Capitolo 22

«Come avete fatto?»

Xander sospese la lettura assorta dei suoi appunti. «A fare cosa?» Il nodo della cravatta si era allentato nel corso della mattinata. A lui non importava.

Con i fulmini dentro di lei addormentati dalla pillola, Mira non percepiva la Tempesta in lui. Nemmeno una scintilla. Niente. Eppure non riusciva a smettere di provare. Lo fissava, con le unghie che tormentavano i polpastrelli e la testa inclinata, in attesa che tradisse un indizio.

«Xander Hannigan non è il tuo vero nome.» Artigliò la manica della divisa l'istante dopo. E se si sbagliava? Se quello strano tipo fosse stato solo uno che gli somigliava?

L'altro aggiustò i fogli che teneva fra le mani, sbattendoli contro la scrivania. Norton gli aveva affidato quella di fronte alla sua, di solito sommersa dai suoi stessi appunti.

Xander si alzò, e tenne una mano posata sulla sedia. «Quindi?»

«Quindi, come hai fatto?»

«A fare cosa?» Inclinò la testa, come un cucciolo curioso; solo che lui non somigliava molto a un cucciolo, quanto piuttosto a un cane addestrato pronto ad attaccare al minimo segnale. Oltre la giacca elegante e la stupida cravatta, i muscoli erano contratti, così come la mascella.

«Lo sai,» insistette Mira, agitando la mano in aria, irritata.

Xander si passò la lingua fra le labbra, in un movimento veloce e quasi impercettibile. Le si avvicinò, le mani infilate nelle tasche dei pantaloni. «Questo non è il posto giusto per parlarne.»

«Non c'è nessuno.» Mira girò solo dopo la testa, a cercare la porta chiusa. Nessuno era entrato senza che se ne accorgesse.

«Continua a non essere il posto giusto.» Xander si appoggiò contro la propria scrivania. «Tu giochi troppo col fuoco.»

Lo sapeva. Ecco perché prendeva le pillole, ecco perché si sentiva così svuotata ogni fottuta mattina. Per evitare il peggio, cancellava una parte di sé, la parte di sé che scalpitava sempre di più per venire fuori.

Ma non gliela diede vinta. «Tu invece sei fin troppo bravo a prenderli tutti per il culo,» gli rispose, secca.

Lui torse il collo, lo fece scricchiolare nel silenzio. Non replicò. Tamburellò le dita contro la scrivania dietro di lui e prese un lungo respiro; alla fine, scrollò semplicemente le spalle.

Mira si passò il palmo sulla fronte. Sfiorò il punto in cui la vena le pulsava, proprio sopra l'occhio, e la sentì premerle contro la pelle. Quel tipo cominciava a innervosirla. «Come hai fatto a farti prendere qui?»

«Tu come hai fatto?»

«Non rigirarmi la domanda,» sbuffò lei.

Un sorrisetto si fece strada sulle labbra di lui, mentre raggiungeva la porta. La aprì, affacciò la testa fuori; poi la richiuse e tirò un sospiro, tornando al suo posto. «Xander Hannigan è un uomo realmente esistito. Le qualifiche che ha letto Norton sono vere.»

Adesso sì che si ragionava.

«Esistito? L'hai ucciso?»

Xander contrasse la mascella e strinse i pugni. Da semplice gigante, si trasformò in un vero e proprio ammasso di muscoli irrigiditi. Lei scivolò indietro di qualche passo. «Tempo fa. Se lo meritava.»

«Se lo meritava?» ripeté lei, scettica.

Lui sbuffò, scuotendo la testa. «Proprio tu mi fai la predica?» Questo bastò a zittirla. Lui portò la mano sulla nuca e la lasciò lì, fra i capelli. «Era un mostro, non un uomo. Non credere che mi faccia piacere, portare il suo nome.»

Soltanto allora Mira si rese conto di quanto poco sapesse sul conto degli altri ibridi – i suoi alleati. Se fino a qualche giorno prima non gliene importava nemmeno, adesso voleva saperlo, cosa li avesse spinti a diventare quello che erano. Cosa avevano passato per convincerli a rischiare tutto per proteggere Nuova Folk? In che modo vivevano, mescolati con la gente normale?

Anche loro soffrivano, a dover reprimere la furia della Tempesta dentro di loro?

«E riesci a fregare anche la polizia?» chiese invece.

«Considerato con chi sto parlando, direi che non ha senso risponderti.»

Un punto per lui.

Ma prima che Mira potesse dire altro, Xander lasciò scivolare via la mano dalla nuca con un sospiro. «Non è mai stata accertata la sua morte. Sto solo recitando la parte dell'uomo di merda scappato dalla sua famiglia e poi riapparso dal nulla.» Parlava lentamente, più del solito, senza alzare lo sguardo da terra.

Mira si chiese se non fosse lui stesso, la famiglia di cui parlava. Una nuova domanda le raschiò la gola, ma la rimandò giù. Non era quello il momento. Aveva dubbi più importanti che richiedevano una risposta. «E Altair? Perché sembra non esistere nemmeno?»

Xander tirò su col naso. «Nessuno di noi esiste più.»

«Una finta morte?»

«Direi più che siamo stati cancellati. Come se non fossimo mai esistiti. Chi per un motivo, chi per un altro.»

Una situazione ai limiti della realtà. In pochi, anzi pochissimi, avevano la possibilità di fare una cosa del genere. Solo le più grandi bande di criminali che strisciavano fra le ombre della città, quelle talmente imbottite di potere da trascendere perfino le autorità.

Mira mosse un passo verso di lui. «E come?» Non che si aspettasse davvero una risposta. Sperava in un indizio.

«Io personalmente ho venduto la mia anima.»

La ricostruzione fu più facile del previsto: Xander – o qualunque fosse il suo vero nome – doveva essersi rivolto a una delle bande criminali più grandi per cancellare la sua esistenza. Forse proprio per via dell'assassinio del vero Xander Hannigan.

Un caso interessante. Tuttavia, Mira lasciò da parte l'argomento. «Non potevate farlo subito? Infiltrarvi e pilotare le indagini per mandarci contro la S.d.?»

Xander si grattò la guancia. Aveva un'espressione quasi divertita, come se trovasse divertente la semplicità del suo ragionamento. Che stronzo. «Lo credi così facile? Nessuno seguirà quello che gli dice un pezzo di merda qualsiasi come me se non gli conviene. L'hai vista la tua collega, no?»

Lei sì che l'aveva vista. Era lui ad aver ascoltato solo il racconto dell'accaduto da Norton.

Una come Alex non avrebbe mai accettato la possibilità che i figli della Tempesta non fossero una minaccia per la città. Dal suo punto di vista, andavano ammazzati tutti. Non era l'unica, in polizia: in tanti avevano l'abitudine di puntare il dito verso ipotetici ibridi per qualsiasi crimine commesso.

Per le persone comuni, i figli della Tempesta incanalavano tutto il marcio di Nuova Folk dentro di loro.

Mentre le grandi potenze, come la S.d., erano intoccabili.

Xander dischiuse appena le labbra, per aggiungere qualcosa, ma l'allarme lo interruppe. Arrivò improvviso. Riempiva le pareti, si infiltrava nei pensieri. Si insinuava perfino nei polmoni, bloccava il respiro.

«Che cos'è?» urlò lui, premendosi i palmi contro le orecchie.

Mira indietreggiò fino a che una superficie dura le si conficcò nella schiena. Nemmeno allora si fermò. Continuò a spingere, rovesciò penne, tastiera e vecchi fascicoli a terra; la scrivania grattò a terra, scivolando indietro.

La testa le scoppiava. Un gigante invisibile gliela schiacciava nella sua morsa.

L'avevano presa per il culo.

Si era fatta prendere per il culo. Quei figli di puttana l'avevano raggirata. Se le immaginò, Elettra e Altair, una a nascondere un risolino dietro la mano, l'altra con il suo ghigno beffardo.

Ma quale proteggere la cupola?

Xander la afferrò per le spalle. La sua presenza era salda. Mira si aggrappò a quella solidità; chiuse gli occhi, lasciò che la stabilità di lui le calmasse i muscoli tremanti. Desiderava scagliarlo contro la parete, eppure lo voleva vicino. «Che cos'è?» Lo gridò con tanta ferocia che il suo fiato le graffiò le guance.

Formulare un pensiero di senso compiuto si dimostrò più difficile del previsto, con l'allarme che le batteva nel cervello. «La cupola,» sussurrò.

«La cupola?» Lui la strinse con più forza, come se volesse fracassarle le spalle. Negli occhi scuri aleggiava una nube curiosa, piena di domande.

«Sì, è la cupola,» borbottò soltanto lei.

Xander le fece scivolare le mani lungo i gomiti. «Mira, calmati.» Non è da te, diceva la sua espressione. E aveva ragione, non era da lei.

Si divincolò dalla sua presa e lo spinse via. «Questo è l'allarme della cupola.»

«E che significa?»

«Perde resistenza. Sta per rompersi.»

Nessuno dei due osò commentare oltre. Si guardarono soltanto, lui con la mascella rigida e la fronte corrugata, lei con un flusso di acido che le gorgogliava nello stomaco. La porta si aprì, e Norton si affacciò dentro il tempo di urlare «Mira, preparati, dobbiamo andare subito!», poi sparì di nuovo. Un rivolo d'aria si insinuò nella piccola fessura della porta rimasta aperta, portava con sé odore di caffè e rumori di passi concitati.

Mira pensò di seguirlo. Le gambe glielo impedirono. Qualcosa le aveva legate. Le suole erano attaccate al pavimento.

Qualcosa, nei lineamenti di Xander, mutò: si ammorbidirono, persero quel senso di severità che tanto la infastidiva. «Devi andare.»

Certo che doveva. Solo che non poteva.

Una risata le uscì dal fondo della gola, le scosse il petto. Si coprì il volto con il palmo. «Se ci vado, i fulmini prendono il sopravvento. E poi addio tutto.»

«Puoi controllarlo,» le disse Xander. «Lo so che così vicino alla Tempesta sembra impossibile, ma...»

«Non lo so fare!» Un grido spezzato, che le diede il voltastomaco. Eppure non si trattenne. «Era questo il vostro vero piano? Mettermi fuori gioco così? Farmi scoprire nel più stupido dei modi?»

Xander rizzò la schiena in uno scatto, come se avesse subito un colpo. «Che senso avrebbe? Abbiamo fatto un accordo.»

Mira si aggrappò alla scrivania dietro di sé. «Non ti credo.» Incasso la testa nelle spalle, in attesa di un qualche pugno, di una spinta, di una gomitata, qualsiasi cosa.

Invece l'altro sospirò e basta. «Ascoltami. Non sarai sola. Ely e Altair arriveranno presto, devi tenere duro solo finché non saranno lì.» Per qualche motivo – che le fece salire i conati – la consapevolezza che Elettra e Altair sarebbero accorse la rilassò. L'acido nello stomaco le si raffreddò. «Usa le pillole,» continuò Xander. «Prendine più di una e dovresti essere a posto.»

Con cautela, Mira staccò un dito alla volta dalla scrivania. Annuì, la bocca piena di saliva. «Se non si presentano, tornerò qui a ucciderti.»

Il suono della sua risata sovrastò il lamento dell'allarme. Lei si godette il momento. «Affare fatto,» disse Xander. «Ora muoviti, o i tuoi compagni si insospettiranno.»

Mossi i primi passi verso i rumori concitati fuori in corridoio, Mira si bloccò. «Ci sarà il caos ovunque. Saremo tutti troppo impegnati con la cupola. Approfittane per portare McRaven fuori di qui.» Senza aggiungere altro, corse fuori.



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Una patina oscura aleggiava su Nuova Folk. I neon delle insegne lampeggiavano; i loro colori sgargianti, però, erano più opachi. Da oltre il finestrino, Mira osservava lo scenario in silenzio, le dita che si aprivano e richiudevano in una folle danza incessante.

La manciata di pillole ingurgitata prima di raggiungere Norton e gli altri l'aveva colpita dall'interno, uno sparo di pistola dritto fra le costole. Il cuore aveva smesso di battere per un paio di istanti. Aveva creduto di morire, si era aggrappata al muro. Eugene, passando, l'aveva aiutata a mantenere l'equilibrio.

Poi era passato tutto.

Con il vuoto nel petto, Mira si era accomodata sul sedile posteriore.

Senza la Tempesta, appariva tutto più smorto. Chissà se era stato così anche prima che le si risvegliasse, quando era poco più che una ragazzina. Se anche all'epoca vedesse tutto così grigio. Non se lo ricordava più.

Drake guidava a una velocità folle. Prese in pieno una buca, e la macchina sussultò.

Il ginocchio di Norton le urtò la gamba; le chiese subito scusa. Senza gli occhiali, perdeva la sua caratteristica aria misteriosa e diventava un uomo normale, un tipo qualsiasi. Nonostante le pistole nelle fondine, i guanti speciali alle mani e un fucile automatico in braccio, non emanava un'aura pericolosa, ma solo quella del vicino di casa gentile e responsabile.

Sul sedile del passeggero, Alex picchiettava il dito guantato contro il vetro. «Cosa dobbiamo aspettarci, di preciso?»

«Non lo sai?» Drake le lanciò delle veloci occhiate mentre sferzava il volante come se fosse in una gara.

«Dovrei?»

«Dovresti.» La stanchezza di Norton gli uscì dalle labbra in un sospiro. «Lo hai studiato in accademia, ricordi? Gli effetti della Tempesta?»

«Mi sa che non l'ho seguito, quel corso.»

«Impossibile,» rise Drake.

Mira chiuse gli occhi e appoggiò la fronte contro il finestrino, freddo. Se lo ricordava, quel corso. Se mai aveva seguito delle lezioni teoriche con un minimo di interesse, erano state proprio quelle. Era stata avida, allora, di informazioni sulla Tempesta, peccato fossero davvero misere.

Norton scosse la testa. «La Tempesta ha delle emanazioni, alcune innocue, altre no. Se la protezione della cupola si indebolisce troppo, ce le ritroviamo in città.»

Alex sporse il busto oltre il sedile. «E quindi? Dobbiamo eliminarle?»

«Eliminandole dovremmo indebolire la Tempesta per un po' e scongiurare il problema, almeno finché non troveremo un modo per rinforzare la cupola.»

Qualsiasi cosa disse Alex in risposta, il rombo di un tuono coprì le sue parole. Il bianco del lampo inglobò l'intera città dentro di sé; quando scomparve, apparvero loro. Drake frenò, e la macchina schizzò in avanti per ancora qualche metro prima di arrestarsi.

Della torre dove si era scontrata con Altair rimaneva solo lo scheletro. Fragile, si ergeva in mezzo al nulla, circondato dai resti delle sue mura in metallo, sparpagliati ovunque. All'interno brillavano tante piccole luci agitate. Si abbattevano contro ciò che ancora rimaneva in piedi della struttura, finché il fischio dei freni non colse la loro attenzione.

Mira sentì la gola stringersi. Si aggrappò alla portiera.

Le luci uscirono una dopo l'altra dall'edificio. Un intero esercito di creature fatte di fulmini.

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