Sfida contro se stessi[2/5]
- Eccola! -
Durga la investì e la avvolse in un abbraccio stritolante che quasi la scaraventò a terra. Noriko la raggiunse subito dopo, assieme ad Ahhotep.
- Dov'eri finita? Ti abbiamo cercato per un sacco di tempo! -
- Durga... Durga così mi uccidi. - rantolò.
La bambina la lasciò andare e le piantò addosso un broncio condito da un'espressione offesa.
- Ti sei persa il mio scontro, cattiva. - borbottò in tono lamentoso.
- Mi dispiace, è che non mi sentivo bene. -
- Sì, in effetti hai una brutta cera. - confermò Noriko, - Torna a sederti e bevi qualcosa. Stare nelle latrine non ti farà stare meglio. -
La prese sottobraccio e Durga fece lo stesso con Ahhotep. Nonostante la polvere su mani e ginocchia e il brutto livido all'angolo della bocca, era ancora piena di energie e non smise di saltellarle intorno e sciorinarle dettagli su come fosse andato il suo scontro. Quando tornarono sulle gradinate, Nemeria aveva un gran mal di testa.
- Durga, credo che Nemeria abbia bisogno di riposare, ora. -
- Ma non ho ancora finito di raccontarle tutto! -
Ahhotep mitigò la voce in un tono più accondiscendente: - Lo so, ma dovresti darle un momento per riprendersi. -
- Uhm... va bene. -
- Piuttosto, accompagnami a prendere qualcosa da mangiare. - indicò un carretto dall'altro lato, - Voi due volete qualcosa? -
- Fai tu. - rispose Noriko.
Quando Ahhotep e Durga si allontanarono, Nemeria tirò un sospiro di sollievo. L'aria di mezzogiorno era torrida e gli schiavi si erano già premurati di dispiegare il complesso sistema di corde e veli per ombreggiava tutta la cavea.
- Ricordati che ancor prima di essere gladiatori, siamo attori. - le disse Noriko.
Nemeria si umettò le labbra e si passò una mano sul collo. Il sudore le inumidiva la nuca e la piegatura delle ginocchia, incollandole la kandys alla scapole.
- Senan è stato gentile, però. -
- Tutti lo sono, specialmente quando vogliono qualcosa. -
- E cosa potrebbe volere Senan da me? -
Noriko sospirò. Seguì lo scambio di colpi tra i due nuovi sfidanti, un ragazzo imberbe e un altro più basso ma più muscoloso, che maneggiava un tridente. I tre rebbi si conficcarono con così tanta forza nel terreno da mandare l'avversario a gambe all'aria.
- Uno scontro contro un gladiatore che non combatte al meglio delle sue possibilità annoia il pubblico. Nella nostra ottica, è meglio perdere contro un avversario che ci mette in difficoltà, piuttosto che vincere contro una persona che a malapena si difende. -
Nemeria cercò Senan con gli occhi, ma era difficile individuarlo in mezzo a tutta quella gente.
- A me è sembrato sincero. -
- Te l'ho detto: siamo attori e lui è un Eoin'id che deve aver superato da un bel po' il secolo di vita. Ha avuto tutto il tempo per imparare a fingersi una brava persona. -
- Lui quindi era già un gladiatore? -
Noriko si terse il sudore con una mano.
- Potrebbe essere. Sicuramente non è un novellino come noi, penso te ne sia accorta anche tu. -
Nemeria non poté che concordare. Le pitture sul viso, le cicatrici e le mani callose erano tutti indizi di un passato ben preciso.
"Aveva qualcos'altro tatuato sulla schiena..."
Il piatto che apparve tra lei e Noriko richiamò bruscamente la sua attenzione.
- Allora, ho preso un po' di tutto. Questo è col pollo, questi con tacchino e questi ultimi qui nell'angolo sono con lo struzzo. Visto che non sapevo se avevate fame come me, mi sono fatta mettere anche un po' di lenticchie, fagioli e una manciata di fave per pulirvi la bocca. - Durga consegnò il piatto a Noriko e si sedette di fianco a Nemeria, - Ho preso anche la salsa allo yogurt e aglio, la toum, la tasia e l'hummus. L'hummus so che ti piace, ma le altre due puoi assaggiarle da me, se vuoi. -
Ahhotep arricciò il naso, l'espressione così disgustata che persino Noriko non riuscì a rimanere impassibile.
- A lei non piace l'aglio. - spiegò Durga, intingendo uno spiedino nella salsa allo yogurt, - Io invece lo adoro! Rende tutto più buono, come il sale. -
- Non penso ci sia qualcosa che non ti piaccia, a parte i sassi. - la rimbeccò Ahhotep.
Nemeria scoppiò a ridere e Noriko dovette intervenire dandole diverse pacche sulla schiena per non farla strozzare.
- E tu sei la solita schizzinosa. -
- Mai negato d'esserlo. -
Durga fissò dapprima lo spiedino, poi Ahhotep e poi Nemeria che cercava di recuperare un minimo di contegno. Tutta impettita, tirò su una grossa quantità di hummus con lo spiedino.
- Non c'è gusto a litigare con te. - borbottò.
- Più parli, più il cibo si fredda. -
- Va bene, va bene. - sbuffò e il ciuffetto di capelli si alzò e le ricadde proprio sul naso.
Nemeria prese uno spiedino e lo masticò con gusto. La carne era un po' bruciacchiata, ma era così tenera che quasi si scioglieva in bocca. Una gomitata la fece voltare e si ritrovò faccia a faccia con Durga, i denti affondati nello spiedino, gli occhi spalancati e il naso sporco d'una goccia di hummus. Rimase un momento perplessa, ma prima che potesse capire davvero cosa stava accadendo, la sua compagna si infilò entrambi gli spiedi nelle narici e si girò verso Ahhotep.
- Mai negato d'essere schizzinosa. - le fece il verso, allungando la "a" finale per alitarle addosso.
- Per Ahurmazd Heydar, cosa c'era in quella salsa... -
- Shono Ahhotep, la gladiatrice schizzinosa. -
In risposta, Ahhotep si tappò il naso e le mise una mano in faccia, mentre Durga rideva. E la sua risata strappò un sorriso a Noriko e contagiò Nemeria. Il dolore, un grumo pulsante di sangue e senso di colpa, si sgretolò e si sciolse in lacrime.
- Piangi perché Durga è stupida? - le domandò Noriko.
- Non shono shtupida! - ribatté e stavolta arcuò la lingua nel tentativo di toccarsi il naso, - Ahhhh, scappa! Il mio naso scappa! -
Nemeria rise più forte. Non sapeva nemmeno lei se era per Dariush o per quelle stupide facce buffe. E, sinceramente, non gliene importava molto.
- Se... se continui così il mio cuore esploderà. -
- Se esplode perché sei felice, va bene. - le prese le guance e gliele tirò su in un sorriso, - La mia mamma diceva che il riso può guarire anche le malattie più brutte. Quindi quando sei triste, devi ridere più forte che puoi, così il dolore andrà via e tu tornerai a stare bene. -
- È vero, lo dicevano anche al tempio. - disse Noriko.
Nemeria tossicchiò un paio di volte e tornò a mangiare. Anche se non aveva molta fame, vedere Durga mangiare con quella voracità le mise appetito e alla fine si prese anche qualche spiedino destinato a Noriko. Le poche volte che intercettò le occhiate preoccupate di Ahhotep, decise di ignorarle: la sua allegria era già in bilico, sarebbe bastato troppo poco per farla precipitare nel crepaccio che le aveva spaccato il cuore.
La giornata da quel momento proseguì lenta, scandita soltanto dagli scontri che si avvicendavano sotto i loro sguardi.
Senan fu uno degli ultimi a scendere in campo e non diede chissà che spettacolo, anche se Nemeria rimase colpita quando lo vide entrare nell'arena a petto nudo, mostrando un reticolo in rilievo di cicatrici e scritte nere, tatuate in una calligrafia elegante. A differenza di lei e Noriko, indossava delle cavigliere placcate in oricalco. Si misurò con un altro gladiatore, un uomo con il petto villoso e il collo taurino piantato in mezzo alle spalle come un chiodo nel legno. Non ci fu praticamente sfida: Senan era agile, schivava ogni colpo della sua shamshir con grazia felina, roteando in semi cerchi come se stesse ballando su una musica lenta che si velocizzava a ogni suo cambiamento di passi. Non appena il suo avversario cominciò ad accusare i primi segni di stanchezza, passò al contrattacco e, dopo nemmeno due scambi, lo disarmò e lo costrinse a terra. Non attese nemmeno che l'arbitro ne dichiarasse la sconfitta e subito imboccò l'uscita.
Al calar del sole, le guardie radunarono tutti i vincitori nel centro dell'arena. Adhara li chiamò uno ad uno e appuntò i loro nomi: dai trentadue che c'erano quella mattina, erano rimasti soltanto in sedici.
- Domani fatevi trovare all'arena come stamattina. - ordinò Koosha.
Tyrron le scoccò un sorriso più che compiaciuto. Nemeria ricambiò, più per dovere che per reale partecipazione. Gli avrebbe voluto chiedere come stesse Batuffolo, ma lui andò via scortato da un manipolo di soldati, assieme a tutti gli altri lanisti.
Ad attenderli al refettorio c'era la solita cena deludente a base di legumi, verdura e uova, niente a che vedere con gli spiedini che avevano consumato per pranzo, ma tanto bastava per mettere a tacere la fame.
Durga era ancora piena di energia e non smetteva di parlare, e mentre parlava gesticolava, con gli occhietti gialli che brillavano d'eccitazione ogni volta che raccontava i dettagli degli scontri. Nemeria non si capacitava da dove avesse tirato fuori tutta quella loquacità, quando lei desiderava soltanto buttarsi sul letto. Nel momento in cui Noriko propose di andare a dormire, colse la palla al balzo e, dopo essersi lavate, la seguì fino in camera.
- Vado a chiedere a Nande se ha qualche erba per conciliarti il sonno. -
- Ma non mi serve... -
- Ti serve, invece. La morte di Dariush ti ha sconvolta e rischi di non chiudere occhio stanotte. -
Nemeria annuì e rimase lì finché Noriko non tornò con un infuso di semi di papavero.
Quella notte si sedette vicino al focolare di Agni. Il suo calore tenne lontani i mostri, gli spettri e il profondo, tagliente senso di colpa.
La giornata seguente si trascinò con fatica fino a sera, quando Nemeria andò al tempio. Fino a quel pomeriggio non ne immaginava nemmeno l'esistenza. Lo aveva sentito nominare da un servo mentre rientrava dal suo scontro e per risalire alla sua collocazione le era stato sufficiente chiedere. Noriko l'aveva sentita, ma non aveva fatto domande quando, dopo essersi cambiata, Nemeria era uscita di nuovo.
Il tempio era un luogo angusto, una stanza quadrangolare dove la luce delle stelle e delle candele sfiorava le immagini della lotta di Heydar e degli Spiriti contro la Madre in rilievo sulle pareti. Le ombre le facevano sembrare vive, carne intrappolata nella pietra in cerca di una vita di fuga.
Nemeria prese un incenso e si inginocchiò davanti all'altare, sotto lo sguardo vigile di quel dio crudele, circondato dai suoi fedeli sudditi armati con lance e spade d'oro. Compose i segni dei cakra.
Si sentiva la testa e il cuore pesanti e quella pesantezza sembrava aver incancrenito ogni appendice del suo corpo. Quando si era scontrata nell'arena, il suo avversario era rimasto indefinito, anche dopo che l'arbitro ne aveva annunciato la sconfitta. Erano gli strascichi della malattia, la convalescenza del dolore.
Chiuse gli occhi e raddrizzò le schiena. Pregò per Altea e Hirad, che avessero una buona vita; per Kimiya, che trovasse la forza di opporsi alla crudeltà di Mina; per Chalipa e Afareen, che riuscissero a trovare la loro strada nel mondo esterno. Pregò per i gemelli e per Hami, che la vita gli fosse dolce.
Strinse la mano a pugno sul petto, dove un tempo penzolava la pietra di luna, e trasse un profondo respiro. Non c'era un'anima da vegliare o un corpo da vestire e lavare. Non sopravviveva niente, se non il ricordo di quegli ultimi istanti passati assieme nell'arena.
- Madre, nel tuo tramonto soggiace la pace dell'alba.
Tutte le cose sono effimere e la vita è vita solo se si può spegnere.
Anche se la mia anima tramonterà, io non ho paura
perché in ognuno cammina la morte
e colui che sempre scompare, sempre si incamminerà verso il cielo.
Madre, nell'ora più buia guida a te chi non ha più stelle. -
Rimase inginocchiata fino a quando l'incenso non bruciò del tutto e il formicolio alle gambe non divenne insopportabile. Indugiò sulla soglia del tempio, lo sguardo fisso sul viso impassibile di Heydar. Quasi per spregio, ripeté i segni degli otto cakra e poi uscì a passo di marcia.
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