32 - Prima pagina
Il tempo a villa Scott pareva essersi fermato. I giorni passavano lenti e lugubri, ma dentro le sue mura le ore restavano intrappolate nell'aria tetra di cui era pervasa l'intera casa.
Mara aveva perso il bambino e continuava a star male, mentre Mila, la colpevole di tutto ciò, era scomparsa.
Derek era poco più che un fantasma. Si era rinchiuso nella sua stanza, mangiava lì e non faceva entrare nessuno a parte Cole. Neanche me.
Avevo provato a chiedere informazioni alla guardia, ma non avevo ottenuto alcuna risposta.
Avevo il sospetto che quei due provassero un malsano piacere nel tenermi all'oscuro delle loro chiacchierate strategiche. Perché sì, ero sicura che stessero architettando qualcosa.
Derek Scott era un uomo vendicativo, non avrebbe lasciato impunita l'artefice di quel disastro.
Dal canto mio, anch'io avevo sfornato qualche congettura, confidandole a Blake.
Forse Mila era in combutta con Richard Molloy e aveva pianificato tutto per ferire Derek. Anche se questo non spiegava la sua relazione con mio fratello... Insomma, non ero una veterana in amore, ma ero pronta a scommettere che la domestica fosse innamorata di Cole. Possibile che i suoi sentimenti fossero svaniti in così poco tempo? Oppure quell'odioso Molloy l'aveva costretta a unirsi a un membro della sua famiglia per colpire ancora Derek e me.
Ma c'era qualcosa che rendeva improbabile quell'ipotesi.
Richard.
Il suo sguardo, prima di portar via con sé Mara, era stato disarmante. Era amareggiato, infuriato con Derek. Lo riteneva colpevole. Nonostante sapessi bene che Richard era un mago a fingere, avevo visto un barlume di reale dolore nei suoi occhi. Dolore per il figlio mai nato, dolore per la moglie sofferente.
Un uomo come lui era davvero capace di provare quei sentimenti? Avevo mal interpretato quello sguardo?
E se non c'era lui dietro tutto questo, chi altri?
Un pensiero tanto orribile quanto assurdo aveva attraversato la mia mente.
Ryan.
Che il potere e i soldi lo avessero accecato a tal punto da agire in maniera tanto sconsiderata?
Per fortuna, quella ridicola ipotesi aveva abbandonato in fretta la mia testa, perdendosi in una sciocca risata.
E adesso, nel tempo paralizzato, non potevo far a meno di provare un senso d'inquietudine.
Nella mia mente, si accavallavano tra di loro troppe informazioni, troppi indizi che sembravano sfuggirmi continuamente. Avevo ignorato i comportamenti ambigui di Mila, non avevo previsto l'inevitabile. Non avevo sospettato di lei e non avevo dato peso ai suoi avvertimenti.
"Sangue e nomi fanno la differenza! Fanno la differenza tra la vita e la morte!
Chiunque abbia scritto quella lettera, ti sta mettendo in guardia."
Improvvisi come un lampo, vecchi ricordi si fecero strada nella mia memoria.
Il volto di mia madre, sdoppiato e nitido come non lo era mai stato. Uno dei due era in lacrime, con un piccolo taglio sulla tempia, seminascosto dai capelli scuri che le incorniciavano il viso.
Un uomo biondo, di spalle, che guardava la doppia figura di Josephine. Che fosse Richard?
Il mio cuore saltò un battito. No, era Ronald Molloy.
Scossi la testa, confusa. Dopotutto mi ero sbagliata: non potevano essere ricordi. Era solo frutto della mia immaginazione.
Stavo per lasciare la biblioteca in cui mi trovavo, quando un dubbio divenne presto curiosità. Tornai tra gli scaffali pieni di libri e tirai fuori il vecchio atlante.
Impiegai più di un'ora per trovare ciò che cercavo, ma alla fine riuscii nell'intento.
Diamant Brut, la città menzionata da Timothy Batchelor, era situata nel Continente, alla costa opposta rispetto a Surn. Era la capitale di una nazione chiamata Sceptrum.
Diamant Brut, Diamant Brut...
Lo ripetei mille volte tra le labbra, tastandone il sapore così familiare.
Provai a concentrarmi, spremendo le meningi. Dove avevo già sentito quel nome prima che lo pronunciasse il topino stempiato?
-Tessa.-
Mi voltai di scatto, sorpresa da quella voce.
Derek Entrata ad Effetto Scott se ne stava sulla porta, rivolgendomi uno dei suoi soliti sguardi glaciali. Il viso era segnato dal peso dei recenti avvenimenti, eppure non aveva perso la classica compostezza.
Notai che stringeva qualcosa tra le mani.
Un giornale.
Mi avventai come un animale affamato sull'oggetto incriminato, ansiosa di leggere la notizia che avrebbe stravolto l'intera penisola. Glielo strappai dalle dita e me lo piazzai davanti al naso.
La notizia stravolgente c'era eccome.
Ma non era quella che mi aspettavo.
In prima pagina, a caratteri cubitali, spiccava il titolo: DEREK SCOTT AVVELENA LA SORELLA INCINTA - MARA MOLLOY PERDE IL FIGLIO.
Sgranai gli occhi, incredula. Rilessi almeno dieci volte quelle poche parole, per accertarmi che fossero davvero lì, nero su bianco.
-Continua- mi esortò Derek.
Dopo la riconciliazione col fratello, la giovane Mara Molloy, moglie di Richard Molloy, aveva tenuta segreta la sua gravidanza.
"Voleva che fosse una sorpresa" ha dichiarato il marito, "Ma nostro figlio non verrà mai al mondo."
Infatti, la dolce notizia si è trasformata in una tragedia. Derek Scott, noto per l'astio nei confronti di Richard Molloy, ha avvelenato la povera Mara per evitare che desse alla luce il figlio dell'acerrimo nemico. Così, accecato dall'odio e dal desiderio di vendetta, si è liberato di una creatura innocente, mettendo a rischio anche la vita della madre.
Seguivano altre righe che riportavano falsi accaduti, mettendo in dubbio l'alleanza tra i Molloy e gli Scott e infangando il nome di questi ultimi.
Non veniva spesa nessuna parola in merito alla domestica. L'autore dell'articolo, che aveva preferito rimanere anonimo, sottolineava la mostruosità delle azioni di Derek.
-È tutto falso! Non possono credergli!- sbraitai, agitando il giornale per aria. Non poteva essere!
-Non ho saputo proteggere mia sorella. Me lo merito.-
Non credevo alle mie orecchie. Derek si stava addossando le colpe; aveva deciso di non reagire.
Una parte di me riusciva a comprendere il suo stato d'animo: considerava l'intera faccenda un suo ennesimo fallimento. Aveva rattoppato il rapporto con la sorella, ma lei era rimasta ferita, molto più gravemente dell'ultima volta. Derek si sentiva responsabile e colpevole.
L'altra parte di me, però, non poteva accettarlo. Ammettere la sconfitta significava darla vinta a Richard e alle sue bugie, voleva dire arrendersi.
Non potevo permetterlo.
-Stai reagendo esattamente come vorrebbe lui! Dannazione, Derek! Richard è un viscido omuncolo senza pietà, non merita la tua resa. Ha sfruttato questa tremenda tragedia a suo favore, per ferirti un'altra volta. E tu vuoi lasciarlo impunito? Se abbassi la guardia proprio adesso, perderai credibilità. Quindi datti una mossa e contrattacca, o mi toccherà far tutto da sola alla vecchia maniera.-
Soppesò le mie parole con una stramba aria di superiorità, come se stesse valutando l'ipotesi di ignorare una sciocca plebea.
Io stavo prendendo in considerazione l'idea di strappargli di dosso quella pelle superba e venderla al migliore offerente.
Era odioso pure in momenti così critici!
-Volta pagina. Troverai il resto- disse infine. Poi girò sui tacchi e sparì senza degnarmi di uno sguardo o di qualche parola in più.
Abbassai gli occhi sul giornale e feci quanto detto. Dilugandosi per ben due pagine e mezzo, faceva bella mostra di sé l'articolo riguardante me e Ryan. Il titolo riportava i nostri nomi. Lo lessi con attenzione, cercando in tutti modi di immedesimarsi in un lettore esterno alla faccenda.
La storia seguiva un filo logico ed era drammatica al punto giusto. Il giornalista aveva curato i minimi dettagli, concentrandosi sull'atrocità del racconto e lanciando -velatamente- pungenti riferimenti alla figura di Richard Molloy.
Quelle righe avrebbero suscitato non poca tenerezza nei confronti di Ryan e altrettanta ammirazione nei miei. Quell'articolo mi dipingeva come una combattente.
Eppure mancava qualcosa. Per quanto Devony si fosse sforzato di focalizzare l'interesse sui due protagonisti sopravvissuti e ritornati nella società dopo anni, l'intera vicenda appariva surreale.
Il giornalista aveva avuto ragione: la spiegazione della fuga e della sopravvivenza dei bambini non risultava credibile. Che noi fossimo vivi e vegeti era ovvio; la gente lo avrebbe appurato da sé. Ma quella storia lasciava spazio a parecchi interrogativi. Persino io, che avevo partecipato in prima persona ai fatti accaduti e all'intervista, potevo avvertire la mancanza di qualcosa di fondamentale.
Ma cosa? Ero sicura che ogni avvenimento narrato fosse vero! Possibile che la mia memoria mi stesse traendo in inganno?
Sospirai tra me e me. Dopotutto non aveva importanza. Ora che la notizia era stata resa pubblica, la mia vita avrebbe preso una nuova piega.
Stavo per metter da parte il giornale quando un dettaglio attirò la mia attenzione. In fondo all'articolo, come di consueto, era riportato il nome dell'autore.
Devon Y.
Non Devony, ma Devon Y. A meno che non si trattasse di un errore di stampa, la firma includeva il nome e l'iniziale del cognome del giornalista. Il nomignolo prettamente femminile, forse, gli era stato assegnato dal fratello burlone come parodia di quello reale. Che idioti.
Bando alle ciance, Tessa. È giunto il momento della ribalta.
Il Consiglio del Cielo mi stava aspettando.
***
-Sei pronta?-
Guardai verso il cancello della villa, dove un'immensa folla di curiosi trepidanti attendeva la mia entrata in scena.
-Forse sarebbe stato più saggio non specificare la mia attuale posizione nell'articolo, Devony. Sembrano pronti a sbranarmi- risposi, scoraggiata.
-Vogliono solo accertarsi della tua reale esistenza. Non ti faranno del male. Al massimo oseranno qualche pizzicotto per assicurarsi della tua presenza effettiva...-
-Grazie, questo sì che mi fa star meglio- ribattei con sarcasmo. Maledetto giornalista da strapazzo. Era accorso subito dopo la pubblicazione della notizia e ora si godeva il suo successo e la mia ansia galoppante.
-Sei il giocattolino del momento, Tessa. Inoltre, se farai parte del Consiglio, dovrai abituarti al pubblico. Questo è solo il debutto.-
-Devony?-
-Sì?-
-Sta' zitto.-
Lo vidi ridacchiare sotto i baffi, poco prima che Derek ci raggiungesse assieme alla scorta.
Beh, forse esercito era la parola giusta. C'erano almeno sessanta uomini, quindici dei quali -capitanati da Cole- ci accerchiarono. Gli altri ci precedettero fuori dalla villa. In seguito a quanto accaduto alla sorella, Derek aveva deciso di rafforzare la sicurezza.
Avrei voluto fargli presente che sarei stata capace di difendermi per conto mio con un pugnale o un arco, ma lui mi batté sul tempo: -Niente armi per te. Devi fare buona impressione sui membri del Consiglio, quindi cerca di...-
Sollevai un sopracciglio. -Di?-
-Comportarti bene.- In altri termini: sii meno selvaggia e più civile.
Ci incamminammo verso il cancello, con la tensione che cresceva a ogni passo. Qualcuno urlava il mio nome. Qualcun altro gridava domande. Udii persino i nomi dei miei genitori.
Quando varcammo la soglia, la confusione si fece quasi assordante. Le nostre guardie trattennero fisicamente le persone per evitare che ci piombassero addosso.
Immaginai mio fratello Ryan nella medesima situazione.
Resisti, pensai, stiamo per ricongiungerci.
Il tragitto che conduceva alla sede del Consiglio mi parve infinito. Un gruppo insistente di curiosi ci seguì fino a lì, e molti altri si unirono a loro lungo la strada. Chi in carrozza, chi a cavallo, chi a piedi.
Quando fummo al sicuro tra le mura dell'edificio, tirai un sospiro di sollievo. Le guardie si dispersero, fatta eccezione per Cole e Blake, che rimasero con noi. Una donna venne a darci il benvenuto e ci scortò nella solita stanza, senza mai distogliere lo sguardo da me e col rischio di inciampare su se stessa.
-La riunione inizierà a breve, signor Scott- annunciò la segretaria. Ciondolò sulla soglia, fissandomi nervosamente. Poi, senza aggiungere altro, si congedò.
Mentre gli altri parlottavano tra loro, osservai i quattro quadri che decoravano quella sottospecie di sala d'aspetto. Erano insignificanti come li ricordavo. Presi posto sul divano di pelle e sbuffai. Ero pronta ad accedere alla Sala Circolare?
-Non sarà facile, lì dentro- mi avvertì Derek. -Il tuo buon nome ti garantisce credibilità, ma non una posizione vera e propria. La riunione potrebbe trasformarsi in un interrogatorio, sia per te sia per me. Mi credono un assassino. Dobbiamo rigirare l'accusa a Richard, ma non sarà così semplice. Alcuni dei membri sono dalla sua parte, come il padre di Emily. Prepariamoci al peggio.-
-Pensi che Ryan si schiererà dalla nostra parte?- domandai d'impulso. La vecchia me non avrebbe neanche posto la domanda, ma la nuova me conosceva fin troppo bene la risposta.
-Se gli è rimasto ancora un briciolo di intelligenza, spero proprio di sì.-
Chiusi gli occhi e focalizzai i miei pensieri sulla vendetta. Dovevo rimanere concentrata e non lasciar spazio al mio istinto fraterno che mi urlava a gran voce di prendere Ryan per i capelli e trascinarlo lontano da quella realtà.
Il richiamo della segretaria giunse dolcemente alle mie orecchie. Devony e le due guardie rimasero indietro mentre lei accompagnava me e Derek al portone massiccio che conduceva alla sala delle riunioni.
Avevo la netta sensazione che fare il mio ingresso in quel luogo significasse superare il punto di non ritorno. Non ebbi modo di ripensarci che la porta fu aperta. Una volta dentro, deglutii.
La Sala Circolare doveva il suo nome alla forma della camera stessa. La stanza, completamente in marmo, era piuttosto spoglia: le gradinate vuote erano disposte a cerchio, come spalti di un pubblico che forse una volta aveva avuto accesso alle riunioni; verso il centro, sempre in una composizione rotonda, c'erano le sedici poltrone di marmo destinate ai membri del Consiglio; sopra le nostre teste, regnava una visione cristallina del cielo. Non c'era un tetto, solo una copertura in vetro che separava la sala dall'esterno.
Il marmo bianco dominava la scena, interrotto solo dal suo corrispettivo rosso, utilizzato per i due posti privilegiati. C'era un freddo polare.
Altre tre entrate portavano alla sala. Proprio da quelle, fecero il loro ingresso gli altri consiglieri.
Mentre tutti prendevano posto, io e Derek ce ne stavamo in disparte. Appena anche Richard, accompagnato da Ryan, si avviò verso la sua poltrona, noi avanzammo al centro. O meglio, Derek avanzò. Io rimasi immobile a fissare mio fratello da lontano.
Il mio amato fratellino.
Guardami, guardami!
Il mio dolce fratellino.
Sono qui, proprio qui!
Alla fine, i nostri sguardi s'incontrarono. E io non riconobbi mio fratello. Nei suoi occhi non c'era traccia dell'innocenza che li aveva caratterizzati per così tanti anni, né della purezza del suo animo.
Mi sentii smarrita. Lo avevo perso per sempre?
-Tessa, vieni qui- la voce di Derek, che aveva preso il suo posto, mi richiamò alla realtà. Avanzai meccanicamente proprio al centro, in mezzo a quel circolo di gente che era pronta a giudicarmi.
Mio fratello rimase in piedi, accanto allo zio seduto su una delle poltrone rosse.
Attorno a me, sedici paia d'occhi mi scrutavano come fossi un animale da circo. Oltre ai Molloy, riconobbi altre facce: quella di Timothy Batchelor, con la sua calvizie in rapido processo di avanzamento, e quella di colui che intuii essere il padre di Emily Gentry, con la stessa pelle color cappuccino e le labbra rigonfie.
Una sola poltrona era vuota. La mia poltrona.
-Tessa Farrell e Ryan Molloy, mi sembra lecito domandarvi se confermate tutto ciò che è stato riportato sui giornali- esordì l'unica donna presente in sala, a parte me.
-Confermiamo- rispondemmo all'unisono io e mio fratello.
-Capirete bene che per noi siete una grande sorpresa, vi credevamo... Morti- intervenne un altro consigliere.
-Per fortuna, persino Richard Molloy è stato abbastanza ingenuo da crederlo. Si è accontentato di ammazzare i nostri genitori- ribattei, acida. Non sarebbe stata una chiacchierata piacevole, quindi tanto valeva mettere fin da subito le cose in chiaro.
La mia risposta suscitò un polemiche indignate da parte dei consiglieri, i quali cominciarono a discutere tra di loro e a pormi domande a raffica. Li ignorai.
Mi voltai verso mio fratello, ma lui aveva puntato gli occhi a terra. Richard Molloy manteneva un'espressione neutra, quasi di sufficienza, rivolta al resto dei suoi colleghi. Accanto a lui, Derek alzò una mano per zittirli.
I presenti si lanciarono occhiate eloquenti e si concentrarono nuovamente su di me.
-Tutti noi abbiamo personalmente conosciuto i tuoi genitori. Eugene Farrell era un esperto banchiere e si occupava anche dell'amministrazione dei soldi del Consiglio, oltre a farne parte personalmente. Era un uomo prestigioso. Credo di parlare a nome di tutti quando dico che era un esempio per gli abitanti di Surn.-
I consiglieri annuirono, confermando il discorso d'elogio pronunciato dall'anziano uomo.
-Abbiamo avuto modo di vedere anche tua madre. Una straniera, una bellezza così rara che addirittura un vecchio come me non poteva che apprezzare. Riguardo al suo carattere... non era ciò che definirei socialmente corretto, ma devo ammettere che sapeva distinguersi in modo alquanto originale.-
Il consigliere fece una pausa durante la quale si accarezzò la barba bianca e osservò mio fratello. Quando i suoi occhi tornarono su di me, si erano fatti severi.
-L'infedeltà di Josephine è nota nell'intera penisola, ahimè. E, a vedere il giovanotto accanto a Richard, direi che non ci sono dubbi: è il figlio di Ronald Molloy. L'età è quella giusta, l'aspetto è inequivocabile. Non pensavo che i miei occhi decrepiti avrebbero mai rivisto i due bambini scampati a quella tragedia!-
Le voci di assenso erano la conferma: mi credevano. Sospirai di sollievo, come se mi fossi tolta un enorme peso dalle spalle. Non ero più una ragazza senza nome.
Ero Tessa Farrell, figlia di Eugene Farrell, sua unica erede. E quella maledetta poltrona vuota mi spettava per diritto di nascita.
-Comunque, ci sono tante cose che non capisco. Derek ci ha spiegato il vostro ritrovamento, ma mi sfugge il motivo di tanta segretezza- disse il signor Gentry. Che vigliacco! Ero certa che proprio lui sapesse tutto benissimo!
-Davvero ti sfugge? Perché non chiedi delucidazioni alla tua dolce figliola?- risposi con un sorriso velenoso.
-In realtà, anch'io sono dell'avviso che la vostra storia sia piena di lacune- convenne uno dei consiglieri. A lui, si unì un coro di dubbiosi.
Nemmeno Derek riuscì a zittirli, questa volta. Le loro domande mi piombarono addosso a raffica, finché quasi me le sputarono contro.
Come vi siete salvati?
Perché tu e tuo fratello vi siete separati?
Perché hai deciso di venire allo scoperto solo adesso?
Inevitabilmente, vennero a galla anche le accuse contro Derek. Grazie al cielo, quell'argomento fu liquidato alla svelta perché, a detta di uno dei consiglieri e di Derek stesso, la Sala Circolare non era un tribunale e quello non era un processo.
Io non ne ero troppo convinta.
-Richard Molloy- dissi. Nessuno mi prestò ascolto.
Che massa di imbecilli. Continuavano a porre domande, ma non sembravano affatto intenzionati a sentire le risposte.
-Richard Molloy!- gridai per farmi udire. Funzionò alla grande. La mia voce riempì la sala e risuonò sulle pareti, ammutolendo tutti.
Mi ero stancata di rimanere impalata lì, accerchiata da gente che non aveva la minima idea di ciò che avevo passato. La soluzione era così lampante... Stavamo solo perdendo tempo.
-Richard Molloy è la causa di tutto. È lui il motivo di tutte le mie disgrazie. È colpa sua se sono orfana. È colpa sua se ho passato più di metà della mia vita a lottare per arrivare al giorno dopo. È colpa sua se mio padre non siede qui con voi, oggi- spiegai con tono fermo.
Il diretto interessato non fece una piega.
-Le tue accuse sono gravi, ragazza...-
Scoppiai in una risata isterica. Volevano prendermi in giro? Lo sapevano meglio di me che avevo ragione!
-Gravi? Quel verme ha tentato di uccidere Ryan per sbarazzarsi del legittimo erede dei Molloy! Non è un caso se una ventina di uomini armati hanno fatto fuori la mia famiglia! Come potete essere così ciechi?- ribattei, esasperata.
-Tessa...- mi richiamò Derek, ma feci finta di non sentirlo.
Ero furiosa e frustrata. I crimini di Richard erano talmente palesi che mi sembrava assurdo doverli ripetere ad alta voce!
-Se ciò che dici è vero, come mai Ryan è venuto con suo zio e non con te?- domandò il signor Gentry, con fare innocente e perplesso. Falso, falso idiota!
Spalancai la bocca e la serrai immediatamente. Cosa potevo rispondere? E perché quel deficiente di mio fratello non spiccicava neanche una parola?!
-È stato manipolato. Era confuso- lo giustificai. -Ha fatto una scelta sbagliata, ne è consapevole. Ma siamo qui per rimediare. Io avrò il mio posto nel Consiglio, Richard avrà quel che si merita e noi torneremo una famiglia unita. Vero, Ryan?- mi rivolsi direttamente a lui, con un tono a metà tra il tenero e il disperato. Volevo mio fratello indietro. In quel momento, non desideravo altro che prenderlo per mano e portarlo fuori di lì. Abbracciarlo. Bearmi del suo affetto.
Di' qualcosa, ti prego. Qualsiasi cosa.
Per un attimo, per un attimo soltanto, i suoi occhi incontrarono i miei. Avrei giurato che stesse per dire qualcosa. Ma qualunque cosa fosse, non lasciò mai la sua bocca. L'unica risposta che ricevetti fu il silenzio assordante della sconfitta.
E, a quel punto, mi resi conto che nulla aveva più senso. Per cosa stavo lottando, se mio fratello non lottava con me? Se colui che dovevo salvare si era trasformato nel mio nemico, la battaglia era persa in partenza. Non potevo combattere contro chi avrei dovuto proteggere.
Un ghigno di conquista si dipinse sul volto di Richard.
Fu allora che non riuscii a trattenermi. Non ne potevo più.
-Tu! Vile essere immondo! Cosa gli hai fatto?! Come lo hai ridotto?- urlai, avvicinandomi minacciosamente a quello schifoso. Alle mie spalle, avvertii diversi movimenti, ma li ignorai. Il mio obbiettivo era Richard, al diavolo il resto. La vendetta era tutto ciò che mi rimaneva. Se gli altri me la negavano, allora me la sarei fatta da me.
-Mi hai portato via la mia famiglia, dannato stronzo! Muori!-
Con la mente offuscata dall'odio, mi gettai su Richard Molloy, intenzionata a strangolarlo. O almeno a fargli molto male.
Fui fermata prima di arrivare all'obbiettivo: gli altri consiglieri mi afferrarono da dietro e mi trascinarono fuori, mentre si creava una gran confusione.
L'ultima cosa che vidi, furono gli occhi celesti di Ryan.
Infine, fui cacciata dalla Sala Circolare.
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