Capitolo 8
-Cos'è successo a Luke?- Il panico mi investì e la stanza sembrò richiudersi su di me, come in quel film horror che non avevo mai voluto vedere proprio per le pareti che si stringevano sui protagonisti.
-Sta bene, più o meno. Vai pure- Portò la sua mano bianca al mio viso e asciugò una lacrima di cui non mi ero accorta. Gli sorrisi e scostai le coperte dalle mie gambe, per poi alzarmi con troppa fretta. Il movimento mi causò un leggero capogiro e Michael fu costretto a sorreggermi. Solo in quel momento mi resi conto che teneva in mano un bicchiere e me lo passò, incitandomi a berne il contenuto. Fui tentata di rovesciarglielo addosso, dopo tutto aveva ucciso due persone e io non potevo essere sicura che avrebbe saputo trattenersi con me. Che cosa, in fin dei conti, mi rendeva così speciale da non essere uccisa a sangue freddo come aveva fatto con quei ragazzi? Roteò gli occhi impaziente, si stava alterando di nuovo e non potevo -ne volevo- permettere che si arrabbiasse. Affidai la mia anima a un Santo in Paradiso e deglutii il contenuto del bicchiere. Mi rimisi in piedi e Michael sorrise soddisfatto.
-Ci vorrà un po' perché ti rimetta in sesto al cento per cento, ma almeno adesso ti reggi sulle tue gambe- Si alzò e mi lasciò sola con i miei pensieri. Potei finalmente prendere coscienza degli spazi intorno a me, del mio borsone abbandonato in un angolo, delle mie scarpe slacciate ai piedi del letto, dell'odore di chiuso che impregnava l'aria della stanza. Ne varcai la soglia dirigendomi in cucina e, ignorando completamente i dettagli di quella casa che non vedevo da troppo tempo, cercai con ansia il volto di mio fratello. Come da copione, lo sentii imprecare dalla cucina e per quanto debole fossi lo raggiunsi di corsa. Gli saltai al collo e lo strinsi forte a me, come se avessi paura che potesse sparirmi dalle dita. Gemette di dolore e mi staccai preoccupata, il suo viso presentava i segni della lotta. Non era solo stanco e affaticato, ma aveva il labbro spaccato e c'era qua e là del sangue incrostato, soprattutto intorno al sopracciglio destro. Era stato tagliato di netto, come se avessero voluto lasciargli un segno indelebile. Quel taglio sarebbe rimasto, come a confermare che loro potevano fare tutto ciò che volevano e segnarti per sempre. Solo molto dopo avrei capito che quell'interruzione a metà sopracciglio sarebbe stato niente in confronto a quanto avremmo subito. Sollevai un dito e accarezzai la ferita, la quale si rimarginò magicamente. Rimasi in silenzio, non c'era niente da dire, e guardai le mie mani. Ancora una volta avevano dato vita a un evento che non avrei mai ritenuto possibile e che si erano rivelati miracolosi. O spaventosi.
-Non farlo più, non devi usare l'acqua curativa- Mio fratello sibilò e quel suono fu fastidioso per diversi motivi. Lasciai perdere solo perché il sollievo del suo ritorno era nettamente maggiore alla mia rabbia nei suoi confronti.
-Come stai?-
-Bene, diciamo- Il suo viso si piegò in una smorfia di dolore quando sfiorai accidentalmente il suo fianco. Volevo sapere tutto, ogni singolo dettaglio, di quello che aveva dovuto passare per difendermi.
-Cos'è successo?-
-Non credo sia una buona idea che tu sia messa al corrente di quanto accaduto- Se non fosse stato ferito avrei dato di matto. Quanto ancora ci sarebb voluto perché capisse che non avevo più due anni e che le cose che mi riguardavano direttamente dovevano essermi riferite?
-Posso almeno sapere quanti erano?- Avrei voluto aggiungere un'altra domanda, ma mi spaventava. Non volevo sapere se anche mio fratello fosse un assassino. Dover digerire che il ragazzo che sembrava essere l'unico a trattarmi come una persona e a prendersi dolcemente cura delle mie sensazioni fosse in realtà uno spietato killer era già abbastanza.
-Tre. Erano dei veri ossi duri, non credevo che sarei riuscito a farcela- Biascicò sedendosi sulla sedia. Il suo dolore fisico era espresso a chiare lettere sul suo viso, le sue espressioni trasmettevano tutto quel male che avrei voluto far mio. Avrei potuto sopportarlo, al contrario di quella scena.
-Vedo se abbiamo portato qualcosa per medicarti- Mi allontanai tornando nella mia stanza e cercai tra gli zaini quello che mi serviva.
Tornai da lui con tutto l'occorrente e inzuppai un batuffolo di cotone, per poi passarlo con più delicatezza possibile sulla pelle martoriata di Luke. Qualche volta strinse gli occhi e i denti, mi dispiaceva fargli male in quel modo, ma era anche l'unico per evitare un'infezione. Quando terminai il processo di disinfezione applicai un cerotto sullo zigomo di mio fratello. Fui anche tentata di spalmargli un po' di burrocacao sulle labbra, ma mi convinsi che se ci avessi provato Luke avrebbe con tutte le buone probabilità cercato di uccidermi. Mi limitai dunque a rimettere in ordine e poi domandargli se avesse fame. Cucinare mi aveva sempre rilassato abbastanza da non avere una crisi di nervi.
Avevamo cenato in religioso silenzio, nonostante gli sguardi tra Michael e mio fratello e i miei pensieri facessero un baccano insopportabile. Mentre loro sembravano intenti a parlarsi con gli occhi, io combattevo la crescente nausea causata dalla morte dei due giovani quel pomeriggio. Sapevo di non essere stata io ad ucciderle, sapevo anche che non avrei potuto fare niente per impedirlo, ma era inevitabile sentire i brividi graffiare con prepotenza la mia schiena. Da un lato c'era il sapore amaro di un omicidio a cui avevo assistito, dall'altra... Dio, ero terrorizzata. Erano arrivati alla mia città, alla mia scuola, fin dentro casa mia. Che cosa ne sarebbe stato dei miei amici, se ne avessi avuti? E la mamma?
-Luke? La mamma! Dobbiamo avvisarla, Irwin e Hood potrebbero farle del male, dobbiamo tornare indietro!- Parlai così d'improvviso e freneticamente che feci sobbalzare i due ragazzi. Come potevo aver dimenticato quel particolare? Non poteva accadere nulla alla mamma, non me lo sarei mai e poi mai perdonato.
-Non preoccuparti, sa già tutto- Sgranai gli occhi e sentii lo stomaco rivoltarsi. Anche mia madre era a conoscenza dei fatti e me ne aveva tenuto all'oscuro.
-Che cosa significa?-
-Ti ho detto che saprai tutto a tempo debito e non è adesso. Mamma non è in pericolo, sta' tranquilla- Desiderai potergli urlare in faccia che no, non sarei stata tranquilla solo perché me lo cheideva. Volevo dirgli che avevo bisogno di sapere tutto e subito, che era sbagliato tenermi in un angolo mentre ogni tassello della mia vita finiva per deformarsi e non far più parte del puzzle. Volevo tutte quelle cose, ma non avrei potuto averne nessuna perché mi sentivo troppo in colpa per quello che aveva dovuto affrontare per proteggermi.
Luke troncò come al solito il discorso e si alzò una volta finito di cenare, facendomi sentire come sempre completamente tagliata fuori. Michael si mise a sparecchiare, ma lo fermai avvalendomi delle ore che aveva passato a guidare. Non ero certa che si fosse bevuto la favoletta di una Kresley premurosa, ma non disse nulla e lasciò la cucina nelle mie mani. Impiegare la successiva ora e mezza a rassettare la stanza e cercai di concentrarmi solo sul movimento meccanico delle mie mani sul piano cottura. Fuori dalla finestra c'era solo il buio e non riuscivo a distinguere nulla all'infuori del mio riflesso sul vetro. Mi abbandonai a uno sbuffo e mi asciugai le mani su un pezzo di carta strappato dal rotolone.
Mi avviai verso la stanza in cui mi ero svegliata con tutta l'intenzione di dormire fino all'indomani mattina, ma la voce di Luke mi interruppe. Feci capolino nella camera dalla quale mi aveva chiamata e lo guardai mentre se ne stava seduto con le spalle contro il muro.
-Hey, vieni qui, Bella- Diede un paio di colpi al materasso e mi sorrise appena. Quel sorriso rilassato stonava non poco con la moltitudine di lividi che ricoprivano il suo torso nudo. Circondai i suoi fianchi con le braccia e poggiai la testa sulla spalla che mi sembrava meno provata. Dentro di me ruggiva una rabbia cieca nei confronti dei nostri nemici. Mi accarezzò i capelli come faceva quando eravamo piccoli e i tuoni mi spaventavano a morte. Mi mancava quel rapporto.
-Dovresti riposare. A domani, Lukey- Mormorai staccandomi appena dall'abbraccio. Non volevo risultare distaccata, ma sapevo che aveva bisogno di dormire più di quanto io avessi bisogno delle sue coccole.
-Resti con me? Come ai vecchi tempi- Rimasi interdetta per qualche secondo. Non era da lui avanzare una richiesta del genere. Che cosa gli era successo? Aveva senz'altro battuto la testa.
-Certo, metto il pigiama e torno- Risposi, perché infondo aspettavo che quel momento arrivasse. Avevo bisogno che io e Luke ci comportassimo come due fratelli che si volevano un gran bene, che mettessimo da parte le nostre divergenze.
Arrivata in quella che avevo soprannominato la mia stanza venni colta da un senso di delusione profondo. James aveva tradito la mia fiducia con il suo gesto. Eravamo amici e non avrebbe dovuto prendersi la libertà di baciarmi solo perché aveva una lunga scia di ammiratrici ed era sicuro di sé. Aveva tratto le conclusioni sbagliate. Inoltre bruciava ancora il modo in cui mi aveva guardata Clifford mentre mi avvisava della reputazione che mi ero guadagnata. Sbuffai e mi sfregai le mani sul viso, prima di cambiarmi e tornare da mio fratello.
Luke mi fece spazio nel letto e alzò l'angolo delle coperte perché mi ci infilassi sotto. Mi accoccolai a lui come quando avevo poco più di cinque anni e lasciai che mi stringesse. Dal basso osservai la sua espressione assorta e distante. Ero curiosa di sapere che cosa lo stesse tormentando.
-Sai, Kres, per la prima volta in vita mia ho avuto davvero paura- La sua voce era appena udibile e il suo sguardo sfuggente. Sapevo quanto gli costasse ammettere le proprie debolezze e sentirgli ammettere di aver avuto paura mi scaldò il cuore.
-Di che cosa?-
-Di perderti- La stretta intorno alle mie spalle si fece più intensa. -Di non poterti più abbracciare, di non vederti più. Di non avere più la possibilità di sgridarti perché fai sempre di testa tua. Ho avuto paura di lasciarti andare con Clifford senza offrirti alcuna protezione e mi sono sentito uno schifo per non averti dimostrato un minimo di affetto. Se non ti avessi rivista... non avrei mai potuto perdonarmelo- Il suo tono si era via via spezzato e sollevando un po' il viso mi resi conto che i suoi occhi erano rossi e lucidi. Gli lasciai un bacio sulla guancia e appoggiai la fronte contro la sua tempia.
-Ho avuto paura anche io. Temevo che non saresti più tornato, che non avremmo mai più litigato. Che non ci saremmo gridati addosso, che non avrei più potuto correre da te alle tre del mattino perché ho ancora paura dei tuoni. Ho avuto paura che Michael dicesse che non ce l'avevi fatta- Presi un breve respiro per rimettere in ordine le idee e proseguii. -Quando mi ha svegliata ho sentito il mondo precipitare nell'oblio, ma quando ti ho visto in piedi in cucina... santo cielo, non sono mai stata così felice-
-Guarda che abbiamo l'acqua corrente, non c'è bisogno che mi lavi la faccia con le tue lacrime- Ironizzò mentre con delicatezza trascinava via il mio pianto.
-Ti voglio bene, fratellone-
-Ti voglio bene anche io, Kresley-
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