Capitolo 23
Definirle creature era un'esagerazione. Erano degli agglomerati di fulmini intrecciati fra loro a formare sagome intricate; il fatto che somigliassero a esseri umanoidi era un puro caso. Ciondolavano delle protuberanze passabili per braccia lungo i fianchi. A muoverli in avanti, due gambe tozze.
Alcuni alti, alcuni bassi; alcuni magri e longilinei, altri tarchiati. Le brutte copie di persone, ecco cos'erano, riunite in una folla incazzata.
Un tuono si abbatté contro la cupola. Il rombo ferì le orecchie. Un attimo prima, una luce accecante; quello dopo, nuove creature si unirono alle prime, in un esercito sempre più numeroso.
Accanto alla portiera della macchina ancora aperta, Mira imbracciava il fucile d'assalto. Drake e Norton prepararono i caricatori e le armi da fuoco. Alex batté un piede a terra, colpendosi il palmo con il pugno; indossava non solo i guanti speciali, ma anche un paio di stivali fatti dello stesso materiale. Ogni passo che muoveva, quelli affondavano nel pavimento, creando piccoli solchi.
La potenza dei tuoni lì raggiungeva vette incredibili. Mira la percepiva appena. Nonostante la manciata di pillole ingurgitate, la sensazione pungente di formichine che le zampettavano sottopelle rimaneva. Della Tempesta dentro di lei, tuttavia, nemmeno la traccia. Era più vuota di una lattina abbandonata sul ciglio della strada.
Poteva farcela.
«Quindi, che dobbiamo fare? Farli tutti a pezzi?» Alex si diede un altro pugno sul palmo guantato.
«Quello è il piano.» Norton chiuse lo sportello. Adocchiò Mira, le tenne lo sguardo addosso, come se cercasse di scrutare qualcosa dentro di lei. Con un brivido lungo le braccia, lei strinse l'impugnatura del fucile. Lui indicò le creature più avanti. «Alex, tu vai avanti, noi ti copriamo.»
Drake roteò il braccio per scaldarsi. «Ricevuto.»
Mira aggrottò la fronte. «E io?» Di solito Norton la scagliava sempre in prima linea assieme ad Alex. Non sapeva nemmeno come si facesse, a coprire gli altri.
«Lascia fare ad Alex, con quelli dovrebbe bastare.» Accennò agli stivali.
Che strano. Eppure, non era il momento di lamentarsi degli ordini. Dopotutto, così sarebbe stato più facile attendere l'arrivo di Elettra e Altair senza rischiare di cedere alla furia della Tempesta. Perciò, volente o meno, annuì.
Alex non perse altro tempo. Tirò il braccio indietro e scagliò un pugno; si sprigionò un'onda d'urto che squarciò l'aria e saettò verso le creature. Le tre più vicine si sfilacciarono. Il colpo sciolse i fulmini di cui erano composti. Non rimasero altro che ammassi di saette senza forma.
Ammassi di saette senza forma che continuavano ad avanzare.
Affrontare quelle cose senza riserve sarebbe stata un'ottima fonte di sfogo. Mira respirò a fondo l'aria pregna di Tempesta: sapeva di potenza, sapeva di forza. Sulla lingua percepì un lieve prurito, un barlume di energia.
Avrebbe dato qualsiasi cosa per scatenare i fulmini e dare inizio alla danza più brutale della sua vita.
Invece sollevò il fucile e sparò a raffica alle creature in avvicinamento. Alcuni proiettili si bloccavano nelle ragnatele di saette di cui erano composte quelle cose. Tuttavia la maggioranza perforava e smembrava.
Non bastava ad arrestarle.
Norton e Drake si unirono alla battaglia. Mira si riempì la testa del rumore degli spari. Il fischio del vento fuori dalla cupola intonava un inno di guerra. Le chiedeva di unirsi a lei, di lasciarsi andare. La Tempesta aspettava solo lei.
Mira strinse i denti, concentrata sul presente.
Il fucile rinculava a ogni colpo sparato. Tese i muscoli per tenerlo fermo.
I bossoli vuoti dei proiettili cadevano a terra in un tintinnio che si perdeva nel frastuono della battaglia.
Le creature si avvicinavano sempre di più.
Drake si fermò a cambiare il caricatore. Uno degli esseri prese a saltellare sulle gambe tozze. Gli si scagliò addosso in un balzo. Mira gli scaricò una sfilza di colpi addosso, fino a sciogliere tutti i fulmini di cui era composto; quelli piovvero a terra.
Drake alzò il pollice per ringraziarla. Poi tornò all'attacco.
Alex intanto sfondò una creatura di calci. A ogni colpo, esplodeva un'onda d'urto. Finché della cosa non rimase più nulla. L'istante successivo, un tuono si abbatté contro la cupola, e altri tre esseri la accerchiarono.
Mira si spostò dalla sua posizione. Terminato un caricatore ne inseriva uno nuovo. Il vento continuava a cantare. I tuoni dei tamburi che portavano il ritmo.
Si accese una scintilla, nel petto di Mira.
Non pensarci, si disse. Non pensarci.
Ma a ogni nota della canzone della Tempesta, la scintilla cresceva.
Una creatura spalancò le braccia. Le si buttò addosso, come se volesse circondarla nella sua rete di fulmini. Come se volesse inglobarla dentro di sé. In un'imprecazione, Mira spinse un nuovo caricatore nel fucile. Sollevò la canna e scaricò tutti i proiettili sul grugno anonimo dell'essere.
Le saltarono la testa e un arto. Bastò a rallentarla, e Mira scivolò via.
Un altro tuono illuminò la città. Un bianco brillante. Poco più di un istante.
Una scarica di energia le fece fremere i muscoli. Mira esitò. Abbassò l'arma. La creatura dalla forma ormai irriconoscibile si voltò nella sua direzione. La cercava ancora.
Mira la sentiva, la sua forza. Emanava ondate di energia che la investivano. Mira se ne inebriò.
No.
Non avrebbe ceduto. Non ancora.
Buttò il fucile a terra e premette il tasto di accensione dei guanti speciali. Sferrò un solo pugno, lento e rigido, perché i muscoli facevano resistenza. I fulmini della creatura si aprirono e si separarono in un urlo possente. Al pugno successivo, la cosa cessò di esistere.
La scintilla dentro di lei divenne un'esplosione. A denti stretti, Mira si prese una pausa per respirare. Per tenerla a bada.
Giunsero altri nemici. Lei combatté. A ogni mostro abbattuto, un'ondata di energia più grande la scuoteva.
Drake scagliò lontano l'arma da fuoco. Fece vibrare l'aria a suon di pugni; i guanti che indossava emettevano un fischio metallico a ogni movimento. Si affiancò ad Alex. Si coprivano a vicenda. Lei balzava da un mostro all'altro, aiutata dagli stivali – le suole scoppiavano ed emanavano una piccola fiammata che le dava la spinta, distruggendo il terreno.
Norton rimase fedele al ruolo di supporto. Manteneva la distanza. Si preoccupava di rallentare le creature che si avvicinavano troppo ai compagni, più che di farle fuori.
Al contrario, Mira colpiva per uccidere. Doveva contrarre i muscoli per evitare che i fulmini scoppiettanti dentro di lei si riversassero fuori. Era come giocare al tiro alla fune. La Tempesta, all'altro capo della corda, tirava a sé con una forza disumana; lei manteneva salda la presa, mentre sferrava un pugno dopo l'altro.
I capelli le si elettrizzarono. Si accorse di avere la pelle d'oca. Indietreggiò, consapevole del significato dietro ai brividi che la ricoprivano. Cercò i compagni, accerchiati dalle creature, e scoprì che erano nelle sue stesse condizioni, con alcuni capelli dritti sulla nuca.
Giusto. Qualunque corpo rispondeva all'elettricità, non solo il suo. Che stupida a non averci pensato.
Un odore di bruciato le invase le narici. Tirò su col naso, perplessa. Subito dopo, arrivò un rumore sfrigolante.
Poi l'energia dentro di lei scoppiò. L'urlo della Tempesta le riempì le orecchie.
Mosse un passo indietro. Portò la mano al petto. Cos'era successo?
«Mira!» Norton le fu a fianco pochi istanti dopo. Alzò una mano, come per prenderle il braccio, ma la ritirò subito. «Stai bene?»
Lei aprì la bocca per rispondergli. Una ragnatela di fulmini nella gola le bloccò la voce. Così scosse semplicemente la testa.
«Ehi, che è successo?» urlò Drake, poco distante.
Norton non si voltò. «Non lo so, una di quelle cose le è entrata dentro.»
Entrata dentro? Che voleva dire?
Un flusso di potenza la invase. Improvvisa. Totalizzante. Mira piegò il busto in avanti. Le si spalancarono gli occhi. Le pupille si dilatarono. Perché?
Non aveva lasciato andare la fune. Non aveva perso il controllo.
«Cazzo, l'hai praticamente assorbita.» Norton fermò l'avanzata di un altro mostro in avvicinamento con una scarica di proiettili.
«Mira!» Drake la raggiunse. Si fermò a metà strada, la bocca spalancata e le sopracciglia abbassate.
Lei non capiva. Trascinò un passo verso di lui. Pensò di farlo. Ma il corpo non le rispose. I muscoli si erano riempiti di forza. I fulmini la percorrevano da capo a piedi come serpenti striscianti, e le impedivano di avanzare.
Ondate di piacere la attraversavano dalla punta dei piedi fin sopra la nuca. Ogni singolo centimetro di lei si rilassò; le gambe le cedettero e lei si ritrovò in ginocchio. Il respiro divenne affannoso, spezzato.
Qualcos'altro però le strisciava dentro, qualcosa che le arrivò fino al cuore, trasportato dai fulmini. Qualcosa che le fece digrignare i denti. Qualcosa che la costrinse a stringere le dita fino a conficcarle le unghie nei palmi e sanguinare.
Era un'emozione. Tanto forte da mozzarle i polmoni. Tanto forte da cancellarle i pensieri.
Rabbia.
Ma di chi era? La sua?
Le creature formarono un cerchio attorno a lei. La fissavano immobili, ammirati. Dei sudditi di fronte alla loro regina.
Drake la chiamò ancora. La sua voce la raggiungeva appena, distorta dal crepitio dei fulmini dentro di lei.
Alex tolse di mezzo due delle creature del cerchio. Le comparve davanti. «Non ci credo.» Suonava spezzata.
Mira scosse la testa. Altro non riusciva a fare.
«Sei un'ibrida! Sei una schifosa ibrida!» Alex le si avvicinò. Le suole degli stivali scoppiettavano contro il pavimento.
Era finita. L'avevano scoperta.
Eppure non le importava. L'unica cosa che desiderava era spaccare la faccia di Alex. Fracassare le ossa di Drake. Disintegrare Norton.
«Alex, aspetta!» Norton la allontanò. «Ci deve essere una spiegazione. Hai visto anche tu quello che è successo...»
Le creature scelsero quel momento per reagire. Si scagliarono contro Norton, Drake e Alex all'unisono.
Mira chiuse gli occhi. Una smorfia le comparve sul volto, mentre si sforzava di alzarsi. Cosa voleva fare, salvare i compagni o ucciderli? Non lo sapeva, ma non aveva importanza, perché non riuscì a fare nulla. Poggiò le mani a terra, il busto troppo pesante.
Arrivò il rumore rombante di una moto. Comparve dal nulla. Sfrecciava verso di loro, ignorava qualsiasi regola della strada. La figura che la guidava balzò giù e rotolò sull'asfalto; la moto si schiantò contro una delle creature. Una serie di saette precedette l'esplosione.
Rialzandosi, la donna si tolse il casco e liberò la chioma scarlatta.
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