20 - Succo d'arancia

Una volta, a Old Rooster, avevo visto una mucca partorire. Avevo osservato con interesse quello spettacolo disgustoso e affascinante, ammirando la nascita di una vita. Ciò che non avevo mai notato, però, erano le nausee mattutine. Ero certa di non aver visto quella mucca -amorevolmente chiamata Wendy dal suo proprietario- vomitare ogni mattina sulla sua colazione erbosa.

A quanto dicevano Mara e Mila, però, era una cosa normale per una donna gravida. Tentarono invano di spiegarmi come fosse vivere una gravidanza, ma tutto quello che riuscivo a pensare era: "Anch'io vomiterei ogni giorno sapendo che un baby-Richard mi cresce dentro la pancia".

Ora che sapevo pure la dinamica dei fatti, condividevo la nausea della futura mamma. Richard e Mara avevano fatto quelle cose, le stesse su cui la domestica mi aveva dato qualche delucidazione tempo addietro. Che schifo.

-Di questo passo, se tu e mio fratello andate avanti così, presto anch'io diventerò zia- disse Mara, rivolgendosi a me con un sorriso malizioso che le fece riacquisire un po' di colore in volto.

Solo appena vidi le guance di Mila avvampare, registrai le sue parole.

Mai! Non c'era verso che io e Derek... che noi... che...

Afferrai un croissant e lo infilai quasi tutto in bocca per evitare una risposta e concentrare i miei pensieri sul suo sapore paradisiaco. Niente a che vedere col sapore delle labbra di Derek, ovvio, ma...

No! Non dovevo pensare a lui!

-Hai intzone i dillo a to fatello?- sviai l'attenzione su di lei, senza smettere di masticare. Notai la sua faccia confusa e mandai giù il boccone di dimensioni considerevoli prima di ripetermi: -Hai intenzione di dirlo a tuo fratello?-

-Non lo so,- sospirò -Non penso sia il momento adatto. Richard e Derek stanno per dichiararsi guerra a vicenda... Non voglio che mio figlio si ritrovi in mezzo allo scontro.-

Avrei voluto dirle che, volenti o nolenti, eravamo tutti coinvolti. Tanto valeva prepararsi al peggio, ma non sembrava una cosa opportuna da dire a una donna incinta, quindi optai per il silenzio.

-Uhm... Che ne dite di andare a salutare Emily? Magari con un addio?- propose Mila.

Presi un bicchiere di succo d'arancia e aiutai Mara ad alzarsi.

Non vedevo l'ora di augurare un felice viaggio verso quel paese a Emily.

***

Eravamo tutti davanti al cancello della villa: io, Mila e Mara eravamo appena arrivate; Blake e Cole erano appoggiati di schiena alla carrozza -e quest'ultimo si fissava i piedi per evitare lo sguardo della domestica; Ryan e Derek ci davano le spalle, rivolgendo i loro sguardi a Emily. Lei tentò un approccio fisico con Derek, il quale, con mio grande sollievo, lo rifiutò.

Sorseggiai il mio succo mentre guardavo Emily salutare tutti a uno a uno, partendo da Mara (con la stessa espressione nauseata di prima, solo che questa volta non aveva nulla a che fare con la gravidanza), poi Mila, Derek. Si dilungò in un abbraccio troppo caloroso a Ryan e, infine, giunse a me.

-Tessa, cara, mi dispiace che si siano stati fraintendimenti fra noi due...-

Sollevai un sopracciglio e aspettai che continuasse.

-... Ma soprattutto mi dispiace che Derek si faccia prendere in giro da una selvaggia come te. Arriverà il giorno in cui avrai quel che ti meriti. E sarò io a dartelo.- Un ghigno velenoso le sformò il viso, rivelando il suo vero essere.

Ma si poteva fare di meglio.

Cogliendola totalmente di sorpresa, gettai il contenuto del mio bicchiere sulla sua faccia.

Silenzio.

Passò un'eternità prima che si rendesse conto di ciò che avevo fatto. Il succo d'arancia le aveva imbrattato i capelli e il vestito, insinuandosi nella scollatura e rovinando la maschera di trucco che aveva sul viso. La sua bocca, aperta per lo stupore, e gli occhi spalancati che mi guardavano con orrore, le conferivano un'aria piuttosto stramba. Le rivolsi un'imitazione del suo amabile e falsissimo sorriso, e un attimo dopo udii le risate sguaiate di Blake e Mara, i risolini trattenuti di Cole e Mila, e persino un sorriso di soddisfazione mista a divertimento sulle labbra di Derek. Mio fratello, invece, scuoteva la testa.

Emily si guardò attorno, spaesata e umiliata, mentre il liquido arancione e appiccicaticcio si asciugava sulla sua pelle perfetta.

-Tu!- sbraitò, puntandomi l'indice contro. -Me la paghi!-

Si avventò su di me e mirò ai capelli per tirarmeli.

Femminuccia.

La scansai facilmente e, con un movimento fluido, l'afferrai per i polsi e le torsi le braccia; le feci lo sgambetto e la costrinsi in ginocchio, immobilizzandola.

Piccolo difetto delle nobildonne: crescevano nella bambagia, non avevano idea di cosa significasse difendersi.

Le risa erano cessate. Derek si avvicinò a Emily, mentre i due scagnozzi, ai miei lati, m'intimarono di lasciarla andare.

-Alzati, Emily, e vattene- le ordinò Derek.

-Hai preferito lei a me...- bofonchiò la ragazza, lo sguardo fisso sul terreno. -Tu sai che sono migliore. Tu sai quanto ti amo!-

Derek fece un cenno a Cole, il quale aiutò Emily a mettersi in piedi e la scortò alla carrozza, non prima che la sua espressione ferita e rabbiosa balenasse davanti ai miei occhi.

-Ben fatto, gattina- sussurrò Blake al mio orecchio, approfittando della distrazione degli altri. Con fare orgoglioso, mi accarezzò i capelli e mi strappò il bicchiere dalle mani.

Schiaffai via il suo braccio e gli rivolsi un'occhiata mortale. Odiavo quel nomignolo.

La carrozza si allontanò e tornammo all'interno della villa. Giunti nella hall, mi fermai e fissai il pavimento. Emily aveva smosso il mio spirito battagliero, ma soprattutto mi aveva ricordato quanto io odiassi le persone. Era tempo che riportassi la mia unica certezza sulla retta via.

-Scegli in chi riporre la tua fiducia,- cominciai con tono cupo -E fallo in fretta. Verrà il momento in cui dovrai schierarti, e non so se potrò supportarti a prescindere dalla tua decisione.-

Sei paia di occhi si puntarono su di me, ma i miei cercarono quelli azzurri e sgranati di mio fratello.

Non aspettai la sua risposta. Passai oltre il gruppetto di persone che riempivano la mia quotidianità e salii in tutta fretta le scale, diretta verso la mia stanza.

Il peso dei miei problemi mi piombò addosso senza preavviso. Mi mancavano i miei genitori. Mi mancava mio fratello. Mi mancava il nostro equilibrio, il nostro bosco.

Mi sentii improvvisamente stanca, tanto che avrei voluto piangere.

Ma io non piangevo più, non era un lusso che potevo permettermi.

Sfinita, preparai un bagno caldo e m'immersi nell'acqua, intenzionata a rimanervi per ore.

***

L'acqua era ormai fredda e, a giudicare dalla luce del sole che entrava dalla finestra, era pomeriggio inoltrato. Se fossi rimasta a mollo un minuto di più, mi sarebbero spuntate le branchie.

Ebbi a malapena il tempo di asciugarmi e vestirmi che qualcuno entrò nella mia stanza, senza bussare.  Uscii dal bagno e trovai niente di meno che Derek e Mila ad aspettarmi. Quest'ultima teneva tra le mani un vassoio con quello che immaginai essere il mio pranzo. La ringraziai e lei si congedò in tutta fretta.

Mi fiondai sul cibo senza troppi complimenti.

-Pensavo non avessi fame.-

-Derek, sono cresciuta in un bosco. La fame non mi manca.-

Alzai lo sguardo e vidi il suo su di me. Era impressione o mia o anche lui era affamato?

-Uva?- Presi un acino e allungai la mano per offrirglielo.

Anziché accettare la mia gentile offerta, Derek girò sui tacchi e si diresse verso la porta. Il solito simpaticone. Roteai gli occhi e mi concentrai sul mio piatto, o almeno provai a farlo.

Derek non era uscito. Aveva solo girato la chiave nella serratura.

-Tengo lo zaino con le armi sotto il letto. Se hai intenzione di uccidermi, caschi male- gli feci presente mentre terminavo quel che rimaneva del mio pranzo.

La sua reazione? Nulla. Impassibile. Si sedette sul bordo del letto e mi fissò intensamente. Troppo intensamente.

-Vieni- ordinò.

Scioccamente, ubbidii. Eseguendo i suoi ordini non facevo altro che aumentare il suo già spropositato ego, ma le mie gambe avevano agito di testa loro.

Ora ero in piedi, davanti a lui, davanti ai suoi occhi taglienti che mi attraversavano da parte a parte.

Il desiderio di toccarlo, di entrare in comunione con lui, mi strinse il petto. Affondai le dita tra le sue ciocche castane e lui mi attirò a sé, finché finii a cavalcioni sulle sue cosce.

-Tessa, dobbiamo parlare- sussurrò contro le mie labbra.

-Non voglio parlare- sussurrai di rimando, con una voce che non sapevo mi appartenesse.

Non vuoi parlare? chiese una vocina nella mia mente. Bella mossa, genio! Cosa vuoi fare, allora?

-Tessa- mi richiamò -È una cosa seria. Riguarda tuo fratello.-

Qualsiasi pensiero frullasse nella mia testa in quel preciso istante, non aveva nulla a che fare con Ryan. Sentirlo nominare, però, mi riportò bruscamente alla realtà.

Balzai in piedi e feci qualche passo indietro. La sua vicinanza non giovava alla mia lucidità mentale.
-Mio fratello?-

-Sì, Blake mi ha detto dello scambio che hai fatto con Richard. Un fratello per una sorella.-

-Ok, e allora? Mara è qui, no? E anche Ryan.- Una nota di panico si fece strada nella mia voce. Derek era diventato improvvisamente glaciale. Non era un buon segno.

-Per quanto tuo fratello rimarrà qui? L'hai detto anche tu: deve fare una scelta.-

-Aspetta un attimo, io non intendevo che...-

-Hai acceso tu stessa la miccia, Tessa. Ryan era già instabile, è inutile negarlo. Ma tu gli hai fornito carta bianca e lui ne ha approfittato. Si è fatto contagiare da Emily e chissà che Richard non gli abbia fatto il lavaggio del cervello.-

Qualcosa non andava, non capivo dove volesse andare a parare. I miei sensi scattarono in allerta, il mio istinto fiutò guai. E poi mi accorsi di un particolare: la chiave non era nella serratura.

-Derek- cercai di non far trapelare l'agitazione -Perché hai chiuso la porta?-

Nessuna risposta, solo due pupille ferme su di me.

-Derek.-

-Ryan è andato in città  prima di mezzogiorno, dicendo che aveva bisogno di schiarirsi le idee e che sarebbe tornato per pranzo. Non ha ancora fatto ritorno.-

Trattenni il respiro e non mossi un muscolo. Ryan, mio fratello...

-Ho già inviato i miei uomini a cercarlo...-

Era stata colpa mia? Lo avevo spinto a fare una stupidaggine?

-Vedrai che sarà qui entro domattina.-

Finalmente i miei polmoni ripresero a funzionare. Non avevo intenzione di aspettare fino al mattino seguente.

-Dammi la chiave, Derek- ordinai con calma innaturale.

-Non posso,- sospirò -Correresti a cercarlo per tutta Surn.-

-E allora? Dannazione, è mio fratello ed è scomparso! Ti aspetti che stia qui a rigirarmi i pollici? Devo trovarlo! Non avrei dovuto dirgli quelle cose, è solo un adolescente... Non può scegliere da solo. Devo proteggerlo. Devo...-

-No- ribatté lui, risoluto.

Al diavolo la calma! Stavamo parlando di mio fratello! Né Derek Scott né Dio avrebbero potuto impedirmi di andare da lui!

Mi avventai sull'uomo che avevo davanti, prendendolo alla sprovvista e scaraventandolo sul letto. La chiave l'aveva lui, non c'erano dubbi. In uno scatto d'ira, gli tirai un pugno sullo stomaco e non diedi troppo peso al suo repentino cambio d'espressione: non era mai stato più arrabbiato di così.

Infilai le mani nella sua giacca, alla ricerca del piccolo oggetto che mi avrebbe permesso di uscire da lì e raggiungere Ryan, ovunque egli fosse. Derek, in un primo momento spiazzato, aveva cominciato a divincolarsi senza risultati. Sentii un ringhio sordo provenire dalla sua gola, pronto a scoppiare da un momento all'altro.

-Smettila, Tessa!- tuonò in preda alla collera. Le sue mani si strinsero attorno alle mie braccia, facendomi male e bloccando ogni mio tentativo di liberarmi.

Come poteva trattarmi in quel modo? Lui più di tutti avrebbe dovuto capire ciò che provavo!

Ed ecco che d'un tratto Derek rappresentava un ostacolo. Non più un alleato, non un compagno.

Un intralcio.

E avevo tantissima voglia di sputargli in faccia per togliergli quell'espressione da cane rabbioso. O peggiorarla.

-Mollami!- gridai con odio. Se credeva d'intimorirmi, si sbagliava di grosso. Non sarebbero bastati cento colpi ben assestati a farlo infuriare quanto me.

Com'era normale che fosse, non mi diede ascolto, anzi, m'immobilizzò le gambe tra le sue. Se solo avessi avuto il mio pugnale a portata di mano...

Per qualche motivo, mi venne in mente un orso. Un orso con le zampe legate, per la precisione, ma col muso libero.

Potevo azzannarlo.

-So cosa stai pensando- disse, la voce leggermente più pacata di poco fa. -E non oseresti. Non in questa situazione, almeno.-

Non avevo idea di cosa volesse dire con l'ultima affermazione, ma aveva ragione. Dopotutto non ero un animale. Selvaggia, forse, ma non una bestia.

-Si caccerà nei guai- mormorai, rinunciando all'attacco.

Mi lasciai cadere pesantemente su di lui, la testa sul suo petto e i nostri corpi a stretto contatto.

-Ti sei calmata?- Derek mollò la presa. Il suo respiro sfiorava i miei capelli, l'ira nella sua voce era scomparsa.

-Più o meno.-

-Non posso darti la chiave.-

Sospirai, rassegnata. Chiusi gli occhi e soffocai l'ansia crescente, la testa poggiata sul suo petto e il battito del suo cuore a risuonarmi nelle orecchie.

Restammo così per ore.

***

Derek mi fece portare la cena in camera e, subito dopo, uscì dalla mia stanza per controllare l'andamento delle ricerche.

Finalmente ero libera di... Non ero libera di far niente. Blake era a guardia della porta, mentre Cole era in giardino, proprio sotto la finestra della mia camera. Ero in gabbia.

Divorai il contenuto del vassoio (per nessun motivo avrei mai fatto lo sciopero della fame) e recuperai lo zaino. Estrassi il mio pugnale preferito e lo contemplai con smisurata ammirazione, come se da esso dipendesse la mia sorte. Potevo usarlo per far fuori le guardie, fuggire e cercare mio fratello, e perché no, anche per uccidere Richard. Ma quando avrei potuto rivedere quest'ultimo? Non ne avevo id—

La riunione del Consiglio di Surn! Come avevo fatto a dimenticarmene?!

Corsi verso la porta e la spalancai, ritrovandomi faccia a faccia con Blake. I suoi occhi grigi si spalancarono per lo sgomento e puntarono la lama del pugnale che stringevo ancora in una mano. Presa alla sprovvista, fui disarmata e bloccata al muro.

-Ma sei deficiente?!- strillai, per quanto la bocca spiaccicata contro la parete me lo permettesse.

Lo scagnozzo allontanò il pugnale con un calcio mentre mi teneva immobile con tutto il suo peso.

-Lo sapevo che eri pazza- sospirò sopra il mio orecchio sinistro.

-Brutto idiota, mi stai soffocando! Togliti!-

-Non sono mica scemo!-

-Ah, no?-

Tentai di sferrargli una gomitata sul ventre, ma ottenni solo un'ulteriore pressione contro il muro.

-Tessa? Pure con Blake? Non ti facevo così... Ehm... Adulatrice- la voce di Mara fece sobbalzare entrambi, aprendomi una via di fuga dalla morsa di Blake. Recuperai il pugnale e affiancai la nuova arrivata, lanciando occhiate astiose alla guardia.

-Ero venuta a parlargli e sono stata aggredita- spiegai alla ragazza. Notai i loro sguardi perplessi indirizzati al mio pugnale, così continuai: -Non avevo intenzione di usarlo!-

I due si guardarono dubbiosi, indecisi sul da farsi. Possibile che tutti mi credessero matta?

-Volevo solo chiederti quando si terrà la prossima riunione del Consiglio di Surn- sbuffai.

-Il padrone non te l'ha detto? Il Consiglio si riunisce domani mattina.-

I battiti del mio cuore accelerarono, ma mantenni un tono di voce neutro: -Mara... Solitamente Richard prende un treno notturno o viene a Zelum il giorno prima della riunione?-

-Viene uno o due giorni prima per non arrivare in ritardo alla riunione... Perché?-

-Ryan è con lui...- Mi portai le mani al volto, cacciando via i pensieri negativi. O Richard aveva rapito mio fratello o Ryan era andato spontaneamente da lui. Nessuna delle due alternative mi entusiasmava.

-Il padrone ci ha già pensato, Tessa. Il problema è che non trovano Richard.-

Ecco, neanche questa poteva considerarsi una bella notizia. Imprecai sottovoce e rientrai nella mia stanza, seguita da Mara. Riposi il pugnale nello zaino e, non sapendo che fare, mi affacciai dalla finestra per accertarmi che Cole fosse ancora lì sotto.

Non riuscivo a stare ferma. Io e mio fratello non ci eravamo mai separati. Mai. E ora era come se il mondo mi stesse crollando addosso, trascinandomi in un vortice d'impotenza e frustrazione. Il mio Ryan, il mio adorato Ryan... Che senso aveva vivere senza di lui? Su cos'altro si basava la mia vita, se non sulla sua protezione? Mi trovavo in quella dannata villa per lui. Pretendevo una vendetta per lui, per i miei genitori. Avevo passato quattordici anni della mia esistenza a prendermi cura di lui.

Ryan era il centro del mio universo. Non importava il nostro sangue che ci legava solo a metà, i nostri cognomi differenti, i nostri caratteri opposti. Lui era mio fratello, non avrei mai potuto considerarlo un nemico.

-Ti guardo, Tessa, e vedo Derek- la voce amara di Mara interruppe il flusso dei miei pensieri, confondendomi. -Lo immagino fare avanti e indietro nella sua camera, struggersi e dannarsi perché la sua sorellina è finita nelle mani dell'uomo che odia di più sulla Terra, così come credi che abbia fatto Ryan. Quanto ha sofferto a causa mia? Quante volte ha desiderato strapparmi a mio marito con la forza?-

L'intensità del suo sguardo mi teneva inchiodata ai suoi occhi. Aveva assunto la stessa espressione di suo fratello nei rari momenti di condivisione.

-Ti guardo, Tessa, e vedo Derek, perché siete simili, ma non uguali. Ti guardo e capisco perché mio fratello abbia scelto te.-

Non disse altro.

Abbandonandomi in un disastroso stato di confusione, lasciò la stanza.

***

Se nel bosco dormivo poco, in quella maledetta villa dormivo anche meno.

Mi svegliai all'alba e, dopo un rapido bagno, attesi pazientemente l'arrivo di Mila.

Quando la domestica fece la sua comparsa, le chiesi di aiutarmi a indossare un semplice vestito grigio opaco che avevo adocchiato. Come mai proprio quello? Perché tra le pieghe della gonna, c'era cucita una lunga tasca in cui infilai il pugnale infoderato, giusto per precauzione. Mila intrecciò i miei capelli sulla nuca e si congedò.

Mi diressi al cancello della villa, dove trovai Derek, Mara e le due guardie ad attendermi. Rivolsi loro un cenno a mo' di saluto, e salii in carrozza. Durante il tragitto mi ripromisi di fare un giro in città quando ce ne sarebbe stata l'occasione.

Arrivammo alla sede del Consiglio del Cielo, dove fummo accolti dallo stesso ometto stempiato della volta precedente. Come si chiamava? Ti... Timothy qualcosa. Oltre a Derek, si assicurò di leccare i piedi pure alla sorella.

Una donna ci scortò nella saletta privata in cui, probabilmente, ci avrebbero rinchiusi a breve. Aprì la porta per farci entrare e vidi le spalle di Derek, davanti a me, irrigidirsi.

All'altro capo del misero tavolo di legno, due figure simili tra loro conversavano amabilmente. Uno dei due sorrideva gentile, mentre l'altro prestava attenzione come se pendesse dalle labbra del suo interlocutore. Si accorsero della nostra presenza e interruppero le chiacchiere per rivolgerci un breve inchino.

-Ben arrivati!- il tono cordiale di Richard Molloy risuonò velenoso nelle mie orecchie. Al suo fianco, Ryan tremava come un bambino colto in fallo.

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