Gli altri mi sfilarono davanti, mentre io rimasi ferma sulla soglia.
Mio fratello e Richard, insieme. Uno stupido pensiero mi sfiorò la mente: loro si assomigliano. Zio e nipote, imparentati per sbaglio, eppure si assomigliavano. Io e Ryan, invece, eravamo fratello e sorella, figli della stessa madre, cresciuti insieme, e non c'era nulla nei nostri volti che lasciasse intuire il nostro grado di parentela (a parte, forse, la fronte).
Ryan era mio fratello per metà. E lì, guardandolo sbiancare alla mia vista e poi evitare i miei occhi, capii che l'altra metà che ci distingueva, era quella che determinava i nostri esseri. Quella metà che non ci avrebbe mai permesso di essere uguali, che ci teneva subdolamente distanti. Quella metà che aveva portato lui, in quel momento, a stare accanto a Richard, e me a paralizzarmi.
La vita nel bosco mi sembrava un ricordo sbiadito di cent'anni, una leggenda inventata per alleggerire il mio cuore straziato. Che ne era rimasto del sorriso genuino del mio fratellino? Cosa ne era stato di quel fanciullino giocoso, dei suoi occhioni vivaci?
Quando, di preciso, il mondo lo aveva strappato via dalle mie braccia? O forse ero io ad aver sbagliato qualcosa?
Mara si precipitò dal marito, come se non lo avesse visto per mesi. Fu allora che gli occhi di Ryan incrociarono i miei, silenziosi e colpevoli. Le sue labbra mimarono il mio nome e, lentamente, i suoi passi incerti lo condussero a me. Posò la fronte sulla mia spalla e mi avvolse la vita con mani tremanti.
-Sono sempre dalla tua parte, Tessa, te lo giuro...- disse a bassa voce.
Istintivamente lo abbracciai e strofinai una guancia contro i suoi capelli, inalandone il dolce profumo nostalgico. Era pur sempre il mio fratellino, la fonte delle mie gioie e dei miei guai. Il mio cuore, per quanto lacerato, era legato a lui per l'eternità.
-Devo supporre che il nostro patto sia saltato?- la voce di Derek giunse come grandine, raggelandomi.
Richard, staccatosi dalla moglie, sorrise sornione. -Vorrei tanto che fosse così, credimi. Mio nipote, ahimè, nonostante il rinnovato attaccamento alla sua vera famiglia...-
Io sono la sua vera famiglia, odioso serpente.
-... non ha voluto rinunciare all'accordo preso tempo fa. Deduco che sia il suo modo adolescienziale di avere il controllo delle cose. Meglio per voi, almeno. Potete ancora minacciarmi, se ciò vi aggrada.-
Che stupida, non ci avevo pensato! Il continuo cambio di bandiera di mio fratello avrebbe potuto annullare il nostro controllo su Richard Molloy. Avrebbe potuto annullare la nostra vendetta.
Derek, d'altro canto, non se l'era lasciato sfuggire. Il suo viso rimase contratto in un'espressione gelida, mentre quello del nostro nemico appariva fresco e rilassato. Quanto avrei voluto prenderlo a pugni!
-Tieniti quell'espressione soddisfatta finché puoi, stupido Molloy- sputai fuori con veleno, abbandonando l'abbraccio di mio fratello e fronteggiando lo sguardo di suo zio.
Quest'ultimo si avvicinò a me, puntandomi addosso i suoi cerchi azzurro cielo con fare curioso.
Lo odiavo, lo odiavo davvero. Odiavo i suoi movimenti, la sua faccia sfacciata; odiavo la sua falsa maschera, il suo modo di manipolare le persone; lo odiavo per ciò che aveva fatto ai miei genitori, a mio fratello, a Derek e a Mara, a me.
Lo odiavo perché mi aveva rovinato la vita.
-Finchè posso? Ragazzina, credi sul serio che questo giochetto mi scalfirà in qualche modo?- la sua voce era rimasta gentile e cordiale, ma ogni parola era stata scandita con scherno. Ormai era a un soffio da me. Avvertii Cole e Blake posizionarsi ai miei lati, pronti a difendermi. -Tu e i tuoi amichetti ne uscirete sconfitti, e mi assicurerò personalmente che ognuno di voi si faccia male durante il gioco.-
Richard mi afferrò il viso con una mano e lo strinse con forza. Sentivo il suo fiato velenoso sulla faccia, vedevo i suoi occhi sprezzanti che non lasciavano i miei. Non ebbi bisogno di guardare attorno a me per sapere che gli altri stavano reagendo, ma, prima che uno di loro potesse alzare un dito, estrassi rapidamente il pugnale dalla tasca e lo puntai alla gola dell'uomo che tanto odiavo.
Udii il suono smorzato dei presenti che trattennero il respiro all'improvviso. Osservai, senza emozione alcuna, lo sguardo di Richard mutare più volte in pochi istanti. E, infine, parlai.
-Toglierò io stessa quell'espressione dal tuo viso, te lo posso garantire. E ora ritira questa mano sudicia, o ti prometto che rimarrà attaccata al tuo polso ancora per poco.-
Richard ritirò in fretta la mano, come se si fosse scottato. Indietreggiò e... rise. Rideva di me.
Il suono della sua risata era una tortura per le mie orecchie, una sofferenza vera e propria. Non lo sopportavo. Aveva ucciso i miei genitori, aveva portato via Mara da Derek e stava facendo la stessa con mio fratello e me...
Non aveva alcun diritto di ridere. C'era qualcosa di malato nel suo comportamento, qualcosa di tremendamente sbagliato... qualcosa che non tolleravo.
Col pugnale saldamente stretto tra le dita, mi avventai su Richard Molloy, intenzionata a farlo soffocare nel suo stesso sangue. Prontamente, Cole e Blake mi afferrarono per le spalle cercando di placare la mia furia. Mi divincolai come un topo in trappola e ottenni solo una stretta che per poco non mi sbriciolò le ossa.
Cole tentò di disarmarmi, ma, in un rapido e incontrollato moto d'ira, lo colpii di sbieco al fianco. Appena vidi il taglio rosso sotto i vestiti strappati, tornai in me. Lasciai cadere il pugnale e le mie ginocchia cedettero; Blake mi resse e m'immobilizzò, anche se ormai non ce n'era più bisogno. Avevo lo sguardo fisso sulla ferita superficiale dell'altro scagnozzo, dove il sangue stava colando copioso imbrattandogli persino i pantaloni. Derek gli si avvicinò, diede un'occhiata attenta alla carne lacerata e ordinò a sua sorella di scortare Cole dal medico più vicino. Con gli occhi lucidi e lo sguardo basso, Mara ubbidì e uscì dalla stanza con la guardia, non prima di aver coperto la ferita con un largo fazzoletto di seta immacolato.
Derek si piegò per raccogliere il pugnale da terra e mi guardò per un brevissimo attimo; nei suoi occhi, solo gelo.
Comincia a tremare convulsamente, in preda al panico più assoluto.
La risata di Richard non era cessata, anzi, era divenuta più fragorosa. Con la coda dell'occhio, vidi Ryan avvicinarsi a lui e pronunciai tre uniche parole che lo zittirono, il tono deciso come mai prima d'allora.
-Dacci un taglio.-
Qualcuno aprì la porta e si schiarì la gola. -Scusate, signori. La riunione sta per iniziare, se volete accomodarvi...- La signorina teneva le palpebre socchiuse e il capo chino, come se non osasse sbirciare all'interno della stanza. Derek posò il pugnale sul tavolo e lanciò un'occhiata eloquente a Blake, un secondo dopo era sparito oltre la soglia, seguito a ruota da Richard. La signorina si congedò e chiuse a chiave la porta.
La guardia mollò la presa e recuperò l'arma, nascondendola in una tasca interna della giacca. Io caddi sul pavimento, priva di forze e tremante. A qualche centimetro di distanza da me, c'erano due singole gocce di sangue. Le tastai con un dito e osservai con distacco il mio polpastrello macchiato di rosso. Che diavolo avevo combinato?
-Hai esagerato, Tessa- mi rimproverò Blake. Non c'era traccia del consueto tono leggero. Era serissimo.
-Io... non volevo...-
-Volevi, è proprio questo il problema. Non hai saputo controllarti e hai fatto del male alla persona sbagliata.-
-Non volevo colpire Cole!-
-Non dovevi usare quel pugnale, Tessa! Non hai idea dei casini che avresti combinato ferendo Richard Molloy, o peggio, uccidendolo. Non siamo nel bosco, qui esistono delle leggi! Per Surn tu non hai neanche un nome, quindi il padrone avrebbe risposto delle tue azioni. Dannazione, impara a gestire le tue emozioni!-
Le sue parole furono un fulmine a ciel sereno, una rivelazione tanto improvvisa quanto ovvia.
Io non ero nessuno. Ero una selvaggia capitata per sbaglio in un mondo che odiavo. Qual era il mio ruolo in tutto ciò? Cos'avevo combinato di buono fino a quel momento?
-Tessa?-
Il mio scopo era sempre stato un unico e solo: la vendetta. Ma come volevo ottenerla? Ero disposta a diventare un'assassina, infischiandomene del nuovo mondo in cui ero intrappolata?
-Tessa! TESSA!-
La mia mente era offuscata, i miei polmoni vuoti.
-Aprite questa porta! Subito!-
Udii distrattamente il suono di passi affrettati. L'ultima cosa che vidi attraverso la nebbia dei miei occhi, fu il viso pallido e preoccupato di mio fratello.
Infine, il buio.
***
-Mila, accompagna il dottore al cancello.-
-Sissignore.-
-Arrivederci, signor Scott.-
Aprii gli occhi. Ero nella mia stanza alla villa, sotto le coperte del comodo letto che da più di un mese cullava il mio sonno. Dalle finestre proveniva una fioca luce arancione, segno che fuori era giunto il tramonto. Avevo un gran mal di testa e mi sentivo tremendamente debole... Com'ero finita lì?
Derek, impeccabile come al solito, prese posto sul bordo del letto e mi porse un bicchiere d'acqua. Biascicai un "grazie" e tracannai il liquido fresco per placare la mia sete.
-Hai avuto un brutto attacco di panico. Hai smesso di respirare e sei svenuta.-
Annuii, confusa. Ricordavo i miei polmoni divenuti aridi, ma la mia memoria si fermava lì.
-Non ti riprendevi, Tessa. Quando sono arrivato, eri cinerea in volto. Ho dovuto farti la respirazione bocca a bocca fino a quando non hai ripreso a respirare autonomamente. E ancora non ti svegliavi.-
Annuii di nuovo. Il mio cervello registrava meccanicamente le sue parole, guardandosi bene dal rivivere le emozioni che avevano scatenato la crisi.
-Il medico ha detto che devi stare qualche giorno a riposo e che devi stare lontana da qualsiasi possibile fonte di stress.-
Inspirai piano ed espirai molto, molto lentamente. Avevo superato il limite: il pugnale, la rabbia, l'assalto, lo svenimento e il taglio... Gli altri, probabilmente, mi consideravano una pazza. Come dargli torto?
-Come sta Cole?- domandai piano.
L'espressione di Derek, prima ansiosa, s'indurì. I suoi occhi annunciavano un'imminente ramanzina che, ne ero certa, non avrei dimenticato tanto facilmente. Serrò perfino i pugni: voleva picchiarmi?! Ehi, ero svenuta, ma adesso mi sentivo pronta a fare a botte!
Contro ogni aspettativa, si limitò a sospirare. -Sta bene, è abituato a ferite ben più gravi. Non credere che la faccenda sia chiusa, Tessa. Hai superato il limite.-
Ah, ecco. La lavata di capo era solo rimandata.
-Dimmi della riunione.-
Il suo sguardo si fece serio e gelido. -Niente stress, ricordi? Riposa. Ne riparleremo fra un paio di giorni.-
Qualcuno bussò alla porta, e noi lo esortammo ad entrare.
Ryan.
Mi rivolse un sorriso un po' timido e si posizionò dal lato opposto del letto rispetto a Derek. Quest'ultimo si alzò e si diresse verso la porta.
-Non affaticarti e... Tessa?-
-Mhm?-
-Sta' lontana da oggetti affilati o potenzialmente letali- detto questo, uscì dalla stanza.
-Se non vi conoscessi, penserei che il suo sia un modo contorto di preoccuparsi per la tua incolumità. Ma ho come la sensazione che si preoccupi dell'incolumità di chi ti sta attorno.-
-Ma dai, fratellino? Lo sanno tutti che sono una folle assassina. Non ti è arrivata questa notizia?- sdrammatizzai.
Ryan sorrise e mi carezzò una guancia con le dita tremanti. -Non credo che tu sia folle.-
No, infatti, caro fratellino. Tra noi due, il matto sei tu! pensai. Ma chi ero io per rovinare il suo inaspettato slancio di dolcezza? Mi abbandonai alle sue carezze, godendomi quel falso senso di pace.
-Tessa,- sussurrò -ho mantenuto la mia promessa...-
-Uh?-
-Ho trovato Edmund Fletcher.-
Scattai a sedere mettendo fine alla tenera scenetta. Il destino continuava a ricordarmi che nella mia vita non c'era spazio per i momenti di quiete. -Davvero? Come? Dov'è?- lo incalzai.
-Sì, davvero. Le lunghe chiacchierate con Emily e Richard hanno dato i loro frutti.-
Una piccola parte di me avrebbe voluto esultare, convinta che Ryan, dopotutto, fosse ancora sulla retta via. L'altra parte di me, invece, più rassegnata e consapevole, non si lasciò illudere da quella rivelazione. Mio fratello aveva agito per interessi personali e, nell'insieme, aveva trovato uno spazietto da dedicare a me. Che magra consolazione.
-Continua.-
-Edmund, in seguito all'assassinio di nostra madre, ha interrotto i rapporti con i Molloy per non infangare la reputazione della sua famiglia di commercianti. Richard dice di non saperne molto, ma Emily si è lasciata sfuggire che l'uomo girovaga ancora per Surn, alla ricerca di oggetti preziosi da rivendere ai collezionista. A Zelum i Fletcher non sono chissà quanto famosi, ma mi sono spinto fino al porto, dove alcuni marinai di navi mercantili conoscono bene quel nome.-
Ryan fece una pausa, come se stesse valutando la possibilità di lasciar perdere tutto e non dirmi nulla. In fondo, ero la sorella pazza che aveva tentato di uccidere il suo zietto. Lo zietto che, a sua volta, aveva fatto uccidere i nostri genitori. Era scontato che avrei provato a vendicarmi anche sul tizio barbuto a cui Mr Bones aveva fatto tutte quelle feste.
-Ryan. Edmund è l'uomo che ha ammazzato nostra madre- gli ricordai per incitarlo.
-Resal, una città a ovest di Rout Orbis; la sua famiglia vive lì. Ma è un esploratore e un commerciante, non penso passi tutto il suo tempo a casa.-
Resal. Mai sentita prima. Memorizzai il nome di quella città e osservai la reazione di mio fratello. Per quanto cercasse di nasconderlo, i suoi occhi tradivano il suo desiderio di vendetta. Il suo sguardo era un chiaro invito a entrare in azione, a sfogare, una volta per tutte, il mio odio represso.
-Tessa,- riprese -non sei un giustiziere. Non voglio che tu faccia fuori quell'uomo. Solo che...-
-... solo che vorresti restituirgli lo stesso dolore che abbiamo provato noi- conclusi per lui. -Non capisco perché tu non segua il medesimo ragionamento per Richard.-
Non era mia intenzione litigare, ma non potevo sopportarlo. Mio fratello bramava la vendetta quanto me, eppure si era fatto abbindolare da quattro moine e una manciata di monete d'oro.
Ryan sospirò. -Non permetterò che un altro membro della mia famiglia esca dalla mia vita.-
Spiazzata. Ero semplicemente spiazzata. Ogni parola mi aveva fatta a pezzi.
-Vai via- ordinai, stizzita.
Mio fratello non osò replicare e raggiunse la porta. -Walt Frazier, l'assassino di Eugene Farrell, è morto. Ho pensato che volessi saperlo. Ora riposa, Tessa.-
La sua testa bionda sparì nel corridoio, portando con sé ogni mia certezza.
***
"Riposarsi e stare lontana dallo stress" equivaleva a una prigionia forzata tra le quattro mura della mia stanza -e, occasionalmente, del bagno- parlando di niente con una domestica impertinente e incline a rossori spropositati, una donna incinta e vivace a livelli incredibili e uno scagnozzo con un'eccessiva propensione a stuzzicare i miei istinti animaleschi e poco signorili. Queste persone, inoltre, si presentavano in gruppo nella mia camera, probabilmente per evitare che, presi singolarmente, li minacciassi per parlare di argomenti più interessanti dei vestiti e del sole in cielo.
Tre dannatissimi giorni condannata lì dentro! E dicevano pure che era per il mio bene!
Nessun accenno al mio svenimento, alla riunione del Consiglio di Surn, a Richard o ad Emily. Niente di niente. I bignè riempivano le mie mattine, i tre individui sopracitati accompagnavano i miei pranzi e le mie cene -serviti rigorosamente in camera- e i libri colmavano le rare ore di solitudine. Derek doveva aver lanciato un allarme, avvisando tutti i suoi dipendenti e sua sorella di non turbare il delicato equilibrio mentale di una matta da legare per non scatenare una seconda crisi di nervi.
Lo zaino con le armi? Accuratamente rimosso dalla mia stanza e portato chissà dove. Possibilità di fuggire? Zero! Derek Problematiche Manie di Controllo Scott aveva piazzato guardie ovunque, come se Blake fuori dalla porta non fosse già abbastanza.
Per assecondare la mia "guarigione", mi ero imposta un divieto: niente piani di vendetta fino a nuovo avviso. Ne avevo approfittato per affrontare la "questione Derek". Per quanto sbattere la testa contro il muro per scacciar via stupide fantasie potesse definirsi "affrontare" qualcosa, certo. In quei tre giorni lo avevo visto in due occasioni, entrambe dovute alle sue visite nella mia camera. Non ci eravamo detti nulla di particolare, non ci eravamo toccati. Si era solo informato sul mio stato di salute.
Mara mi aveva consigliato di proporgli di giocare al dottore, visto che si preoccupava tanto per me.
Dottor Derek Scott? Morte assicurata! Non avrei mai acconsentito a farmi visitare e curare da lui!
Per qualche oscuro motivo, Mara e Blake avevano riso di quella mia reazione, mentre Mila era diventata un pomodoro ambulante.
Oltre a Derek, i miei pensieri erano rivolti a Cole. Mi sentivo così in colpa... Non l'avevo ancora incontrato dopo l'incidente, e gli altri non lo nominavano mai.
Infine, c'era Ryan. Avevo intenzionalmente messo da parte le informazioni di Edmund e Walt, ma mio fratello era un chiodo fisso nella mia mente. Non si era fatto vivo dopo che l'avevo cacciato. Qualche volta Mila mi aveva dato sue notizie, ma niente di rilevante.
La sera del terzo giorno, terminata la cena, rimasi sola in camera e mi rifugiai sotto le coperte. Sebbene mi avessero consigliato di riposare, il sonno tardava ad arrivare, così mi rigirai inutilmente tra le lenzuola.
Udii qualcuno aprire la porta ed entrare a passi felpati nella mia stanza. Se non avessi conosciuto fin troppo bene il rumore prodotto da quei piedi su qualsiasi tipo di pavimento, avrei urlato a Blake di sparire. Ma non si trattava di lui.
Regolarizzai il respiro, chiusi gli occhi e finsi di dormire.
Anche con le palpebre serrate, avvertii distintamente l'intruso esitare ai margini del letto e poi salirvi sopra con mani e ginocchia. Le sue labbra tremanti mi posarono un bacio delicato sulla fronte, soffermandosi per un paio di secondi.
Ryan s'infilò sotto le coperte e si coricò al mio fianco. -Perdonami, Tessa- bisbigliò titubante.
Non risposi, non a voce, almeno. Lo abbracciai in silenzio e lui ricambiò la stretta, avvicinandosi di più a me. I nostri corpi, perfettamente congiunti, si sussurrarono un dolce addio. Quell'abbraccio sarebbe rimasto impresso nella mia pelle per sempre.
Non ci fu alcuna protesta da parte mia quando, ore dopo, mio fratello abbandonò il letto.
Non ci fu alcuna sorpresa da parte mia quando, di notte, mio fratello abbandonò la villa di soppiatto.
Non ci fu alcuna emozione da parte mia quando, al risveglio, mio fratello abbandonò me, svuotandomi l'anima.
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