28 - Dubbi
Un guaito.
Un tonfo sordo.
Mr Bones morto.
Osservai come un'estranea il susseguirsi di eventi: la mia scorta che immobilizzava Richard, lui che non opponeva resistenza, la pistola ancora fumante che gli cadeva dalle mani, la sua risata velenosa.
Blake che mi toglieva l'arco e le frecce e chiamava il mio nome. Una decina di uomini che sbucavano dai vicoli. Gli uomini di Richard. Gli uomini di Richard che scaraventavano i miei compagni a terra e formavano una barriera umana attorno al loro capo.
Una goccia di sangue che mi scendeva lungo la fronte, fino a cadermi tra le ciglia. Il sangue di Mr Bones. Il suo corpo esanime ai miei piedi.
Non provavo rabbia, solo un'immensa malinconia. Mr Bones era stato un amico fedele, l'unico che avessi mai avuto. Un vecchio ammasso di pulci che mi seguiva ovunque. Non era cresciuto in casa mia, non vi aveva messo zampa in tanti anni. La strada era la sua dimora, come per me lo era il bosco. Non condividevamo nulla, eppure eravamo simili. Due reietti che si accettavano a vicenda. E questo bastava a renderlo un essere speciale.
Il suo corrermi incontro, con la lingua penzolante e la coda in festa, mi alleggeriva la giornata, mi faceva credere che ci fosse qualcosa di buono nella mia vita.
E ora Mr Bones non avrebbe scondinzolato più.
Mossi le mani tremanti verso il cane e lo sollevai da terra, imbrattandomi i vestiti di quel rosso viscoso. Guardai Richard negli occhi. E lui cessò di ridere.
Mi allontanai lungo il viale, sotto gli sguardi diffidenti e impauriti degli abitanti di Old Rooster. Di sicuro non avevano mai assistito a una scena simile. Era gente rozza e piuttosto acida, ma non violenta.
Un bambino, i cui genitori odiavano Mr Bones, scoppiò a piangere non appena vide il cane privo di vita tra le mie braccia.
Mi lasciai alle spalle Richard, Blake e il paese, e tornai nel bosco, nella radura. Adagiai il corpo immobile su un masso e recuperai una vecchia pala dalla casetta. Scavai una fossa nel terreno, intenzionata ad arrivare in profondità, dove la terra non poteva più essere smossa e la roccia impediva la discesa.
Quando riemersi dalla buca, erano passate ore. Le mani e la schiena mi facevano male, i capelli erano sporchi di sudore e terra. La radura era stranamente silenziosa, o forse il mio cervello si era annullato e non percepiva più i suoni.
Sistemai Mr Bones nella fossa e iniziai a coprirlo, sperando in cuor mio che quegli strati di terra lo tenessero lontano da ciò che si trovava in superficie. Assieme a lui, sotterrai un pezzetto di me.
Non dissi alcuna preghiera, non piantai nessun fiore. Sapevo che il bosco si sarebbe preso cura di lui come aveva fatto con me.
Alzai gli occhi al cielo, ormai violetto. Respirai quell'aria familiare e svuotai la mente.
Udii dei passi. Socchiusi le palpebre.
-Tessa... Mi dispiace- la voce di Blake era dolce e triste. E piena di urgenza. -Dobbiamo andarcene- disse.
-Sì,- concordai -dobbiamo.-
Non vedevo né lui né le altre guardie alle mie spalle, ma potevo immaginare le loro espressioni stupite.
Blake si schiarì la gola. -Raccogli le tue cose, partiremo all'alba.-
-Partiamo adesso.-
-Non c'è tutta questa fretta. Derek è già stato informato. Ci aspetta a Zelum solo domani pomeriggio.-
-Non andremo a Zelum.- Mi voltai per assaporare la sorpresa nei suoi occhi. -La nostra meta è un'altra. La mia lo è, almeno. Siete liberi di scegliere se seguirmi o no.-
-Se vuoi andare a Rout Orbis, sappi che...-
-Resal: è lì che devo andare.-
-Devi? E perché?-
-Ho ricevuto un invito. Di' a Derek di chiedere conferma a Mara. Ma non aspetterò il suo consenso, sappilo.-
Entrai in casa, lasciando Blake incerto sul da farsi. Percorsi il corridoio bianco, alimentando il mio odio per Richard a ogni passo, e raggiunsi la mia stanza. Guardai il mio riflesso nello specchio nuovo di zecca e trattenni a stento l'impulso di mandarlo in frantumi con un pugno. Il mio viso, macchiato di sangue innocente, era una visione terribile.
Preparai la valigia e lo zaino, curandomi di tener fuori un vestito color crema e un cappello abbinato. Le tre guardie che avevano dormito lì quella notte, entrarono per sistemare le loro cose e -probabilmente- per tenermi d'occhio. Blake mi comunicò che i due uomini mancanti avrebbero raggiunto Zelum solo il giorno dopo per informare il padrone della mia partenza. Sospettai che ci fossero metodi più veloci per fargli arrivare la notizia, ma che Blake avesse deliberatamente deciso di regalarmi un po' di vantaggio sulla furia di Derek.
Mi concessi un rapido bagno al fiume per togliermi di dosso il sangue e la morte. Per un secondo, non di più, ebbi anche la tentazione di farmi trascinare via dalla corrente. Ma non potevo; c'erano troppe cose in sospeso.
Arrivammo a Cockscomb a piedi, all'ora di cena, giusto in tempo per l'ultimo treno diretto a Resal.
***
Dormii poche ore. Al mio risveglio, non eravamo ancora giunti a destinazione. Blake e le altre due guardie sonnecchiavano sui sedili del vagone, mentre il treno sfrecciava sotto le stelle che tardavano a nascondersi nell'aurora.
Mi frullavano talmente tante domande in testa che non riuscivo a concentrarmi sulle possibili risposte.
Richard era stato sincero nel dire che mi spettava un posto privilegiato nel Consiglio del Cielo? O aveva inventato menzogne su menzogne per farmi dubitare di Derek?
Perché Derek mi aveva tenuto all'oscuro di quella faccenda?
E soprattutto... Come faceva Richard a sapere che mi trovavo a Old Rooster, quel giorno?
Ryan poteva avergli detto della casetta nel bosco, ma di certo non aveva predetto il mio viaggio.
Strinsi i pugni, frustrata dall'assenza di risposte. Richard stava giocando con la mia mente, destreggiandosi in una tortura psicologica che mi distruggeva lentamente. E io non avevo idea di come ribattere.
I piani di Derek andavano a rilento, mentre quel dannato Molloy infieriva sulla mia vita.
Il treno rallentò. Mancava poco all'arrivo.
-Buongiorno, gattina.- Blake si stiracchiò sul posto e mi sorrise. -Che ne dici di dirmi dove siamo diretti?-
-Non se ne parla.- Gli lanciai un'occhiataccia e sbirciai fuori dal finestrino.
-Sai che me lo devi- replicò. Non c'era rabbia nella sua voce, piuttosto un pizzico di malizia. Beh, non aveva tutti i torti... In fin dei conti, mi stava coprendo. Il che significava che stava rischiando il posto di lavoro. Si era anche messo in mezzo quando Richard stava per sparare e, nonostante il colpo non fosse indirizzato a me, aveva lo stesso compiuto un gesto nobile.
Sospirai. -Timothy Batchelor. È lui che mi ha invitata.-
-Cosa?! Quel leccapiedi! Ma quando e perché?- Il volto di Blake era a metà tra lo schifato e l'incredulo.
-Al ballo. Devo... Ehm... Avergli fatto buona impressione.- Dubitavo che la buona impressione c'entrasse qualcosa col suo invito, ma non sapevo cos'altro inventarmi.
La guardia tirò un sospiro di sollievo. -Quindi ti conosce come Olympe Scott, meno male. Il padrone non sarebbe stato contento se tu avessi rivelato il tuo vero nome a qualcuno.-
Annuii, mentendo spudoratamente. Timothy era a conoscenza del mio vero nome, come dimostrava la lettera. Anche se non fosse stato lui a scriverla, il destinatario era ben leggibile sulla busta.
-Già, a quanto pare Derek vuole tenermi ben nascosta- dissi, seria.
Blake mi fissò dritto negli occhi. -Richard vuole solo mettere discordia tra te e il padrone.-
-Quindi non è vero?- domandai, speranzosa che la sua risposta mi togliesse un peso dal cuore.
Lo vidi accasciarsi contro lo schienale e distogliere lo sguardo. -Eugene Farrell faceva parte del Consiglio di Surn ed era davvero un uomo stimato. I posti privilegiati si ottengono in due possibili maniere: per eredità o per eccellente condotta. Tuo padre è stato l'unico, nell'ultimo mezzo secolo, a ottenere la carica per il secondo motivo.- Fece una pausa, pensieroso, poi riprese: -Non ho accesso alle riunioni del Consiglio, quindi non posso esserne certo, ma credo che sia possibile ciò che ha detto Richard.-
Dunque il maledetto Molloy non aveva mentito. Un posto nel Consiglio voleva dire ricchezza e potere. Ed entrambi spettavano a me per diritto di nascita. Il problema era che non potevo reclamarli da sola: nessuno avrebbe creduto a una selvaggia spuntata dal nulla.
A Derek sì, invece.
-Non farti abbindolare, Tessa. Il padrone avrà avuto sicuramente delle ottime ragioni per non dirtelo. Per proteggerti, ad esempio.-
Il treno si fermò alla stazione di Resal. Mi alzai in piedi e aprii le tendine.
-Mio fratello sarebbe ancora con me, se facessi parte del Consiglio. Potrei dargli quel che desidera e io avrei lui al mio fianco.-
Scesi dal treno, dando un taglio netto al discorso. Avrei avuto tempo per risolvere quella questione, adesso dovevo occuparmi di altro.
Gli uomini presero i bagagli e Blake ci procurò una carrozza. Quando mi porse lo zaino, frugai al suo interno e ne estrassi tre pugnali nei rispettivi foderi. Infilai i più grandi negli stivali e il più piccolo in una tasca nascosta tra le pieghe della gonna. Non potevo andare in giro armata. Non evidentemente armata, almeno.
Blake ridacchiò sotto i baffi e si caricò lo zaino in spalla al posto mio.
-Olympe Scott è una donna pericolosa, gattina! Soprattutto è una donna. Hai paura che Timmy non gradisca il tuo abbigliamento più sbarazzino?-
-Hai detto bene. Sono Olympe, non Tessa.- Lo fulminai con lo sguardo e, saliti sulla carrozza, mi rivolsi al cocchiere: -Al palazzo dei Batchelor, per favore.-
-Si può sapere cosa vuole da te Timothy?- curiosò Blake.
-Stiamo per scoprirlo.-
-Aspetta un secondo... Avevi pianificato tutto sin dall'inizio, non è così? Altro che relax! La tua meta era Resal fin dal principio!-
Scrollai le spalle e mi cimentai in una sua imitazione: -Beccata.-
-Il padrone mi ucciderà per averti permesso di fare una cosa simile- sbuffò. -Sappi che se Timmy vuole ingraziarsi Olympe Scott o infilarsi nella sua biancheria intima, io scappo da Surn e mi rifugio nei boschi. Tengo alla mia pelle.-
-Va bene. Potrei darti qualche lezione di sopravvivenza.-
-Tessa, non sto scherz--...-
-Olympe. Mi chiamo Olympe. Vedi di ricordartelo- lo corressi.
-D'accordo, Olympe, ma non fare stupidaggini o dovrai convivere con la mia testa mozzata sulla coscienza.-
***
Resal era più piccola rispetto a Rout Orbis, ma le loro differenze finivano lì. Era anch'essa una città mercantile, piena di gente proveniente da ogni dove che vendeva merce di tutti i tipi. Era meno affollata dell'altra, ma sempre confusionaria. Le botteghe non erano fisse, i negozi consistevano in un ampio mercato mobile, come un'enorme carovana ambulante. Gli abitanti si distinguevano dalle altre persone per il loro forte accento, caratteristico del nord di Surn. La cosa più buffa erano le casette circolari che riempivano le vie, facendo sembrare la città un insieme di cilindri.
Il palazzo Batchelor non faceva eccezione. Largo e non troppo alto, distava diversi isolati dal fulcro della vita cittadina. Ai ricchi piaceva un'atmosfera più riservata e raffinata, lontana dal chiasso dei commercianti.
Ordinai a una delle guardie di rimanere nella carrozza ad aspettarci coi bagagli e c'incamminammo verso l'entrata della casa di Timothy. Ci accolse un cameriere dall'aspetto burbero e rigido, il quale ci intimò di restare immobili finché non fosse tornato col consenso del suo padrone per farci entrare.
Tale consenso giunse abbastanza in fretta, e fummo invitati ad accomodarci. Lo stesso simpaticone di prima ci accompagnò in un salottino privato, nel quale Timothy Batchelor ci stava aspettando.
Basso e prossimo alla calvizia: era esattamente come me lo ricordavo. I suoi occhietti acquosi indugiarono sulla mia figura per più tempo di quanto la legge avrebbe dovuto permettere, poi si spostarono sui miei accompagnatori.
-Olympe Scott, che piacere rivederla!- Non aveva usato il mio vero nome -come avevo previsto - nonostante fossi certa al mille per mille che lo conoscesse. Il motivo era lampante: non ero sola e lui non si fidava della mia scorta.
-Signor Batchelor, il piacere è tutto mio- replicai. Era strano, certo. Aveva riposto fiducia in Mara, consegnandole la lettera col mio nome, ma non faceva lo stesso con Blake e l'altro scagnozzo.
Una persona, che fino a quel momento non avevo notato, si mosse in direzione del padrone di casa. Impiegai qualche secondo a capire che si trattava di una donna. Indossava abiti larghi e coprenti, che non lasciavano nemmeno un centimetro di pelle esposta. Sulla testa vi era un copricapo dal quale scendeva un lungo velo semitrasparente fino al petto. La faccia, così, era nascosta. In realtà, era tutta nascosta.
-Ci vede?- domandai d'istinto.
Timothy non la guardò neanche. Sorrise e rispose: -Sì, ci vede. Quel velo è di un materiale molto raro, sa? Raro quanto la bellezza di mia moglie.-
Dunque, era sua moglie. Che coppia vincente: un topino stempiato e una mummia!
-Una bellezza talmente rara da doverla coprire, signore?- lo provocai.
Nessuna risposta, nemmeno un'occhiataccia. Solo un sorriso sotto l'accenno di squallidi baffetti grigi.
-Dammi del tu, Olympe. Suppongo che tu sia venuta qua per accettare la mia gentilezza e alloggiare da me fintantoché ripartirai per Zelum.- Timothy aveva cambiato discorso, senza far altri accenni alla stramba donna che stava al suo fianco. Non la presentò neanche. E lei non sembrava intenzionata a parlare.
-Sì, Timothy. Perdona la mia schiettezza, ma sarei curiosa di sapere cosa ti abbia spinto a invitarmi. Non mi conosci neanche- era chiaramente un'istigazione. Il suo sorriso ambiguo fu una risposta più che sufficiente, e tutto quel che seguì fu uno spettacolino inutile.
-Conosco Derek. Tutti gli Scott sono i benvenuti nella mia umile dimora. Inoltre, hai detto di venire dal Continente, no? Sono sicuro che Resal sarà di tuo gradimento. Tu e i tuoi amici sarete scortati nelle vostre camere. Vi rivedrò a pranzo.-
-Anche lei è del Continente?- Blake s'intromise, indicando la donna.
Timothy sembrò infastidito da quella domanda, ma si limitò a rispondere: -Sì, lo è.-
Il suo tono non lasciava spazio ad altre parole, così fummo congedati.
La guardia rimasta fuori si riunì a noi e ci aiutò a portare i bagagli nelle nostre rispettive stanze. Blake ordinò ai due uomini di stare alla mia porta e mi seguì dentro.
Mi sfilai il cappello dal capo e osservai con curiosità ciò che mi circondava: lì era tutto tondo, dal letto al tappeto, dal comodino alla scrivania. Dalla finestra -rotonda- entrava una gradevole fragranza di ruta.
-Tessa- mi sentii chiamare da Blake. -So bene che qualcosa bolle in pentola. Voglio la verità: perché sei venuta a Resal? E non dirmi che è per far visita a quel buffone!-
Non provai neanche a inventare una bugia. Di lì a poco, Mara avrebbe vuotato il sacco -sotto mio indiretto consiglio- e Derek mi avrebbe costretta a tornare a Zelum. Tanto valeva dire una mezza verità.
-Ho ricevuto una lettera firmata con un'impronta di sangue- dissi tutto d'un fiato. -Non conosco il mittente, ma è stato Timothy Batchelor a farmela avere. La destinataria sono indubbiamente io. Io, Tessa Farrell, non Olympe Scott.-
Recitai a memoria il contenuto della lettera e valutai persino l'idea di raccontargli anche di Edmund Fletcher. La scartai subito. Mi gustai, invece, il palese smarrimento nei suoi occhi.
-Hai qualche sospetto su chi possa averla scritta?-
-No. E non ho rivelato il mio vero nome...- mi soffermai su quelle parole. Il mio vero nome. Il volto di mia madre, sdoppiato dalla mente, mi riapparve. Dannazione, dovevo dormire di più. -... a nessuno al di fuori di voi- conclusi.
-Ma potrebbe averlo fatto Richard. Oppure Ryan o Emily...-
-Chiederò direttamente a Timothy. Devo farlo da sola, però. Non si fida di voi.-
-E io non mi fido di lui, gattina. Scordatelo, non ti mollo neanche un attimo. Derek verrà a saperlo presto, e io vorrei rimanere in vita ancora a lungo.-
Sbuffai e mi lasciai cadere sul letto, le braccia spalancate e gli occhi chiusi. Sentii Blake avvicinarsi pericolosamente, ma non feci in tempo a capire cosa stesse facendo che me lo trovai di sopra, le sue mani che stringevano i miei polsi.
-Vedi cosa succede quando ti fidi di qualcuno che non conosci, gattina?- rafforzò la presa e m'immobilizzò le gambe tra le sue. -Abbassi la guardia e diventi vulnerabile, debole.-
-Non sono debole, stupido idiota!- sbottai, agitandomi sotto il suo peso.
-Liberati, allora- disse semplicemente.
Tentai e ritentai, senza risultati. Alla fine, mi arresi.
-Non ci stai neanche provando davvero. Sei talmente convinta che non ti farò del male che non t'impegni a sottrarti da questa situazione.- Blake si protrasse verso il mio viso, chiaramente intenzionato a... a fare cosa?
Di qualunque cosa si trattasse, non volevo scoprirlo. Gli diedi una testata sul naso e mi alzai di scatto, scaraventandolo al mio fianco. Invertii le nostre posizioni e lo guardai con furia.
-Non provarci mai più, pezzo di cretino!- sibilai, irata.
Blake si coprì il naso dolorante e ridacchiò di gusto. -Brava la mia gattina. Spero che tu abbia imparato la lezione.-
***
Dovetti sopportare quel pazzo fino all'ora di pranzo, quando un cameriere venne a chiamarci per scortarci da Timothy.
Girare in una casa priva di angoli era alquanto bizzarro. La tavola apparecchiata era rotonda, i piatti erano rotondi, i tovaglioli era rotondi... Ora che lo guardavo meglio, pure il padrone di casa era un po' rotondetto. Della donna misteriosa, neanche l'ombra.
-Tua moglie non si unisce a noi?-
-No, cara. Vedi, è molto riservata.-
Certo che lo è: dovrebbe scoprirsi il volto per mangiare e questo significherebbe mostrarsi a noi, pensai.
Pranzammo in silenzio, senza nemmeno alzare gli occhi dal piatto. Non avevo la più pallida idea di cosa stessi mangiando, ma la forma rigorosamente tonda della pietanza mi incuriosiva. Pane ripieno di tritato e qualcos'altro, forse.
Subito dopo il dolce, Timothy passò al dunque. -Olympe, desidererei un incontro privato, stasera. I tuoi amici potranno girare liberamente per la città o per il palazzo, purché ci lascino soli- lo squittio col quale pronunciò quella richiesta, la fece sembrare... ambigua. Per poco non scoppiai a ridere.
-Te l'avevo detto che voleva infilarsi nelle tue mutande- scherzò Blake.
-Come osi!- Timothy, indignato e rosso in faccia, scattò in piedi e fronteggiò la guardia.
Quest'ultima, dal canto suo, si stravaccò sulla sedia e incrociò le braccia sul petto, apparentemente rilassato. -Suvvia, vecchio, dacci un taglio. Tessa mi ha raccontato tutto. Dille quello che devi e fallo in fretta. A occhio e croce, direi che il padrone sarà qua entro sera. E vorrei proprio vederti chiedere un incontro privato a Tessa davanti a lui.-
Timothy sgranò gli occhi, la faccia da topo contorta in una strana smorfia. Poi scosse la testa e schioccò le dita. Sei uomini fecero la loro comparsa e puntarono le loro pistole contro la mia scorta.
-Sarete morti prima dell'arrivo di Derek Scott- dichiarò il topino stempiato. -E tu, Tessa Farrell, sarai su un treno diretto a Diamant Brut.-
Mi ci volle un attimo a realizzare che, dopotutto, non mi avrebbe uccisa. Anzi, era proprio intenzionato a tenermi in vita. Così, reagendo d'istinto, balzai sul tavolo e mi avventai su di lui. Lo aggirai agilmente e, una volta alle sue spalle, gli accarezzai la gola con un pugnale.
-Ordina ai tuoi amici di abbassare le armi, o ti spedisco su un treno di sola andata per l'inferno.-
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