L'ibrida si era volatilizzata.
Mira attese a lungo, prima di muoversi. Con la pistola stretta in una mano e le braccia penzolanti lungo i fianchi, fissava le strade dall'alto. Sopra di lei, oltre la cupola che proteggeva la città, i fulmini si abbattevano con una forza impetuosa. L'intera struttura tremava all'impatto. Le gocce della pioggia all'esterno la ricoprivano del tutto e, alzando lo sguardo, Mira non vide nulla al di là dei rivoli scroscianti.
Ogni fibra del corpo le fremeva in risposta all'elettricità della Tempesta. Chiuse appena gli occhi e l'odore bagnato della pioggia la colpì come una stilettata. Durò un attimo, poi gli smog della città tornarono a invaderle le narici, ma i battiti del cuore le erano accelerati. Non era mai stata fuori. Non aveva mai toccato con mano le gocce che cadevano. Eppure, ne era sicura, quello era proprio odore di pioggia.
Voleva uscire. Il fisico la pregava di spaccare la cupola e lasciare che la Tempesta entrasse a Nuova Folk.
L'energia prese a scorrerle lungo l'intero corpo, e lei emise un gemito. L'elettricità le percorreva le gambe, le braccia, la nuca, e le rizzava i capelli. Respirò a fondo una, due volte.
Doveva calmarsi.
Il potere se ne tornò con la coda fra le gambe negli anfratti più oscuri della sua persona. Scalpitava ancora, nel buio, ed emanava ondate di dolore che la sconquassavano dall'interno.
Non appena riaccese l'auricolare, il rumore statico la riportò alla realtà. «Ehi, ci sei?» le chiese Drake. «Mira?»
«L'ho persa,» rispose lei. Si agganciò la pistola alla cintola dei pantaloni, nella sua fodera, ora che non le serviva più. Non che le fosse stata molto utile quella sera.
«Cosa? Merda! Proprio adesso che siamo arrivati!»
Mira fece schioccare la lingua contro il palato e scosse appena la testa. Non lo voleva il loro aiuto. Spettava a lei affrontare la stronza platinata, a lei e a nessun altro dei suoi stupidi colleghi. Doveva fargliela pagare, distruggere la sua faccia di ceramica a suon di pugni.
Invece tutto quello che si ritrovò erano i fulmini che le si agitavano sotto pelle, i muscoli tesi, la pistola scarica e il sapore di sangue sulla lingua che si espandeva a causa del suo mordersi l'interno della guancia. Come se non bastasse, i suoi compagni sarebbero stati lì da un momento all'altro, a riempirla di domande inutili. Una vena sulla tempia le esplodeva al solo pensiero.
Si avvicinò al bordo del tetto. Al di sotto, l'asfalto brillava dei colori dei neon e la carrozzeria delle macchine parcheggiate. Mosse un passo nel vuoto e saltò giù. Richiamò i fulmini solo per un attimo e atterrò in punta di piedi, con le saette che le circondavano le caviglie; si dileguarono subito dopo, ma la pelle d'oca sotto la divisa restava.
I passi dei compagni echeggiavano nel buio della notte, e li sentì avvicinarsi prima ancora di vederli. Li attese, immobile. La sagoma di Drake comparve per prima, un gigante immerso per metà nel rosa delle luci e per metà nel buio. La pistola in pugno, correva verso di lei con la pesantezza di un elefante.
«Da che parte è andata?»
Norton e Alex erano proprio dietro di lui, nascosti dalla sua mole. Entrambi giravano la testa in tutte le direzioni, in cerca di una qualche pista.
Mira rivolse l'attenzione su Drake, quando finalmente lui si fermò di fronte a lei. «Non ne ho idea. È sparita e basta.»
«E da quando in qua gli ibridi sono pure dei maghi che si smaterializzano?»
Mira scrollò le spalle e reclinò il capo. Un nuovo tuono si abbatté sulla cupola, e quella parve tremare. I polpastrelli le prudevano. Incrociò le braccia sul petto, per impedire agli altri di notare il modo in cui l'energia le scuoteva le mani dall'interno.
«Quelli non finiscono mai di stupire.» Alex affiancò Drake. Poco più bassa di lui, dal fisico agile e slanciato, ricordava il gorilla che Mira aveva osservato con attenzione allo zoo, da piccola.
Quelli, li chiamava lei. Come se gli ibridi fossero creature inferiori.
«Ho gli aggiornamenti sulla vittima.» Norton rimaneva distante, con gli occhiali abbassati sul naso e il telefono appiccicato alla faccia.
«Ah, il tipo con i capelli pieni di gel.» Alex scacciò una mosca invisibile. « Era un pezzo grosso, no? Mi sembra di averlo visto in televisione qualche volta.»
«Presidente della S.d. Corporation. Un paio di anni fa è stato coinvolto in uno scandalo: una dei suoi impiegati, Paula Green, stava lavorando a un progetto segreto sulla costruzione di un marchingegno in grado di abbassare le difese della cupola.» Norton abbassò il telefono e si risalì gli occhiali con una spintarella. «Qualcuno mandò in giro delle dicerie che si rivelarono vere, ma i collaboratori si sono scusati pubblicamente e dissero che fu solo un errore.»
Mira ricordava quella storia. Era appena tornata da uno dei suoi turni di pattuglia e la notizia aveva fatto scoppiare il putiferio in televisione. Il giorno dopo in centrale non si parlava d'altro, mettendo in secondo piano anche gli annunci di cronaca nera che erano stati sulle bocche di tutti.
Drake ripose la pistola nella fondina. «E non li hanno arrestati?»
«Il punto è che non sono mai state trovate prove che volessero usarlo, e di fatto non c'è stata nessuna violazione della legge,» rispose Norton.
Alex emise un verso a metà fra un risolino e un grugnito. «Ma non l'hanno ammesso loro stessi?»
«Ma non hanno mai fatto nulla, perciò gli hanno solo tolto il marchingegno.»
«Cazzo, quasi mi sento in colpa per aver inseguito l'ibrida, allora.» Per quanto rilassati, i muscoli di Drake restavano gonfi. «Uno stronzo simile dopotutto è meglio non averlo fra le palle a fare altri casini.»
«È comunque una di quelli, quindi va catturata,» gli rispose Alex.
«Sì, però, cazzo! Fra i due, forse lasciar andare lei è il male minore.»
«La vera domanda, qui,» li interruppe Norton, «è perché un'ibrida come lei lo volesse morto.»
Alex si tirò su la manica della divisa. «Forse c'entra con tutta quella storia. Forse ci stanno riprovando.»
«Secondo voi, ci sono anche altri ibridi?» Lo sguardo di Drake incastrò quello di Mira. Di un azzurro innaturale, amplificato dal bagliore dei neon.
Lei era l'unica ad aver assistito alla scena, lei l'aveva inseguita, lei ci aveva parlato. Al momento, era la persona con più risposte, e non possedeva altro che domande. Evitò gli occhi di lui, si concentrò sullo specchietto penzolante di una macchina parcheggiata accanto al marciapiede.
«Sì, perché, insomma, è già abbastanza un casino se è una sola,» continuò Drake.
Norton infilò il telefono nella tasca dei pantaloni. «Non lo so, ma è inutile fasciarsi la testa in anticipo. Mira, tu torna a casa per stasera, sarai esausta. Drake, Alex, tornate di pattuglia, potrebbe rifarsi viva da un momento all'altro. Io nel frattempo farò altre indagini.»
«Agli ordini.» Alex ciondolò via, accompagnata da un Drake sghignazzante.
Mira si limitò ad annuire. Dubitava tuttavia che quella stronza dai capelli argentati fosse tanto stupida da combinare altri guai per quella notte. Il divertimento ormai era andato in fumo. Tanto valeva tornare a casa e lasciarsela alle spalle.
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«... ne sono consapevole. Ma, anche se la forza della Tempesta sembra crescere d'intensità, non dovete preoccuparvi. Abbiamo tutto sotto controllo. La cupola può resistere ad almeno dieci volte la sua potenza attuale.»
Mira entrò nel soggiorno avvolta nell'accappatoio, i piedi ancora umidi. Si tamponò i capelli biondi con attenzione, per non rovinarli. Fini com'erano, si strappavano con fin troppa facilità. Ne aveva già persi abbastanza alla fine dell'adolescenza.
Si lasciò cadere sul divano, di fronte al televisore. Era Brandon Valley in persona a parlare, col faccione paonazzo, abbigliato come un perfetto uomo d'affari. Nonostante le ore che truccatori e parrucchieri avevano sprecato per acconciarlo, alcune ciocche di capelli gli restavano sollevate ai lati della nuca, a mo' di corna.
Mira si allungò a prendere il telecomando accanto a sé, ma trovò solo il cuscino stropicciato. Imprecò e tastò ovunque per cercarlo. Doveva essersi rintanato fra i guanciali come al solito.
«E come facciamo a esserne sicuri? Non potete fare proprio niente per rinforzarla?» chiese il giornalista.
Brandon gonfiò il petto e assottigliò gli occhi. «Ripeto che non ce n'è alcun bisogno. Abbiamo tutto sotto controllo, Nuova Folk è in perfetta sicurezza.»
Nella calca di domande ripetitive degli altri giornalisti, lui continuava a guardare dritto in camera. Identico in tutto e per tutto al poster del suo omonimo padre che la madre di Mira teneva appeso sul muro del soggiorno. Forse anche per questo il suo brutto faccione le provocava i conati.
«Quali pensate possano essere le cause della crescita della Tempesta?»
Ah, ecco il telecomando.
Mira si abbassò per recuperarlo da terra e spense il televisore prima che Brandon potesse rispondere. Lasciò l'asciugamano sul tavolino di fronte a sé e si rilassò contro lo schienale del divano. Per quel giorno ne aveva abbastanza di tutte quelle puttanate.
Reclinò la testa. La solita macchia di muffa a forma di sedere sul soffitto appariva più grande del solito.
I muscoli delle gambe ancora le fremevano, eccitati dall'inseguimento. Il cuore le batteva all'impazzata nel petto. Il suo intero corpo era desideroso di sfogarsi. Voleva correre, sfrecciare nel vento, saltare, colpire... qualsiasi cosa.
Una scarica elettrica le percorse il braccio sinistro, dall'interno. Le rizzò i peli chiari e si protese in avanti, come attratto dallo schermo.
Mira accolse la sensazione e dischiuse le labbra per lasciar uscire un verso di piacere. Non poteva sfogare le energie e iniziare a saltare sui tetti di Nuova Folk come un'invasata, se l'avessero riconosciuta avrebbe passato dei guai seri. Rischiava l'esilio o peggio. Semplicemente far fluire l'elettricità lungo il corpo, sentire i capelli alzarsi verso il soffitto e quel magnifico brivido che le provocava, per il momento, le sarebbe bastato.
Si perse nei meandri di quella sensazione. I pensieri svanirono. Le preoccupazioni morirono. Tutto ciò che restava era solo estasi. Pura. Incontaminata.
Una melodia improvvisa la strappò dall'incantesimo. Sobbalzò bestemmiando, con il pugno che si richiudeva sul bracciolo del divano. Ne strappò il rivestimento e afferrò un pezzo dell'imbottitura. Quando si rese conto di quanto stava facendo, ormai era già troppo tardi.
Mira si alzò e andò ad afferrare quel fottuto telefono. Una chiamata da Norton. Quel quattrocchi non poteva proprio aspettare l'indomani.
«Pronto?» rispose, con un tono più aspro di quanto avrebbe desiderato.
«Mira? Ho delle informazioni utili. Stavo cercando le possibili persone che avrebbero potuto costruire il visore di quell'ibrida, e ho trovato un collegamento interessante.»
Il tono eccitato di lui le fece ribollire l'energia che ancora le scorreva libera nel corpo.
«La figlia di Paula Green risponde al cognome di McRaven, e a quanto pare crea tecnologie innovative. Gestisce un negozio, se così si può chiamare, è in un garage sulla Strada 66.»
«Vuoi che vada lì a farle qualche domanda,» concluse Mira al suo posto. Fece seguire la frase da un sospiro.
«Esatto. Puoi passare lì prima di venire a lavoro. Drake e Alex si occuperanno delle altre possibilità. Io intanto continuo a fare ricerche. Per ora non ho scoperto altro.»
«Ok.»
«A domani. Buonanotte.»
Mira riagganciò senza rispondergli. Era già tanto se non lo aveva mandato a fanculo.
Lanciò un'occhiata all'orologio digitale accanto al televisore. Erano le due di notte. Avrebbe fatto bene ad andare a letto se il giorno dopo sperava di svegliarsi in tempo per andare a lavoro.
Non si preoccupò di rivestirsi, gettò l'accappatoio sul pavimento e si coricò con nulla addosso.
Note:
La nostra cara Mira ha un caratterino un po' così xD E' una protagonista un po' fuori dalle righe, di sicuro non scoppia di bontà, ma fatemi sapere anche voi cosa ne pensate...
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