle altre due, lo recuperò per affibbiarlo ad Altair. Glielo premette contro il petto, poi tornò a sedersi accanto ad Evelyn, la gola all'improvviso secca.

«L'aggeggio che mi avevate chiesto,» spiegò soltanto.

Altair alzò il sopracciglio. «È questo? Sembra un disco volante uscito male.»

Keira forzò un sorriso. «Non ho avuto tanto tempo per pensare all'estetica,» ammise. «Piuttosto, vedete di non farvi beccare questa volta.»

«Te l'ho detto, se provano a fermarmi, si ritrovano tutti con il culo fritto.» Altair sollevò una mano in un saluto frettoloso. «Comunque sia, ho già perso abbastanza tempo a sentire le vostre stronzate.»

«Fa' il culo a tutti!» le gridò dietro Evelyn.

«Ovvio.»


Note:

Questo è da sempre il mio terzetto più folle!

Confesso che Altair è un po' da sempre la mia preferita - le ho dedicato un intero prequel, quindi dubito sia un segreto xD

Fatemi sapere cosa ne pensate di loro tre per adesso, e grazie per aver letto!

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