34 - Il diamante nero


La mia vita era stata capovolta, rigirata e strapazzata almeno un milione di volte negli ultimi tempi. Le mie poche certezze erano state distrutte, il mio odio si era moltiplicato a dismisura.

Tutto era cominciato il giorno in cui Derek era venuto a reclamare la sua proprietà. Allora io non lo sapevo, ma quel maledetto pinguino stava reclamando molto più della mia (sua) casa.

In un modo tutto suo, Derek Scott mi aveva accolta in un nuovo mondo; lo stesso da cui, per quattordici anni, mi ero tenuta alla larga.

Non lo avevo capito fino a quel preciso momento, ma Derek aveva tirato fuori il meglio e il peggio di me. Tutto il rancore serbato morbosamente per più di un decennio, il selvaggio desiderio di vendetta tenuto a bada troppo a lungo per la sicurezza di Ryan... Finalmente erano stati estrapolati dalla prigione del bosco e donati come angeli di morte alla realtà che mi circondava.

Derek Scott aveva preso la mia anima, l'aveva mescolata alla sua e me l'aveva riconsegnata con la promessa di un legame eterno. I nostri destini erano diventati indissolubili dall'attimo in cui i nostri sguardi si erano scontrati sulla soglia della casetta del bosco.

A prescindere dall'esito finale di quel viaggio incerto, Derek era senza dubbio il punto di partenza. Per questo motivo, forse, mi sentivo talmente attaccata a lui da avvertire il disperato bisogno della sua presenza, del suo essere.

In un oceano di sentimenti contrastanti e persone ingannevoli, Derek Scott era il solo uomo di cui potevo fidarmi.

Mentre tutto andava in frantumi, il nostro rapporto si evolveva per farci sopravvivere nella desolazione dei nostri cuori. Ricevevamo ferite su ferite, ma quando vacillavamo, ci sorreggevamo a vicenda.

Eppure, nel preciso istante in cui l'uomo che mi aveva stravolto la vita mi mise l'anello al dito, non potei fare a meno di chiedermi se fosse la cosa giusta da fare.

Un matrimonio presupponeva amore da entrambe le parti. Ma il nostro, poi, era amore? Che ne sapevo, io, dell'amore? E che ne sapeva lui?

Non c'era niente di normale in noi. Nel nostro futuro, non c'era spazio per prospettive rosee e sogni fioriti. Non che io le desiderassi più di tanto, certo, ma allora che senso aveva giocare alla coppia felice?
Magari Derek stava tentando di cercare un po' di conforto nel nostro affetto...

No, non proprio.

Derek Scott non amava le banalità, non era un uomo romantico e non agiva mai in maniera sconsiderata.

Le sue labbra raggiunsero le mie in un delicato bacio per suggellare quella promessa inespressa. Mi sussurrò qualcosa all'orecchio, ma ero troppo distratta per dargli retta.

Alla fine, mentre lui si allontanava verso il portone, io rimasi imbambolata a fissare la mia mano sinistra; un prezioso diamante nero scintillava sull'anello di fidanzamento, emanando un'aura identica a quella di Derek.

-No!- risposi quando fu troppo lontano per udirmi. Ma non mi era stata posta alcuna domanda, non mi era stato chiesto di scegliere.
La risposta rimase sospesa in aria, inutile e solitaria.

Le due guardie del corpo mi raggiunsero e si congratularono con me, ma nei loro sguardi non c'era nessun tipo di augurio che non fosse puramente formale. In quello di Blake, c'era addirittura una profonda pena.

Sconsolata e confusa, cercai la compagnia del mio fedele arco.
Sotto le lenzuola, vi rimasi abbracciata come una bambina per tutto il giorno.

***

Ignorai, per la terza volta, l'insistente toc toc.

A giudicare dalla scarsa illuminazione della stanza, il tramonto stava volgendo al termine. Ero rimasta chiusa lì dentro per ore e ore, senza la benché minima voglia di vedere nessuno. Per fortuna, i miei desideri di solitudine erano stati esauditi e mantenuti... fino a quel momento.

Accarezzai l'arco come fosse un cucciolo, percorrendone la forma con estrema delicatezza. Era l'ultimo pezzo del mio passato che tenevo ancora stretto a me. Cosa ne era stato di tutto il resto?

La porta si aprì e si richiuse. 

Nascosi il volto sotto le coperte nel tentativo di scoraggiare il proprietario dei passi che si facevano sempre più vicini.

-Lo so che sei sveglia, gattina.-

Mugugnai un lamento contro la federa del cuscino e mi voltai verso Blake, pronta a riempirlo di insulti per aver invaso il mio spazio vitale. Quel maledetto, però, si era già accomodato sul letto, con un fastidioso sorriso sfacciato. Tra le sue mani, vi era un vassoio con due tazze di...

-Cioccolata?- 

Rimasi imbambolata, fissando la densa crema fumante che mi veniva offerta. La guardia attese pazientemente per molto, forse troppo tempo. Quando cominciai a temere che il suo braccio non potesse reggere ancora tanto a lungo in quella posizione, afferrai la tazza con un mano e la scaraventai sul pavimento.

Mi resi conto, con un po' di ritardo, che era la prima volta che rifiutavo e sprecavo così del cibo; ma quella maledetta cioccolata riportava alla memoria dei giorni tiepidi, non troppo lontani dal presente, che sembravano cullarmi in una finta realtà, una realtà in cui Mila era una semplice domestica, una buona compagnia e una gran chiacchierona, non una traditrice, un'assassina e l'amante di Ryan.

Il rosso delle sue guance era ancora vivido nei miei ricordi, la sua schiettezza corrotta dall'educazione era così viva nella mia mente... Eppure era tutto finto. Era stata tutta una messinscena. Non c'era niente di vero in lei, niente a cui potessi aggrapparmi. 

Ancora non riuscivo a inquadrarla. Il suo ruolo, nell'intera vicenda, non aveva senso. Se fosse stata una pedina di Richard, non avrebbe avuto ragione di eliminare suo figlio né di far del male a Mara. A meno che quel dannato Molloy non stesse di nuovo giocando in modo perverso con le nostre menti.

No, lo escludevo. Per quanto lo odiassi e per quanto lui fosse bravo a fingere, io lo avevo visto; avevo visto il suo sguardo, quel giorno, mentre portava via il corpo vuoto di sua moglie. Seppur in minima parte, i suoi occhi erano stati velati dal dolore. 
Non era nei suoi piani perdere il proprio erede.

Ma allora chi era davvero Mila Bain?  

La mano di Blake si posò sulla mia spalla, riportandomi nella mia stanza, sul mio letto, con gli occhi fissi sulla tazza distrutta. Con un movimento un po' incerto, la guardia mise da parte il vassoio e si fece più vicina. 

Guardai l'anello al dito. Non avevo avuto il coraggio di farlo, dopo quella mattina. C'era qualcosa di sbagliato in quel gioiello, in quel matrimonio. Qualcosa che non potevo controllare, che mi gravava addosso senza pietà.

Sollevai lo sguardo per incontrare la profonda pena impressa nel suo. Ero così miserabile?

Mi sentii improvvisamente vuota, ma talmente pesante da non riuscire a sostenere il mio corpo. Furono le braccia di Blake a reggermi, a tenermi a galla per impedirmi di affondare nell'abisso della mia mente.

Afferrai le sue spalle, mi ancorai al suo petto e lasciai che mi tenesse avvolta e protetta in una delicata stretta.

Non avevo mai osato un contatto simile con un uomo che non fosse Derek. Era una sensazione totalmente diversa, nuova. Era rassicurante.

Blake mi stava offrendo un piccolo rifugio, un'isola di conforto. Al di fuori del suo comportamento ambiguo e invadente, era pur sempre l'uomo che aveva messo a rischio il suo lavoro e la sua vita per difendermi e assecondarmi. Era più di quanto potessi sperare da tutti gli altri. Nessuno aveva fatto niente del genere per me. Dunque cosa c'era di male se per qualche minuto mi lasciavo cullare dal senso di sicurezza che provavo tra le sue braccia? 

Una piccola parte di me, scettica e diffidente, continuava a ripetersi che Blake era uno degli scagnozzi di Derek, un fedele servitore del suo padrone; però ero certa che non fosse stato quest'ultimo a ordinargli di venire da me, quella sera, con una cioccolata e una muta offerta di consolazione. 

Di sua spontanea volontà, quell'uomo era entrato nella mia stanza, tentando di darmi quel minimo conforto che, prima che in lui, avevo trovato solo in Mila.

Una breve fuga dai problemi. Una rasserenante tazza di cioccolata di calda.

Mi sciolsi dall'abbraccio e lo ringraziai con un silenzioso sorriso, che lui ricambiò solo dopo aver scosso la testa da chissà quali pensieri.

Per dimostrargli che avevo seriamente apprezzato il suo gesto -e soprattutto perché avevo una fame da record- divisi con lui la cioccolata calda e ripulii il disastro sul pavimento.

-È meglio che tu vada. Non credo che Derek apprezzerebbe la tua presenza qui...- consigliai.

Blake trattenne una risatina. -Temi che possa prendermi di nuovo a pugni?-

Non risposi. Certo che lo temevo, dannazione! L'ultima cosa che volevo era un'altra scazzottata a causa mia!

-Ehi, gattina, togliti quella faccia seria! Il padrone non è in casa, ha faccende importanti da sbrigare. Hai causato non pochi problemi al Consiglio, sai? Inoltre, l'accusa di tentato omicidio... È un bel fardello, per l'uomo più importante di Surn.-

-Tu pensi che io debba sposarlo?- domandai d'impeto, fingendomi quasi poco interessata all'argomento mentre cercavo un certo souvenir nel cassetto. Blake stava ancora temporaggiando per la risposta, quando lo trovai.

Una piccola lince di legno. La rigirai tra le dita, pensierosa. Eccola lì, l'ombra di un piano che si faceva strada nella mia testa, eccitante e al contempo inquietante.

-Penso di sì, Tessa- rispose atono, -Dovresti sposarlo. Ne trarresti enormi vantaggi: primo fra tutti, il potere. Acquisiresti credibilità al Consiglio; non ti vedrebbero più come "la selvaggia sopravvissuta", ma come la donna erede di una facoltosa famiglia, nonché consorte di Derek Scott. Tutti terrebbero conto della tua parola, delle tue scelte.-

Nascosi la lince dietro la schiena e mi voltai verso Blake.

Dillo, pensai. So che vuoi dirlo.

La guardia mi guardò per un interminabile istante, poi riprese la parola: -D'altra parte, diventeresti una sottoposta di Derek. Sarebbe come donargli una seconda voce: la tua. Raddoppieresti il suo potere. Probabilmente, trarrebbe molti più benefici di te. Ma questo già lo sapevi, vero?-

Ovviamente sì. Non ero una stupida e, per quanto fosse difficile ammetterlo, ero già arrivata a quella conclusione.
Qualche tempo addietro, avrei accettato la situazione. Io e Derek avremmo condiviso il cammino che ci aspettava, nel bene e nel male. Purtroppo, però, c'erano troppe questioni irrisolte. E percorrere quel sentiero, mano nella mano, non sarebbe stato possibile finché non fossi venuta a capo di tutti gli interrogativi che mi sommergevano.

Derek era diventato un ostacolo. Non si trattava più di una semplice gara di potere tra lui e Richard Molloy. I fattori in gioco era molteplici, e io ero rimasta all'oscuro per troppo tempo.

I ricordi, le impronte di sangue, Timothy Batchelor, le lettere, l'invito... Finalmente avevo una pista da seguire. E le mie risposte mi attendevano là dove tutto era iniziato.

Misi la lince in bella mostra sul palmo della mia mano. Blake parve meravigliato.

-Credevo l'avessi gettata via.- La guardia estrasse l'oggetto da una tasca interna della giacca e me lo mostrò. Il cane di legno che gli avevo regalato era proprio lì, in perfetto stato. -Lo porto sempre con me- ammise.

Eccola lì: la sottile crepa nella cieca obbedienza di Blake. 

Fidarmi di una delle guardie del corpo di Derek Scott era chiaramente un azzardo, quasi un paradosso; ma non avevo scelta: mi serviva un alleato, qualcuno disposto a rischiare tutto per assecondarmi. Lui era il candidato ideale, forse addirittura l'unico. 

-Accompagnami a Edge- lo dissi con le pupille fisse nelle sue, pronta a cogliere la minima esitazione. E la vidi, limpida e lampante nel suo sguardo: la consapevolezza di ciò che gli stavo chiedendo e la preoccupazione per quel che sarebbe accaduto se avesse accettato. 

Un'ombra spazzò via l'indecisione. Un'ombra scura, opprimente e nostalgica, che gli marcò il viso, il cuore e la mente. Un'ombra che non fui capace di riconoscere, ma che mi assicurò una risposta positiva.

Un lieve cenno di assenso, un sospiro. E Blake fu dalla mia parte.

Qualunque fosse la ragione dietro alla sua decisione, una cosa era certa: la lealtà del cane tendeva verso un altro padrone, adesso.

***

Il giorno seguente, mi svegliai all'alba. Il mio cervello decise di tormentarmi già dalle prime luci del mattino, lavorando freneticamente sulle troppe informazioni che aveva accumulato negli ultimi tempi. Non riuscivo a togliermi dalla testa la sensazione che fosse tutto collegato e che, al contempo, mi sfuggisse qualcosa di fondamentale.

Le immagini sfocate che tornavano dal buio della mia memoria, non facevano altro che confondermi. Il volto di mia madre, sdoppiato, ferito.
Ronald Molloy.
Come potevo conservare il ricordo di quell'uomo, se persino quello di mio padre stentava a rimanere fresco sulle fragili pareti della mia infanzia?

Un fischio acuto, un dolore atroce alle tempie, un'orribile sensazione di vuoto.

Prima che potessi affondare nel baratro della mia mente, i miei sensi si concentrarono su delle voci distanti, troppo per essere udite persino dalle mie orecchie. 

Mi liberai di quei pensieri e scattai in piedi, pronta a una caccia casalinga. A piedi nudi, in completo silenzio, raggiunsi il corridoio e seguii il debole suono di parole indistinte. Arrivai fino alla biblioteca e sgattaiolai di soppiatto tra gli alti scaffali. 

Assicurandomi di non far alcun rumore e di non essere vista, mi appiattii dietro la scala che conduceva ai libri riposti in cima. Poco più in là, le due voci avevano finalmente assunto delle sembianze fisiche. 

Blake e Devony stavano discutendo animatamente. 

-Non puoi assecondarla proprio ora che sta per sposarsi!-

-Andrà a Edge con o senza di me, lo sai benissimo. Non posso lasciarla sola, non di nuovo. Ho... Abbiamo un debito da saldare.- 

Il fratello maggiore si massaggiò le tempie e ritrovò la calma. Avrei tanto voluto udire le sue parole, ma qualcuno mi prese alle spalle e mi tappò la bocca. Ero talmente concentrata su quei due, che non mi ero resa conto del suo arrivo. Che idiota!

Con le braccia bloccate dalle sue, reagii d'istinto calciando all'indietro, ma l'aggressore schivò il colpo e il mio piede centrò uno degli scaffali, facendo cadere una dozzina di libri sulle nostre teste. 

Il frastuono attirò l'attenzione dei due fratelli, che mi avrebbero scoperta se non fosse stato per la reazione immediata del tizio alle mie spalle. Rapido e silenzioso quasi quanto me, mi aveva trascinata oltre tre file di scaffali, lontana da Blake e Devony. Approfittai del momento per sfuggire alla sua stretta e mi voltai per prenderlo a cazzotti. 

Peccato che non mi aspettassi una montagna di oltre due metri da fronteggiare.

-Cole, cosa diav...-

-Shh!- mi zittì. 

Feci per replicare, ma il colosso fu più sveglio di me e si preoccupò di fuggire ai due fratelli. Quando fummo al sicuro, lontani da sguardi e orecchie indiscreti, la guardia si passò una mano sul volto, in preda a una stanchezza che andava al di là del fisico.

-Stavi origliando!- dissi con un misto di accusa e sorpresa. Non ce lo vedevo Cole a origliare come un ragazzino. Inoltre, per quale assurdo motivo i più fedeli scagnozzi di Derek giocavano a spiarsi mentre lui era fuori casa?! 

-Vattene prima che lui torni. Non attenderò oltre, Tessa. Gli riferirò tutto non appena sarà rincasato; e, fidati, non la prenderà affatto bene.-

Qualcosa mi smorzò il respiro. Non aveva senso. Cole sapeva cosa stavo per fare, l'aveva udito da quei due, eppure non aveva intenzione di fermarmi. Mi stava concedendo un -seppur breve- vantaggio su Derek. Me lo sarei aspettato da Blake, ma da lui...

-Perché?- domandai a voce bassa, quasi con paura. 

Lo sguardo di Cole, solitamente ombroso e serio, divenne colpevole. -Blake e Devony non sono i soli ad avere un debito con te.-

-Ecco, mi stavo giusto chiedendo che cosa intendessero con...-

-Non ha importanza, Tessa. Parti subito e trova le risposte che cerchi, ma preparati alle conseguenze. Stai abbandonando il tuo unico porto sicuro.- 

Dubbi e paure si accavallarono gli uni sulle altre, mandandomi in paranoia. C'erano troppe cose che non sapevo, troppi misteri che si celavano alle mie spalle. Ma la cosa peggiore era che, nel profondo, ero consapevole che mi stavo per cacciare in un mare di guai. 

Se Cole diceva il vero e Derek era il mio porto sicuro, perché mi sentivo costantemente in pericolo dall'istante in cui avevo infilato quell'anello al dito? 

I miei occhi si posarono sul diamante nero. Qualunque fossero i debiti di cui cianciavano le guardie, lo avrei scoperto in seguito. Dovevo andarmene. 

Guardai Cole e mi sentii in dovere di offrirgli qualcosa in cambio, un minuscolo gesto per ritornare il favore. -Se dovessi scoprire qualcosa su Mila, te lo farò sapere.-

Non ci scambiammo altre parole, né sguardi. 

Edge mi stava aspettando.

***

Io e Blake uscimmo di soppiatto dalla villa. Ebbi il dubbio che fosse stato così semplice solo grazie al silenzioso aiuto di Cole. Avevamo preso il minimo indispensabile (tra cui le mie armi) per viaggiare leggeri, cosicché in caso di inseguimento saremmo stati più veloci. 

Ciò che sfuggì alle nostre menti geniali, però, fu ben altro. Una volta messo il naso fuori dalle mura di casa Scott, fummo assaliti da una folla in festa. Mani sconosciute mi travolsero come un uragano, spintonandomi, stringendomi e sbattendomi da una parte e dall'altra. Nella confusione, persi subito di vista la mia scorta, che nulla poteva contro quella calca. 

Un attacco terroristico? Una sommossa generale? I tirapiedi di Richard mandati per uccidermi?

No, peggio, molto peggio. Il popolo in un subbuglio gioioso. Complimenti e congratulazioni volavano come petali al vento, sorrisi e abbracci si sprecavano. La gente chiedeva di vedere la prova, di ammirare il costosissimo anello. Mi auguravano una gran felicità, figli maschi, un prosperoso avvenire e bla bla bla. Qualcuno ebbe addirittura l'ardire di chiamarmi "signora Scott".

Quando mi spiaccicarono in faccia il giornale quotidiano, vidi spiattellata in prima pagina la notizia del fidanzamento ufficiale. Ero diventata il centro del gossip di Zelum, o forse dell'intera Surn.

Derek Scott e Tessa Farrell a nozze. 

L'articolo non lasciava spazio a fraintendimenti. Ci saremmo sposati. E il mio adorato futuro maritino aveva ben deciso di farlo sapere a tutto il mondo in meno di ventiquattr'ore. 

La gente mi acclamava come una regina. Ecco cosa si provava ad essere la promessa sposa dell'uomo più importante della penisola. Solo che io, intrappolata tra la folla, mi sentivo ben poco regale. Avevo la sensazione di stare per soffocare. 

I curiosi, nonché coraggiosi, azzardarono domande dirette: "Hai veramente tentato di strozzare Richard Molloy?" o "Ma Derek finirà in prigione per l'omicidio della sorella?" e ancora "State per sposarvi perché sei incinta?".

L'ultima domanda era decisamente troppo. Ripresi il controllo del mio corpo e mi liberai da quella massa di persone sovraeccitate, cercando rifugio sul bordo della strada. Ovviamente non si diedero per vinti e mi seguirono con insistenza passo dopo passo. 

Quanto ci avrebbe messo Derek a sventare la mia fuga? 

Contro ogni mia aspettativa, fui salvata dall'essere più miserabile al mondo. 

Timothy Batchelor e i suoi uomini mi caricarono su una carrozza e partirono spediti verso chissà dove. A bordo, con mio sollievo, trovai anche Blake.

-Che te ne pare del primo assaggio di fama, Tessa?- domandò il topino stempiato.

-Soffocante.- Guardai fuori: alcuni stavano persino correndo dietro alla carrozza. Da non crederci!

-Come mi hai trovata?- chiesi con sospetto. Qualsiasi cosa volesse da me quel Timothy, non riuscivo a farmelo andare a genio. 

-Mi è bastato seguire la folla. Ed è così che Derek ci troverà a breve. Ti facevo più furba, Tessa. Non riuscirai a lasciare la città in questo modo.-

-Come fai a sapere che...-

-Per fortuna, qualcuno se ne prenderà cura al posto tuo. Un diversivo terrà impegnato il tuo amabile fidanzato per tutto il giorno... e per quelli a venire, si spera.-

-Di che diavolo stai parlando?- sbuffai, stanca dei giri di parole e del sorrisetto viscido stampato sulle labbra di quell'imbecille. 

-Derek Scott sta per essere arrestato. Sua sorella è in condizioni critiche, non ha reagito bene all'aborto e non ha smaltito completamente il veleno. I medici non possono intervenire. Secondo le accuse, il colpevole non può che essere il fratello di Mara.-

Scossi la testa, incredula. Timothy straparlava. Non c'era modo che uno come Derek finisse in carcere. 

-Non dire assurdità, topino. La voce di Richard Molloy non può sovrastare quella di Derek. Ci sarà un processo, ci saranno degli avvocati... E ne uscirà illeso. Non ha ucciso sua sorella. Non ci sono prove schiaccianti né testimoni che...- 

Le parole mi morirono in gola. Persino Blake spalancò gli occhi, conscio di qualcosa di orribile. Sulla faccia rossa e sudaticcia di Timothy Batchelor, invece, v'era un ghigno beffardo, ridicolo e saccente. 

Con orrore, fui pervasa da un tremito. 

-Ti assicuro, carissima, che vi è un testimone oltremodo attendibile. I suoi genitori sono degli ottimi avvocati, pronti a dar manforte alla loro figlioletta adorata.- Fece una pausa per godersi le nostre reazioni, le quali non tardarono ad arrivare. Blake strinse i pugni e scattò in piedi, allarmato e irato, ma non poté far altro che assistere impotente alla sfacciataggine di Timothy. D'istinto, io chiusi una mano attorno all'anello, sperando invano di proteggere l'uomo legato a quel diamante nero. 

Derek Scott non era inscalfibile. Di lì a poco, avrebbe subito il colpo più duro di sempre. 

Infine, Timothy riprese la parola: -Mila Bain sta per mettere fuori gioco il tuo caro maritino.-

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