La prima volta [3/4]

- Bevi, hai bisogno di idratarti. -

Noriko le porse un bicchiere di quella che, agli occhi di Nemeria, era acqua sporca. Sulla superficie galleggiavano dei semi verdi e qualcos'altro che non sapeva cosa potesse essere.

- Non è così male. Anche a me all'inizio non piaceva, poi però mi sono accorta che dopo mi sentivo di nuovo in forze. - si scoprì il braccio e contrasse il bicipite, tutta seria, - Se lo bevi tutti i giorni, diventerai forzuta tanto quanto me! -

- Sei davvero forte, sì. - rispose ed era davvero ammirata, perché Noriko aveva più muscoli di lei.

"Io somiglio a un insetto stecco."

Fissò con preoccupazione il bicchiere ancora un momento, per poi scolarselo tutto in un sorso solo.

- Com'è? -

- Cosa c'è dentro? -

- Cenere d'ossa, di corteccia e aceto. -

Nemeria arricciò il naso e assottigliò le labbra in una smorfia schifata. Il sapore dell'aceto si trasformò in quello del limone, era quasi dissetante. Se non fosse stato per l'aspetto, avrebbe apprezzato molto di più.

"Anche se non avessi saputo gli ingredienti."

- E voi bevete questo intruglio tutti i giorni? -

Durga annuì, risoluta: - Lo bevevo anche a casa di Tara, lei dice che mi farà diventare fortissima. -

- Tara è la lanista a cui appartiene. - la informò Noriko.

Nemeria annuì e decise di dedicarsi al suo pranzo, che consisteva in pane nero ai semi di finocchio, due uova sode e pasta con radicchio e carciofi. Anche se aveva fame, si obbligò a non fiondarsi sul cibo, non tanto perché credesse a quello che le aveva detto, ma Noriko era proprio davanti a lei e sapeva che la teneva d'occhio.

"A Durga non dice niente però."

Il suo sguardo fu attirato dalla compostezza con cui Ahhotep mangiava. Teneva le spalle dritte, i gomiti bassi e masticava ogni singolo boccone come se fosse l'ultimo, senza però la foga di un affamato. Sembrava farlo a forza e, ogniqualvolta Durga la pungolava dicendole che era davvero lenta, lei si limitava a un lieve sorriso, una sorta di increspatura delle labbra elargita per metterla a tacere. Quando si accorse d'essere osservata, Ahhotep appoggiò la forchetta a lato del piatto e inclinò la testa nella sua direzione, piantandole addosso uno sguardo che la raggelò. Fastidio, disagio e rabbia, tanta, tanta rabbia: nel ventaglio di emozioni esibite, il rosso scarlatto della collera risaltava tra tutte.

- C'è qualcosa che non va? -

- N-no... no. -

Le dita sottili di Ahhotep si erano allungate verso la forchetta e ora la impugnavano come un'arma. Durga fece scattare la testa da una all'altra, ignara di cosa stesse succedendo. Sebbene non riuscisse a vederla con chiarezza, la tensione che emanava da Noriko le graffiava comunque la guancia e il braccio.

- 'tep, non fare la cattiva... -

- Mi stavo solo chiedendo perché la nostra nuova amica - calcò su quella parola con un'enfasi fastidiosa, - continua a fissarmi senza dire nulla. Ho forse qualcosa fuori posto? -

- N-no, ecco... volevo sapere se finivi la pasta. Mi sembrava che non ti andasse più, ma non sapevo come chiedertelo. - improvvisò.

Era più che sazia, in realtà, ma non le era venuto niente di meglio in mente.

Ahhotep la squadrò con un cipiglio diffidente. Nemeria trattenne il respiro.

- Se proprio ci tieni, prendi. - le porse il piatto, per metà intatto, - Per me era troppa. -

- Ti... ti ringrazio. -

Una risata isterica le premeva da dietro le labbra e ci volle ben più di un boccone per dissiparla. Noriko, davanti a lei, piluccò il pane in silenzio. A Nemeria non era sfuggito il modo con cui aveva guardato Ahhotep, un'impassibilità più affilata di un'ascia.

- Andiamo, prima che Sayuri si innervosisca. -

- Sì, vero, l'ho conosciuta soltanto oggi e mi sembra una che si arrabbia tanto. - commentò Durga.

Nemeria abbandonò volentieri il piatto di pasta. Ahhotep fu l'ultima ad accodarsi e si mantenne a distanza, dieci passi indietro rispetto a loro. Nel suo sguardo non era rimasto altro che l'arida desolazione del vuoto.

Non fecero in tempo a raggiungere il portico che i soldati le circondarono. Durga andò a nascondersi dietro Ahhotep e si portò il lembo della sua tunica al viso, come se avesse il potere di farla sparire.

- Nemeria, vieni con me oggi. -

La formazione si aprì, permettendo alla scorta di Tyrron di farsi avanti.

- Ma devo andare alla lezione di Sayuri. - obiettò disorientata Nemeria.

L'uomo schioccò la lingua e accantonò la questione con un gesto brusco della mano.

- Ti porto a vedere qualcosa di più istruttivo. Non ti preoccupare, poi le riferirò che sono stato io a rapirti. -

Nemeria guardò le altre, in attesa di non sapeva nemmeno lei cosa. Le dispiaceva e si sentiva anche un po' in colpa ad abbandonarle tra le grinfie di Sayuri, che, poco ma sicuro, non avrebbe gradito il loro ritardo. Ma in fondo non era colpa sua, no?

- Dai, muoviti, lo spettacolo comincia tra poco. - si rivolse ai soldati, - Rimanete qui, siete troppo ingombranti. Morad, con me. -

- Sissignore. -

- E tu, corri a farti cambiare la fasciatura, sia mai che ti venga un'infezione e ti devo tenere a letto altre tre settimane. -

Nemeria esitò. Il solo pensiero di uscire di nuovo fuori e di essere seguita dal predone la strappava il respiro, ma non aveva scelta.

- Cosa stai aspettando? -

Gli occhi di Tyrron le agguantarono il cuore. Nemeria deglutì, paralizzata da quello sguardo indagatore.

- Nulla, avevo solo male alle gambe. - blaterò e schizzò in infermeria.

Quando riferì a Nande che era stato Tyrron a spedirla lì, la donna si mise subito al lavoro. Agì con destrezza, prendendo gli impacchi e i vasetti senza neanche guardare e il suo tocco gentile le procurò un dolore sopportabile, che non le faceva contrarre la mandibola e stringere le palpebre.

- Stasera torna da me, va bene? A qualsiasi ora, è essenziale tenere quei tagli puliti. -

Nemeria annuì e si precipitò giù dalle scale. Quando tornò nel cortile, Tyrron stava masticando una striscia di carne essiccata. L'occhiata che le lanciò, fu più che sufficiente a mettere a tacere qualsiasi latente sentimento di ribellione.

- Ma... ma quindi usciamo dalla scuola? -

- Andiamo all'arena. - le rispose Morad.

- Ah. E perché? -

- Te l'ho già detto, dobbiamo vedere lo spettacolo. - le guardie aprirono immediatamente le porte a un cenno di Tyrron, - E i gladiatori non aspettano certo noi. -

Proseguirono per un po' sulla stessa strada del giorno prima e poi deviarono su una via ampia, dove le case non erano altro che blocchi di pietra bianca ammassati gli uni sugli altri senza criterio. Nemeria si teneva ben vicina a Morad e alla sua spada di oricalco. Stava diventando paranoica, se ne rendeva conto, però il pressante pensiero di essere seguita, che il predone la stesse pedinando nascondendosi tra la folla, la faceva tremare.

"Non ti ha attaccato la volta scorsa, non lo farà nemmeno ora."

In lontananza, come un colosso in mezzo alle formiche, si stagliava l'arena. Quattro piani di travertino per centocinquanta piedi d'altezza, con le chiavi d'arco ornate con i busti di divinità, era una struttura così maestosa da lasciare Nemeria a bocca aperta. La luce rimbalzava sui clipei bronzei e sgattaiolava all'interno attraverso le finestre ovali, contornate da una cornice di mosaico smaltato che cesellava le mensole sporgenti, nelle quali erano alloggiati dei pali di legno.

- Sai cosa rappresentano? -

La bambina ci mise un momento a capire che la domanda era rivolta a lei.

- È la prima volta che li vedo così da vicino. -

- Se non ti avessi comprato qui, direi che tu a Kalaspirit non ci hai mai vissuto. - Tyrron indicò la statua più alta, quella che pareva sorvegliare la strada, - Da sinistra a destra a partire da quella: Heydar, Siddhi, Mahendra, Vajra, Priti, Jyeshta, Harshana, Chitra, Vriddhi.-

"Arsalan mi aveva detto che i mortali erano complicati."

Era una cosa che non aveva mai capito. Con così tanti dei, come facevano a decidere a chi rivolgere le loro preghiere?

Saltarono la fila, lasciandosi alle spalle una folla strepitante e stipata, e le guardie li lasciarono passare senza obiezioni. Presero posto sui gradoni del secondo settore, proprio nel bel mezzo. Sopra le loro teste, a schermarli dal sole, erano stati distesi dei veli in canapa che coprivano tutta la platea e una parte dell'arena stessa. Da dove si erano seduti, si potevano vedere i seggi di legno della prima fila e la balaustra del podio, dove erano stati iscritti diversi nomi. Alcuni seggi erano già stati occupati da uomini vestiti con abiti eleganti e donne ingioiellate e agghindate con pesanti tuniche rosse, rosa e blu. A dividerli dal resto del pubblico c'era un basso muro di mattoni rossi.

- Quelle davanti sono le famiglie nobili della città, hanno i posti già assegnati e un cuscino per il loro regale culo. Possono godersi le loro divertenti conversazioni anche alcuni membri del Consorzio, che stanno lì per sventare i possibili colpi di testa dei gladiatori più ribelli. Visto che il podio e la balaustra, nonché i muri dell'arena stessa, sono fatti in oricalco, si godono lo spettacolo dalle prime file pur non avendo sangue nobile. - le sussurrò Tyrron all'orecchio, scatenando la risatina di Morad, - Sul palco alla tua destra ci dovrebbe essere il sultano, viene qui abbastanza spesso, anche se non si ferma mai molto. Adesso siede il governatore con la famiglia e il suo consigliere. È un amante delle corse dei cavalli, ma non disdegna gli spettacoli gladiatori. Ha avuto solo un preferito, un ragazzino che si è trasformato in Jin circa sette settimane fa. -

Nemeria non riusciva a vederlo bene da dov'era, erano troppo in alto, però era impossibile ignorare le vesti sgargianti che, anche da così lontano, attiravano l'attenzione.

Quando le trombe squillarono, quello che Nemeria presunse essere il banditore si sporse dagli spalti più bassi e aprì le braccia. La folla si zittì.

- Che entrino i gladiatori! Signori, sedetevi e godetevi lo spettacolo! -

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