Capitolo 49: Crepe

Ci misi un po' prima di voltarmi a guardare la ragazza seduta al mio fianco. Quella storia aveva risvegliato in me sentimenti contrastanti e dolorosi, ma nulla traspariva dal mio volto di ghiaccio.

«Sei piuttosto silenziosa» osservai, dandole un'altra breve occhiata.

Hope sorrise, anche se in maniera diversa dal solito. «Ho ascoltato la tua storia, non volevo intervenire» rispose in tono basso. «L'ami ancora molto.»

«Sara è la mia punizione, per tutto il male che ho fatto e che ancora farò, per tutte le vite che ho preso.» Espirai tornando a guardare la strada. «Quando morì, la luce che si era impegnata ad accendere in me si spense ed è questo il motivo per cui non potrò rivederla mai più; anche se ripagassi il mio debito con Kora, la sua luce e la mia oscurità ci terrebbero lontani.»

«Non è vero, non è la tua punizione, non hai nessuna colpa per quello che le è successo. Come potevi saperlo? Tu non sei affatto oscuro come dici, non sei un mostro. Lei su questo aveva perfettamente ragione.»

Tirai su un angolo delle labbra, increspandole in un sorriso sarcastico e alquanto amaro. «In questo le somigli, sai, in te vedo quella stessa luce incorruttibile che aveva Sara e la capacità di vederla anche dove proprio non c'era. Ho lasciato che lei morisse senza fare niente, non permetterò che accada lo stesso anche a te.»

«Devi smetterla di darti le colpe che non hai, ti stai punendo da solo, Low» mormorò, per quanto il suo tono mi giungesse strano, differente dal solito, come se mi sfuggisse qualcosa. «Stai facendo tutto questo perché ti senti responsabile e perché provi la necessità di tenermi al sicuro, vuoi solo avere un'altra occasione per proteggere qualcuno a cui vuoi bene; se fossi un mostro come dici non lo faresti.»

Mi sembrava di riascoltare Sara, come se fosse tornata nei panni di una Nephilim violinista e volevo illudermi che fosse possibile, che fosse davvero lei. «Per ora il problema principale sono gli angeli guidati da tuo padre, sono loro che dobbiamo temere. Kora, per quanto perfida, ti vuole, non ti farà del male, non subito per lo meno.» Accostai nel parcheggio di un fast food, eravamo in viaggio da ore ormai e avevamo bisogno di mettere qualcosa sotto i denti.

«Ancora fatico a credere che mi vogliano fare del male e che abbiano sempre saputo che la mia fine sarebbe stata la cancellazione. Non riesco a capacitarmi del fatto che mi abbiano mentito così a lungo e che fossero pronti a distruggermi appena l'ordine fosse arrivato» mormorò distogliendo lo sguardo. Non mi serviva poi tanto per capire che la delusione che percepivo nella sua voce non fosse indirizzata in egual misura a tutte e quattro le muse, ma a una di esse in particolare.

«Noi angeli siamo molto egoisti: viviamo una vita terribilmente lunga e vuota e quando capiamo che qualcosa può darci qualche breve anno di sollievo ne approfittiamo senza curarci delle conseguenze. È già assurdo e inspiegabile che il grande e retto Michele sia stato con un'umana generando una Nephilim.» Non risposi al riferimento a Luke, perché dirle cosa pensavo davvero era fuori discussione e non mi andava di mentirle ancora, quindi meglio tacere. «Andiamo, immagino che avrai fame.» Scesi dal furgone senza curarmi minimamente del drogato visionario che ci trascinavamo dietro, addormentato sui sedili posteriori.

Lei seguì il mio esempio affiancandomi subito. Cercava la mia persona, forse senza neppure rendersene conto, sentendosi più sicura con la mia vicinanza. Sorrideva, ma c'era qualcosa di insolito in lei, notavo una piccola ombra sul suo volto, come se qualcosa non la rendesse tranquilla.

«C'è qualcosa che non va?» le chiesi con tono neutro, ma la verità era che avevo bisogno di sapere se quell'ombra era legata a me e alla mia storia o alla musa.

«Sì, tutto bene, non ti preoccupare» rispose passando un braccio attorno al mio e stringendosi a me con un lieve sospiro. «Mi dispiace solo per quello che hai passato.»

«Non devi dispiacerti, è stato molto doloroso, ma quel poco tempo che mi è stato concesso con lei è stato una benedizione. Credevo che non sarebbe più capitato e invece sei comparsa tu.» Non la guardavo, osservavo dritto davanti a me, non ero a mio agio con queste cose.

Lei non aggiunse altro, accorgendosi probabilmente della mia difficoltà nell'affrontare l'argomento e finalmente entrammo nel locale. Era il classico bar che forniva pranzi e cene veloci per chi viaggiava lungo quelle strade, piccolo, ma accogliente.

«Ordina quello che vuoi» le dissi dandole un'occhiata, così attaccata al mio braccio, non lo ammettevo, ma era terribilmente piacevole avere di nuovo un motivo per vivere.

«Va bene» rispose andando al banco e iniziando a ordinare una serie di piatti, chiedendo se fosse possibile portarli via, così da mangiare comodamente sul furgone.

«Non vuoi fermarti?» le domandai ordinando a mia volta.

«Credevo che avremmo mangiato sul furgone, ma possiamo anche mangiare qui» rispose annuendo cambiando poi ciò che aveva chiesto. «Prendiamo qualcosa anche per Danyal» propose lanciandomi un'occhiata come per vedere se fossi d'accordo.

«Sì, glielo portiamo dopo.» Non mi andava proprio a genio quel tipo, ma era necessario portarcelo dietro. Una volta a Salem avrei pensato a cosa farne di lui.

Hope prese le ordinazioni per poi sedersi al tavolo, guadandomi con un accenno di sorriso e bevendo un sorso di Coca. «Che pensi di fare una volta arrivati là?» domandò quasi leggendo i miei pensieri.

«Rilassarmi,» le risposi «fare l'amore con te» aggiunsi ghignando «e valutare se uccidere quel tipo nel nostro furgone» scherzai, anche se non troppo.

«Ma dai, non ha nessuna colpa quel poveretto e possiamo sempre farci aiutare per riuscire a fermare questa guerra.» Ignorò le mie iniziali parole, riferendosi solo alla fine della mia risposta. Sembrava ancora determinata a combattere contro Kora e Michele.

«Chissà che tra i suoi deliri da oppiomane non tiri fuori qualche informazione utile» scherzai, cercando di tranquillizzarla e farle dimenticare la storia che le avevo raccontato.

«Appunto, appena arrivati a Salem cercherò qualche informazione su chi possiamo cercare e come» rispose pensierosa per poi lanciarmi un'occhiata. «Ovviamente tra rilassamenti e... altro, ovviamente» ripeté le mie parole, anche se non con la stessa convinzione che aveva mostrato quando eravamo alla riserva.

Era molto bella Hope, anche se non se ne rendeva conto, così piccola e delicata, ma anche lei così piena di forza e luce. La stavo fissando, lo facevo spesso, mi piaceva guardarla, mi piaceva quel sorriso pulito e incorrotto.

Lei se ne accorse e allargò il sorrisetto, bevendo un altro sorso e poggiando poi i gomiti sul tavolo. «A cosa stai pensando, Low?»

«A cosa vorrei farti appena saremo arrivati, ma non credo di riuscire ad aspettare tanto, per cui stasera sbatteremo fuori quel tipo e sarai mia.» Morsi una patatina per sottolinearle il concetto, ma la verità era che ero preoccupato, non sapevo come esaudire la sua richiesta e fermare la guerra. Già avere a che fare con Luke e Michele mi dava da pensare, visto che ero sopravvissuto a stento all'ultimo scontro con l'arcangelo e che anche il mezzo caduto mi sembrasse notevolmente migliorato dall'ultima volta, ma immaginarli coalizzati a Kora era qualcosa che avrebbe dato i brividi a chiunque, anche a uno come me, soprattutto ora che avevo qualcosa da perdere.

Eppure, lei sembrava non volersi lasciar scoraggiare, forse non rendendosi ancora bene conto di chi fossero i nostri avversari, anzi, sembrava certa che in un modo o nell'altro ci potesse essere una soluzione, bisognava solo trovarla.

Mi sorrise, voltando in fretta il capo verso gli altri commensali, quasi non volesse che le leggessi il turbamento che provava in quel momento dal volto. Toccai la sua mano con la mia, solleticandole la pelle, avevo tanto bisogno di lei, soprattutto dopo aver ricordato di Sara.

«Sono tentato a sbattere il drogato fuori dal furgone subito.» La provocai sperando di riscuoterla.

«Magari qui vicino c'è un posto dove possiamo stare tranquilli e soli per un po'» suggerì, ancora senza molta convinzione, come se il suo fosse solo un tentativo per prendere tempo.

«Dopo mangiato chiederò alla cameriera se può suggerirci dove trovare una camera.» La osservai per bene, cercando le radici di quel malessere che faticava a nascondere. Era turbata per il mio racconto, era evidente, ma non capivo se quell'atteggiamento fosse dettato da una possibile gelosia nei confronti di Sara o dal risvegliarsi dei sentimenti per il mezzo caduto.

«Sì, immagino sia una buona idea» rispose lei annuendo, con tono piuttosto piatto, come se cercasse di convincere entrambi che fosse d'accordo con la mia proposta.

Non ci scambiammo molte altre parole durante il pasto; finimmo di mangiare e portammo il pranzo anche al tipo che dormiva nel furgone.

«Che facciamo con lui? Ci hai pensato?» domandò la violinista mentre raggiungevamo il veicolo.

«Sono ancora dell'idea di ucciderlo, vedremo se durante il viaggio ci tornerà utile.» Dormiva della grossa. «Allora, che ne dici di lasciarlo dormire e di approfittarne per starcene un po' da soli.» Mi avvicinai a lei e le la strinsi provocante, giocando con i suoi capelli.

«E se dovesse svegliarsi?» domandò lei un po' rigida, ma sorridente.

«Allora lo ucciderò prima del tempo.» La baciai e poi iniziai a trascinarla con me nel mezzo degli alberi, dove rimanemmo per più di un'ora.

Semmai avessi avuto qualche altro dubbio, quell'occasione fu per me la conferma che c'era qualcosa di strano in lei, qualcosa di diverso che le impediva di lasciarsi andare come aveva sempre fatto.

Quando tornammo al furgone eravamo entrambi pensierosi, anche se stavo tentando di convincermi che gli effetti del mio racconto presto sarebbero scomparsi in lei, che avrebbe finito con il capire e l'accettare che adesso era lei la mia Sara.

I miei pensieri vennero però interrotti da quel mentecatto fattone che urlava per strada, attirando l'attenzione dei pochi passanti. Lo afferrai di corsa per il bavero, prima che ci tirasse addosso una folla e lo sbattei contro il furgone. «Che diavolo stai facendo?!» gli ringhiai conto. «Chiudi quella bocca!»

Danyal si stringeva le mani sulle tempie, come se la testa fosse sul punto di esplodergli. «Gli angeli! Gli angeli!» farfugliava, dando l'idea di essersi davvero dedicato alle sostanze stupefacenti al risveglio.

«Andiamo via da qui, Low» Sentii dire da Hope alle mie spalle con tono nervoso, avvicinandosi a Danyal e afferrandogli gentile un braccio. «Avanti, Dan, calmati, entra nel furgone.»

«La testa mi sta scoppiando!» Dan non riusciva a eseguire, continuava solo a stringere le mani sulla testa, forse neanche riusciva a sentire le nostre parole.

«Maledizione!» Lo afferrai e lo sbattei dentro il furgone. «Sta avendo una visione: ha bisogno di una dose per fermarla, vedi se ne ha addosso» chiesi autoritario a Hope.

Lei si sedette accanto al profeta, iniziando a frugargli le tasche per vedere se avesse qualcosa, ma dubitavo che riuscisse a fare quanto necessario. «Ecco... tieni...» la sentii farfugliare mentre porgeva al ragazzo accartocciato a terra il necessario, non sapendo cosa fare e probabilmente contrariata all'idea di iniettargli quella roba.

Accostai e con un sospiro raggiunsi il retro, togliendo la roba di mano alla ragazza; era meglio che lasciasse a me quel compito e che me ne occupassi di persona. «La somministrazione avviene per iniezione, ma in questo stato non ne sarebbe capace, dammi, faccio io.» Iniziai a preparare il necessario e gli tirai su la manica senza essere troppo gentile.

«Sii delicato, ho paura degli aghi» mi avvisò Danyal, madido di sudore e con un'espressione a dir poco sofferente.

«Chiudi il becco e pensa a rinsavire.» Feci l'iniezione e mi allontanai da lui, aspettando che facesse effetto. Avrei dovuto escogitare qualcosa, non si poteva andare avanti così con quel tipo.

«Calmati, tranquillo» disse gentile Hope lanciandomi un'occhiata preoccupata mentre accarezzava il ragazzo e cercava di asciugargli la fronte, senza nascondere quanto questo episodio l'avesse turbata. «Parlava degli angeli» mormorò nervosa rivolta a me ma senza guardarmi.

«Cosa diavolo hai visto, profeta? Parla!» Lo scossi leggermente, spazientito.

«Due angeli» rispose cercando di rallentare il respiro, iniziando a sentire gli effetti di quello che gli avevo iniettato. Presto la sua mente si sarebbe appannata e la voce che sentiva nella testa avrebbe iniziato a tacere, soppressa dalle droghe. «Un ragazzo e una ragazza» spiegò a occhi chiusi, aggrappandosi agli ultimi sprazzi di lucidità «lui, il biondo, è ridotto male.»

«Mark» disse Hope sbiancando e guardandomi scossa. L'aveva visto venire azzannato da Cerbero e di certo non doveva essere messo bene, anzi, ero stupito fosse ancora vivo. «Dove li hai visti?» domandò poi tornando a guadare Danyel.

«Nel bosco,» Si stava rilassando e la sua voce diventava sempre più impastata «si stanno nascondendo dai demoni e dagli angeli che li cercano.» Guardò Hope con lo sguardo che iniziava ad appannarsi. «Sembrava sul punto di essere cancellato.»

«Dai demoni e dagli angeli?» domandò lei senza capire. «Lui... cancellato?» Era confusa, come se non capisse cosa stesse succedendo. «Non capisco, perché dovrebbero cancellare Mark?»

«Ha ferite infernali molto gravi e quel genere di ferita non si rimargina, al contrario, va in suppurazione piuttosto in fretta e avvelena rapidamente chi ne è stato colpito» le dissi io. «Un umano morirebbe, ma per gli angeli la morte è un concetto più complicato: se un angelo muore da mortale torna al luogo di origine, che sia Paradiso o Inferno, ma ferite inflitte con armi o esseri appartenenti alla fazione opposta non riguardano la carne, bensì l'anima. Quando Cerbero lo ha addentato, ha ferito mortalmente la sua anima celeste e per cose simili non c'è morte, ma cancellazione, lenta e agonizzante. Quando la sua anima celeste verrà sopraffatta dal veleno degli Inferi e non sarà più in grado di lottare allora lui smetterà di esistere, in qualsiasi luogo, e per la cancellazione non esiste rimedio, è definitiva. Quello che è peggio è che la tua amica non può neanche aver pietà di lui e porre fine alle sue sofferenze, perché è un angelo e come tale non può uccidere un altro angelo, le sue armi celesti sono inefficaci e quelle mortali non cambierebbero il risultato, la sola differenza è che la sua fine arriverebbe in Paradiso piuttosto che nel regno dei mortali» spiegai piuttosto crudamente come stavano le cose, ma era inutile nasconderglielo, tanto meglio che sapesse a cosa andava incontro lei per prima.

«Ma perché stanno cercando di fuggire dagli angeli?» domandò lei guardandomi. «Non capisco, erano con Michele prima» ricordo, scuotendo il capo. «Non possiamo fare nulla per loro?»

«Non hanno adempiuto al loro compito, ti hanno risparmiata e loro per primi sono scappati per salvarsi la vita; sono dei disertori» le raccontai. «All'Inferno quelli come loro li sbattiamo in una cella della dannazione a riflettere sui propri errori, qualora davvero ve ne fossero, ma in Paradiso i disertori non sono ben visti.»

«Low...» Avevo già capito da come mi stava guardando cosa volesse chiedermi. Nonostante tutto quello che aveva passato ancora voleva aiutarli.

«Potrebbe essere una trappola, Hope.» Ero pronto a sacrificare un angelo di cui non mi importava niente per tenerla al sicuro, avrei dormito senza problemi anche se la musa fosse morta, non ero disposto a rischiare di perderla per aiutare un nemico.

«Ma potrebbe non esserlo. Loro sono stati miei amici per anni e anche se mi avessero mentito e avessero agito solo per una missione, io a loro voglio bene, non posso non fare nulla. Ti prego, Low» mi supplicò praticamente, avvicinandosi a me. «Non sono scesa all'Inferno per liberare Luke perché ho scelto di stare con te, perché volevo che ci fosse un altro modo. So che vuoi tenermi al sicuro, ma se Mark muore io non riuscirò a perdonarmelo, quello che gli è successo è per colpa mia.»

«No, Hope, quello che gli è successo è colpa sua. Ha scelto il lato sbagliato, ha scelto di aiutare tuo padre a cancellarti.» Non ero assolutamente disposto ad assecondarla, era un'idea malsana ed ero sicuro che il gioco non valesse la candela.

«Non credo sia pericoloso, da quello che ho visto non gli resta molto. La ragazza angelo era davvero distrutta» commentò il profeta con un sorriso beota dipinto sul volto.

«Taci, tu» ringhiai lanciandogli un'occhiataccia.

«Tu puoi salvarlo, lo so, hai già curato le mie ferite demoniache, tu puoi farlo» continuò Hope poggiando le mani sui miei fianchi, chiaramente disperata. «Ti prego, hanno vissuto con me per anni, non posso abbandonarli.»

Io potevo salvarlo, era vero, avevo sangue di caduto nelle vene e questo era sufficiente a permettermi di curare le ferite infernali, ma il rischio era veramente troppo alto. «Hope... è pericoloso.»

«Ti prego, fa solo questo per me e poi ti seguirò senza fiatare più, per favore. Io non posso abbandonarli, se non mi aiuterai andrò da sola.» La conoscevo a sufficienza da sapere che non stava mentendo, che io fossi d'accordo oppure no lei sarebbe andata da loro, non importava quali e quanti fossero i pericoli.

«Questa me la paghi» sibilai al profeta andando a mettere in moto il furgone, a meno di non legarla e trascinarla con me con la forza a Salem non avevo scelta, ma se quei due ci stavano tendendo un'imboscata allora li avrei eliminati senza battere ciglio, anche davanti ai suoi occhi.

«Grazie, Low, grazie» rispose lei palesemente sollevata dalle mie parole, tanto da sospirare come se si fosse tolta un peso. La vidi poi girarsi verso Danyal accennando un sorriso. «Come stai?»

«Adesso sto meglio» disse con un tono piuttosto fatto e rilassato, «solo che a me e al mio amico drago è venuta fame adesso.» Indicò con il pollice un punto alla sua destra, segno che le sue visioni ormai fossero di ben altra natura.

«Inutile profeta, avrei dovuto liberarmene, questi servono solo da morti come concime» mormorai nervoso, adesso ci mancava solo che il mietitore si mettesse a salvare angeli.

«Ti avevamo portato qualcosa da mangiare» rispose Hope per poi indicargli il sacchetto con il cibo che avevamo preso per lui.

Lui si fiondò sul sacchetto. «Cheeseburger, il mio preferito. Avete preso le patatine? Non mi piacciono i cetriolini» domandò frugando nel sacchetto e ficcandosi in bocca il cibo come se avesse paura che glielo togliessero.

«Sono certo che fino ad adesso hai mangiato dalla spazzatura, quindi non ti lamentare» lo rimbeccai, mentre Hope tornava a guardarmi.

«Come li troviamo?»

«Ci guiderà il profeta»

Lei guardò Danyal sospirando e poggiando una mano sul sacchetto cercando di attirare la sua attenzione. «Dove dobbiamo andare?» domandò con tono gentile.

Il ragazzo la guardò con espressione stupida, come se la vedesse per la prima volta, cercando di trovare abbastanza lucidità per risponderle. «Lo sai che sei proprio bella?» La guardava inebetito, facendomi ribollire il sangue nelle vene. Diavolo, come mi infastidiva quel tipo!

«Grazie, quindi mi faresti il favore di dirmi come raggiungere i miei amici?» domandò calma.

«Nel bosco...» mi guardò senza vedermi. «Vicino al fiume... c'è una statua e un totem...» stava fissando il nulla, o meglio stava guardando quanto rimaneva della visione nella sua testa.

«Il campeggio abbandonato» dissi sbuffando. Ovvio, dove potevano mai nascondersi due angeli moribondi?

«Quanto dista da qui?» mi chiese la ragazza voltandosi verso di me e mettendosi seduta meglio sul sedile.

«Un'oretta» le risposi nervoso ingranando la marcia, per niente felice di raggiungerli.

Danyal sembrò svegliarsi dal torpore per poi guardare il sacchetto con il cibo, come se avesse appena notato la sua presenza.

«Ehi, tu, profeta, in che punto del campo sono?» gli chiesi osservandolo dallo specchietto retrovisore. «Cerca di concentrarti, mentecatto!» gli ringhiai contro.

«Se sono da soli vuol dire che Michele li ha abbandonati o che sono scappati da lui?» domandò lei pensierosa guardando davanti a sé.

«O potrebbe essere un piano di Michele per ucciderci» osservai aspramente.

«Non riesco a vedere niente quando sono fatto e comunque non so come fare a vedere.» Dan sembrava mortificato mentre cominciava di nuovo a mangiare voracemente quanto gli avevamo portato.

«Che cosa succederebbe a uno come Danyal se mi sentisse suonare? Con le ali intendo» domandò lei guardandomi. «C'è ancora quella cosa del richiamare un violino come arma...» Stava chiaramente pensando a cosa fare se avessimo dovuto combattere.

«Ammetto di non saperlo, non ho mai avuto a che fare con un profeta prima.» Non mi erano mai andati a genio.

«Tu suoni? Fico!» Aveva già dimenticato del violino che le aveva riportato quando lo avevamo incontrato per la prima volta. Era un peccato vederlo così; i profeti avevano una mente grandiosa, ma finivano sempre con il distruggerla in qualche modo.

«Non è che gli va a fuoco il cervello se suono? Amplifico sentimenti e sensazioni, potrebbe aiutarci quanto fargli decisamente male» valutò lei tornando a guardarmi.

Era nervosa e glielo leggevo in faccia, ma sarebbe andata da loro lo stesso, trappola o meno che fosse. A occhi chiusi sarebbe scesa all'Inferno per Luke e aveva detto che per me avrebbe fatto lo stesso; ora lo stava facendo anche per i due angeli, nonostante le avessero mentito, l'avessero tradita e delusa.

«Se gli fai esplodere il cervello avremo un problema in meno.» Ghignai guardando dallo specchietto retrovisore.

«Non voglio che il cervello mi esploda» protestò lui fermandosi momentaneamente dal suo pasto.

«Non ti farò esplodere nulla, sta tranquillo, ma sono curiosa di sapere che effetto ti possa fare» valutò guardandolo.

«Adesso mi sento meglio.» Si portò le mani allo stomaco soddisfatto, doveva essere parecchio che non mangiava.

«Bene.» Annuì lei tornando a guardarmi, per poi poggiarmi una mano sul ginocchio accennando un sorriso. «Andrà tutto bene.»

«Quindi adesso andiamo dagli angeli?» chiese Dan per poi rivolgersi seriamente a me. «Perché andiamo dagli angeli?»

«Perché tu non sai tenere la bocca chiusa» sibilai lanciandogli un'occhiataccia dallo specchietto.

«Perché sono stati miei amici un tempo e, anche se mi hanno mentito, non posso lasciarli morire così» rispose freddamente Hope guardando poi verso il finestrino.

«Sì, ha senso.» Annuì soddisfatto il profeta, sporgendosi in avanti affinché la sua testa fosse allo stesso livello delle nostre.

«Certo che ha senso e tu sei proprio strano, anche se presumo sia l'effetto delle droghe» osservò lei sospirando. «Chissà perché Dio ti ha messo sul nostro cammino.»

«Per l'apocalisse che sta per arrivare» disse come se fosse ovvio.

«Io non diventerò mai un cavaliere dell'apocalisse e soprattutto non intendo farne parte.» Sbuffò lei nervosamente. «Voglio cercare di fermare tutto questo.»

«Io però ne ho visti quattro» insisté il drogato. «Se non siete voi allora sarà qualcun altro.» Sollevò le spalle, come se la cosa non facesse alcuna differenza per lui.

«Le tue visioni possono cambiare?» domandai curioso, indipendentemente da sé fossimo noi oppure no.

«Non lo so, amico, non controllo quello che vedo» mi rispose fissando Hope sognante.

«Forse se smettessi di farti riusciresti a controllarle.» Ero duro con lui, ma mi innervosiva vedere quel potere andare sprecato.

«Magari facendoti aiutare da qualcuno che non ti dia del pazzo» osservò lei lanciandomi un'occhiata per poi tornare a guardarlo. «Riesci a descrivermi questi quattro cavalieri?»

Scosse la testa. «No, erano sfocati.»

«Quando troveremo gli angeli tu non lascerai il furgone.» Lo avvisai ignorando la conversazione. «Sarebbe un disastro consegnare un profeta ai nemici.»

«Che cosa succederebbe se finisse elle loro mani?» domandò Hope voltandosi a guardarmi curiosa.

«Gli tirerebbero fuori dalla testa i piani dell'Altissimo, usando qualunque mezzo.» Diedi un'occhiata al drogato, forse era meglio farlo fuori subito per il bene di tutti. «I profeti sono delle anomalie, create da Dio per consentire agli umani di avvicinarsi a lui scrutandone i pensieri e i piani, ma sono molto pericolosi in mani immortali» le spiegai.

«Come Gesù, lui era riuscito a controllare quello che gli diceva Dio, anche se poi non ha fatto una bella fine» osservò Hope guardando Danyal. «Quindi anche tu sei qualcosa che non dovrebbe esserci, un'anomalia» valutò lei accennando un sorriso gentile e al contempo stanco, probabilmente notando l'assonanza con quelli come lei.

«Un'anomalia progettata da Dio in persona perché ci fosse e un qualcosa che fa arrabbiare parecchio gli immortali. Lui ha la possibilità di sbirciare nei piani di Dio, mentre angeli e demoni non possono.» Una delle tante cose a loro precluse e che non faceva altro che aumentare il loro senso di frustrazione e impotenza.

«Non credo che Gesù avesse questi mal di testa, lui era il figlio di Dio» precisò Danyal «e non capisco come possano volere un dono come il mio, è terribile essere come me» osservò con un sospiro rabbuiandosi.

«Non hai mai avuto qualcuno che cercasse di aiutarti?» domandò lei per poi tornare a guardarmi. «Gli angeli sono davvero peggio dei demoni alle volte, hanno una mentalità così rigida e chiusa.»

«Sono stato in alcune comunità e dagli strizza cervelli» spiegò lui con voce impastata, appoggiandosi con la schiena alle pareti del van e chiudendo gli occhi per concentrarsi meglio sulle risposte.

«Lo credono pazzo; gli esseri umani non sono in grado di gestire il divino, preferiscono pensare alla pazzia o alle possessioni o scemenze simili.» La mia Sara aveva rischiato il rogo per la cecità e ignoranza degli esseri umani.

«Questo "dono" mi ha distrutto la vita» confermò tristemente.

Tipico di Dio: prima "donava" e poi se ne lavava le mani, non aiutava quelli che diceva essere suoi figli.

«Beh, per quello che posso cercherò di aiutarti, ma, come dice Low, è meglio che dopo tu stia in macchina» gli spiegò sorridendo. «Poi magari quando saremo più tranquilli vedremo che effetto ti fa la mia musica.»

«Se ti vedono ti ammazzerò prima che possano anche solo razionalizzare chi sei e perché tu sia lì. Sei stato avvisato» gli promisi con tono freddo osservandolo dallo specchietto.

Avevo un brutto presentimento sulla questione degli angeli, non sarebbe finita bene e, dall'espressione che aveva Hope, molto probabilmente anche lei non sembrava affatto serena. Infatti, mii lanciò un'occhiata come a sondare i miei pensieri per poi restare in silenzio per il resto del viaggio.

Volevo chiederle quale fosse il problema, cosa stesse pensando, cosa la preoccupasse ma non mi andava di parlare davanti al profeta, per cui mi limitai a guardarla di tanto in tanto continuando a guidare.

Danyal al contrario parlò per tutto il maledettissimo viaggio sfidando seriamente la mia immortale pazienza, al punto che fui quasi contento di essere arrivato e di poter scendere dal furgone. Portare Hope con me era pericoloso, poteva essere una trappola, ma non portarla poteva essere anche più rischioso, sarebbe stata completamente indifesa, quindi mi risolsi a lasciare che mi accompagnasse.

Uscimmo dal furgone guardandoci attorno: era un vecchio campeggio chiuso da una cancellata rovinata dal tempo, dall'incuria e dalle intemperie, con tanto di cartello con scritto "vietato entrare". Dietro di esso si vedevano baracche utilizzate da chi ci lavora in passato per accogliere i clienti, assieme a qualche altro locale, tra cui quello che sembrava un bar abbandonato, dai vetri rotti, e i locali per il bagno e le docce. Lievemente più distanti di vedevano qualche macchina e camper abbandonati.

La guardai e sbuffai per essermi lasciato convincere a fare una cosa tanto stupida e pericolosa e sperando che vedendo il luogo avesse finalmente cambiato idea. «Sei sicura di voler andare avanti?» Avrei certamente preferito andare di filato a Salem e metterla al sicuro lì.

«Non posso abbandonarli, lo sai» mi rispose stringendo le labbra.

«E allora cosa c'è? È da quando ti ho raccontato di Sara che sei strana, sento che c'è qualcosa che non va.» Non volevo lasciare cose in sospeso prima di affrontare gli angeli, dovevo sapere che lei non avrebbe fatto follie.

«Cosa? No... Non è nulla, assolutamente nulla.» Scosse la testa energicamente sperando di dissipare i miei dubbi. «Non preoccuparti, non c'è nulla che non va.»

«Hope,» Le afferrai il braccio non credendo alle sue parole. «Sei sicura che vada tutto bene? Non voglio che tu menta o che mi ometta qualcosa.» Era necessario che fossi al corrente di tutto, in modo da poter avere tutto sotto controllo.

«Sto bene, Low. Sono solo pensieri miei, non è nulla di rilevante» spiegò scuotendo il capo. «Non è importante.»

«Tu sei importante, perché quello che pensi non dovrebbe esserlo?» Quel suo piccolo segreto era come una sorta di barriera tra noi e non lo tolleravo.

Sospirò guardando verso il luogo abbandonato. «Mentre raccontavi mi sono venute in mente le parole di Kora, tutto qui.»

«Le parole di Kora?» le chiesi cercando di ricordarle, ma un rumore ci indicò che era il momento meno adatto per discuterne.

Feci apparire la spada nera guardandomi intorno. Quei due angeli malridotti non erano al mio livello, ma era meglio non sottovalutarli, poteva essere pericoloso e soprattutto potevano non essere soli.

Anche Hope fece apparire tra le mani la spada di luce facendosi più guardinga. «Che ne dici se ne parliamo in un altro momento?»

«Direi che è un'ottima idea.» Erano ovviamente nascosti, li stavano braccando, non si sarebbero palesati facilmente. «Guardati il dito» le suggerii. «L'anello che ti ho dato, è stato forgiato all'Inferno, diventa rosso se ti avvicini a degli angeli.» Ci bastava camminare e l'anello di Hope avrebbe reagito alla loro presenza.

Lei guardò il gioiello nero iniziando a camminare accanto a me, senza dire nulla e chiaramente nervosa per la situazione.

Non saprei dire se si fidasse o meno di me, probabilmente no o per lo meno non del tutto, lei non era Sara; mia moglie pendeva dalle mie labbra e si fidava ciecamente perché ero l'angelo che l'aveva salvata. Hope invece vedeva il bene in me, come aveva fatto Sara, ma vedeva anche il male e oltre all'angelo caduto vedeva il mietitore che aveva ucciso tantissimi angeli e ferito quasi a morte Luke. Si fidava di me, ma con ogni probabilità non abbastanza da considerare i suoi amici al sicuro e lo stesso valeva per loro.

Gli voleva bene ma non credeva più in loro. Credo che Hope in realtà non riuscisse a fidarsi di nessuno.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top