Il Nome nel Buio [3/4]
Arrivarono a un promontorio, un artiglio di pietre nere e aguzze che fendeva le acque. Alcune piante, per lo più rampicanti pelosi con foglie piccole e spesse, ne avevano colonizzato la sommità, mentre le sponde ripide erano diventate il territorio dei cirripedi.
L'Alta Sacerdotessa levò verso il cielo il bastone degli Spiriti. I tatuaggi vennero percorsi da una scarica di blu intenso che si sprigionò dagli occhi in un'aura azzurra. Gli spruzzi delle onde si fermarono a mezz'aria, il tempo del battito d'ali di una farfalla, e poi si ritirarono, aprendosi in un sentiero che percorreva il fianco del promontorio fino alla punta dell'artiglio.
Nemeria sgranò gli occhi. Al suo fianco, Etheram si concesse una bassa risata.
- Chiudi la bocca o si riempirà di sale. - la canzonò con tono bonario.
L'Alta Sacerdotessa si voltò verso di loro e le scrutò tutte con i suoi occhi bianchi e senza luce, prima di avviarsi.
L'acqua costituiva delle mura di un intenso blu cobalto che pareva grondare su uno specchio di vetro trasparente. Incredula, Nemeria le sfiorò con le punta delle dita. Sebbene fosse un sogno, quella sensazione le parve vera, concreta. Ma forse, pensò, era tutto frutto della sua percezione distorta da quella continua immedesimazione e alienazione dalla se stessa in quella dimensione.
- Non rimanere indietro. Il bello deve ancora venire. -
Etheram la prese per mano e la tirò appena per esortarla a muoversi. E Nemeria la seguì, così come aveva davvero fatto.
Nonostante la sua esitazione, era tutto nei tempi. Battute, eventi e gesti erano tutti costretti dall'ineluttabilità del passato.
Il sentiero deviava appena e si connetteva con una mezzaluna sabbiosa. L'Alta Sacerdotessa descrisse un semi arco davanti alla parete di roccia e le pietre ruotarono su loro stesse in una sincronia perfetta e fluida, rivelando un pertugio nascosto. Quindi si incamminò all'interno, seguita dapprima dalle Anziane e poi, solo quando della sua figura non rimase altro che il bagliore latteo dei tatuaggi, dalla prima delle Jinelle, una ragazza con i capelli corti e quasi bianchi legati in trecce aderenti alla testa. Il suo nome era Asa, ricordò Nemeria, ed entro due anni sarebbe diventata una delle Anziane più giovani.
La grotta era umida e odorava di salsedine e alghe. La sabbia non era calda e friabile come quella del deserto, ma compatta e fredda come la terra dopo un temporale. Tuttavia, l'inquietudine era svanita, spodestata da una sensazione di appartenenza e pace interiore che Nemeria non riusciva a spiegarsi. O meglio, la se stessa fatta di sogno non ne trovava la ragion d'essere, perché invece Nemeria sapeva a cos'era dovuta. Nonostante tutto, quando la vide, la sorpresa fu reale come la prima volta.
La pietra era alta poco più di due braccia, di un nero assoluto, come la tetra oscurità che ammantava gli angoli più remoti della stanza, irraggiungibili dalla luce del bastone degli Spiriti.
L'Alta Sacerdotessa e le Anziane si erano già inginocchiate. Non si voltarono quando Asa e tutte le altre si fecero il segno dei cakra prima di fare altrettanto. Nemeria imitò i gesti da dietro.
Una C con la falce a destra tra coccige e pube: Muladhara.
Palmo aperto sotto l'ombelico: Svadhisthana.
Una C con la falce a sinistra poco sopra: Manipura.
Mano di taglio sul cuore: Anahata.
Mignolo dritto, pollice opposto e le altre dita piegate: Vishuddha.
Pollici sulla fronte e le altre dita con le falangi congiunte: Ajna.
Mano a coppa verso l'alto: Sahasrara.
Pugno chiuso davanti agli occhi: Samagrata.
Dai tempi in cui le Jinian vivevano tra i mortali, quello era l'ultimo luogo di culto dello Spirito del Fuoco sopravvissuto alla devastazione. Ironico, pensarono entrambe le Nemeria, che si trovasse affacciato sul mare.
Perchè è chiamato anche "colui che si veste del mare".
La risposta di Etheram si era infilata tra i suoi pensieri come un sussurro, come se anche quella conversazione mentale fosse un affronto. Ma Nemeria voleva sapere, riesumare dalla cenere della memoria i tasselli di quel discorso che erano andati perduti nello scorrere impietoso degli anni.
"Gli elementali hanno davvero dei nomi?"
Sua sorella socchiuse le palpebre e spostò lo sguardo a destra e a sinistra per assicurarsi che nessuno le stesse guardando.
Tutto ha un nome. Esiste quello che ci viene attribuito dagli altri e che varia da luogo a luogo, da lingua a lingua. E poi c'è quello più importante, il Nome nel Buio, l'unica parola che descrive l'essenza profonda e veritiera di ogni cosa.
"Tu conosci il tuo?"
Sì, è stata la prima cosa che ho appreso, assieme a quello del mio elementale. Quando ti saranno rivelati, comincerai il tuo Primo sentiero.
"E quello dello Spirito del Fuoco? Lo conosciamo?"
L'Alta Sacerdotessa si alzò e l'aria intorno a lei divenne immobile. La luce si fossilizzò in un alone opaco che ingrigiva nel nero agli angoli della stanza. Tutte le donne rimasero pietrificate ai loro posti.
Nemeria avrebbe dovuto sentirsi spaventata, e una parte di lei, quella che dormiva nella scuola accanto a Noriko, lo era. Ma ce n'era un'altra che intuiva non esserci niente di cui preoccuparsi.
L'Alta Sacerdotessa posò una mano sulla pietra e il suo sguardo la colse subito, anche se era tra le ultime file. Quando parlò, i tatuaggi e gli occhi si accesero di una luce rossa, viva.
- Io sono colei che nasce delle acque. Sono Davagni, il fuoco che brucia il legno; Vadavagni, la fiamma che illumina l'ingegno; Jatharagni, l'incendio che divampa e distrugge. Ma il mio vero nome, Cuore di Fuoco, figlia di Chandra, è Agni. -
Nemeria si svegliò che il sole era appena sorto. Scorse l'ombra di Noriko che si vestiva piegata sul letto. La osservò con la mente ancora intorpidita dal sogno. Si passò una mano sul viso, si massaggiò le palpebre e poi, in uno sprazzo di vitalità, si mise a sedere.
"Agni... come il mio elementale."
Non sapeva che pensare. Poteva essere una coincidenza che avessero lo stesso nome. E Chandra? Chi era?
"L'ha menzionata anche l'Alta Sacerdotessa, prima di morire."
- Strano che non ti abbia dovuta svegliare io. - commentò Noriko.
Nemeria si passò le dita tra i capelli. L'unica cosa buona dell'averli ancora così corti consisteva nel fatto che non doveva preoccuparsi di pettinarli.
"Non ci sto capendo più nulla."
Si impose di mantenere la calma. Spostò la matassa di pensieri sconclusionati in un angolo della mente e focalizzò la sua attenzione sull'intavolare un abbozzo di conversazione. Mai come prima d'allora le sembrò difficile trovare le parole giuste per le domande di circostanza mattutine.
- Hai dormito bene? -
- Sì. Stanotte non ti sei mossa molto. -
- Tu, invece? Come ti senti? -
- Ho fame. Quando ero in infermeria ho mangiato sempre la solita zuppa d'avena. -
Noriko strinse la cintura poco sopra la vita, in modo da fermare il chitone. Prese quello che aveva usato per dormire e lo piegò sul letto, prima di infilarlo nell'armadio. Invece di chinarsi, si inginocchiò all'altezza del cassetto.
- Non che la nostra dieta sia molto variegata. - puntualizzò Nemeria con una smorfia.
- Vero, ma almeno cambia da giorno a giorno. -
Batuffolo si girò a pancia all'aria e si sgranchì le zampe nel sonno, per poi rotolare di fianco. Nemeria si apprestò vicino alla sua cuccia e lo grattò tra le orecchie e sotto la mandibola, affondando appena le dita nel pelo.
- Noriko, ascolta... che tu sappia, a parte noi, chi altri ha accesso alle nostre stanze? -
- A parte i servi e Koosha, nessuno può accedere alle camere. Nemmeno i lanisti. Perché ti interessa? -
- Curiosità. -
- Pensi che sia uno di loro a occuparsi di Batuffolo? -
Nemeria si dedicò a fargli i grattini sulla pancia. Il caracal si dimenò nel sonno e poi le afferrò la mano con entrambe le zampe, mentre faceva le fusa contento. Il biglietto era ancora lì, nascosto sotto il materasso, poiché si era completamente dimenticata di buttarlo. Non che la preoccupasse molto: se era sempre la stessa persona a occuparsi della sua stanza, e anche se lo avesse trovato non ci sarebbero state ripercussioni.
"Potrei provare a scrivergli anch'io un biglietto, magari per sapere il suo nome..."
- Nemeria? -
- Ah? -
Noriko sospirò e ripeté: - Volevo solo sapere se pensi che sia uno dei servi a occuparsene. -
- Se mi dici che solo loro possono, non può essere altrimenti. Anzi, considerando che ancora non è successo nulla, credo che potrebbe essere la stessa persona. Tyrron non ha avuto il tempo materiale di parlare con Koosha, mi ha detto Morad. -
- Non sarebbe strano: ogni servo si occupa di un'ala della scuola. Comunque, anche si venisse a sapere, dubito che verresti punita. Il massimo che può accadere è che Tyrron debba sborsare dei soldi per aver infranto le regole. -
- E Batuffolo? -
- Non so, dipende da come Koosha decide di gestire il tutto. -
Quello non fece sentire meglio Nemeria. Indugiò in una carezza sotto il mento e poi seguì Noriko fuori fino al refettorio. Al solito tavolo le attendevano sia Durga che Ahhotep, entrambe già intente a consumare la colazione a base di fichi secchi, pane, miele e la sagina, una zuppa d'orzo con lenticchie bagnata con vino acetato. A Nemeria non piaceva granché, ma sapeva che se avesse deciso di non mangiare, non sarebbe arrivata nemmeno a metà della mattinata.
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