Capitolo 6
I colpi alla porta si fecero più insistenti, ma nonostante ciò mi sembravano comunque troppo lontani. Mi ero distaccata dalla realtà, restando appesa ad una corda sfilacciata a metà tra la realtà e la visione che avevo avuto. Com'era possibile che Luke fosse così tranquillo con quelle persone che partivano alla ricerca di noi? Stavo forse immaginando tutto perché ero impazzita? Non mi sembrava una possibilità così remota, specie dopo aver cercato di rielaborare quanto accaduto a scuola. Altri passi si avvicinarono alla mia stanza e pochi secondi dopo qualcuno entrò.
-Kresley! Kresley, rispondimi!- La voce di Luke esprimeva preoccupazione e angoscia, potevo avvertirne la vibrazione sulla pelle, ma non riuscivo ad aggrapparmici per tornare indietro.
-Stanno arrivando, Hemmings. Lei li ha visti!- Michael, come faceva Michael a saperlo? Li aveva forse visti anche lui? Perché mio fratello sembrava ignorare l'arrivo di un plotone di esecuzione?
-Che diavolo stai dicendo?- Mio fratello mi scosse per un braccio. Gemetti per la stretta, ma non riuscii a fare molto di più che il fantasma che mi sentivo di essere in quel momento.
-Li ho visti anche io, ecco cosa sto dicendo. E guarda i suoi occhi- Luke si spostò davanti al mio viso ed ebbi la sensazione che mi stesse esaminando come un virus sul vetrino di un microscopio.
-Non vedo nulla- Proclamò infine.
-Dobbiamo andarcene, subito. Prepara un'aspirina. Se è la sua prima visione, tra dieci minuti avrà un mal di testa da sbronza colossale- Ci fu un movimento, poi la figura di Michael sostituì quella di mio fratello. Mi sfiorò il braccio come se fossi stata fatta di cristallo.
-Kresley? Mi senti?- Sbattei le palpebre e riuscii finalmente a metterlo a fuoco. Mi venne da piangere.
-Cosa sta succedendo?- Soffiai con voce spezzata, mentre cercavo gli occhi rassicuranti di Michael con i miei. Quando li trovai il mio cuore sospirò di sollievo. C'era di nuovo quello sguardo dolce e comprensivo a colorarli di luce splendente, non più quella cattiveria e quell'accanimento che mi avevano ferita.
-Stai bene?- Annuii appena e lui continuò. -Ascolta, lo so che quanto hai visto ti sembra folle. Ti spiegheremo tutto, ma adesso devi darmi ascolto. Ho visto anche io quei ragazzi incappucciati, ma è... è normale per quelli come noi. Ho bisogno che tu sia lucida adesso, hai capito? Devi mettere da parte la paura, per quella avrai tempo dopo. Pensi di farcela?- Farcela? Ero terrorizzata, mi sentivo sul punto di vomitare anche l'anima e avrei voluto nascondermi sotto il letto come una bambina che spera di non essere mangiata dal lupo cattivo. In più, il tono di Michael aveva reso il tutto più tetro di quanto già non fosse. E incredibilmente rassicurante, per qualche assurda ragione. Non sapevo se fosse merito del modo in cui mi aveva guardata o di come mi aveva sfiorato delicatamente il braccio cercando la mia mano e l'aveva stretta. Un tocco innocente, la traduzione fisica di un banale e indispensabile ci sono.
-Michael?-
-Dimmi pure, Fiorellino- Mi sorrise appena. Tirai su con il naso e sbattei le palpebre, per poi scuotere la testa. Non aveva importanza.
-Aspettami sotto- Conclusi, mettendo da parte ciò che volevo realmente dirgli. Ci sarebbero stati luoghi e momenti più adatti. Io sarei stata più adatta.
Scesi in salotto dopo aver buttato dentro una sacca da palestra metà del mio armadio, gettando tutto alla rinfusa e senza un ordine logico. Cominciava a venirmi il mal di testa preannunciato da Michael e sperai che mio fratello avesse pronta una buona scorta di aspirine. Si era fatto a mala pena sentire, ma era già più intenso e doloroso di qualsiasi altra emicrania avessi mai avuto. Sbuffai abbandonando il borsone sul divano e guardai Luke. Persino la luce mi dava fastidio.
-Dammi quella maledetta aspirina- Ordinai accasciandomi sulla poltrona. Evitai accuratamente lo sguardo di Michael, che mi stava trapassando con le sue iridi intense. Non potei che sentirmi spogliata, messa a nudo. Michael sapeva, conosceva ogni sfaccettatura delle mie debolezze. Ce ne erano troppe e non ci eravamo mai parlati prima di quell'anno, ma lui era un osservatore, un attento scrutatore che aveva raccolto ogni mio dettaglio e lo aveva custodito in un cassetto della sua mente. E io ero attratta come una calamita dalla comprensione che sembrava promettere con ogni cellula del suo corpo.
-Cosa facciamo, adesso?- Domandai prima di buttare giù la pastiglia che mi aveva allungato mio fratello.
-Tu e Michael, per quanto mi dispiaccia, andrete alla casa in montagna. Ci rimanete finché non vi raggiungo, hai capito?-
-E tu che farai?-
-Io prenderò tempo-
-Non se ne parla nemmeno. Tu vieni con noi, o resto qui- Cercai di impormi, pur sapendo che non l'avrei mai spuntata. Per Dio, ci sarebbero volute cinque ore e mezza di macchina per raggiungere la casa in montagna!
-Luke, vai tu con Kresley. Resto io qui- Intervenne Michael con voce piatta. Lo guardai e per un secondo pensai che sarei corsa ad abbracciarlo e ringraziarlo.
-No- Luke insisteva, fermo sulla sua posizione. Odiavo quando faceva così. Perché non poteva semplicemente acconsentire?
-Sono più forte, Hemmings-
-A maggior ragione. Sei più forte, ma duro più a lungo di te. Usare entrambi i tuoi poteri ti consuma velocemente. E ho bisogno che tu vada con lei per proteggerla in caso di scontri- Michael si arrese e si alzò con le chiavi della macchina in mano.
-Prendi tutti i medicinali che potrebbero servirti. Ti aspetto in macchina-
Quando lasciò la stanza guardai Luke in cagnesco. Come poteva lasciarmi così? Perché doveva per forza fare il martire della situazione?
-Hai preso del contante?- Annuii e indicai la borsa. Avevo praticamente svaligiato la cassaforte di papà. Chissà perché aveva scelto quelle cifre, quel codice...
-Ottimo. Adesso vai, devi metterti in salvo-
-Perché non puoi venire con me? Ho bisogno di te- Mi divennero gli occhi lucidi. Non avevo mai pensato alla possibilità concreta di perderlo e adesso che ce l'avevo davanti mi sentivo morire.
-Io ho bisogno che tu ti salvi. E puoi farlo solo se adesso vai via con Michael. Io ti raggiungerò prestissimo, te lo prometto- Mi diede un bacio sulla fronte e mi mise tra le mani uno zaino contenente generi alimentari. Poi mi spinse verso l'auto e mi allacciò la cintura, come se il mio opporre resistenza non fosse stato altro che un tentativo verbale. Ero fisicamente debole rispetto a lui, avevo tentato inutilmente di puntare i piedi e lo sapevo, ma faceva male comunque. Mi stava lasciando andare per lanciarsi in una sfida potenzialmente suicida.
-Luke, ti supplico- Sperai, sperai fino all'ultimo. Speranza vana.
-Non c'è altro modo. Adesso andate. Guida con prudenza, Clifford. Se le succede qualcosa per mano tua ti uccido-
-È in buone mani, non preoccuparti-
Il mio cuore venne schiacciato da un peso insostenibile mentre la vettura ingurgitava chilometri come fossero stati caramelle e mi allontanava da Luke. Ogni centimetro di asfalto percorso era una fitta dolorosa al petto.
Una volta ritrovata un po' di lucidità mi accorsi della puzza di fumo che impregnava l'abitacolo.
-Fumi?- domanda idiota. Non lo guardai, non mi importava. Avevo solo bisogno di distrarre il mio cervello da quello che mio fratello stava affrontando mentre noi ce ne andavamo.
-Sono un dominatore dell'aria, non avrebbe senso inquinare il mio potere con quella merda.- Sospirò e abbassò leggermente i finestrini. -L'auto è di mio zio, la mia non partiva stamattina- Sembrò illuminarsi e mi passò un cellulare. Mi ordinò di digitare un numero di telefono e di mettere il vivavoce. Stava avvertendo lo zio di non usare la sua auto, perché avrebbe potuto essere pericoloso. Doveva sbarazzarsene. A tutti i costi.
-Non sapevo avessi la patente- Altra affermazione stupida.
-Ci sono tante cose che non sai, Fiorellino-
-Immagino le verrò a sapere a tempo debito- Recitai le parole di Luke con un certo disprezzo. Se quelle cose le avessi sapute prima, forse non ci saremmo ritrovati a fuggire in fretta e furia lasciando indietro mio fratello.
*
Circa un'ora dopo l'inizio della nostra corsa contro il tempo qualcosa si frappose tra noi e la nostra meta. Michael imprecò sottovoce, mentre frenava con uno stridio delle ruote. Mi guardò, uno sguardo che non riuscii a interpretare, e mi ordinò di restare in auto. Riconobbi due figure umane avvicinarsi a noi, mentre il ragazzo che fino a un secondo prima era seduto al mio fianco si posizionava davanti al cofano dell'auto. Cercai di leggere il labiale, ma data la distanza fu impossibile. Capii, però, che quelli non potevano essere amici.
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