12 - Rout Orbis
Mi ero addormentata tra una maledizione e l'altra lanciata mentalmente a Derek Scott. Il suo umore era più altalenante di quello delle donne nei loro giorni rossi.
Dopo più o meno quattro ore di sonno aprii gli occhi. Fuori era ancora buio e la mia camera era immersa nell'oscurità. Stavo giusto chiedendomi perché fossi già sveglia quando sentii il suono sommesso di un pianto provenire dal corridoio. Scattai in piedi e mi avvicinai alla porta con cautela, aprendola quel poco che bastava per spiare il corridoio. Dal mio ristretto spiraglio, vidi una ragazza seduta contro la parete e scossa dai singhiozzi.
Mila.
O in quella villa essere lunatici andava di moda o le era successo qualcosa. Se Cole era la causa di quel pianto, lo avrei scoperto e gli avrei spezzato il collo.
Mila si asciugò gli occhi e, una volta in piedi, camminò nella mia direzione. Stavo per aprire la porta e andarle incontro quando Ryan mi precedette uscendo dalla sua stanza.
-Mila?-
La domestica si voltò a guardarlo. -Ryan... Scusami. Ti ho svegliato?-
-No, non riuscivo a prendere sonno. Stai bene? Che ci fai qui a quest'ora?- domandò mio fratello con cautela.
Mila mi dava le spalle, dunque mi era impossibile vederla in viso, ma a giudicare dalla velocità con cui Ryan le si avvicinò intuii che aveva ricominciato a piangere.
-Vuoi... Vuoi che chiami mia sorella?- le chiese con la solita voce tremolante.
Lei scosse il capo. -No, meglio di no. Vi aspetta una giornata impegnativa, non voglio disturbarla.-
Ryan rimase in silenzio senza neanche sfiorarla fin quando lei si calmò.
-Vado a dormire in una delle stanze degli ospiti. Dovresti dormire anche tu, Ryan.-
Mio fratello annuì e la guardò entrare in una delle stanze del corridoio prima di ritirarsi nella sua.
Io uscii dalla mia e mi diressi in quella di Mila. Arrivata alla sua porta, feci dietrofront. Avevo in mente una consolazione molto più efficace delle parole, ma avrei dovuto aspettare il mattino per metterla in atto.
Tre ore più tardi sgattaiolai in cucina e incontrai uno dei cuochi. -Desidera?- chiese sospettoso.
-Due tazze di cioccolata calda. Anzi no, meglio tre.-
-Le farò portare la sua colazione in camera, signorina.-
Scossi la testa. -No, aspetterò qui.-
Mi squadrò da capo a piedi. -D'accordo.-
Non appena la cioccolata fu pronta, sistemai le tazze fumanti in un vassoio e aggiunsi una generosa quantità di biscotti.
Tornai nel corridoio degli ospiti e bussai alla porta di mio fratello. -Ryan! Sveglia!-
-Sono sveglio, sono sveglio.- Aprì la porta e posò lo sguardo sul vassoio. -Sei stata assunta come cameriera?-
Sollevai un sopracciglio. -Andiamo da Mila.-
Mi seguì senza far storie e bussammo alla porta accanto. Nessuna risposta.
-Ok, tieni questo ed entra solo quando te lo dico io.- dissi sbattendogli il vassoio tra le mani. Abbassai la maniglia e varcai la soglia.
Il corpo minuto di Mila era disteso sul letto, i capelli sparpagliati sul cuscino. Indossava ancora il vestito del giorno prima e le palpebre erano arrossate e gonfie. Il viso era rilassato, la bocca socchiusa e l'espressione serena.
Non ebbi il coraggio di svegliarla.
-Ryan,- sussurrai a mio fratello quando tornai in corridoio, -Lasciamola dormire. Posa il vassoio sul tavolino, ma stai attento a non far rumore.-
Ubbidì e tornò da me in punta di piedi. -Pensavo che saresti uscita allo scoperto quando ci hai visti stanotte.-
-Ti sei accorto di me?- domandai senza riuscire a nascondere una sfumatura di stupore.
-Certo.- rispose immediatamente. -Quando da bambino piangevo accorrevi subito da me. Non importava che fossi nella stanza accanto o lontano parecchi metri, tu mi sentivi sempre e venivi a consolarmi.- Mentre parlava con voce dolce e tremolante, un sorriso nostalgico e grato aleggiò sulle sue labbra.
-A volte credo che anche se fossimo distanti infinite miglia o addirittura separati dal mare, se avessi bisogno di te avvertiresti il mio richiamo e correresti in mio aiuto.- continuò, pensieroso.
-Anche a costo di attraversare l'intero oceano a bracciate.- dissi scompigliandogli teneramente i capelli. Oh, il mio fratellino! Avrei davvero superato mari e monti anche solo per asciugargli le lacrime.
-Però con Mila non l'hai fatto. Sei rimasta all'ombra.- constatò con una punta d'accusa.
-C'eri tu con lei, no? E poi... Ci sono volte in cui una cioccolata calda può fare più miracoli di mille parole.- sorrisi. Ero seriamente convinta di ciò che avevo detto: quel nettare cremoso era la cura per ogni male.
***
Indossai uno dei pochi vestiti in cui riuscivo ad entrare anche senza l'aiuto di Mila. Aveva una gonna lunga e larga, piena di volant e con lo strascico, le spalline smerlate e una scollatura femminile sulla schiena. Nonostante i troppi centimetri di pelle scoperta -braccia e buona parte della schiena erano nude-, era molto raffinato. Inoltre non c'erano lacci o corsetti, quindi era relativamente comodo.
Ma ciò che risaltava maggiormente era il suo colore: rosso. Non un rosso qualunque, ma un rosso intenso, simbolo di potere e pericolo. Era così che volevo apparire agli occhi di Richard Molloy. Potente e pericolosa.
Ai piedi calzai dei comodi stivaletti neri col tacco e completai il tutto con dei guanti dello stesso colore.
Mi guardai allo specchio, soddisfatta del risultato finale. Me l'ero cavata piuttosto bene se si escludevano capelli e viso privo di trucco.
-Ahem.- Mila, nei suoi abiti da lavoro, spuntò all'improvviso alle mie spalle. -Io aggiungerei uno scialle per coprire tutta quella nudità...-
Arrossì violentemente e spalancò gli occhi ancora gonfi di lacrime. -Volevo dire... Ehm... Per non sentire freddo.- si corresse.
Ero felice di vederla un po' perché avevo un disperato bisogno d'aiuto per sistemare i miei capelli, un po' perché preferivo i suoi commenti ai suoi pianti.
Sollevai un sopracciglio e sorrisi. -Non fa freddo. Piuttosto, puoi rimediare a questi?- indicai i miei capelli scompigliati.
Mila annuì.
Venti minuti dopo, i fili biondo scuro erano stati intrecciati in un complesso chignon. Qualche ciocca ribelle era sfuggita donando un tocco di classe all'intera acconciatura.
-Dio benedica le tue manine d'oro!- mi complimentai con lei.
Mila contemplò con ammirazione la sua opera, poi osservò il mio viso. -Non aggiungere altro.-
-Niente trucco?-
-No. Sei perfetta così. La tua faccia pulita mostra chi sei, mentre tutto il resto mostra chi puoi essere. Tutto ciò ti rende... Uhm... Temibile. In senso buono, certo.-
-Temibile.- ripetei. -Mi piace.-
Mi guardai di nuovo allo specchio e imitai ciò che credevo fosse uno sguardo temibile.
-Sembri quasi il padrone.- disse la domestica trattenendo una risatina.
-Per sembrare davvero Derek Scott dovrei abbracciarti, accarezzarti la schiena e i capelli, farti venire i brividi e poi spingerti via lasciandoti in tredici.- pensai con amarezza. No, un momento, non lo avevo solo pensato. Lo avevo detto ad alta voce. Che idiota!
Mila sgranò gli occhi. -Lui ha... T-Tu sei... Voi...?- balbettò dubbiosa.
-No, qualsiasi cosa tu stia pensando, sei fuori strada.- affermai con più convinzione di quanta ne avessi realmente.
-Uhm... Ok...- mormorò. -Comunque grazie per la cioccolata calda.-
Apprezzai tantissimo quel repentino cambio di discorso.
-Non c'è di che. Stai bene?-
-Dopo tre tazze di cioccolata? Certo che sì!-
Sollevai un sopracciglio -ormai era un'azione involontaria-. Avevo preso tre tazze perché era prevista una colazione per tre, ma alla fine Ryan aveva lasciato l'intero vassoio nella stanza di Mila.
-Le hai bevute tutte e tre?-
-Oh... Ehm... Erano squisite, non ho potuto resistere...-
E come biasimarla? Se il mio stomaco fosse stato abbastanza largo da contenere montagne di cibo, non avrei avuto problemi a mangiare senza sosta. E a bere cioccolata calda, ovviamente.
Ero contenta che la golosa consolazione fosse servita a qualcosa, ma rimaneva ancora un grande interrogativo: perché aveva pianto?
-Mila,- cominciai con voce ferma, -ora devo andare. Ma al mio ritorno mi racconterai cos'è accaduto ieri. D'accordo?-
Abbassò lo sguardo e annuì debolmente.
Mi accompagnò nella hall, dove Ryan mi stava aspettando. La salutai e uscii dal portone con mio fratello.
-Sei nervoso?- gli domandai mentre percorrevamo il viale principale.
-Un po'.- ammise.
Lo tenni per mano fin quando raggiungemmo Derek Scott. Indossava un elegante frac nero ed era più imponente del solito. Anche lui appariva temibile.
Formavamo un bizzarro connubio: i colossi-bodyguard dall'aria ombrosa, il riccone con l'aura di potere, la ragazza selvaggia nelle vesti di una lady e l'adolescente col viso da bambino e l'aspetto di un agnellino indifeso.
Derek mi guardò con occhi leggermente sgranati e una strana espressione sul volto, la stessa che avevano i due scagnozzi.
-Che avete da guardare?- chiesi, indispettita.
-Sembri davvero una femmina!- disse Blake con palese stupore.
Gli feci un gesto tutt'altro che femminile.
-Ecco, hai rovinato tutto.- Sospirò.
Salimmo sulla stessa carrozza della volta scorsa. Durante il tragitto dedicai tutta la mia attenzione a Cole, lanciandogli sguardi astiosi. Ero certa che Mila avesse pianto per colpa sua.
Ryan si tamburellava nervosamente il ginocchio con le dita, fissando un punto impreciso fuori dal finestrino.
Derek, notai tra un'occhiataccia e l'altra, non mi toglieva gli occhi di dosso.
Arrivammo alla stazione e... Un momento! La stazione?!
-Che ci facciamo qui?- chiesi dubbiosa e preoccupata.
-Prendiamo il treno.- rispose Blake.
-Treno? Nessuno ha parlato di treno!- Ora ero completamente del panico.
-Non possiamo arrivare a Rout Orbis a piedi, non credi?-
-Sì che possiamo!-
Le mie proteste furono inutili. Salimmo a bordo e prendemmo posto in un vagone privato.
Chiusi gli occhi e afferrai la mano di mio fratello, seduto accanto a me, non per dare conforto a lui ma a me stessa. Un altro viaggio su quell'ammasso di ferro era l'ultimo dei miei desideri.
Quando il treno partì rafforzai la presa e mio fratello lanciò un doloroso lamento. Mi scusai e feci di tutto per non guardare fuori dal finestrino alla mia sinistra, dove le immagini dell'esterno scorrevano così veloci da darmi la nausea. Per fortuna non avevo mangiato nulla a colazione.
Derek chiuse le tendine e mi rilassai abbastanza da mollare la mano di Ryan.
-Quanto durerà questo inferno?- domandai.
-Circa quattro ore. Arriveremo a Rout Orbis giusto in tempo per il pranzo.-
Quattro ore sul treno. La giornata cominciava malissimo.
-Pranzeremo a casa Molloy? Ci avveleneranno!-
-Richard non oserà farvi del male, ve lo posso assicurare.- disse Derek con tono freddo e risoluto.
-Come fai ad esserne così sicuro?-
Il suo sguardo era una risposta più che sufficiente. Mi ammutolii.
Ryan si addormentò mezz'ora dopo sul sedile, mentre io rimasi sveglia e nauseata. Non c'era modo che mi abituassi all'orribile sensazione che mi provocava quella macchina sferragliante in movimento.
Blake e Cole erano posizionati alle due estremità del vagone a fare la guardia. Derek era seduto di fronte a me e i suoi occhi non mi avevano lasciata un solo istante. Ricambiai l'occhiata, ingaggiando una muta gara di sguardi. Lo sostenni senza problemi -mi ero abituata al ghiaccio dei suoi occhi- finché qualcosa in lui mutò impercettibilmente. Mi sentii subito a disagio e imbarazzata. E nuda. Rimpiansi la scelta di non indossare uno scialle e mi abbracciai le spalle per riscaldare il mio corpo improvvisamente scosso da brividi.
Distolsi lo sguardo e sospirai. Non vedevo l'ora che quella giornata volgesse al termine.
***
La stazione ferroviaria di Rout Orbis era più affollata di quella di Zelum e altrettanto grande. Gente di tutti i tipi sbucava dai vagoni, cercando un famigliare o una guida o semplicemente dirigendosi verso la propria meta.
Una volta in strada, mi accorsi che non c'era nessuna carrozza ad aspettarci.
-Andiamo a piedi.- disse Blake, rispondendo alla mia muta domanda.
-Davvero?-
-Sì, il palazzo dei Molloy non è lontano. E così è più sicuro.- intervenne Derek Scott.
-Che intendi dire?-
-Che camminando per le strade della città la gente saprà che siamo qui e ci saranno meno probabilità che Richard tenti di ucciderci. Sarebbe uno scandalo troppo evidente persino per lui.- disse con fredda, inquietante calma.
-Avevi detto che non ci avrebbe fatto del male!- sbottai.
-L'ho detto. Ma è sempre meglio prevenire che curare.- detto questo, s'incamminò per i marciapiedi di Rout Orbis.
Ansiosa e turbata, lo seguii senza ribattere.
Rout Orbis era una città mercantile, piena di botteghe, mercati, negozi e ristoranti tipici. C'erano persone provenienti da ogni dove, ma gli abitanti veri e propri della città erano facilmente riconoscibili dagli abiti prevalentemente arancioni. I commercianti esponevano la propria merce su bancarelle di legno, urlando per attirare l'attenzione dei passanti; coloro che erano interessati, si avvicinavano e trattavano col venditore per arrivare ad un prezzo ragionevole. Chissà perché ebbi l'impressione che a guadagnarci davvero fossero solo ed esclusivamente i mercanti, che giuravano di avere ottima merce e di sentirsi quasi in colpa a dar via tanto pregio per così poco.
Uomini dalla stazza simile a quella di Blake e Cole trasportavano grosse casse e grandi oggetti in tutte le direzioni. Gli edifici erano tutti di colori caldi e la maggior parte non superava i due piani. Nell'aria aleggiava un particolare odore speziato e le voci delle persone si mescolavano tra di loro creando una gran confusione. Quelle dei cittadini di Rout Orbis erano perfettamente distinguibili: avevano lo stesso accento di Richard Molloy, ma molto più marcato.
Arrivammo in quelli che dovevano essere i quartieri alti. Lì i commercianti erano più discreti, la gente meglio vestita -l'arancione prevaleva ancora, ma c'erano altri colori-, i negozi lussuosi e le case più raffinate.
Per tutto il tragitto avevo visto persone guardarci e indicarci, sussurrando tra loro. Più precisamente, guardavano Derek e Ryan. Il primo veniva additato per ovvi motivi: soldi, fama e potere. Qualcuno si era pure fermato per rivolgergli la parola; altri chiedevano addirittura l'autografo. Il secondo, mio fratello, per motivi simili: una fama che non si era guadagnato e la bellezza mozzafiato, tratto distintivo della sua famiglia. Avevo udito alcuni dire frasi come "Guarda, un altro fiore dei Molloy!" e "Cosa darei per sposare un Molloy splendido come lui!".
Qualche persona aveva notato anche gli altri membri del gruppo: "I due scimmioni a guardia del padrone in frac" -Blake e Cole-, e "La straniera dallo sguardo pericoloso" -io-.
Giungemmo dinanzi ad un palazzo nobiliare e sobrio -fino a quel momento non credevo nemmeno che "nobiliare" e "sobrio" potessero andare nella stessa frase-. Nella sua semplicità risultava grandioso. Un gioco di colori, ombre e luci lo faceva apparire più alto di quanto in realtà non fosse: la base era grigio scuro che sfumava andando verso l'alto, fino alla cima completamente bianca.
Il portone d'ingresso era bianco, le maniglie di platino. Ad accoglierci fu Richard Molloy in persona.
-Che piacere vedervi!- esclamò allargando le braccia. -Accomodatevi, accomodatevi.-
L'ingresso era quadrato, privo di arredo fatta eccezione per un tappeto grigio -su pavimento di marmo bianco- e un enorme quadro appeso al muro raffigurante tante teste bionde. Un ritratto di famiglia, probabilmente.
Richard si avvicinò a me e scartai la mezza idea di ripetere la scena del baciamano quando sentii lo sguardo di Derek addosso.
-Sei splendida!- disse con un gran sorriso.
-Grazie.- risposi con un sorriso a denti stretti.
-Oh, il mio adorato nipotino!- disse rivolgendosi a Ryan.
Adorato nipotino?! Al diavolo il piano di vendetta, io ti spacco la faccia qui e subito!
Trattenni a stento la furia.
-Ciao, zio.- salutò mio fratello.
Eh?
Spalancai la bocca per la sorpresa. Zio? Ma che teneri!
Se adesso si abbracciano, pensai, giuro che vomito sui loro cadaveri.
-Finalmente mi rivolgi la parola!- constatò Richard con entusiasmo.
Ryan fece la scarsa imitazione di un sorriso.
Mi voltai verso Derek, nella speranza di vedere che almeno lui disponeva ancora delle sue integre facoltà mentali, ma fui delusa quando vidi il suo sguardo perso nel vuoto.
No, non perso nel vuoto. Puntato in una direzione ben precisa: verso una ragazza.
Indossava un vistoso abito rosa antico stretto in vita da un un nastro più scuro che terminava sulla schiena in un pomposo fiocco. I capelli castani erano acconciati in modo stravagante e una frangetta troppo lunga le ricadeva sul viso limpido. Ma ciò che attirava lo sguardo erano gli occhi: uno era verde, con minuscoli raggi di marrone vivo, mentre l'altro era completamente marrone.
A prescindere dal colore, conoscevo benissimo quegli occhi. Avevano lo stesso taglio di quelli di Derek, ma per fortuna lanciavano sguardi molto più calorosi.
Era Mara.
-Derek!- gridò con gioia. Corse incontro al fratello, inciampando un paio di volte sulla gonna prima di raggiungerlo e gettarglisi addosso. Letteralmente.
Lui resse bene il colpo e, dopo un primo istante d'esitazione, l'abbracciò.
-Mi sei mancato da matti!- disse Mara con voce dolce e squillante, strattonandolo per le spalle. -Nemmeno una lettera, eh? Mascalzone!-
In circostanze normali Derek Scott avrebbe detto tutta la verità a Mara e avrebbe tentato di uccidere Richard Molloy. No, io lo avrei fatto. Ma quelle non erano circostanze normali.
-Che bella riunione di famiglia!- s'intromise Richard, interrompendo quel momento.
-Un'altra parola,- lo avvertii, -E farò in modo che la tua faccia dipinta su quel quadro lasci il posto a quella vera.-
Lui mi rivolse un sorriso divertito e tacque. Grazie al cielo!
-Mi sei mancata anche tu, sorellina.- disse Derek. E con questa le avevo viste tutte. Derek Neve a Palate Scott in versione tenero pupazzo di neve... Da non crederci!
-Sono proprio loro? Tessa Farrell e Ryan Molloy?- domandò Mara, guardando me e mio fratello.
Staccatosi dalle braccia del fratello, si avvicinò e mi scrutò da vicino. Da molto vicino. Vicinissimo. I nostri nasi quasi si toccavano.
-Che piacere conoscerti!- Mi strinse in un abbraccio.
-Ehm... Anche per me è un piacere.- dissi senza fiato.
Appena mi lasciò andare mi assicurai che i miei polmoni funzionassero ancora e la vidi fare la stessa cosa con Ryan.
-Oh, Dio! Sei una meraviglia della natura, ragazzo! Lo dico sempre a Richard: la vera fortuna dei Molloy non sta nei soldi, ma nella bellezza.- disse annuendo a se stessa.
-G-Grazie.- rispose Ryan con voce tremula.
Infine salutò Blake e Cole, ma a loro non riservò nessun abbraccio. -Voi continuate a farmi paura.-
Prese a braccetto suo fratello e suo marito e varcò la porta della sala da pranzo. -Si mangia!- cinguettò.
Gli altri la seguirono, mentre io rimasi nella hall, intontita da tanta esuberanza. Azzardai l'ipotesi che lei e Derek non fossero consanguinei, nonostante le somiglianze fisiche.
Erano esattamente come l'estate e l'inverno: una calda, piena di vita, di luce e vivacità; l'altro freddo e cupo.
-Tu non vieni?- chiese Mara, sbucando di nuovo dalla porta.
-Mhm... Sì, arrivo.-
La sala da pranzo era insignificante come il resto: pavimento di marmo bianco, tende bianche, muri grigi, tavola grigia, sedie bianche. Quasi quasi preferivo l'eccessivo sfarzo della villa Scott.
Prendemmo tutti posto e i camerieri servirono il pranzo.
Piluccai distrattamente il cibo sul mio piatto, distratta dalla parlantina incessante di Mara. Parlava di tutto e di niente, mettendo enfasi in ogni parola e coinvolgendo tutti nella conversazione, persino la montagna-Cole.
-Derek, hai ancora quella faccia da uomo delle nevi! E sorridi, perdindirindina!- sbuffò.
Derek ubbidì. Il suo sorriso non era per niente naturale e non era difficile intuirne il motivo. L'incontro con sua sorella era stato sicuramente sconvolgente, ma rimaneva sempre la moglie di Richard Molloy.
Quest'ultimo stava chiacchierando tranquillamente con mio fratello. Parlavano del più e del meno, come se fossero amici di vecchia data.
Persino Blake e Cole stavano intrattenendo una conversazione dall'aria interessante.
Ero circondata da pazzi! Quello doveva essere un incontro di guerra, non un occasione per fare salotto e fraternizzare col nemico!
Mi schiarii la gola. Mi ignorarono. Di nuovo. Stesso risultato.
Alla fine presi il coltello e lo conficcai con violenza nel tavolo. Tutti si voltarono a guardarmi.
-Credo sia giunta l'ora di passare ad argomenti più importanti.- annunciai.
-A tempo debito, cara. Si parla meglio a stomaco pieno.- disse Richard, impugnando di nuovo la sua forchetta.
-Parliamo adesso.- ordinai risoluta. -E non osare chiamarmi "cara", o il prossimo posto in cui conficcherò questo coltello sarà la tua gola.-
Mara e Ryan sgranarono gli occhi, Blake e Cole alzarono le sopracciglia.
Sul volto di Richard si dipinse un'espressione divertita e curiosa. -D'accordo, non agitarti. Di cosa vuoi parlare?-
-Ho delle domande da farti.-
-Chiedi pure.- disse con gentilezza.
Già, ma cosa potevo chiedergli?
Guardai mio fratello, adesso serio e concentrato. Anche lui aveva molte domande da porre a suo zio. Ma in che ordine? Qual è la prima cosa che bisogna sapere per attuare la propria vendetta?
Un lampo nella mia testa mi schiarii le idee. Ora sapevo esattamente da cosa iniziare.
-Chi ha ucciso i nostri genitori?-
Ci furono diversi secondi di silenzio durante i quali l'aria diventò pesante come un macigno. L'ansia era palpabile.
-Temo che tu debba essere più precisa. Se intendi sapere chi impugnava l'arma che ha fermato i loro cuori, allora devo controbattere con un'altra domanda: vuoi sapere chi è l'assassino di Eugene o chi è l'assassino di Josephine?- chiese con un fintissimo sorriso sulle labbra.
La risposta era ovvia: volevo saperli entrambi! La sua domanda era solo uno stupido e infido modo di farmi sapere che più di una persona si era macchiata le mani col sangue dei miei genitori.
-L'assassino di nostra madre.- rispose prontamente Ryan.
Richard Molloy si prese tutto il tempo del mondo prima di rispondere, tanto per tenerci sulle spine.
Infine sputò fuori un solo nome. Un nome che avevo già sentito.
-Edmund Fletcher.-
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