Vincere e perdere [1/4]

Mai confondere una singola sconfitta con una sconfitta definitiva.

(Francis Scott Fitzgerald)

Il pubblico rumoreggiava, trepidava elettrizzato e feroce in attesa che il combattimento cominciasse. Erano tutti assembrati ai margini del palco, spettatori e combattenti, a uno o due passi dalle linee rosse. Persino l'arbitro si teneva a debita distanza.

L'odore di sudore, sangue, vomito e umidità era così intenso da farle girare la testa, le invadeva la gola e le narici privandola dell'ossigeno necessario per essere lucida. Zahra le girava attorno, fissandola con i suoi occhi di bragia, più rossi delle linee di delimitazione, più scuri del ferro ossidato. Nemeria la seguiva con la coda dell'occhio, i pugni ben alzati a proteggere il viso e i gomiti vicini al corpo. Non era brava a fare a botte, le poche volte che non era riuscita ad evitare il conflitto ne era sempre uscita perdente. Non era una guerriera.

- Cosa preferite? - Zahra aprì le braccia e incitò il pubblico, - Volete che la massacri a suon di pugni come semplice Alatfal'yl o volete che sfoderi il mio potere? -

- Potere! -

- Vogliamo vedere i Dominatori! -

- Ho pagato per vedere i Dominatori, non due mocciose che si prendono a schiaffi! -

- E sia. - sibilò Zahra suadente e si scrocchiò il collo.

Com'era successo quel pomeriggio, la pelle si spaccò e venne sostituita dallo strato di rocce nere, che, come creature piccole e indipendenti, presero a moltiplicarsi, sdoppiandosi e ammassandosi sulle mani fino a costituire dei guanti di pietra. D'istinto Nemeria indietreggiò.

- Hai paura? - Zahra riprese ad ancheggiare attorno a lei, gli occhi che brillavano nella semioscurità, - Non ti preoccupare, fiammella, non ti ucciderò. È contro le regole. -

Un altro passo indietro. Alcuni tra il pubblico fischiavano, sputavano insulti. Nemeria si sforzò di ignorarli e al tempo stesso tentò di ricordare le lezioni di lotta di Fakhri, le sue raccomandazioni, i suoi consigli.

Non vide arrivare il pugno. Si ritrovò a terra, la guancia contro la pietra e il sapore del sangue, del suo sangue, in bocca.

- Cazzo, che colpo. -

- Zahra, vacci piano o la rompi davvero. -

- Macché, continua così! -

La prima voce scoppiò in una risata sguaiata, e le altre la seguirono a ruota. Nemeria si puntellò sulle ginocchia, fece forza sulle braccia per mettersi a carponi e strinse i denti. Le faceva male tutta la faccia, ogni singolo centimetro di pelle era in fiamme.

- Sono sorpresa, pensavo non ti rialzassi più. -

Zahra l'afferrò per la spalla e la costrinse a inarcarsi. Il respiro era spezzato e la vista sfocata. L'unica cosa nitida erano gli occhi di Zahra e le sue labbra nere schiuse sui denti scheggiati.

- Di solito mando tutti al tappeto dopo il primo o il secondo colpo. È divertente vedere questi qui eccitarsi alle prime gocce di sangue. - commentò divertita.

Le unghie affondarono nel tessuto, lo bucarono e si aprirono la strada nella carne viva. Nemeria urlò, si divincolò, ma più si muoveva più la ferita si allargava, la pelle si slargava come un vecchio vestito.

- Potrei arrivare fino all'osso e strappartelo. Una volta l'ho fatto e il mio avversario ha smesso di venire agli incontri. Mi hanno riferito che adesso si sveglia di notte gridando e con il materasso bagnato del suo piscio. -

La sbatté a terra con violenza. Nemeria riuscì a non crollare di faccia solo perché ebbe i riflessi di mettere le mani avanti.

- Su, piccola fiammella, alzati. Sono tutti qui per te, per vedere il tuo potere e la tua potenza. - la spronò per poi volgere l'attenzione verso gli astanti, - Pubblico, fate sentire il vostro incoraggiamento, su! Non vedete? La nostra Dominatrice è timida, non vuole mostrarci di cosa è capace. Sono certa che se le farete sentire il vostro calore, si impegnerà di più. -

Qualcuno ridacchiò, ma poi un coro di incitazioni si levò alto. Il terreno cominciò a tremare sotto il battito sincrono dei loro piedi.

- Meno parole, più botte! -

- Non abbiamo pagato per sentire chiacchiere! -

- Piegala, rompila, spezzala! - risposero altri in coro,

Nemeria non sapeva se quell'incitamento era rivolto a lei o a Zahra. Riuscì a mettersi in ginocchio, poggiò il piede sinistro in avanti e fece perno sul destro per issarsi. Non si era ancora rimessa in piedi che Zahra la colpì con una ginocchiata alla bocca dello stomaco, tanto forte da sollevarla appena da terra. Nemeria sputò la poca aria che aveva in corpo e si accasciò di nuovo tenendosi la pancia. Uno spasmo e si accartocciò su se stessa, vomitando la cena.

Urla, fischi e risate si alzarono dal pubblico.

- Mi sporchi il palco così, fiammella. - la schernì l'avversaria.

Un calcio al fianco, e un altro e un altro ancora. Le prime costole scricchiolarono e infine cedettero di schianto. Il dolore accecò Nemeria, si diffuse come una scarica elettrica in tutto il corpo e la inchiodò a terra.

- Peccato che non hai capelli, sarebbe stato comodo usarti come straccio. -

Ridendo, Zahra le artigliò la nuca e la costrinse giù, proprio sulla pozza di vomito. Se avesse avuto altro nello stomaco, Nemeria lo avrebbe rigurgitato adesso.

Il pubblico ululava, batteva i piedi e le mani a ritmo, un marasma cacofonico di voci che si fondevano in una sola.

- Piegala, rompila, spezzala! -

Zahra allentò la presa e per un istante Nemeria pensò di avere una chance, di potercela fare. Non aveva nemmeno appoggiato i palmi sul pavimento che la mano si serrò di nuovo e la Dominatrice la sbatté la faccia contro la pietra. Già al primo colpo, il naso si ruppe e il sangue le si riversò in gola, caldo e denso come olio bollente. Le viscere si contrassero con violenza, ma tutto quello che poteva vomitare era già lì, sul suo viso e sui suoi vestiti.

“Non ce la faccio...”

- Usa il tuo maledetto potere, forza! -

La obbligò supina e si sedette sopra il suo bacino. La colpì sulle braccia, sul volto, sulla testa, accanendosi con una furia bestiale. Nemeria sentiva ogni pugno vibrarle nelle ossa, spaccandole i pensieri e strappandole le energie. Uno le ruppe lo zigomo e un altro due denti, li mandò in pezzi con una tale violenza che alcuni frammenti le si conficcarono nella lingua. La cisterna era sparita, non c'era altro che dolore e una cortina di nebbia rossa che oscurava ogni cosa.

- La bambina non è più in grado di difendersi, basta! -

La voce dell'arbitro era lontana, era come se provenisse da sotto l'acqua.

- Cazzo, fermatela, così l'ammazza! -

Un rapido rumore di passi, agitazione, caos. Un pugno le arrivò all'orecchio e i suoni si unirono in un fastidioso ronzio.

- Porca puttana, Zahra, ora basta! -

Qualcuno le pestò la mano, ma era solo una fastidiosa pressione in confronto all'incendio che era il suo corpo. La sua avversaria si dimenò sopra di lei, scalciò, ringhiò. Nemeria vide la sua ombra protendersi per colpirla di nuovo, ma altre due figure la trattennero e la trascinarono via.

“Sei debole, non potrai mai salvare nessuno.”

Quella considerazione squarciò per un istante il velo che le avvolgeva gli occhi. Era più dolorosa di tutte i calci, di tutti i pugni, di tutte le botte che aveva ricevuto. Si sarebbe abbandonata al pianto se solo le fossero rimaste le lacrime. Nemmeno la bile le era rimasta, solo il sapore acido del vomito mischiato al sangue.

Delle mani l'afferrarono sotto le ascelle e sotto i piedi. Quando la sollevarono da terra, senza quasi più la percezione di avere un corpo, Nemeria perse conoscenza.

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