Capitolo 43: Luce tra le tenebre
Between Twilight - Lindsey Stirling
Tornai al palazzo e diedi ordine di arrestare le guardie corrotte, ovviamente per stregoneria, spogliarle delle armi e dei vestiti e sbatterli in cella in attesa di essere processate per i loro peccati. Li avvertì di fare molta attenzione, visto che avrebbero di certo parlato con la lingua del diavolo per convincerli della loro innocenza, provando a stregarli con le loro arti demoniache per poter tentare la fuga verso il loro signore oscuro.
Chiunque al loro posto avrebbe fatto il possibile per evitare torture e rogo, ma, per degli ignoranti creduloni, dirglielo in anticipo sarebbe stato solo un incentivo in più per fargli credere ciò che volevo. A quei tempi era davvero facile manipolare le menti deboli degli umani.
In realtà tutto mi sarebbe servito poi per incastrare il bastardo che ricopriva il ruolo di capo inquisitore. Se le guardie al processo avessero confessato che erano sotto i suoi ordini sarebbe stato facile distruggerlo.
«Ve lo avevo detto, ci sono molte forme del male. Fate attenzione, non fidatevi di nessuno. Il maligno e i suoi servi devono essere scovati ed estirpati alla radice.»
Mi sfuggì lo sguardo verso Sara per un breve istante, prima di tornare sulle guardie. Tutta quella luce attirava terribilmente le mie tenebre, quasi fossi una falena desiderosa solo di essere distrutta da ciò che era così diverso da me.
Lei era rannicchiata a terra, sembrando ancora più piccola e fragile, in attesa di essere prelevata per l'esame e la punizione, un minuscolo puntino luminoso che si ostinava a non spegnersi e a brillare forte in mezzo a tutta l'oscurità che la circondava, che mi evitava come le avevo chiesto di fare.
«Li voglio entrambi in cella al mio ritorno» ordinai alle guardie, tornando a rivolgere loro la mia completa attenzione.
Si affrettarono a obbedire, in preda al terrore, e in breve tempo i due che avevano picchiato Sara furono sotto chiave; avrebbero pagato caro l'aver osato toccarla, l'aver tentato di spegnere la sua luce.
Tornai in camera, sapendo che ormai erano tutti talmente terrorizzati da me che un passo falso sarebbe loro costato la vita. Potevo aspettare l'arrivo di Rose senza dovermi preoccupare della salute e del benessere delle prigioniere e lei se la prese comoda, come al solito, arrivando per giunta da sola.
«Buongiorno di nuovo, Eccellenza,» mi canzonò «l'inquisitore sta mettendo a verbale l'esame; quando vuoi siamo pronti a procedere.»
Se l'inquisitore avesse saputo di avere davvero il demonio e una sua serva in casa avrebbe di sicuro rivalutato la sua intera esistenza, terrorizzato dalla paura.
«Bene, allora faremo portare le ragazze qui dentro» le annunciai guardandola. «Non esagerare con loro, sai che non sono i nostri obbiettivi. Dopo che le avrai valutate, se qualcuno dovesse chiederti cosa abbiamo scoperto non dirai nulla, lo dichiarerai nel pomeriggio, dopo le torture.»
«E tu non vuoi conoscere il risultato?» mi chiese con il tono provocante dei demoni. «Non dirmi che te ne sei accertato di persona.»
«Una di loro è vergine, le altre non lo so, ma non ha importanza, lo sai bene» replicai secco e gelido come mio solito.
«Come desideri, mio signore.» Mi fece un leggero inchino. I demoni sono tanto servili quanto subdoli, ti sono ciecamente fedeli fintanto che ti dimostri più forte di loro, ma vacillare potrebbe diventare davvero pericoloso.
Molti caduti, e soprattutto i Nephilim, hanno sempre visto questi esseri come creature create solo per essere sottomesse al loro volere, inferiori a loro in quanto non puri come gli angeli creati da Dio. Opinione condivisa da molti, sebbene non da tutti, in primis Kora che si era sempre servita dei peccati capitali, in particolare Gola, Lussuria e Superbia: demoni umanoidi straordinariamente potenti, in grado di essere pericolosi anche per le milizie celesti più addestrate.
Aprii la porta richiamando l'attenzione delle guardie. «Portatemi le ragazze, una alla volta.»
L'ordine fu eseguito prontamente e poco dopo la prima ad arrivare fu proprio la strega di nome Sara. Camminava a volto basso, senza guardare nessuno e in silenzio.
Rose mi diede un'occhiata per poi avvicinarsi a lei. «Qual è il tuo nome?» le chiese.
«Sara»
Rose le afferrò il viso per sollevarglielo e guardarla negli occhi. «Niente segno del diavolo negli occhi, adesso stenditi e apri le gambe» le ordinò.
Lei alternò lo sguardo preoccupato e imbarazzato tra entrambi, riabbassando la testa e faticando a obbedire.
«Sua eccellenza non guarderà» la rassicurò la demone, dandomi poi un'occhiata per sincerarsi che mi voltassi. «E se non lo fai da sola dovremo chiedere il supporto delle guardie, così a guardarti saranno in tre.»
A quelle parole impallidì e con aria sofferente si voltò per eseguire.
«Sei sposata?» chiese Rose per assicurarsi che la violazione non fosse opera del marito.
«No, non lo sono» rispose la ragazza con un filo di voce, come se la stesse via via perdendo.
L'esame durò un po' e fu molto meticoloso e io attesi paziente fino a che non ebbe finito.
«Puoi rivestirti» le concesse infine Rose con tono molto professionale. «Eccellenza, potete farla riaccompagnare in cella, ho finito il mio esame.»
«Ti faccio portare dentro le altre ragazze» le risposi per poi tornare a guardarla. «Vorresti controllare anche gli uomini per vedere che non abbiano marchi o segni del maligno?» domandai con fare disinteressato, prima di accennare un ghigno sarcastico.
«Eccellenza, sapete bene che non è compito mio» rispose divertita alla provocazione.
Sara non mi guardò, a stento tratteneva le lacrime; quell'esame era stato un'umiliazione, solo la prima a cui sarebbe stata sottoposta e non potei fare a meno di chiedermi se quella luce avrebbe resistito o avrebbe finito per spegnersi.
Ma non ebbi modo di pensarci a lungo, visto che poco dopo le guardie vennero a prenderla per riportarla in cella e portarci la prossima strega.
«Allora, grande inquisitore, vuoi sapere come è andata?» mi chiese provocante la demone appena fummo soli.
«Avanti, gentil sorella Rose, sono tutt'orecchi» risposi sarcastico con un ghigno, sedendomi sul mio letto, ancora caldo per il contatto con il corpo di Sara.
«Penso che ti sarebbe piaciuto essere al mio posto» mi punzecchiò divertita. «È stato difficile persino per me restare nel personaggio. È casta, candida e pura come una piuma di arcangelo, sarebbe stato divertente giocarci e insegnarle il fascino dei piaceri terreni.»
«Lo avevo intuito» risposi freddamente come al solito, senza lasciar capire quanto trovassi interessante quegli aspetti che mi aveva appena elencato. «Sarà ancora più divertente giocare con l'inquisitore una volta sceso all'Inferno, te lo garantisco. Chissà come reagirebbe nel trovarsi di fronte sorella Rose che lo tortura.» Sghignazzai, figurandomi la scena.
«Chissà perché ho la sensazione che potrebbe piacergli» scherzò in risposta. «La ragazza non ha alcun marchio per tua fortuna, ma ha un fianco ridotto maluccio e qualche costola rotta, direi che qualcuno si è divertito con lei, strano che si sia fermato prima di toglierle la purezza.»
«Sono state le guardie che ho incarcerato a procurarle quelle ferite, sotto ordine dell'inquisitore. Credo volesse andarci a letto lui per primo, motivo per cui gli avrà intimato di fermarsi a picchiarla» ipotizzai alzando le spalle. «Mi saranno utili per incriminarlo dopo il teatrino della tortura.»
«Se mi permetti un consiglio, Oscuro Signore, ti conviene provare a fermare il rogo. Se le altre due anime sono candide come quella che ho appena esaminato, Kora si arrabbierà molto quando ascenderanno in Paradiso, era già piuttosto nervosa quando sono partita.» Aveva paura della regina, come tutti i demoni.
«Sì, sono d'accordo. Volevo provare a corromperle, ma penso che non sia possibile, non in questo breve lasso di tempo perlomeno,» osservai «tuttavia ho un piano: il rogo si farà, ma non saranno le ragazze a bruciare.»
«E quali sono gli ordini per me, Oscuro Signore?» mi chiese, ansiosa di prendere parte al mio progetto. «Sarò più che felice di obbedirti e rendere felice la mia regina.»
«Tienimi d'occhio l'inquisitore. Oggi pomeriggio farò credere che lui è un seguace del maligno e una scenetta teatrale da parte tua renderebbe il tutto più credibile. Bisogna convincere questa gente che lui è il male e che le ragazze sono solo delle vittime, per questo non volevo che dicessi subito la verità su di loro. Sii vaga, come se qualcosa non ti tornasse e avessi paura del male che si annida a Salem» spiegai alzandomi. «Se persino una serva di Dio come quella che tu fingi di essere si mostra preoccupata, allora lo saranno tutti. Quando poi si capirà che è Parris il vero male di questa città, lo vorranno morto; si farà il processo e le guardie per aver salva la vita dichiareranno che è stato lui a ordinare di fare del male alle ragazze. A quel punto non avrà più scampo.»
«Perfido» mi girò intorno sfiorandomi la schiena con la punta delle dita, eccitata dalla mia oscurità. «Mi piace, mio Signore» si voltò verso la porta, sentendo l'incedere di passi. «Meglio tornare nella parte adesso, stanno arrivando.» Come tutti i demoni era capace di grandi metamorfosi per poter passare inosservata tra gli umani, sebbene non le piacesse mascherare la sua vera natura.
L'esame fu condotto su tutte le ragazze, ovviamente nessuna di loro aveva il marchio della strega e una di esse fallì l'esame di purezza, ma solo perché era sposata e già madre. Niente di diverso da quanto ci aspettavamo.
«E adesso cosa si fa?» mi chiese Rose alla fine degli esami, lavandosi le mani.
«Andiamo a pranzo, parla con l'inquisitore e cuocilo a puntino come sai fare tu» ordinai con un'alzata di spalle. «Intanto dirò alle guardie di preparare il palco per le torture al centro della piazza.»
«Molto bene, eccellenza. A forza di toccare tutte quelle ragazze mi si è proprio aperto lo stomaco, fa pure strada.»
Ormai non mancava molto al compimento dei miei piani, ma dovevo ancora affrontare il momento più difficile e doloroso, quello in cui avrei dovuto torturare Sara sulla pubblica piazza. Mi ero arrovellato il cervello cercando una soluzione alternativa a quella, ma non c'era, se volevo salvarle la vita avrei dovuto farle la cosa peggiore di tutte.
Tornammo a casa dell'inquisitore per pranzo dove consumai il mio pasto in silenzio, limitandomi a rispondere freddamente e con monosillabi alle domande che mi vennero fatte. Apparivo più cupo del solito, pensieroso come se avessi per la mente chissà cosa e in effetti era così, solo che agli altri avrei fatto credere che fosse il pericolo del demonio che infestava Salem a occupare la mia mente e non la preoccupazione per la sorte della strega.
Lasciai fare a Rose tutto il resto, sapendo che non avrebbe tradito nessuna parte del piano e che non si sarebbe lasciata sfuggire neanche un'informazione sulle tre ragazze; era una professionista, la migliore all'Inferno su queste cose.
Arrivammo alla fine del pranzo che l'inquisitore si era praticamente dimenticato della mia presenza, completamente concentrato sulla suora e vittima dei pensieri lascivi che suscitava. Non che con quell'uomo ci volesse un talento particolare, bastava essere a malapena carine per risvegliare i suoi biechi istinti.
«Con permesso...» Mi alzai lanciando a loro due un'occhiata. «Vado a prepararmi per la seconda parte del processo» annunciai con un grosso sospiro, come se mi costasse fatica, e in effetti non mi piaceva affatto quello che stavo per fare. «Mi aspetto che partecipiate anche voi. Con la vostra presenza sicuramente sarà difficile che il maligno di faccia vivo, impedendoci di fare ciò per cui Dio ci ha chiamati.»
«Potete contare su di me, eccellenza, sarà un vero piacere assistervi in questa delicata fase di espiazione. È sempre una sofferenza per l'anima vedere una ragazza che si aggrappa con tutte le sue forze al maligno per evitare di essere separata da lui» mi disse, mostrandosi falsamente comprensivo.
«Già, una vera sofferenza, ma dobbiamo confidare in nostro Signore e nella sua infinita potenza.» Cercava di risultare plausibile, ma non credeva affatto nel Dio che diceva di servire e le sue vere intenzioni nei confronti dei suoi simili erano fin troppo palesi.
Salutai con un cenno e uscii dalla casa di Parris, dirigendomi verso il centro della cittadina, dove già iniziavano a raggrupparsi le persone.
Le guardie avevano fatto come avevo detto, sistemando un piccolo palco dal quale tutti avrebbero visto quello che avrei fatto, con sopra un tavolino con gli strumenti di tortura e tre pali ai quali avrei legato le streghe.
«Andate a prendere le ragazze e legatele ai pali tutte e tre» ordinai, mentre mi recavo a palazzo a prendere il materiale che mi sarebbe servito. Non che lo avessi mai usato davvero, era più per scena che per altro, ma tutto sarebbe servito per rendere verosimile il teatro che avevo messo in atto. Tornai con un involto legato da dei lacci, senza guardare nessuno in particolare e risalendo sulla pedana rialzata.
Le ragazze furono portate sul palco e legate ai pali con le braccia sollevate. Due delle streghe piangevano e urlavano dimenandosi non sapendo cosa sarebbe toccato loro. Sara, che sapeva di essere quella a cui sarebbe toccata la parte peggiore, teneva la guancia premuta contro il palo e gli occhi chiusi. Tremava, aveva paura, ma non per questo era disposta a dar spettacolo supplicando. Inoltre la posizione doveva farle sentire un male atroce alle costole rotte e dal suo bel visino imperlato di sudore freddo si vedeva chiaramente il dolore e la paura. Non poteva neanche pregare, sebbene con ogni probabilità lo stesse facendo nella propria mente, dal momento che, se il popolo ignorante l'avesse vista muovere le labbra, avrebbero pensato subito a un maleficio e il mio piano per salvarla sarebbe andato in fumi.
La gente che si era radunata le scherniva e insultava, qualcuno lanciava loro frutta e verdura guasta per umiliarle ulteriormente, ignorando il fatto che fossero solo tre sfortunate innocenti.
Mi misi di fronte al tavolo e poggiai l'involto su di esso, prima di aprirlo facendolo rotolare per tutta la sua lunghezza. Avevo un arsenale che avrebbe fatto impallidire chiunque, da coltelli, fruste e altri oggetti dall'aspetto terrificante che in realtà non avevo mai adoperato. Eppure conoscevo l'effetto che avrebbero fatto, sia alla folla che alle streghe alle mie spalle, che mi voltai a guardare.
Le due donne presero a strattonare i legacci e a supplicare, Sara invece era semplicemente atterrita e tremante. Tirava su col naso ma si sforzava di non piangere e di non guardare, concentrandosi solo sul legno contro il quale si premeva. Si sforzava di essere forte, serrando i pugni e conficcandosi le unghie nei palmi per non perdere conoscenza a causa del dolore che già provava e dal terrore.
La folla, alla vista del mio corredo da tortura sembrò fomentarsi, voleva giustizia, voleva smettere di aver paura per quello che le streghe potessero fare loro, desideravano solo vivere sereni e liberi dal maligno che li perseguitava.
L'inquisitore salì sul palco osservando le tre ragazze per poi avvicinarsi a me. «Eccellenza, non pensate che sia il caso di dare alle streghe la possibilità di rinnegare il maligno, prima di scacciarlo con i vostri strumenti benedetti?» mi chiese, dando un'occhiata ammirata al mio equipaggiamento.
«Lo faranno dopo le torture, non avranno altre alternative. Non credo alle false parole che il demonio suggerisce loro» risposi lanciandogli un'occhiata, per poi prendere quello che sembrava essere un laccio di cuoio e voltarmi verso Sara. «Inizierò da lei.»
Sara premette di più il viso contro il palo, cercando inutilmente di fermare i tremiti.
«Certo, eccellenza.» L'inquisitore si voltò per lasciarmi il palco e nel farlo passò davanti alla strega fermandosi un attimo di fronte a lei. «Sua eccellenza ti frusterà fino a strapparti la carne dalla schiena» le bisbigliò sadico. «È la tua ultima occasione per rinnegare il maligno e chiedere perdono a Dio per i tuoi peccati e chissà, magari sarà abbastanza misericordioso con te da fermare la mano di sua eccellenza e fare di te una moglie devota per l'uomo giusto.» Accompagnò le sue parole sfiorandole il seno con un dito grassoccio, credendo che non lo ascoltassi e vedessi.
«Non è per bocca mia che sta parlando adesso il maligno» rispose lei con voce tremante dalla paura, cercando di sottrarsi a quel tocco lascivo.
«Scendete dal palco, inquisitore, a nulla serviranno le parole con questa donna.» Avrei decisamente preferito ci fosse lui al posto di Sara, provando decisamente meno fatica a non far esitare la mia mano. «Cambierà idea dopo che l'avrò sottoposta alle prove della verità» dissi avvicinandomi a lei, osservandola glaciale e mostrandole la fascia di cuoio. «Con questa non parlerai ne maledirai nessuno» ringhiai minaccioso avvicinandomi al suo volto mentre Parris scendeva gli scalini. «Mordi più forte che puoi» le sussurrai all'orecchio mentre le legavo dietro la nuca il legaccio, facendo in modo che mi sentisse solo lei.
Le parole dell'inquisitore l'avevano atterrita abbastanza, rendendola pallida e fragilissima e mentre mi spostavo alle sue spalle vidi le lacrime iniziare a scendere silenziose.
«Salem è sotto l'influenza del maligno!» Gridai verso la gente che mi stava fissando. «Ma questo male è più diffuso di quanto voi crediate.» Parlavo lento e cadenzato, dando enfasi a ogni parola. «Queste donne verranno punite e verrà data loro possibilità di redimersi, ma ho la certezza che non lo faranno affatto» spiegai tornando a guardarle. «Costoro non sono che una parte del male di Salem che intendo debellare e quello che vedrete adesso non è nulla in confronto a ciò che farò al messo del diavolo che sta tirando i fili sottili di questa ragnatela. Quell'uomo, o donna, che si nasconde tra voi, facendo credere di essere un vostro amico o una persona fidata; vostra moglie o madre; vostro marito o vostro padre. Chiunque sia, sappia che non riuscirà a sfuggirmi» minacciai osservando uno per uno i paesani, come se tra essi cercassi di trovare chi avevo appena descritto.
Stavo scatenando il panico in un popolo già diffidente. Tutti si scrutavano guardinghi l'uno con l'altro alternando lo sguardo su di me.
Le donne al palo piangevano e si disperavano e Sara... Sara aveva il respiro pesante e tremava, fragile come poche volte l'avrei vista in seguito.
Mi avvicinai a lei e le afferrai la tunica all'altezza delle scapole per poi strapparla brutalmente, lasciandole la schiena nuda, dalla pelle bianca e immacolata. Lei sussultò a quel gesto, stringendosi ancora i più al legno mentre si lasciava sfuggire un singulto. Mi sentii ricolmare di rabbia per quello che stavo per fare, cercando di trasportare quell'odio verso il viscido verme che ci stava guardando.
"Non odiare te stesso per quello che devi fare, non hai scelta" aveva detto solo poche ore prima.
Non se lo meritava e non era giusto, eppure non mi odiava, mi considerava un uomo buono.
La vidi chiudere gli occhi e stringere i pugni, aspettandosi il primo colpo, mentre le lacrime le rigavano le guance e l'inquisitore si beava della scena. Gliel'avrei fatta pagare cara e me ne sarei occupato personalmente con molta soddisfazione.
Mi voltai per prendere la frusta lasciandola rotolare a terra prima di muovere agilmente il polso e il braccio caricando il colpo, per poi scaricare con forza la corda sulla schiena della ragazza.
Sara si raddrizzò tirando la testa indietro quando la frusta la colpì, mugugnando per il dolore e respirando a fatica per poi accasciarsi di nuovo contro il palo. Una linea rosata era comparsa sulla sua schiena e le lacrime avevano iniziato a scendere senza sosta.
Rifeci di nuovo la stessa cosa, ferendole la schiena fino a iniziare a inciderle la pelle, conscio che se fosse sopravvissuta le sarebbero rimasti i segni per il resto della sua vita.
Le diedi in tutto dieci frustate prima di smettere e osservare la schiena della ragazza lorda di sangue. Mi sentivo fremere dalla rabbia e a stento mi ero trattenuto dal voltarmi e fare a pezzi Parris, per la prima volta pentendomi di fare ciò che stessi facendo.
Non mi era mai importato nulla degli umani, sia corrotti o dall'animo puro. Avevo sempre usato la stessa mano su ognuno di loro, indifferente ai loro sentimenti o alla loro natura. Avevo sempre recitato la mia parte senza pentirmi di ogni mia azione, per quanto subdola o egoista fosse. Gli avevo fatto credere di ricambiare il loro affetto, di essere comprensivo, di apparire esattamente come chi avevo di fronte voleva che fossi. Ero stato un abile manipolatore, mentendo o uccidendo quando fosse stato necessario, perché non mi era mai importato nulla.
All'epoca avevo tutto quello che avessi mai desiderato da umano e nulla era mai riuscito a toccarmi nel profondo tanto da distrarmi da quello che era il mio compito. Ma con Sara era stato tutto diverso. Mai avevo trovato una luce tanto forte da riuscire a fare breccia nella mia oscurità. Neanche in un angelo credo di aver mai visto una tale purezza e innocenza, capace di intaccare il mio animo.
Ma in quel momento, obbligato da me stesso a fare ciò che andava fatto, ancora non me ne rendevo conto. Ero incuriosito, attratto da lei e da quella luce. Ciò che stavo facendo mi sembrava sbagliato, come se stessi commettendo un grave errore e mai mi era capitato di sentirmi in uno stato simile. Mi confondeva, ma al tempo stesso alimentava dentro di me una rabbia indicibile che si sarebbe dissetata solamente quando avrei avuto Parris al posto di quella ragazza innocente.
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