Vincere e perdere [3/4]

- Posso alzarmi? -

- Ana, prendila da sotto le ascelle e aiutala. Niente movimenti bruschi o tutto quello che ho fatto sarà stato vano. -

La ragazza si portò alle sue spalle e obbedì. Aveva le mani piccole ma sorprendentemente forti. L'aiutò a mettersi seduta e su indicazione di Il'ya le raddrizzò la schiena. Nemeria si sentiva tutta intorpidita e avvertiva un irritante formicolio agli arti, però il dolore era scomparso. Aprì e chiuse i pugni un paio di volte, sbattendo le palpebre finché la realtà non si riappropriò delle sue forme definite.

Si trovava di nuovo nel seminterrato, quello dove avevano rinchiuso lei e Kimiya la sera precedente. La luce filtrava attraverso la finestra sbarrata, illuminando quel che bastava affinché Nemeria potesse orientarsi. La sua compagna dormiva accoccolata su se stessa a ridosso del muro opposto, con la catena che le girava intorno al corpo e il collare di pelle usurato stretto alla gola.

- Il capo ha ordinato di legarla. - la anticipò Il'ya, lavandosi le mani con l'acqua rimasta, - Vedendoti in quello stato, ha cominciato a urlare e a dimenarsi. Ci sono volute un bel po' di ore prima che si calmasse. -

Nemeria si issò sui gomiti e Ana l'accompagnò, sorreggendola nell'eventualità che non ci riuscisse da sola.

- Ribadisco, fai piano. Ho fatto quel che potevo con quelle ossa, ma devi comunque prestare attenzione. -

- Non le hai ricostruite? -

Lo Jarkut'id scosse la testa: - Le ho ricomposte e rinsaldate con del ghiaccio abbastanza resistente, ma devi lasciare loro il tempo di guarire. -

- Ghiaccio? Non si scioglierà? -

- Solo fino a quando le tue ossa non si saranno rinsaldate. -

Nemeria annuì e dopo una breve esitazione mosse i primi passi. Un piede dietro l'altro, con Ana che la seguiva come un'ombra, si accostò alla sua amica e le si sedette vicino. Aveva i capelli scompigliati, pieni di nodi, e alcune unghie erano spezzate, sporche di terriccio e sangue annerito. Aveva ritirato le ginocchia sotto la tunica e da quella prospettiva Nemeria poteva vedere le bruciature sulle piante dei piedi, tanti piccoli soli cicatrizzati dal profilo frastagliato.

- Dariush ha fatto sapere qualcosa? -

- La sua donna è tornata dicendo che farete lo scambio stasera. - rispose annoiata Ana.

Nemeria la guardò in cagnesco: - Non è la sua donna. -

- Se la fotte e questo fa di lei la sua donna. - replicò indifferente, si grattò la nuca e schiacciò uno scarafaggio, - Non farei troppo la gradassa, fossi in te. Ieri ti avevamo avvertita di stare attenta a Zahra e tu ti sei fatta massacrare di botte come un'idiota. -

- Non è vero. -

- Se non fossimo intervenuti, avresti il cervello spappolato. - Ana si acquattò alla sua altezza e la inchiodò con lo sguardo, le iridi color antracite che si confondevano con le pupille, - Perché non hai usato le fiamme? -

Nemeria aveva la gola secca. Non sapeva cosa risponderle. Anche lei si domandava dove fosse finito il suo coraggio, la sua voglia di combattere. Quando era salita sul palco e si era trovata circondata dalla puzza di sangue e vomito con quegli uomini che urlavano in quel modo, non era riuscita a reagire. Non era davvero preparata ad affrontare Zahra. Non si aspettava fosse così feroce, agile, spietata. Fino a quando non l'aveva colpita, non aveva davvero realizzato che doveva combattere, e allora era stato troppo tardi.

Non ricevendo risposta, Ana fece spallucce e si avvicinò a Il'ya.

- Io vado a riferire al capo che la bambina sta bene. -

- Porta anche qualcosa da mangiare per tutti e tre. -

La ragazza assentì e, senza aggiungere altro, salì le scale. Kimiya si accartocciò ancora di più su se stessa e Nemeria le strinse la mano.

- Mi dispiace per quello che è successo ieri. - esordì Il'ya, avvicinandosi, - Zahra diventa una belva quando entra lì dentro. Non avresti avuto alcuna possibilità di vincere contro di lei in ogni caso. -

"Io domino il fuoco, avrei potuto contrastarla."

- Stasera tornerete dai vostri compagni, comunque, non dovrebbero esserci altri combattimenti di sorta. - la consolò e si sistemò accanto a lei, - Mi è concesso farti delle domande? -

Nemeria esitò. Il'ya non le sembrava cattivo, si era preso cura di lei e aveva anche provato ad avvertirla. Farci quattro chiacchiere poteva farle bene.

- Certo. -

- Qual è il tuo nome? -

- Nemeria. -

- Piacere, Nemeria. Io mi chiamo Il'ya. Anche se già lo sai. - abbozzò un sorriso e si appoggiò con un profondo sospiro alla parete.

Il sudore sulla fronte accentuava l'incarnato pallido, lo faceva sembrare ancora più stanco di quello che già era.

- È un nome strano il tuo. Non sei di qui. - considerò la bambina.

- Nemmeno tu, se è per questo. Una delle mie sorelle si chiamava come te. Me la ricordi molto. - sorrise e si protese appena verso di lei, - Anche se lei aveva i capelli bianchi come i miei. -

Nemeria si toccò istintivamente le ciglia e poi la testa. Non aveva più la bandana, chissà quando l'aveva persa, ma il tatuaggio non le sembrava infiammato. L'uomo intercettò il suo gesto.

- Mi sono occupato anche di quello, è stata una delle prime cose a cui ho pensato. -

- Sei stato gentile. -

- Il capo mi ha ordinato di curare le tue ferite, io mi sono premurato di controllare ogni cosa. Hai deciso di tagliarli perché avevi paura di prendere i pidocchi? -

- Sì. - rispose in fretta Nemeria.

- Capisco. -

Il'ya si passò una mano sul viso e si alzò nell'esatto momento in cui Kimiya tirò su la testa. Aveva gli occhi arrossati dal pianto e la guancia su cui aveva dormito era sporca di terra, ma quando mise a fuoco la figura Nemeria l'abbracciò così forte da toglierle il fiato.

- Co... così mi uccidi! - Nemeria finse di lottare per liberarsi, ma poi la strinse a sua volta, affondando il viso nella sua spalla ossuta, - È tutto a posto... sono qui. - mormorò commossa.

Kimiya però non la lasciò. Non smetteva di accarezzarla, di toccarle la testa, le spalle, le braccia, come se non capisse come potesse essere lì, viva. Quando si staccò, le posò una mano sulla guancia e appoggiò la fronte contro la sua, tremando, con le lacrime che le solcavano il viso.

- Sono qui. - ripeté Nemeria con più convinzione, - Tra poco ci verranno a prendere e potremo tornare a casa. -

Kimiya annuì e tirò su col naso. Tentò anche un mezzo sorriso, prima di rannicchiarsi contro Nemeria. Sembrava non essersi accorta della presenza di Il'ya, o forse lo ignorava di proposito.

Ana tornò qualche minuto più tardi con quattro pezzi di focaccia alle olive e origano e un'anfora più piccola. Con il suo solito tono di voce monocorde le avvisò che quello sarebbe stato il loro pranzo e che l'acqua dovevano farsela bastare fino a sera, ma Nemeria non vi badò. Aveva fame e si sentiva euforica, finalmente non più sola.

Kimiya saltava a ogni insetto che le passeggiava vicino e la sua coscienza ballava sempre sull'orlo del baratro, però quantomeno era più presente del giorno prima e, soprattutto, non era più arrabbiata. Nemeria non ce l'avrebbe fatta a sopportare ancora quello sguardo accusatore, non ne aveva né la forza né la volontà.

Mentre beveva l'acqua, riemerse un frammento di quello che aveva sognato. Piano piano, come se lo avesse richiamato, davanti ai suoi occhi si ridipinse il mare pieno di coralli, anemoni e luce. Le venne quasi da sorridere quando le parve di sentire la coda del cavalluccio marino stretta attorno al dito. Non sapeva esattamente come classificare quello che aveva visto – parlare di sogno era riduttivo, ma non le sembrava una visione di alcun genere –, però non aveva addosso la stessa sensazione di qualche sera prima, quando si era svegliata senza riuscire a ricordare quello che aveva sognato.

"Che sia una Condivisione?"

Fakhri ed Etheram gliene avevano parlato. Quando aveva acquisito il potere sull'acqua, sua sorella le aveva accennato che a volte, specialmente se non si era esperti Dominatori, poteva capitare che i sogni o i ricordi del malato e del guaritore si mescolassero, generando delle visioni ancora più strane.

Nemeria si massaggiò le tempie e lanciò un'occhiata di sottecchi a Il'ya. Lo Jarkut'id era seduto sugli scalini e stava conversando a bassa voce con Ana, eppure era sicura che lui la stesse fissando.

"Anche lui ha visto...?"

Scosse la testa e respinse quel dubbio in un angolo della sua coscienza. Non era certa di quello che fosse accaduto da un certo punto in poi, ricordava vagamente il buio e un'opprimente sensazione di pericolo, ma poteva immaginare cosa potesse aver condiviso con lui.

Si rannicchiò contro Kimiya e la sua amica le mise un braccio sulla spalla, arricciando le labbra in una smorfia buffa con la lingua di fuori. Nemeria si sforzò di sorridere e dopo un momento, quando cominciò a farle il solletico, quella che all'inizio era solo un accenno, divenne una vera e propria risata. Non era forte e nemmeno sguaiata, però bastò ad alleggerire il peso che aveva sul cuore. Ana e Il'ya le osservarono straniti, ma non commentarono.

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