2 - La fine della quiete
Mio fratello uscì per raccogliere le vittime delle nostre trappole e qualche bacca per pranzo, così io rimasi in casa a riflettere sul da farsi. L'idea di piantare una freccia nell'occhio di quel Derek Scott tornò a solleticarmi la mente, ma dovetti subito rinunciarvi. Diverse pallottole mi avrebbero attraversata da parte a parte ancor prima di tendere l'arco. Avevo affrontato orsi e lupi ed ero piuttosto fiera delle mie capacità, ma questa era tutta un'altra storia. Dovevo affrontare un tizio che emanava potere, così sicuro di sé da andare incontro a una ragazza che gli puntava contro una freccia senza nessuna paura.
Derek Scott... Chi diavolo poteva essere? Non uno del villaggio, poco ma sicuro. Nel piccolo e misero villaggio di Old Rooster non c'era gente ricca. Forse proveniva da qualche città vicina, o magari da tutt'altra parte, forse addirittura un abitante di Edge. E se fosse venuto a cercare proprio noi? Se fosse stato uno di quelli che avevano ucciso i miei genitori?
No, pensai, lui non ci conosce.
Per qualche strano motivo mi tornarono in mente i suoi occhi: avevano lo stesso colore brillante delle chiome degli alberi del bosco, verde foglia, e minuscole pagliuzze del colore della corteccia decoravano le iridi. I colori sgargianti, però, non mitigavano la freddezza del suo sguardo.
Per un momento ripensai alla mia vita a Edge. Vivevo in una lussuosa villa, indossavo abiti eleganti, mangiavo cibo delizioso e se volevo qualcosa mi bastava chiedere. Derek Scott, d'altra parte, aveva tutta l'aria di uno che per ottenere ciò che desiderava non aveva nessun bisogno di chiederlo.
Entrai nella mia stanza e mi guardai attorno. L'arredamento modesto mi dava un vago senso di conforto e risvegliava in me ricordi dolci e amari. Per anni avevo dormito sul letto matrimoniale al centro della camera, tenendo stretto il mio fratellino, accarezzandogli delicatamente la testa quando piangeva, risvegliandomi da incubi orribili e consolandomi con la sua presenza. Nel grande armadio di legno avevamo trovato vestiti, all'interno dei cassettoni pesanti coperte di lana. Incuranti della polvere e dello stato di abbandono generale, trovavamo rifugio e calore su quel vecchio materasso e ci facevamo forza a vicenda. Due bambini soli, senza genitori, senza una guida.
Automaticamente mi avvicinai ad un angolo della stanza, dove uno specchio con la cornice di bronzo rimandava il mio riflesso. Ogni giorno, per tutto quel tempo, avevo dato un'occhiata alla mia figura sempre più scarna, sempre più magra. Se mi concentravo potevo ancora vedere nella mia mente il ricordo di una bambina con le guance paffute e rosee e un vestito di seta strappato. Adesso, invece, le guance erano scavate, il colorito pallido e gli occhi scuri privi di luce. Eppure ero fiera di me. Il mio aspetto, rovinato dal sacrificio, aveva giovato almeno a Ryan, che era cresciuto in salute e bello come un dio.
Quando il mio amato fratello aveva compiuto dodici anni, decisi che era il momento di dormire in stanze diverse. Una volta mio padre mi aveva spiegato che quando si cresce, fratello e sorella vanno separati per avere i loro spazi. Così Ryan si trasferì nella camera in fondo al corridoio, dove c'era un letto singolo. Fu difficile per me lasciarlo solo la notte, ma almeno io ero proprio al centro della casa, e da lì avevo il controllo della situazione sui possibili movimenti di qualcuno o qualcosa al suo interno. Lo avrei difeso, sempre, in ogni modo.
***
Il giorno seguente mi svegliai prima dell'alba, scelsi dei vestiti puliti e, mio malgrado, lasciai il mio arco appeso alla parete e uscii. Mi incamminai nel bosco, incurante del freddo che precedeva il sorgere del sole, e mi diressi verso Old Rooster. Pochi abitanti conoscevano la mia faccia, nessuno sapeva il mio nome. Con un po' di fortuna sarei riuscita ad ottenere le informazioni che cercavo. Chi era Derek Scott, ad esempio, e perché diavolo era interessato alla mia cara, vecchia casetta in rovina. Inoltre avevamo terminato le candele, quindi era tempo di fare scorta.
Pur avendo lasciato il mio arco a casa, avevo nascosto un pugnale nello stivale, giusto per sicurezza. Lo zaino che portavo sulle spalle era stato riempito con una dozzina di squisite mele e qualche erba curativa. Normalmente avrei preferito rubare ciò che mi serviva, ma il baratto sembrava un metodo più efficace per non suscitare odio nelle persone a cui avrei dovuto estorcer— chiedere informazioni.
Arrivai al villaggio poco dopo l'alba. Le strade erano ancora deserte, tranne per la presenza di qualche gallina e... Mr Bones! Il vecchio cane randagio mi venne incontro scodinzolando e abbaiando senza sosta e lo ripagai con carezze e grattini dietro le orecchie. Quella creatura pulciosa pelle e ossa sarebbe stata l'unica felice di vedermi. Chissà perché ero la sola persona a cui non aveva ancora dato un bel morso sulle chiappe. Magari solidarietà tra reietti, chi lo sa.
-Fai star zitta quella bestia!- gridò qualcuno da una finestra.
Mr Bones abbaiò più forte.
-Qualcuno dovrebbe piantare un proiettile in testa a quel dannato cane!-
Che qualcuno ci provi, pensai, e verrà ripagato con una delle mie frecce.
Aspettai più di un'ora che il villaggio si animasse. La gente iniziava a svegliarsi e a lavorare, i negozi venivano aperti, le strade affollate. Una donna si fermò a guardarmi.
-Chi si vede! La teppista vagabonda!-
-Hai delle candele?- domandai ignorandola. In realtà sapevo benissimo che ne possedeva una gran quantità. Suo marito lavorava con la cera.
-Sì,- rispose con un tono apertamente irritato, -Ma non hai soldi per pagarle.-
Presi lo zaino e lo aprii, mostrandole le mele rosse e le erbe. La donna spalancò gli occhi. Probabilmente aveva riconosciuto le erbe. Non ero esattamente un'intenditrice, ma conoscevo i loro poteri curativi e potevo immaginare il loro valore economico. La donna cercò di celare la meraviglia arricciando le labbra, poi alzò lo sguardo su di me.
-Trenta candele per tutto.-
-Ottanta.-
-Cinquanta!-
-Sessanta, e mi tengo tre mele. In più vorrei delle informazioni.-
La donna alzò un sopracciglio e arricciò di nuovo le labbra, poi annuì e si incamminò verso casa. La seguii e, quando entrò dentro, attesi sulla soglia. Tornò poco dopo con un sacco pieno di candele e me lo porse. Lo aprii.
-Non ci credo! Le stai contando!-
Alla sessantesima candela, richiusi il sacco e le diedi la mia parte. Lei prese mele ed erbe e fece per rientrare. Prima che richiudesse la porta, le misi in una mano sulla spalla.
-Ho delle domande da farti.-
Mi guardò riluttante, ma infine mi esortò a parlare.
-Conosci un certo Derek Scott?-
La donna sembrò pensarci su, poi rispose: -No. Ma non è la prima volta che sento questo nome.-
Sospirai e, prima che potessi dire altro, la donna chiuse la porta. La mia fama di ladra non attirava simpatie, questo era certo. Sospirai di nuovo e feci un giro del villaggio chiedendo a chiunque si degnasse di rivolgermi la parola chi fosse Derek Scott. Cacciando, avevo imparato che bisogna conoscere la preda prima di farla fuori. Solo così si possono prevedere le sue mosse e ucciderla diventa un gioco da ragazzi.
Alla fine ottenni ben poche informazioni: Derek Scott era un nome abbastanza conosciuto, ma non era di quelle parti e nessuno lo aveva mai visto. Stavo per tornare a casa quando una particolare scenetta attirò la mia attenzione. Un uomo sulla quarantina, probabilmente uno straniero, stava coccolando Mr Bones e, cosa più strana, il cane non gli ringhiava contro. Incuriosita, mi avvicinai a loro e aspettai che l'estraneo, vestito in modo diverso dagli abitanti di Old Rooster, alzasse lo sguardo per notare la mia presenza.
-Oh, buongiorno signorina!- Aveva uno strano accento e, a giudicare dalla qualità dei suoi abiti, era un cittadino. Nulla a che vedere con gli stracci arrangiati dei poveri abitanti del villaggio. E come se non bastasse, si era rivolto a me chiamandomi "signorina", non "ladra", "stracciona" o "vagabonda". Il tono della sua voce era addirittura cordiale.
-Buongiorno- dissi -Quello che vedo è un evento più unico che raro.-
Senza smettere di giocare con Mr Bones, l'uomo sorrise incuriosito.
-Intende dire che non ha mai visto un uomo di mezza età che ama i cani?-
-Non ho mai visto Mr Bones fare festa a qualcuno al di fuori di me o mio fratello.-
L'uomo fece un'ultima carezza al cane e mi porse la mano. Sotto la folta barba castano-rossiccia striata di grigio, il suo sorriso era gentile.
-Mi permetta di presentarmi. Sono Edmund Fletcher, esploratore e commerciante. Lei è...-
-Tessa.- Non gli strinsi la mano.
-È un piacere conoscerla!- Abbassò la mano senza smettere di sorridere. Stava per riaprire bocca quando lo precedetti.
-Conosci Derek Scott?- chiesi.
Il suo sorriso si trasformò in una risata che trovai assurda e fuori luogo. Lo fissai incredula e, quando finalmente si accorse della mia completa serietà, smise di ridere.
-Cara Tessa, Derek Scott è uno degli uomini più ricchi e influenti della nostra penisola! E oserei dire che metà Zelum appartiene a lui!-
Zelum era la capitale della penisola di Surn. Non c'ero mai stata, ma da bambina avevo una mappa di Surn e papà mi dava lezioni di geografia. La capitale non solo era la più grande città della penisola, ma anche la più ricca in quanto era il centro degli scambi commerciali grazie alla sua posizione strategica. Mi ci volle un secondo per realizzare che questo Derek Scott era una persona a dir poco importante.
-Davvero non lo conosceva?- chiese stupefatto il signor Fletcher.
Scossi la testa e corsi via. Derek Scott era un uomo potente e se voleva la mia casa, l'avrebbe ottenuta. Strinsi i denti mentre mi addentravo nel bosco. Ovunque mi girassi sentivo la sua presenza, pesante come un macigno, i suoi occhi verdi che decidevano il mio destino. Che ne sarebbe stato di me e Ryan?
Quella sera raccontai a mio fratello ciò che avevo scoperto. Mi aspettavo rassegnazione da parte sua, invece mi stupì con uno sguardo determinato e coraggioso. Non avrebbe lasciato il bosco così facilmente.
-Troveremo un modo, vedrai.-
-Sì,- dissi poco convinta -Lo troveremo.-
Lo abbracciai, sperando con tutta me stessa che avesse ragione.
***
Il fatidico giorno giunse troppo in fretta. Avevo passato la notte fissando il soffitto senza chiudere occhio, con un'ansia crescente che mi assillava. Mi rigirai nel letto con la consapevolezza che forse presto non avrei più avuto qualcosa di così comodo su cui dormire. Mi alzai a malincuore e raggiunsi la cucina, dove Ryan stava addentando una mela. Ci scambiammo un muto e deprimente saluto e aspettammo. Niente armi questa volta, niente resistenza di questo genere. L'unica nostra difesa era la parola. Forse potevamo raggiungere un compromesso.
Passò mezz'ora, poi un'altra e un'altra ancora. Alla fine avvertii il rumore dei passi. Qualche istante dopo, Derek Scott e gli altri due uomini erano sulla soglia. Dietro di loro ne vidi un'altra mezza dozzina circondare la casa.
-Siete tornati...- sussurrai. Accanto a me, Ryan si fece più vicino e mi strinse la mano.
-Non sprechi fiato in ovvietà, signorina Tessa. Piuttosto mi stupisce ritrovarvi qui. Credevo di essere stato chiaro.-
Sia chiaro, non avevo mai ucciso nessun essere umano fino a quel momento, sebbene avessi avuto svariati pensieri a riguardo. Ma l'arroganza di quel tizio mi fece venir voglia di strangolarlo. In fondo c'è sempre una prima volta.
-Non ce ne andiamo.- Con mia sorpresa, fu Ryan a parlare. Nonostante la voce tremante, sembrava sicuro di sé.
-Oh, ve ne andrete invece.-
I gelidi occhi di Derek Scott rimasero immobili mentre la sua bocca si curvava nella smorfia di un crudele sorriso.
-Prendeteli!- Ordinò ai due scagnozzi.
Uno di loro acciuffò subito Ryan, mentre l'altro dovette evitare i miei pugni prima di riuscire a bloccarmi. Ci trascinarono fino alla porta e, per quanto scalciassimo, sapevamo entrambi di non avere speranze. I nostri giorni tranquilli volgevano al termine, la nostra vita era di nuovo sul filo del rasoio.
Poi incontrai di nuovo lo sguardo di quel pinguino ingessato di Derek Scott. I suoi occhi erano indifferenti e tranquilli. Tranquilli? pensai. Mi stai portando via ogni cosa, stupido idiota, come minimo dovresti sentirti in colpa! E in un attimo mi liberai dalle braccia solide che mi tenevano intrappolata e gli fui addosso. Speravo di riuscire a farlo cadere, ma riuscii solo a farlo indietreggiare di qualche passo mentre mi lanciavo disperatamente contro il suo petto. In un ultimo slancio disperato, lo colpii dritto in faccia con un pugno. Lui si portò una mano sul viso, più per la sorpresa che per il dolore, e intanto i suoi scagnozzi mi tiravano via da lui. Non mi importava di morire, mi bastava togliere quella sicurezza sfacciata dal suo brutto muso! Beh, non esattamente brutto, ma lo sarebbe diventato se avessi potuto prenderlo a pugni fino a rovinarlo.
-Io, Tessa Farrell, giuro che ti ammazzo! Per mio fratello, per i miei genitori, per la fatica che ho fatto per sopravvivere fino ad oggi! Ti uccido, Derek PinguinoImpalato Scott!- Ero totalmente fuori di me. Avevo superato persino il confine dell'isteria, ma la situazione lo richiedeva.
Vidi i suoi occhi spalancarsi e un'espressione stupefatta distorcere il viso solitamente immobile. Forse l'eccesso di rabbia lo aveva stupito? O più probabilmente non gli capitava tutti i giorni di vedere una pazza sbraitare in quel modo. Qualunque fosse la ragione, diede segnale ai suoi scagnozzi di lasciarmi andare. La mia occasione! Mi buttai di nuovo alla carica e questa volta avrei colpito più forte che mai. Lo avrei fatto se non mi avesse afferrata per i polsi e immobilizzata.
-Tessa Farrell? La famiglia Farrell di Edge?-
-Sì! E allora?- La mia furia non si era placata, ma il fatto che conoscesse la mia famiglia bloccò ogni mio tentativo di liberarmi.
-Non è possibile... Come avete fatto...- la sua voce era incerta e dubbiosa. Incontrò i miei occhi e si ricompose. Lasciò andare i miei polsi e fece rilasciare anche Ryan.
-Stai bene?- chiesi subito a mio fratello. Lui annuii e si fece più vicino.
Derek Scott, di nuovo nel suo aspetto gelido e composto, ci guardava con particolare attenzione, come se ci stesse valutando.
-Questo cambia ogni cosa.- disse.
Prima che potessi replicare, il suo sguardo si fermò su Ryan e poi su di me. Spaesata, le parole mi morirono in gola e richiusi la bocca.
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