Capitolo 35

Altair sbadigliò. Portò le mani sopra la testa e stirò i muscoli intorpiditi. Dei bozzoli sottopelle le bloccavano le spalle. Odiava rientrare a Nuova Folk senza essersi scatenata sotto la Tempesta, soprattutto perché quello strano soggetto che avevano incontrato le aveva imbizzarrito tutti i fulmini. Se almeno avesse potuto sfogarsi adesso, invece di starsene ferma al tavolo di Elettra.

Mira, accanto a lei, la osservava in silenzio. Sedeva dritta, come se qualcuno le avesse infilato un busto ortopedico e la costringesse a restarsene tutta impettita. Aveva una giacca di jeans sbottonata, di quei modelli con le maniche sfilacciate. Tutto aveva, tranne che l'aria della poliziotta.

Romeo soffiò fra le braccia di Vega. Altair gli alzò il dito medio.

«Poi ti chiedi perché ti odia.» Evelyn soffocò una risatina dietro la mano. Scivolò sulla sedia di fronte a lei, un ginocchio ripiegato e il piede incastrato sotto il sedere. Le si sarebbe addormentato, ma Altair non glielo fece notare: voleva godersi la probabile caduta quando si fosse rialzata.

«Ti dico che quel gatto è demoniaco. Voi vi lasciate fregare, ma un giorno vi ucciderà nel sonno.»

Evelyn arcuò le sopracciglia. «Tu hai seri problemi.»

Mira si staccò appena dallo schienale. «È solo un gatto.» Indossava la solita faccia incazzata del solito, quella insopportabile espressione che sembrava implorarla di colpirla. Le labbra però tremolarono per un attimo, come se cercasse a tutti i costi di trattenere un sorriso.

Altair alzò le mani. «Fate come vi pare. Se vi fa fuori però non venite a chiedermi di vendicarvi, io ve l'avevo detto.»

«Come te lo chiediamo, se siamo morte?» disse Mira.

«Torniamo da fantasmi.» Evelyn fece volteggiare una mano in aria. «Io se muoio ti vengo a tormentare, Altair, sappilo. Devo vendicarmi di tutti gli scherzi di merda che mi hai fatto.»

Le gambe le si muovevano da sole. Producevano un fruscio contro la tovaglia color crema. Altair sogghignò. «E che fai? Mi tiri i piedi mentre dormo? Che paura.»

«Sì. E anche Mira mi dà una mano, vero?»

Mira non rispose, non subito. Gli zigomi le scricchiolavano, come se si sforzasse di tenerli immobili nella sua espressione corrucciata. «Piuttosto mi uccido di nuovo.»

«E dai!» Evelyn la cercò con la mano, ma restò con il braccio sospeso sul tavolo ad afferrare il nulla. Si voltò a cercare Vega. «Dille tu qualcosa.»

Lui sbatté le palpebre. Carezzava Romeo dietro l'orecchio con fare distratto. «Non mettermi in mezzo alle vostre stronzate, grazie.» Il solito noiosone.

In uno sbuffo, Evelyn appoggiò entrambi i gomiti sul tavolo e adagiò il mento sui palmi. «Eppure secondo me ti ci divertiresti,» insistette, adocchiando Mira.

«A sopportarmi questa per l'eternità?» Mira la indicò. «Ripeto: piuttosto mi uccido per la seconda volta.» Altair le diede una spintarella.

«Secondo me finite a letto prima o poi.»

Altair quasi sputò per trattenere una risata. Vega sollevò la testa, un cipiglio sconvolto sul volto. Mira però, lei ebbe la reazione migliore: abbassò la testa per una frazione di secondo, solo per poi rialzarla, arricciare il naso e incrociare le braccia sul petto. I fulmini le guizzarono sottopelle, Altair li sentì forti e chiari.

Evelyn scrollò le spalle. «Che c'è? Avete chimica. Se la vita fosse un libro, sareste già destinate a fidanzarvi.»

Vega si spiaccicò la mano sulla faccia. «Preferirei che il mondo restasse intatto.»

«In effetti forse sarebbe meglio evitare.» Evelyn si picchiettava il mento mentre fissava un punto imprecisato del soffitto.

Un rumore improvviso. Romeo saltò in aria e si mise a miagolare contro Altair senza un apparente motivo. Accanto a lei, Mira aveva scansato la sedia e si era alzata in piedi, i pugni stretti lungo i fianchi. «Me ne vado.»

«Che melodrammatica,» rise Evelyn.

Altair le afferrò la giacca e la tirò a sé, costringendola a sedersi di nuovo. Mira ricadde sulla sedia, un ammasso di fulmini incazzati che le saltavano lungo le braccia. «Di' la verità,» Altair le ammiccò, «ti girano perché sai che è vero.»

Mira non impiegò tutta la velocità di cui disponeva nel pugno che arrivò; Altair lo deviò con un movimento del polso. Per tutta risposta, le rifilò uno schiaffo sulla nuca, che Mira si prese in pieno.

«Non vi ho chiamate per fare una rissa, soprattutto non a casa mia.» Ed ecco che arrivava anche la ghiacciolina. Elettra, senza né visore né occhiali scuri, si fece strada fino a una sedia. Si muoveva lenta ma con la dimestichezza di chi conosceva la stanza a memoria.

Vega la raggiunse per metterle una mano sulla spalla. Annuì. «Andate in un hotel, se proprio vi serve una stanza.»

Elettra inclinò la testa, le labbra premute l'una contro l'altra. Non disse nulla al riguardo, mostrò solo un sorrisetto. Mira, dal canto suo, sbuffò. «Abbiamo un po' di cose di cui discutere,» esordì alla fine Elettra. «Scoperte interessanti.»

Altair agitò una mano in aria. «Sul pervertito sotto la Tempesta?»

«Chi?» scattò Evelyn.

«Uno stronzo che se ne va in giro nudo facendosi il figo.»

Elettra si schiarì la voce per interrompere la conversazione. Diede un buffetto sulla spalla di Vega, poi si accomodò. «Anche. Ma non solo. Abbiamo scoperto l'origine della Tempesta.»

Altair si massaggiò il collo. Incontrò un bozzo sottopelle. Ci premette le dita sopra e una scarica di dolore le arrivò assieme a una di adrenalina. Colpì il fianco di Mira con il palmo; quella le rispose con un calcio sullo stinco.

«Roba grossa.» Evelyn presentava un sorrisetto snervante sul viso, e non guardava Elettra, era rimasta con gli occhi incollati su Altair.

Quella testa di rapa doveva smetterla di cercare di accoppiarla a qualcuno.

L'arrivo di Keira la convinse a distogliere l'attenzione. Altair alzò gli occhi al cielo. Per una volta, la pateticità del loro rapporto veniva in suo aiuto.

«E come l'avreste scoperto?» Mira incrociò le braccia sul petto, poggiata contro lo schienale della sedia.

Keira giocava con i capelli di Eve. «Dai file rubati alla S.d.» Mosse la testa in un cenno per indicare Elettra e Vega.

Mira inarcò il sopracciglio. «Avete rubato dei file alla S.d.?»

«Una mossa rischiosa, lo so,» ammise Elettra. «Ma a quanto sembra abbiamo fatto bene. Nascondono molti più segreti di quanto pensassi.»

Qualcosa tirava il pantalone di Altair, qualcosa di appuntito che le si conficcò nella carne. Scalciò, d'istinto, e Romeo le rispose con un miagolio infastidito. Lei si affacciò sotto il tavolo, dove il gattaccio si leccava la zampa. Non lo aveva colpito, il bastardo. In compenso, una goccia di sangue sul suo artiglio risucchiava quel poco di luce che arrivava lì sotto.

Il polpaccio iniziò a prudere. Rivolse il dito medio – ancora – al gatto demoniaco e tornò composta sulla sedia, grattandosi il punto in cui lui l'aveva graffiata. Incontrò il ghigno di Evelyn e fletté le dita. Forse voleva un pugno in faccia.

Keira prese un respiro profondo. «La S.d. esiste da prima dell'arrivo della Tempesta. Anche allora faceva ricerche sui medicinali, e Brandon Valley, il padre non il figlio, era un loro collaboratore. Solo che avevano idee parecchio folli.» Scansò una ciocca di capelli dagli occhi. «Iniziarono a fare esperimenti con l'elettricità. Volevano usarla come stimolante per la guarigione.»

«Volevano copiare Frankenstein?» Elettra cercò il braccio di Vega, ma Romeo la intercettò e le strusciò la testa contro il palmo. «Usare l'elettricità per dare la vita?»

Keira alzò le spalle. «Probabile. Qualcosa del genere. Fatto sta che a un certo punto hanno creato un tipo di elettricità capace di alterare il DNA umano. È così che è nato il primo ibrido.»

Arrivò il silenzio. Altair si perse nel movimento ritmico delle unghie che grattavano la ferita infertale da Romeo – già quasi del tutto richiusa. Che quegli stronzi della S.d. fossero gli artefici non la stupiva. Anzi, assurdo che non ci fosse arrivata prima. Dopotutto, lo ricordava fin troppo bene quanto fossero affascinati dalla sua spiccata capacità di guarigione. Forse ora ne comprendeva il perché.

Evelyn reclinò la testa. «Quindi è nata prima la gallina, non l'uovo.»

Keira le strinse la mano. «A quanto pare. Peccato che non riuscissero a controllarlo. Era un ibrido, sì, ma di una potenza almeno dieci volte superiore al normale. Si è ribellato e ha perso il controllo, ed ecco che è scoppiata la Tempesta.»

Altair ispezionò le macchie di sangue sotto le unghie. Fece una smorfia schifata. Stupido gatto di merda. «Plot twist: il primo ibrido è un nudista che se ne va ancora in giro sotto la Tempesta con le palle al vento.»

Cercò Elettra e non si stupì di vederla scuotere il capo, la mano a coprire una risatina. Quell'accenno di allegria si spense l'istante dopo. Incastrò una ciocca dietro l'orecchio, le labbra ridotte a una linea dritta, breve. «L'abbiamo incontrato. Sembrava volesse parlarci.»

Altair non l'avrebbe definito "parlare". Se n'era stato lì, a evocare immagini confusionarie e a proteggersi dietro un muro di fulmini. Non si era nemmeno degnato di farsi prendere a calci, lo stronzo.

Vega si passò una mano fra i capelli. Da quando li aveva tagliati corti e non gli ricadevano più sugli occhi, aveva meno l'aria da uomo depresso. Dimostrava degli anni in più, ma almeno non era ridicolo. «E cosa voleva?»

«Non lo so. Ci ha mostrato... credo fossero dei ricordi.» Elettra si tormentava il lobo dell'orecchio. Lo pizzicava fra le dita e lo tirava fino a farlo arrossare. «Ma non sono nemmeno sicura che lui fosse reale.»

«A me sembrava reale eccome.» Altair mimò uno sparo verso l'alto con le dita. «E messo pure bene.» Le occhiate di fuoco degli altri le solleticarono la nuca. Le venne da ridere.

Keira estrasse una sigaretta. L'accese e se la portò alle labbra. «In che senso?»

«Nel senso che...» Altair sollevò l'indice verso l'alto con un fischio. Le arrivò un ceffone dietro la collottola, troppo forte, e si acciaccò la lingua. Mandò giù il sapore di sangue e rivolse il medio in direzione di Mira, che sospirò.

Vega le osservava. «Qualcuno mi spiega perché abbiamo un ragazzino perennemente arrapato in squadra?»

Non gli risposero, si limitarono ad annuire in un coro silenzioso. Altair schioccò la lingua. Che branco di perfettini repressi.

Elettra lasciò andare il proprio orecchio solo per scacciare una nuvola di fumo che Keira le aveva sbuffato addosso. «Non mi sembrava una presenza vera,» spiegò, «era più una specie di ricordo lui stesso, intrappolato nella Tempesta. Come gli altri.»

«Gli altri? Intendi le emanazioni?» chiese Mira.

Altair le sferrò un manrovescio sulla spalla. «Le che?»

Keira fece cadere un cumulo di cenere dalla punta della sigaretta nel posacenere. «Sì, quelle. La Tempesta produce delle immagini. Sembra roba casuale, per la maggior parte. Ci ho messo un po', ma alla fine sono arrivata alla conclusione che siano ricordi di gente del passato, che ripropone di continuo.»

«Perciò cosa rimane del primo ibrido? Solo il suo ricordo?» disse Mira.

Romeo miagolò, acciambellandosi sulle gambe di Elettra. Lei lo grattò dietro l'orecchio. «Lo so che sembra assurdo, ma credo che la sua rabbia sia rimasta nella Tempesta. E continua a crescere sempre di più, ecco perché la Tempesta diventa sempre più forte.»

«Vuole una vendetta,» disse Mira.

«O forse la libertà,» replicò Vega.

Altair si appoggiò allo schienale, le gambe larghe. Sfiorò il ginocchio di Mira che, per tutta risposta, la spinse via per difendere il proprio spazio. «Oppure si diverte a rompere i coglioni.»

«O magari vuole solo un paio di mutande,» disse Evelyn.

Keira tirò un altro tiro alla sigaretta, poi le rivolse un sorriso. «Dovremmo portargliele. Deve essere scomodo andarsene in giro con il culo all'aria sotto la pioggia.»

Elettra si schiarì la voce. «Keira, per favore, puoi continuare il racconto?»

Ancora? Quello strazio non avrebbe mai avuto fine. I fulmini le sprizzarono sulle mani; Altair scansò la sedia e si mise a passeggiare lungo la stanza. Non ce la faceva più a starsene ferma, i muscoli le dolevano, come se l'avessero tenuta legata per ore, costretta a restare immobile.

«Dopo il casino,» riprese Keira, «Brandon Valley ha avuto l'idea della cupola. L'ha costruita insieme alla S.d. ma poi hanno litigato perché lui si è preso tutto il merito, oltre al comando della città.» L'ennesimo tiro di sigaretta. Spargeva puzza di tabacco ovunque. «Non molto tempo dopo sono cominciati a comparire i primi figli della Tempesta, e Brandon è andato nel panico.»

Mira si irrigidì. Emanava un'energia scottante, di fulmini contratti su loro stessi, in preparazione per esplodere. Rimase in silenzio, gli occhi persi in qualche anfratto oscuro della sua mente.

Keira continuò. «Aveva paura che potessero scatenare una Tempesta, qui dentro.»

Altair arrestò il giro frenetico intorno al tavolo. Si rigirò le mani sotto gli occhi. Le scintille vennero fuori a piccole scariche, poche alla volta, e morivano subito dopo.

Aveva la capacità di dar vita a un'altra Tempesta. Cazzo, non male.

«Quindi,» chiuse il pugno, le scariche le elettrizzarono i capelli, «che cazzo ci cambia? Andiamo da quegli stronzi della S.d. e facciamone uno spezzatino.»

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