31 - Profumo di morte

Devony lasciò la villa il giorno seguente, promettendo di farsi vivo ogni tanto e di pubblicare l'articolo entro una settimana. 
La notizia, secondo lui, si sarebbe estesa a macchia d'olio su tutti i giornali di Surn; di conseguenza, presto ogni singolo abitante della penisola avrebbe conosciuto il mio nome e la mia storia.

Il mondo con cui non volevo avere niente a che fare stava per ficcare in naso nella mia vita fino a diventarne parte. La quiete del bosco non era che un ricordo lontano, la palla di vetro costruita attorno a me e Ryan era stata distrutta da tempo.

Avevo la sensazione di star perdendo di vista l'obbiettivo iniziale. Mio fratello era stato il centro dei miei giorni per così tanti anni, che non averlo più al mio fianco mi disorientava.
Adesso la mia esistenza non girava solo attorno a lui. La vendetta occupava gran parte dei miei pensieri, ma non era tutto.

C'era Derek.
Il nostro rapporto aveva condizionato le mie scelte, le mie azioni. Aveva addirittura lenito il mio istinto selvaggio. Beh, non proprio lenito, ma quantomeno contenuto.
Derek non era un uomo perfetto, come avevo pensato all'inizio. Era ricco, potente e affascinante, ma tutte queste cose non sempre si erano rivelate qualità utili. La ricchezza lo aveva allontanato dalla famiglia, il potere gli aveva scaricato addosso troppe responsabilità, il fascino lo aveva portato tra le braccia di Emily -le stesse braccia che adesso lo braccavano al Consiglio.

Ma più di ogni altra cosa, Derek era il mio compagno in tutto e per tutto. Sebbene fossimo diversi, c'era una forza invisibile a tenerci uniti. Lo capivo dai nostri occhi, che si trovavano anche al buio. Lo intuivo dal disperato bisogno che avevamo l'una dell'altro. Lo avvertivo dai brividi che scuotevano i nostri corpo quando ci sfioravamo.

Il nostro era un legame simbiotico, al limite dell'incredibile.
Non era facile spiegarlo a parole. Era il genere di sentimento indescrivibile che si poteva solo vivere.

Perché se da fuori sembravamo pronti a saltarci alla gola, dentro bruciavamo come lava.

Derek era possessivo con me. Il suo tenermi segregata, il suo volermi difendere a ogni costo, la sua ossessione nei miei confronti... Piano piano avevo imparato a interpretarne i segnali.
I suoi baci e le sue carezze erano imperativi. Aveva come la necessità di prevalere sulla mia persona, di farmi capire con le buone o con le cattive che il mio posto era accanto a lui.
Paradossalmente, la mia naturale propensione alla libertà era ciò che che più lo teneva legato a me.
Entrambi provavamo un piacere malato sapendo che, nel bene e nel male, ci saremmo sempre ritrovati. Lui sarebbe potuto diventare un dittatore tiranno o io una fuorilegge fuggitiva, ma alla fine ci saremmo ricongiunti. Non c'erano catene, non c'erano vincoli; ma esisteva qualcosa di più profondo della chimica e del destino che ci riportava inevitabilmente a fonderci.

Le sue emozioni erano le mie, i suoi desideri corrispondevano ai miei. I nostri sentieri di vita erano diversi, eppure li percorrevamo con lo stesso passo, mano nella mano.
Non ci eravamo scelti. Eravamo nati per essere una cosa sola.

Per me, per la ragazza che ero stata e per quella che ero, accettare che quel vortice di nuove sensazioni mi inghiottisse non era da poco.
Io, che amavo la solitudine è disprezzavo le persone, ero diventata parte del loro vivere.

Era stato più facile adattarsi alla vita nel bosco che a quella alla villa. Eppure eccomi lì, compagna dell'uomo più potente di Surn in lotta col secondo.

Ero ancora convinta che combattere contro i lupi fosse meno rischioso.

***

Una mattina nuvolosa di un paio di giorni dopo, mi trovavo nella camera di Derek, comodamente appollaiata su una poltrona.
Avevo passato la notte con lui e mi ero risvegliata al suo fianco: una routine a cui ero segretamente affezionata.

Adesso, mentre lo guardavo indossare i pantaloni e passarsi una mano tra i capelli con fare nervoso, mi domandavo stupidamente cosa ci riservasse il futuro.
L'idea di un domani insieme mi appariva lontana, troppo astratta per afferrarne anche solo il pensiero. C'erano un milione di ostacoli tra noi e una vita di coppia felice. La strada era lunga, la meta incerta.

Derek, rimasto a petto nudo, andò alla scrivania e sfogliò alcuni documenti riguardanti i suoi affari. Fece roteare il collo, ad occhi chiusi, e sospirò sonoramente.

Qualcuno si era svegliato di malumore. Come sempre.

L'unica volta che l'avevo visto fresco e sereno di prima mattina, risaliva alla nostra gita nel bosco. Forse avrei dovuto proporgliene un'altra, quando si fossero calmate le acque.

-Ci sono problemi?- chiesi, cauta.

-Sto perdendo la mia posizione, Tessa. Non c'è una bella aria al Consiglio del Cielo. Maledetta Emily! I membri diventano sospettosi, trasformano Richard nell'agnello indifeso e me nel leone cattivo. Come se non sapessero che razza di bestia sia quell'infame!- sbottò, infastidito dalle sue stesse parole.

-È colpa mia- dissi subito. -Emily vuole colpire me, non te. Ricordi? Ha detto che non avrebbe fatto nulla per nuocerti.-

Derek sbuffò, inquieto. I muscoli delle spalle erano irrigiditi, il corpo scosso da tic di poco conto. Continuava a spostare il peso da un piede all'altro, a massaggiarsi distrattamente la nuca, a muovere le braccia da una posizione all'altra.

-Quando la notizia del ritorno di Ryan sarà pubblica, Richard si troverà di nuovo in difficoltà, vedrai- tentai di consolarlo.

-Ryan è pur sempre dalla sua parte.-

... E fallii miseramente. Non aveva tutti i torti, ma io ero sicura che quell'articolo di giornale avrebbe smosso qualcosa.

Gettai la testa all'indietro e chiusi gli occhi. Ormai dormivo senza riposare davvero e il mio fisico ne risentiva. Avevo un gran mal di testa già al mattino, e tutto quel parlare di Richard e compagnia bella non faceva altro che peggiorarlo.

Spalancai le palpebre non appena sentii il fiato di Derek sul collo, dove stava posando un bacio delicato.
Intrecciai le dita tra i suoi capelli e mi avvinghiai a lui con le gambe, completamente intenzionata a mettere da parte i problemi e far spazio ai piccoli piaceri della vita.

Derek mi sollevò dalla poltrona e mi baciò il mento prima di avventarsi voracemente sulle mie labbra.

Subito dopo, con lo stesso impeto con il quale si era precipitato sulla mia bocca, si staccò da me e arretrò di qualche passo.
Aveva un aspetto strano che non avevo mai visto sul suo volto. Il suo petto si muoveva ritmicamente su e giù, preso dall'affanno della foga, e i suoi occhi mi guardavano come se potessero divorarmi.

Nonostante si fosse allontanato come scottato da qualcosa, riuscivo quasi a vederlo fremere per riprendere il contatto con la mia pelle.

Ma che gli prendeva?

Incrociai le braccia sul petto e sollevai un sopracciglio, in attesa.

-Tessa,- si schiarì la gola -è meglio che tu vada.-

Per poco non scoppiai a ridere. Eravamo davvero tornati al punto in cui lui faceva un passo avanti e poi si tirava indietro?

-E spiegami, di grazia, per quale motivo dovrei?- domandai tra i denti, in un falsissimo sorriso irritato.

-Mi distrai- rispose, serio.

Mi avvicinai a lui, al limite dell'incredulità, e gli puntai un dito contro il petto. -Sei idiota o cosa? Tu mi sei saltato addosso! Non puoi...-

-Sto impazzendo, Tessa- m'interruppe. Qualcosa nel tono della sua voce mi costrinse a lasciar cadere il braccio lungo il fianco. -Letteralmente. Il mio impero e la mia famiglia sono costantemente a rischio, mia sorella è incinta del mio peggior nemico, la mia ex tenta di seminar tempesta nel Consiglio, persino la mia guardia del corpo dà segni di ribellione nei miei confronti. Ho sempre vantato una compostezza unica, una rara freddezza e una figura ferma. Poi vedo te e divento pazzo! Pazzo, santo cielo!-

Era... Infuriato? Combattuto? ... O era sul serio impazzito? Non l'avevo mai visto così... Sinceramente scosso.

-Il mondo si sgretola pian piano e io ho talmente tante di quelle cose in testa... E poi ci sei tu, dannazione. Mi distrai, sono quasi sul punto di mandare a farsi benedire tutto quello che ho costruito per anni! E non solo perché ho voglia di portarti per l'ennesima volta su quel letto, ma perché io ti...-

Un grido agghiacciante mandò in frantumi le sue parole.

I miei sensi, che si erano momentaneamente intorpiditi per il suo folle discorso, tornarono all'erta.

Era stata Mila a strillare.

Alle urla era seguito il rumore di tazze rotte, così vicino a noi che non ebbi dubbi sulla sua provenienza.

-Mara!- sussurrò Derek nello stesso istante in cui si mosse verso la porta.

Lo seguii correndo nel corridoio, e con me anche Blake e Cole. Avevo un orribile presentimento.

Arrivato nella stanza della sorella, Derek si immobilizzò all'improvviso. Per poco non gli finii addosso. Entrai anch'io e i miei occhi guizzarono verso la domestica, paralizzata sul posto. Ai suoi piedi, un vassoio e il suo contenuto.

Nell'aria c'era un odore familiare.

Sul letto illuminato dal sole, c'era Mara. Sotto di lei, un lago di sangue.

Blake corse via, probabilmente a cercare un dottore. Derek ordinò qualcosa a Cole e insieme sollevarono il corpo di Mara, inerme e immobile, per trascinarlo fuori di lì.

Osservai attonita la veste rosa della donna, ora zuppa di sangue, gocciolare rosso sul pavimento immacolato. Il viso era cinereo, le braccia penzoloni e i capelli scompigliati dal sonno.

Pensai, con orrore, che fosse morta.

Prima di uscire, la guardia mi rivolse un'occhiata di severa urgenza.
Rimasi sotto shock per qualche secondo, incapace di muovermi e ragionare, mentre i singhiozzi di Mila spezzavano il silenzio tombale caduto nella stanza.

Il materasso era ricoperto di sangue, lo stesso che tracciava il tragitto sul pavimento.

Non avevo notato alcuna ferita sul corpo di Mara. Sapevo da dove proveniva l'emorragia.

Le complicanze dovute gravidanza l'avevano portata a... Quello.
Possibile che le medicine non avessero sortito nessun effetto?

Guardai Mila, stravolta e tremante, che fissava il letto con gli occhi appannati dalle lacrime. Abbassai lo sguardo per terra, dove si era rovesciato l'inconfondibile sciroppo verdognolo prescritto dal medico. Accanto ad esso c'era un croissant e una tazza rotta dalla quale proveniva un altro liquido.

Era l'intruglio che la domestica preparava quotidianamente per lenire i dolori di Mara. Il suo odore m'investì con prepotenza le narici, innescando un rapido meccanismo di memoria nel mio cervello.

Ruta. Era ruta. E cannella e altri ingredienti che non riconoscevo col semplice olfatto.

Ma la chiave era la ruta. Conoscevo quella pianta, era piuttosto comune in tutta Surn, ma non l'avevo mai presa in considerazione. Non conoscevo le sue proprietà, non avevo avuto occasione di usarla in nessun modo.

Qualcuno, però, aveva provato a vendermela. Ricordavo la donna tutta fronzoli della piccola bottega a Resal, colei che mi aveva offerto quella specie di pozione per liberarsi di figli indesiderati.

L'aroma era così simile...

Una tazza al giorno di un miscuglio micidiale e presto il problema sparirà com'è venuto, erano state le sue parole.

Realizzai alla svelta l'atroce verità: Mara era stata avvelenata.

Rialzai gli occhi su Mila, che adesso ricambiava lo sguardo. Era terrorizzata e mortificata. E io non provavo alcuna pena per lei.

-Sei stata tu!- l'accusai. La realtà era amara sulla mia lingua, troppo orribile per poterla accettare.

Ebbi la conferma dei miei sospetti quando sentii distintamente il suo respiro smorzarsi e vidi la sua faccia perdere il colorito purpureo che le apparteneva.

Mila scappò via e io non mi presi la briga di rincorrerla. Ero traumatizzata.
Ecco cosa aveva cercato di dirmi Cole con gli occhi! Lo aveva capito nell'istante in cui aveva messo piede nella stanza. Aveva sospettato della domestica per settimane, aveva notato i suoi atteggiamenti bizzarri ma non aveva mai avuto abbastanza prove per accusarla concretamente.

Le mie ginocchia cedettero sotto il peso della dura scoperta.

Perché? Perché Mila aveva agito in quel modo? Stava dalla parte di Richard? E se anche fosse stato, che motivo avrebbe avuto per uccidere suo figlio?

Avevo letto chiaramente i sensi di colpa nella sua espressione afflitta, ma ancora non riuscivo a crederci.

Non aveva senso! Non aveva nessun senso!

Mi tirai su a fatica, schiacciata dallo sconvolgente macigno di quell'avvenimento. Mi imposi di non guardare il sangue e di ignorare il profumo del letale veleno, e uscii in corridoio.

Tutti i dipendenti della villa erano in fermento, agitati dal tragico evento. Quando vidi alcuni camerieri dirigersi verso la stanza di Mara, seppi che non avrebbero mai ripulito dalla mia memoria le immagini di quel disastro.

Chiesi informazioni sulla salute della povera sventurata, ma nessuno sapeva niente. Derek aveva portato la sorella in ospedale, questo era quanto.

E Mila era scomparsa.

***

Era ormai notte. L'ora di cena era passata da un pezzo e ancora non avevo notizie di Mara. Camminavo avanti e indietro nella hall, coi nervi a fior di pelle e l'agitazione alle stelle.

Un maggiordomo si affrettò a scendere le scale e aprì il portone, lasciando entrare due uomini.

Blake e Devony. 

Il primo era stravolto, ma si stava sforzando di mantenere la calma. Il secondo, invece, non doveva sforzarsi affatto: era tranquillissimo. 

-Come sta?- pronunciai lentamente, incerta sul voler sapere la risposta.

Blake scosse la testa, palesemente turbato. Al posto suo, parlò il fratello: -In bilico tra la vita e la morte. A occhio e croce, direi che oscilla di più verso la seconda opzione.-

Lo guardai con disprezzo, odiandolo per la semplice schiettezza della sua risposta. Non gliene importava un accidenti di Mara.

-Ha perso il bambino- aggiunse la guardia, sottovoce. 

Aprii la bocca senza emettere suono e la richiusi, sconfitta. Non c'era niente da dire. Strinsi i pugni e lottai contro l'impulso di prendere a pugni la faccia rilassata di Devony per sfogare la rabbia. 

-Perché sei qui?- lo attaccai con una nota di disperazione nella voce. Avevo la gola secca e la nausea. Il bambino era morto e forse a Mara sarebbe spettata la medesima sorte. E quell'idiota di Devony era fresco a pacato come un bocciolo di rosa!

-Per fare il mio lavoro, Tessa: scoprire la verità- replicò semplicemente. Perfetto, ci mancava solo un investigatore improvvisato. 

-Mila ha avvelenato Mara. Eccoti la tua verità, contento?- sbottai, esasperata.

-Non proprio. Vedi, ho la cattiva abitudine di pormi più domande del necessario. Perché l'ha fatto? E dov'è adesso?- Il giornalista sorrise con malizia. -La giovane domestica è una personcina piuttosto curiosa, addirittura intrigante. Le sue attività extralavorative sono alquanto interessanti.-

-Attività extralavorative?- Strinsi gli occhi con fare interrogativo, spostandoli da Blake al fratello e viceversa. Poi capii. -Quello che facevate nella mia stanza- sussurrai più a me stessa che agli altri. -Stavate indagando su di lei.-

La guardia annuì.

-Ma perché proprio nella mia stanza?-

Mi portai una mano al collo, massaggiandolo nervosamente. Mila aveva tentato di avvelenare anche me?

-La tua stanza da letto era la nostra base operativa, per così dire. Il vero letto che ci interessava era quello della camera accanto alla tua.- Se quella era una spiegazione, io non ci avevo capito un accidenti.

-La camera di Ryan?-

-Oh sì, proprio quella. Direi proprio che tuo fratello vi è affezionato... Abbastanza da tornarci di tanto in tanto- sogghignò Devony.

Sbattei le palpebre un paio di volte prima di recepire il messaggio. -Ryan è stato qui?-

-Esatto. Lui e Mila hanno una sorta di relazione segreta, suppongo. La portano avanti anche fuori dalla villa.-

No. No no no no! Assolutamente no! Era assurdo, impossibile! 

-Tu blateri- lo liquidai con una mezza risatina nervosa. Non poteva essere vero. Non lo era.

-Derek lo ha sempre saputo, ovviamente. Motivo per cui ha chiuso un occhio per permettere a tuo fratello di penetrare nella villa; e non solo nella villa, bada bene. Sperava di carpire informazioni su Richard da Ryan. Purtroppo per noi, però, il ragazzo non incontrava Mila per piacevoli chiacchierate sui Molloy.-

-Stai dicendo che...- Deglutii. Non riuscivo a crederci.

-Ryan e Mila sono amanti.-

Mio fratello e la domestica. Era un incubo?

Quante cose succedevano attorno a me senza che io ne sospettassi l'esistenza? Perché nessuno mi diceva mai niente? 

-Sembra che tu sia sul punto di svenire, Tessa. Vai a riposarti- mi consigliò Blake. Non ebbi il coraggio di ribellarmi. Avevo davvero bisogno di dormire.

Al risveglio, magari, avrei realizzato che si era trattato di un brutto sogno.

***

Il mattino seguente, le urla disperate di una donna mi riportarono bruscamente alla realtà che, al contrario di quanto aveva sperato, corrispondeva precisamente al brutto sogno. 

Il mio cuore sobbalzò: era la voce di Mara. Schizzai fuori dalle coperte e mi precipitai nella hall, dove Derek e un dottore si stavano affannando per tenere ferma la donna sulla sedia a rotelle.

Era irriconoscibile: il viso bianco sembrava invecchiato di una decina d'anni, la meraviglia e la freschezza del suo sguardo erano sparite; gli occhi arrossati erano cerchiati di viola, le labbra erano screpolate; i capelli flosci le davano un'aria tetra. Un fiume di lacrime le bagnava le guance e le scorreva giù dal mento per tuffarsi sulla veste avorio. 

Le grida erano quasi disumane. Era dolore puro. 

Pensavo di avere visto fin troppa sofferenza nella mia vita, ma quella che avevo davanti andava oltre ogni immaginazione. L'allegra ragazza alla quale ero abituata pareva un fantasma. Non solo per l'aspetto, ma anche per ciò che vedevo nei suoi occhi: vuoti, senza nessuna luce. La Mara che conoscevo era scomparsa. Un dolore che andava ben oltre quello fisico si manifestava in tutta la sua distruzione ad ogni singhiozzo, a ogni parola urlata e dissolta nell'aria.  

Per un tempo indefinito il suo pianto straziante riecheggiò nell'ingresso, come un'eco di morte; era un richiamo per il figlio non nato che non avrebbe mai stretto tra le braccia.

Vederla in quello stato mi fece sentire completamente e inesorabilmente impotente. Nulla di ciò che conoscevo avrebbe aiutato Mara a lenire, anche in minima parte, ciò che le lacerava l'anima.

Una donna devastata a cui era stata strappata l'occasione di diventare madre. 

Non riuscivo a sentirmi sollevata. Dopotutto lei era lì, viva per miracolo. Eppure non vedevo nulla di miracoloso nel suo tragico tormento.

Che il suo cuore battesse ancora, non aveva la minima importanza. Quel giorno, una parte di Mara era morta.

Ci vollero quattro uomini per trascinarla su per le scale, nella sua stanza. Il dottore le somministrò dei tranquillanti e le prescrisse delle medicine per guarire in fretta. Non era ancora del tutto fuori pericolo. 

Derek rimase al capezzale della sorella per ore, tenendole la mano e vigilando su di lei. 

Non feci domande ed evitai d'intromettermi in quel momento così delicato. Cole e Blake si fecero da parte. Persino Devony tenne a freno la lingua. 

L'atmosfera lugubre regnò sulla villa per tutto il giorno, fin quando, alla sera, qualcuno varcò il cancello e quasi sfondò il portone.

Richard Molloy interruppe la pace mortale della casa e si diresse da Derek.

Lo seguii senza fiatare, in un'ansia trepidante che presagiva guai. Vidi i due uomini scambiarsi un'occhiata eloquente; il primo d'accusa e il secondo di sconfitta.

Poi, sotto lo sguardo silenzioso di Derek, Richard Molloy portò via sua moglie.




_________

Note:

Ringrazio cat_79 per avermi aiutata ad esprimere, attraverso gli occhi di Tessa, il dolore di Mara. Mancava poco che facesse piangere pure me ç_ç 

Che sta combinando Mila? 

E... Mila e Ryan? Sul serio? Non ci credevo nemmeno io quando l'ho scritto. E quei due fanno boom boom nella stanza accanto a Tessa. Che schifo.

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