13 - Piani di vendetta

Edmund Fletcher.

Mi ricordavo bene di lui: era lo straniero che avevo incontrato a Old Rooster mentre coccolava Mr Bones -il cane del villaggio- e che mi aveva dato informazioni su Derek Scott.
Era da lui che avevo sentito per la prima volta lo strano accento di Rout Orbis.

Quel giorno si era definito un "esploratore e commerciante", ma non si era disturbato di aggiungere che era anche l'assassino di Josephine Farrell.

-Non può essere...- sussurrai. L'avevo incontrato e me l'ero fatto sfuggire. Se solo l'avessi saputo prima...

-Oh, invece sì. Ne sono sicuro. Ho personalmente lodato sia lui che Walt Frazier, l'assassino di Eugene. Edmund era un giovane commerciante che si offrì volontario per la missione Farrell, mentre Walt era il figlio di un generale straniero e la mia personale guardia del corpo.- disse Richard, perso tra i ricordi.

-Come...- cominciai, ma un nodo in gola mi impedì di continuare.

-Come li hanno uccisi?- domandò Ryan al posto mio, la voce più tremula che mai.

-Walt infilzò da parte a parte Eugene con una spada. Edmund aveva una pistola, ma prima che potesse sparare Josephine riuscì a disarmarlo. Allora la spinse a terra e prese a calci il suo bellissimo viso, ma vostra madre non si arrese subito... Sciocca. Avrebbe potuto risparmiarsi tanto dolore facendosi sparare in testa, ma era convinta di riuscire a difendere i suoi amati figli. Alla fine Edmund prese una statuetta di pietra e gliela sbatté in testa, uccidendola.- Fece una pausa, durante la quale sentii il sangue ribollirmi nelle vene. -Ammetto che quando Edmund mi raccontò dell'accaduto, ero particolarmente soddisfatto. Finalmente la puttana per cui mio fratello aveva perso la testa era stata sfigurata e uccisa brutalmente.-

Non ero sicura di come fosse successo, ma mi ritrovai a cavalcioni su Richard Molloy. Lo avevo sbattuto sul pavimento, tirando via la sedia sulla quale era seduto, e adesso le mie mani erano strette attorno alla sua gola.

Lui non fece alcuna resistenza, ma sentii qualcuno tirarmi via da lui e immobilizzarmi.

-Lasciami, Derek! Lascia che lo uccida, questo stupido verme!- gridai con rabbia.

Richard si rialzò tossendo e scoppiò in una malefica risata mentre Cole e Blake lo immobilizzavano senza torcergli un capello. Ryan scattò in piedi, il viso cinereo e gli occhi spalancati, e si avvicinò a me con passo incerto. Mara rimase seduta, lo sguardo basso e le mani in grembo.

Derek non mollò la presa e io continuai a scalciare, tentando invano di liberarmi.

-Sei una selvaggia, esattamente come quella zotica di tua madre.- disse Richard con un odioso ghigno.

Lottai ancora inutilmente contro la stretta di Derek, fin quando mi rassegnai alla mia impotenza.

-Ti prego,- supplicai miseramente, -lasciami andare. Permettimi di farlo a pezzi...-

-Richard, penso che i nostri ospiti abbiano bisogno di riposo, hanno affrontato un lungo viaggio. Potremmo dar loro delle camere, non credi?- suggerì Mara.

-Ma certo, tesoro.- rispose suo marito.

Dei camerieri ci scortarono nelle nostre stanze. Mio fratello e i due bodyguard entrarono nelle loro, Derek, invece, mi seguì nella mia. Una volta dentro, urlai di rabbia e mi avventai su di lui, prendendo a pugni il suo petto di pietra.

-Perché diavolo mi hai impedito di ammazzarlo? Hai sentito cos'ha detto di mia madre! Hai sentito!-

Lui non reagì, non tentò neanche di difendersi. Lasciò sfogare la mia ira, finché mi il mio attacco cessò e caddi sulle ginocchia.

Derek si abbassò e i nostri occhi s'incontrarono. -Se te lo avessi lasciato fare, nella migliore delle ipotesi tutti avrebbero saputo che eri stata tu a far fuori uno dei più potenti uomini di Surn e saresti stata imprigionata. Nella peggiore, i suoi uomini ti avrebbero squartata viva dopo due minuti.-

-Che m'importa di morire?! Voglio vendicare la mia famiglia! Devo farlo per mio padre, per mia madre e per Ryan!- sbottai disperata.

-E che ne sarebbe di tuo fratello dopo la tua morte?-

Non risposi. Aveva ragione: morire non era un buon modo per stare accanto al mio adorato fratellino.

Afferrai la mano che mi offrì per alzarmi e presi posto in una poltrona. Anche lì l'arredamento era sobrio: letto matrimoniale rigorosamente bianco, pavimento di marmo bianco, armadio bianco, tavolino e poltrone grigie.

-Voglio vederlo strisciare come un verme.- sussurrai con odio.

-Anch'io.- concordò Derek. -Ma bisogna agire d'astuzia.-

-Quale sarà la prossima mossa?-

-Faremo in modo che Richard diventi un cagnolino ubbidiente. Non gli toglieremo potere e soldi, al contrario, lo aiuteremo a sfruttarli a nostro piacimento. L'obbligheremo ad accettare qualunque nostra proposta. Prima di rivelare al mondo il ritorno di tuo fratello, abitueremo la gente all'assenza di Richard. Anche se Ryan prendesse adesso il suo posto, ci sarebbero persone che seguirebbero lo stesso suo zio. Il resto della famiglia Molloy, ad esempio, ma anche gran parte del popolo. Richard sarà pure un tiranno, ma finora ha reso Surn ricca e prosperosa. E la gente preferirebbe lui a un ragazzino inesperto.-

-D'accordo, ma come possiamo renderlo meno credibile?-

-La famiglia Scott e la famiglia Molloy sono rivali da secoli. Richard sarà il primo a stipulare un segreto accordo col nemico. Lo costringerò ad approvare le mie proposte al Consiglio di Surn, così sarà come avere due voti al posto di uno. Unirò i nostri commerci, terrestre e marittimo, a mio favore. Mi farò vedere più spesso con lui, fingendoci in rapporti amichevoli in pubblico. Alla fine i suoi famigliari lo ripudieranno, credimi. E quando verrà il momento, accetteranno il figlio di Ronald come capo. Saranno loro ad insegnargli il mestiere. Le loro abilità unite al carattere di Ryan, completamente opposto a quello di Richard, frutteranno sia ai Molloy che all'intera Surn.- spiegò con serietà.

-Devi averci pensato su parecchio.- notai.

-Infatti.- disse freddamente.

Il piano aveva senso e, se tutto fosse andato come previsto, ci sarebbe stato un lieto fine. Ma c'erano diversi rischi da mettere in conto: la possibilità che Richard desse di matto e facesse fuori sia me che mio fratello, o peggio, la possibilità che quest'ultimo impazzisse.

C'era anche un'altra questione da risolvere.

-E tua sorella? Chiederai a Richard di lasciarla andare?- domandai con cautela.

-Non servirebbe. Non penso che Mara abbia intenzione di andarsene.-

Purtroppo ero d'accordo con lui. Mara aveva scambiato poche parole con suo marito, eppure sembrava felice al suo fianco.

Non dissi altro e lo lasciai nei suoi pensieri, immergendomi nei miei.

Due nomi si erano aggiunti alla lista delle persone che odiavo: Edmund Fletcher e Walt Frazier. Il primo lo avevo già incontrato -lasciandomi sfuggire l'occasione di ucciderlo-, ma del secondo non conoscevo neanche l'aspetto.

Rivalutai anche il giudizio di Mr Bones. Quell'ammasso di pulci aveva fraternizzato col nemico quando c'era stata la possibilità di mordergli le chiappe o strappargli un dito coi denti!

Strinsi i pugni ripensando all'omicidio dei miei genitori. Fino a quel momento avevo avuto un'idea quasi astratta della loro morte, ma dopo il racconto di Richard tutto era diventato più reale.

Troppo reale.

Le immagini di mio padre e mia madre distesi a terra senza vita, che in verità non avevo mai visto, adesso erano vivide nella mia mente. Sapevo che entrambi avevano opposto resistenza per difendere me e Ryan e forse era stato questo a darci più tempo per scappare. Immaginai che mio padre avesse duellato con Walt Frazier prima di essere infilzato, nonostante sapesse che le sue abilità con la spada erano nettamente inferiori rispetto a quelle dell'avversario -era pur sempre un banchiere, non il figlio di un membro dell'esercito-. Ma ciò che più mi lasciava sgomenta, era la brutale aggressione subìta da mia madre. Mi figurai la scena: il viso di Josephine sfigurato dai ripetuti calci di Edmund Fletcher, la continua lotta per non arrendersi alla morte; e infine il colpo di grazia inflitto dall'assassino con una statuetta -probabilmente una di quelle in pietra che i clienti regalavano a mio padre-.

Tutto questo era stato eseguito secondo un ordine impartito da Richard Molloy. Non si era neanche preoccupato di fingere che non fosse stata colpa sua. E si era permesso persino di insultare la mia amata madre... Era troppo da sopportare.

Le mani presero a tremarmi per la rabbia. Strinsi pugni e denti, nel vano tentativo di contenere il mio rancore. Bramavo la vendetta più di ogni cosa, ora e subito.

-A tempo debito, Tessa.- intervenne Derek leggendo i miei pensieri. -Adesso dobbiamo tornare da Richard.-

Uscimmo in corridoio -anche questo bianco-, dove Ryan, Cole e Blake ci stavano aspettando. Un cameriere ci venne incontro e ci chiese di seguirlo.

Ci scortò in un salotto diverso da tutti gli altri. Finalmente un po' di colore! Pavimento e pareti erano rigorosamente bianchi, ma l'arredamento era più vario: divani bordeaux, un lungo tavolo nero, tende dorate e poltrone rosso fuoco. E fiori! Tanti vasi di fiori rosa pallido sparpagliati per tutta la stanza, profumati e dall'aspetto esotico. C'era sicuramente lo zampino di Mara.

-Vi stavo aspettando! Sedetevi, sedetevi.- Richard Molloy era al centro del salotto e teneva a braccetto sua moglie.

Prendemmo posto e mi assicurai di sedermi a capotavola per avere una buona visuale su tutti.
Richard prese posto all'estremità opposta.

-Miei cari ospiti, sono sinceramente compiaciuto dalla vostra presenza nella mia umile dimora, ma ho il sospetto che siate qui per discutere di qualcosa. Dunque coraggio, ditemi pure.-

Ma quelle false cerimonie erano veramente necessarie? Tutti i presenti in quel salotto sapevano che dietro la sua maschera di gentilezza e cordialità si celava un disgustoso e vile omuncolo. Era inutile fingere, ma lui sembrava calarsi piuttosto bene nel personaggio.

-Alleiamoci.- disse Derek, con fredda e distaccata semplicità.

-Prego?- Richard sollevò entrambe le sopracciglia.

-Hai capito benissimo. Diventiamo soci.-

-Ti considero un uomo rispettabile, Derek. Ma le nostre famiglie sono rivali da generazioni per ovvi motivi. Il mondo va così: tutti lottano per ottenere di più degli altri.- constatò Richard con voce saggia e melliflua.

Avrebbe dovuto recitare in teatro invece di diventare un uomo d'affari.

-Sono d'accordo con te. Si dia il caso, però, che io abbia dalla mia parte un asso nella manica che potrebbe toglierti tutto. Ma, come hai detto tu, sono un uomo rispettabile, dunque lungi da me privarti così vilmente delle tue ricchezze. Per questo motivo ti propongo di collaborare e unire le nostre forze. Smettiamo di litigare come cani per un osso. Condividiamo.- Anche Derek stava palesemente recitando. Si stampò sulle labbra un sorriso forzato che diceva a gran voce "Vuoi giocare, stupido Molloy? Giochiamo!"

Richard scoppiò in una fragorosa risata. -Lui sarebbe il tuo asso nella manica?- chiese indicando col capo mio fratello. -Il figlio sopravvissuto di Ronald Molloy! Chi vuoi che ti creda? Ti facevo più furbo!-

Derek attese pazientemente che le risa del suo avversario cessassero. Poi gli lanciò uno dei suoi tipici sguardi che parlava da sé. Nei suoi occhi si leggeva chiaramente "Sono Derek Scott" e questo bastò ad ammutolire il rivale.

-Non farai di me la tua marionetta.- affermò Richard.

-Non ne ho alcuna intenzione. Voglio solo la tua collaborazione.-

-Chi mi assicura che una volta che avrò collaborato con te sarò fuori pericolo? Potresti sempre usare la carta del figlio sopravvissuto per ricattarmi.-

Derek si alzò in piedi e portò una mano al petto, trasformando la sua espressione di sfida in una seria e dura. -Non renderò pubblica la notizia se rispetterai il nostro accordo. Lo giuro sul mio onore.-

Non potevo esserne completamente certa, ma avevo l'impressione che Derek Scott non fosse il tipo di uomo da infrangere un giuramento.

Notai una strana scintilla negli occhi di Ryan. Mio fratello, come me, era consapevole che se tutto fosse andato secondo i piani di Derek, lui non avrebbe mai ottenuto il potere e le ricchezze che gli spettavano.

-D'accordo. Dimmi cosa vuoi.- disse cupo Richard. Forse mi sbagliavo, ma non mi sembrava proprio rassegnato.

-Per cominciare, dovrai approvare la mia prossima proposta al Consiglio di Surn. E tutte quelle a venire, oserei dire.-

Richard serrò i denti e annuì.

Quella era una prima conquista, eppure non sentivo affatto il dolce profumo della vittoria.

Si preannunciavano guai.

***

Il pomeriggio passò lentamente. Mara tentò di tener viva la conversazione parlando di frivolezze, ma eravamo tutti troppo pensierosi e taciturni per fare salotto. Alla fine ci dividemmo: Derek tornò in stanza con sua sorella, Blake e Cole rimasero a guardia della sua porta e io e Ryan passeggiammo lungo i corridoi spogli del palazzo.

Né io né mio fratello parlammo. Ultimamente il nostro rapporto si era ridotto a un supporto privo di parole. E dire che un tempo chiacchieravamo tanto...

Fui quasi sollevata quando prendemmo il treno prima di cena. Preferivo quella macchina infernale ad un pernotto nel palazzo Molloy.

Durante le quattro ore di viaggio tenni gli occhi chiusi senza riuscire ad addormentarmi. Avevo un gran mal di testa e i troppi pensieri non facevano che aumentarlo.

Arrivati alla villa, Blake e Cole si congedarono e mio fratello si rinchiuse nella sua camera dopo avermi dato la buonanotte. Stavo per imitarlo quando ebbi un'idea migliore.

Uscii nei giardini, dove il vento pungente della notte mi diede subito i brividi. Mi liberai di guanti e scarpe e li gettai tra i cespugli. Raggiunsi un gazebo, felice di sentire l'erba a contatto coi miei piedi, e sciolsi i capelli. L'ora di cena era passata da un pezzo e tra alte mura esterne regnava il silenzio.

Gettai un'occhiata al meraviglioso vestito rosso, adesso tutto spiegazzato e sporco d'erba, e sospirai tra me e me. Era inutile fingere. Giocare a travestirmi non mi avrebbe mai resa parte di quel mondo. Se fossi cresciuta a Edge nella villa di famiglia allora sì, forse sarei diventata una signorina della nobiltà. Sfortunatamente, però, ero un'orfana tirata su dall'istinto e da un bosco anonimo.

Dopotutto Richard aveva ragione: ero una selvaggia. Mentre lui e Derek mandavano avanti una lotta di soldi e potere, io pensavo solo che strangolare il nemico e scappare fosse la soluzione più facile e veloce.

Ma Ryan, il mio benamato fratello a metà, non la pensava come me. Lui ambiva a diventare come loro, ormai l'avevo capito.

Avvertii dei passi e non mi curai di scoprire a chi appartenessero. Ecco un altro effetto collaterale del vivere nel lusso: ti sentivi sempre al sicuro e lasciavi che uno sconosciuto qualunque ti si avvicinasse alle spalle.

-Dovresti riposare, è stata una giornata pesante.- consigliò Derek.

Mi voltai e vidi che teneva qualcosa tra le mani, qualcosa che mi fece brontolare lo stomaco. Lui e gli altri avevano mangiato sul treno, ma io no. E adesso la fame tornava a farsi sentire.

-Sono per me?- domandai sperando di non sbavare.

Forse era uno strano effetto della luce lunare, ma sembrava che Derek stesse... sorridendo. Un sorriso divertito. Probabilmente perché aveva di fronte una ragazza affamata con gli occhi spalancati e sognanti rivolti verso i due bignè che teneva in mano.

-Sì.- rispose. Mi porse i due dolcetti e addentai avidamente il primo. Delizioso!

Pochi secondi dopo entrambi i bignè arrivarono giù nel mio stomaco.

Intanto Derek aveva rivolto tutta la sua attenzione al cielo notturno. Feci lo stesso, ammirando la luna e le stelle che erano state le mie fedeli compagne di tante notti insonni.

Mi mancava la quiete del bosco. Amavo e odiavo quel posto, ma lì c'erano quattordici anni della mia vita e la mia libertà. Cosa mi rimaneva adesso? Una lussuosa prigione e un piano di vendetta.

-Ci terrai ancora chiusi qui dentro?- chiesi con una sfumatura di malinconia.

-Per ora è necessario, lo sai. La notizia del vostro ritorno non deve trapelare da queste mura.- rispose freddo. Niente più sorriso.

Sbuffai. -Ma insomma! C'è un sacco di gente che lavora nella tua villa, qualcuno prima o poi canterà! Tanto vale che ci lasci passeggiare per Zelum con un grosso cartello in testa con su scritto "Ehi, gente! Siamo i bambini-fuggitivi di Edge!"-

Distolsi lo sguardo dal cielo non appena avvertii gli occhi di Derek. Mi voltai e non fui delusa: mi fissava, gelido e vagamente irato.

-Ben pochi sono a conoscenza della vostra vera identità. E coloro che lo sanno, credimi, non ne faranno parola con nessuno.-

Roteai gli occhi. Lui e la sua maledetta sicurezza su ogni cosa!

-Dubiti del mio giudizio, Tessa?- Quella domanda era peggio di una bufera di neve.

-No, certo che no. Comprare il loro silenzio coi soldi sembra un ottimo metodo per simulare fiducia nei loro confronti, complimenti.- dissi sarcastica.

Mi lanciò un'occhiata assassina. Sostenni il suo sguardo, infischiandomene dei pupazzi di neve che cominciavano a spuntare come funghi attorno a noi.

Poi i suoi occhi mutarono e si spostarono dal mio viso al mio vestito, percorrendo con deliberata lentezza ogni centimetro del mio corpo. Rimasi immobile, aspettando qualche commento sprezzante sulla gonna rovinata o i piedi nudi. Non arrivò.

-Torna in camera.- ordinò.

Ma allora era un vizio!

-No.-

-Invece sì.- ribatté, cocciuto.

-Smettila di darmi ordini!-

Sollevò un sopracciglio e la sua aura di potere parlò per lui, dicendo qualcosa che suonava come "Sono Derek Scott, qui comando io".

Incrociai le braccia sul petto, rifiutandomi di ubbidire.

-Perché diavolo dovrei tornare in camera mia? Non ho sonno e sto bene qui dove sono!-

-Qui non è sicuro.-

Alzai gli occhi al cielo. -Vai a dormire se hai tanta paura in casa tua!-

Notai le sue pupille allargarsi com'era successo la sera prima e un attimo dopo ero intrappolata tra le sue braccia.

-Ma che...- tentai di protestare, ma le sue mani fredde mi sfiorarono la schiena nuda bloccando le parole in gola.

Un riflesso incondizionato mi costrinse a ricambiare l'abbraccio, aderendo il più possibile al suo corpo. Era come se avessi aspettato quel momento per tutta la giornata.

-Intendevo che non sei al sicuro qui con me.- sussurrò al mio orecchio.

Eh? Che accidenti voleva dire? Aveva un coltello con sé?

Si staccò da me e mi prese per mano, trascinandomi dentro la villa. Intontita dalla frase senza senso e dal gesto improvviso, lo lasciai fare. Salimmo scale e percorremmo corridoi fino ad arrivare nella mia stanza. Entrammo e... No. Io entrai, lui rimase fuori e, prima che potessi accorgermene, chiuse la porta a chiave.

-Derek! Fammi uscire da qui!- urlai furente.

-Abbassa la voce o sveglierai tutti.- disse dall'altra parte della porta.

-D'accordo. Potresti aprire la porta?- domandai pacatamente.

-Scordatelo. Buonanotte.- rispose freddamente.

Udii i suoi passi allontanarsi e mi trattenni dal tirarmi i capelli per l'esasperazione. Quell'uomo era matto da legare!

***

-Mila! Sei la mia salvezza!- esclamai non appena la domestica girò la chiave nella serratura ed entrò nella mia stanza.

-Uhm... Buongiorno.- salutò posando il vassoio della colazione sul tavolino.

-Quel maledetto Derek Scott! Giuro che lo ammazzo!-

-Ehm... È stato lui a chiudere a chiave la porta?-

-Sì! È pazzo, te lo dico io!- sbottai.

Mandai giù una tazza di latte caldo per calmare i nervi e raccontai tutto a Mila.

Cominciai con la brutta esperienza al palazzo Molloy -la domestica fece una smorfia di disapprovazione quando le dissi del mio tentativo di strangolare Richard- e finii con la storiella degli sbalzi d'umore notturni di Derek Scott.

-Oh, che carini!- esclamò Mila a fine racconto.

-Carini?- Non potevo sopportare un'altra fuori di zucca!

-È tutto così... Romantico! Lui che cerca di tenerti al sicuro da se stesso perché potrebbe approfittare della tua innocenza e tu che sei così ingenua, fresca e pura come una rosa selvatica e...- iniziò con aria sognante.

-Ferma, stop, frena! Tu blateri!-

-Ma Tessa...-

-Niente "ma"! La tua testolina galoppa troppo in fretta, non voglio star a sentire certe scemenze!-

Mila sorrise e scosse la testa. -Come vuoi.-

Addentai un croissant e mi tornarono in mente le lacrime della domestica. Non ero l'unica che aveva qualcosa da raccontare.

-Sputa il rospo. Cosa ti è successo?- le chiesi all'improvviso.

Lei arrossì e abbassò lo sguardo. -Uhm...-

-C'entra qualcosa Cole, non è vero?-

-Già.- ammise.

-Se ti ha messo le mani addosso, giuro che...-

-No, no!- m'interruppe. -Niente di tutto ciò! Noi... Lui... Ci siamo lasciati.-

Mi scrocchiai le dita. -Ecco, lo ammazzo.-

Mila sollevò lo sguardo e vidi i suoi occhi umidi che trattenevano a stento le lacrime.

-Ha detto che è sconveniente una relazione tra colleghi...-

-Sei una domestica e lui è un bodyguard!- feci notare, ma lei m'ignorò.

-... E che d'ora in poi avrà molto lavoro da fare, quindi non potremmo vederci così spesso...-

-Ah! Tutta colpa di Derek! Ci penso io!- mi offrii, ma lei m'ignorò ancora.

-... Dunque, per lui, è meglio chiuderla qui.- concluse tristemente.

Non pianse, ma il dolore nella sua voce era quasi palpabile. Le strinsi una mano, com'ero solita fare con mio fratello per confortarlo.

-Troverai qualcun altro che ti meriti, Mila.- la consolai.

Lei sorrise grata e ricambiò la stretta. -Grazie.-

-Non mi sono mai fidata di quella montagna.- aggiunsi, riuscendo così a strapparle una risatina.

Svuotammo il vassoio e chiacchierammo ancora un po', tenendoci su argomenti più leggeri di "vendetta" e "amori finiti".
Andammo avanti così fino all'ora di pranzo, quando decisi che era il momento di vestirmi e raggiungere Ryan e Derek a tavola.

Presi dall'armadio una camicia verde e dei pantaloni scuri e comodi, ma prima che potessi indossarli, Mila mi fermò.

-Fossi in te non metterei quelli.-

-Mila, abbiamo già discusso della nostra differenza di gusto nel vestirci.-

-Non per quello. Non lo sapevi? Stamattina presto è arrivata la tua rivale.- disse.

Rivale? Un'altra da aggiungere alla lista delle persone che odiavo? E che c'entravano i miei vestiti?

-Chi?- domandai.

Mila esitò un istante, infine rispose. -La futura sposa del padrone.-



Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top