Capitolo 38: Il Profeta


Voices - Switchfoot ft. Lindsey Stearling


«Insieme.» Mi strinse a sé baciandomi e ripetendo quanto gli avevo detto.

«Dai, prepariamoci. Per quanto io stia bene ora con te e preferirei stare così ancora per molto, non ho tutto questo tempo. Non ancora per lo meno.» Mi rimisi seduta, ancora con le ali appena dischiuse sopra di lui.

Low si tirò su, stringendomi ancora per un ultimo bacio; eravamo bellissimi con quelle ali così diverse in quell'abbraccio, due estremi che si sfioravano, i due lati della medaglia che si fondevano in tutt'uno, il bianco e il nero, la luce e la tenebra, lo yin e lo yang, l'equilibrio e il caos.
Almeno era quello che io mi immaginavo e mi dicevo.

«Faccio una doccia, tu finisci di fare colazione» mi consigliò, accarezzandomi il viso. Emanava una musica briosa e allegra, un'energia positiva che scaldava il cuore e che non avevo mai sentito prima in lui. Per quanto avessi ancora il pensiero di Luke nella mente, quella melodia era così bella e viva che non riuscivo a fare a meno di ascoltarla, sapendo che era nata per merito mio, che io l'avevo ispirata; non poteva essere sbagliata.

Poggiai la fronte alla sua, dandogli un bacio prima di alzarmi in piedi riprendendo i miei vestiti. «Ho decisamente bisogno d'un cambio d'abiti. Questi li hai distrutti nel togliermeli» osservai guardando i pantaloni semi strappati, prima di lanciarglieli addosso ridendo. Mi misi la maglietta e gli slip giusto per non essere nuda, sedendomi poi al tavolo per la colazione.

Lui sorrise, ritirando le immense ali prima di alzarsi. «Dopo andrò a recuperarti qualcosa e ti prendo il necessario per la tintura, non preoccuparti.» Si diresse verso il bagno, lasciando la porta socchiusa in modo da poter parlare con me, memore di quanto mi turbasse la chiusura. «Pensavo a una cosa,» iniziò a dire «di solito gli angeli tendono a usare, nella loro forma transustanziata, oggetti che ricordano le loro armi celesti. Il tuo amico caduto, a esempio, girava sempre con quelle bacchette e come angelo utilizza dei sai. Forse anche tu sei in grado di usare il violino in forma angelica. Magari quando saremo in un posto più tranquillo potresti provare a evocare il tuo strumento di luce» suggerì.

«Sì, potremmo provare. Vorrei vedere anche che effetto fa la mia musica se usata in combattimento. In ogni caso non si tratta solo del violino, sono capace di usare qualsiasi strumento che ho in mano in maniera naturale, anche se alcuni più di altri» spiegai pensierosa. «Ovviamente uno strumento a corde lo suono meglio di uno a percussione.»

«Potrebbe essere un'arma davvero molto efficace» valutò lui. Dopo non molto uscì dal bagno tutto gocciolante con solo un asciugamano intorno alla vita per recuperare i suoi vestiti. «Ti serve altro, già che sono fuori?»

«Riesci a recuperare un computer e una chiavetta per internet? Qualche ricerca potrebbe esserci utile.»

«Vedrò cosa posso fare in questo posto, male che vada ci fermiamo nella prossima città.» Terminò di vestirsi e mi salutò con un bacio sulla fronte prima di uscire.

Finii la colazione e poi mi stesi sul letto ad aspettare, riflettendo su tutto quello che era successo in quel lasso di tempo. Erano parecchie cose, moltissime e complicate, e avevo la fortissima sensazione che più cercavo di sbrogliarne la matassa, più essa si ingarbugliava.

Dopo circa un'oretta tornò con la tintura, qualche vestito per tutti e due e il computer che gli avevo chiesto. Si cambiò liberandosi dei vestiti sudici e logori che aveva addosso e uscì di nuovo alla ricerca di provviste e di un'auto.

Presi in mano gli abiti che aveva comprato per me e mi soffermai a guardarli leggermente stranita; mi aveva rifatto il look, non c'era che dire, mi aveva preso tutti vestiti punk rock: calze scure, anfibi neri, gonna corta scozzese rossa e nera con una cintura di borchie. Scelsi di mettermi una magliettina, anch'essa nera, con la scritta "Bite me" in rosso sangue, stappata in alcune parti e sulle braccia, lasciando in vista alcuni tratti della pelle, assieme ai tatuaggi che avevo fatto dagli indiani. Quando finii con i capelli, questi erano diventati nero corvino, come i suoi, con qualche riflesso blu, semi acconciati con qualche treccina.

«Allora, come sto?» domandai, allargando le braccia e aprendo le mani coperte da dei guantini senza dita. Avevo messo anche un velo di trucco, giusto per non stonare con il resto nel mio nuovo look. Decisamente sembravo un'altra persona.

«Di sicuro non sembri più una piccola violinista, ma così stoni di meno con il tipo con che porta i tatuaggi anche sulle dita» scherzò, raccattando le nostre cose per caricare l'auto che aveva preso a noleggio.

«Sì, decisamente non stoniamo» ammisi, prendendo il mio zaino dove avevo messo il portatile. «Che auto hai preso?»

«Un furgoncino, tipo quelli che usano le band o quelli che vanno ai concerti, così possiamo anche dormirci dentro» rispose uscendo dalla camera. Il mezzo era parcheggiato giù, nello spiazzo davanti al motel;
nell'avvicinarci, però, la nostra attenzione venne catturata da un tipo piuttosto stravagante, con il berretto che cadeva floscio all'indietro e lunghissimi capelli biondo cenere che sbirciava dai finestrini.

«E quello chi diavolo è?» chiese Low, alquanto infastidito.

«Stai calmo, non è che tutti vogliano ucciderci» intimai, prendendolo sotto braccio. Capivo perfettamente che fosse sospettoso di ogni cosa che si trovasse nelle nostre vicinanze. Poteva essere un angelo o allo stesso tempo un demone, anche se presumevo che il mio accompagnatore se ne sarebbe accorto all'istante.

«Hei, ti serve qualcosa?» domandai gentile al tizio.

Questi sembrò sentirmi, voltandosi appena verso di noi. «Wo, fratelli! È vostro il furgone?»

«Non sono affari che ti riguardano. Sparisci!» Low non era per niente socievole, ma vista la situazione in cui ci trovavamo un po' lo capivo. Non si fidava di nessuno, e per quanto l'uomo di fronte a noi sembrava solo un semplice umano, che probabilmente aveva fatto largo uso di droghe di svariata tipologia, non voleva fidarsi o rischiare.

«Pace, fratello. Sei un bel po' negativo, lo sai vero?» Il tizio ci sorrise distrattamente, tornando a guardare meticolosamente il camioncino.

«Il furgone è nostro. Ripeto: ti serve qualcosa?» domandai di nuovo, inarcando un sopracciglio.

«Ma non la sentite anche voi?» Mi ignorò lui, continuando a fissare il veicolo e ad appoggiare sopra l'orecchio. Con tutta probabilità, da come si stava comportando, era fatto per davvero e la mia non era stata solo una banale osservazione.

Low mi guardò come a chiedermi di non avvicinarmi, tendendo il braccio al lato del corpo, pronto a far apparire la spada nera, ma io lo fermai con una mano, scuotendo il capo in segno di diniego per intimargli di non farlo, tornando poi a guardarlo.

«Cosa senti?» chiesi al bizzarro sconosciuto.

«Energia» mi rispose con un tono che avallava decisamente l'ipotesi che il suo stato fosse un tantino alterato. «Cazzo, questo è il furgone del maligno» esclamò, sorridendo come se l'ipotesi gli piacesse.

«Certo...» Low era decisamente spazientito. «Senti, amico, non abbiamo tempo da perdere, quindi alza i tacchi e vattene.»

Ma il ragazzo neanche lo ascoltò. «È vostro quello?» Indicò un punto vicino al marciapiede, ma in tutta risposta Low non si voltò, assottigliando lo sguardo su di lui, per niente disposto a distogliere l'attenzione da quel tipo.

Invece io mi voltai a guardare dove avesse indicato: a terra c'era la custodia del mio violino, quello che avevo lasciato in auto quando ero scappata dal mastino a tre teste.

«Non è possibile» esclamai sconvolta, avvicinandomi a esso e chinandomi per aprirlo e vedere se fosse davvero il mio. «Prima non c'era.»

Low distorse i lineamenti in una smorfia di rabbia e con un rapido scatto azzerò la distanza con il tipo, afferrandolo per la collottola della felpa e sbattendolo contro il furgone, senza troppe cerimonie.

«Chi diavolo sei?»

«Ehi, amico, stai calmo» rise lui, sollevando le mani in segno di resa e mantenendo un tono tranquillo. «L'ho trovato e ho sentito di doverlo portare qui» spiegò come se fosse ovvio.

«E dove lo hai trovato?» incalzai, prendendo il violino e stringendolo tra le braccia. «Chi sei tu?»

«Un uomo morto» rispose Low. «Chi ti ha mandato?» domandò, ringhiandogli contro.

«L'ho trovato in una macchina distrutta; aveva la stessa energia di questa» spiegò lui. «Me lo ha detto la voce di portarlo qui.»

«Di che voce stai parlando?» chiese il mietitore sospettoso, ma con tono lievemente meno minaccioso.

«Andiamo, amico, non fingere anche tu di non sentirla.»

«Low, aspetta, non mi sembra cattivo» valutai, avvicinandomi al mietitore, cercando di concentrarmi su di lui, sentire la sua armonia e i suoi sentimenti. «Che ti ha detto di preciso la voce?»

«Di portare il violino qui» rispose lui con un'alzata di spalle.

«E dovrei credere che una voce ti abbia detto di portare il violino?» domandò sospettoso Low, chiaramente deciso a non fidarsi per nessuna ragione.

«È così, amico, ma ho fumato talmente tanto che non la sento più» ridacchiò il ragazzo con un'alzata di spalle, come se non gli importasse assolutamente nulla.

«Low, credo che stia dicendo la verità» valutai guardando il mio compagno e poi di nuovo il tizio strano. «Credo di doverti ringraziare; questo violino è molto importante per me.»

«E se lo avesse mandato qualcuno?» ringhiò Low, tornando ad assumere il suo atteggiamento contrariato e minaccioso.

«Sei molto agitato, fratello. Magari servirebbe anche a te una fumata» valutò lui, ma senza sarcasmo, come se glielo stesse proponendo sul serio, poi portò lo sguardo confuso su di me, come se fino a quel momento non si fosse accorto della mia presenza, scambiandomi probabilmente per una delle voci che sentiva. «Ehi, chi è quella bambola?»

Low lo sbattè di nuovo contro il furgone. «Perché non dovrei ucciderti?»

«Io davvero non lo so» rispose. Aveva lo stesso tono di uno a cui avevano chiesto indicazioni stradali. «Però so di dover venire con voi.»

«Non esiste!» tuonò il mietitore.

«Low» lo richiamai io, afferrandolo per il braccio, strattonandolo appena. «Sta tranquillo, non è pericoloso, solo drogato» spiegai, tornando sul povero ragazzo. «Quella voce la senti spesso?»

«Oh, no. Di solito sono piuttosto fatto» sorrise divertito e inebetito. Low lo lasciò andare e lui per poco non cadde a terra.

«Andiamo, stiamo solo perdendo tempo» disse freddo il mietitore, senza smettere di fissarlo, come se si aspettasse da un momento all'altro uno sprazzo di lucidità da parte di quel tipo con annessa improvvisa comparsa di un'arma demoniaca.

«Io mi siedo dietro, immagino» valutò il drogato cercando di mantenersi dritto, come se fosse la cosa più ovvia del mondo che venisse con noi e un po' meno che non potesse sederti di fianco al guidatore.

«Tu non vieni» tuonò Low che chiaramente non era dell'avviso di avere un compagno di viaggio.

«Perché vuoi venire con noi?» domandai invece io.

Sollevò le spalle. «Perché è così che deve essere. So di dover andare dove va quel violino e poi questo furgone è pazzesco.» Provò ad abbracciarlo strofinandoci sopra la faccia.

«Oh, Dio» sospirai scuotendo il capo e tenendomi una mano sulla fronte. «E te lo ha detto la voce di andare dove va il violino?»

«No, certo che no» mi disse quasi offeso. «Quando sono fatto non la sento quella voce. È il violino che mi chiama, non è che mi parla» aggiunse in fretta per precisare, come se temesse che lo considerassi pazzo. «Però mi attrae, so di doverlo seguire, che porterà a qualcosa di importante.»

«Hope, non possiamo portarci dietro un drogato.» Cercò di farmi ragionare Low, mentre il tipo continuava ad abbracciare il furgone strusciandosi contro.

«Emana così tanta energia» disse al nostro mezzo di trasporto, con aria sognante e chiudendo gli occhi.

«Non lo so, ho visto talmente tante cose che non credo che sia un caso che lui sia qui e che mi abbia portato anche il violino» valutai incerta. «Come ti chiami?»

«Danyal» rispose lui voltando la testa verso di me.

«È solo un drogato, Hope. Ha rubato il violino ed è finito qui per caso.» Sembrava davvero che il mietitore non volesse credergli.

«Quindi posso venire? Vi avviso, non ho un soldo e mangio molto.» Non potei fare a meno di pesare che quel tipo fosse davvero assurdo. Parlava come se ci conoscesse da tempo e fosse tutto perfettamente normale, sia i discorsi che facevamo che il fatto che si imbarcasse con noi, quasi fossimo amici da tempo immemore.

«Ha preso il mio violino, Low, non può essere un caso. Era in una macchina abbandonata chissà dove e lui è arrivato qui trovando proprio noi» valutai, osservando Danyal e poi lui. «Portiamolo con noi, se proprio poi non ti fidi o dovesse rivelarsi tutto solo un fortuito caso allora possiamo lasciarlo da qualche altra parte.»

Low sbuffò esasperato, l'idea non gli piaceva affatto e quel tipo meno che mai. «Vi posso ripagare con del sesso, magari» si offrì lui, guardando me.

«Provaci e ti ammazzo» gli sibilò contro Low.

«Scusa, volevo solo essere disponibile» rispose prontamente Danyal, con un'espressione a metà tra il confuso e il dispiaciuto.

«Come pensi di spiegargli chi siamo?» mi chiese il mietitore con un'alzata di sopracciglia.

«Ma io lo so chi siete» rispose il ragazzo, anticipandomi e grattandosi prima il braccio e poi il sedere con indifferenza quando mi voltai a guardarlo con un'espressione palesemente perplessa.

«E chi siamo per te?» domandai, lanciando un'occhiata a Low e poi di nuovo a lui.

Mi sembrò di vedere un attimo di lucidità nel suo sguardo confuso. «Il corvo e la colomba, due dei quattro cavalieri dell'apocalisse» spiegò, dopodiché il suo sguardo tornò confuso e si guardò intorno circospetto come se non fosse stato lui a parlare. «Non sono sicuro di come sono arrivato qui» farfugliò, tornando quindi a guardare di nuovo noi due. «Posso venire con voi? Questo furgone è davvero figo.»

Guardai lui, poi Low, incerta sul da farsi. «No, forse effettivamente hai ragione. Non è una buona idea farlo venire con noi» mormorai.

Ma il mietitore non gli staccava gli occhi di dosso e sembrava aver cambiato del tutto espressione, pur restando serio e con lo sguardo sottile e intimidatorio. «Che diavolo hai detto?»

«A cosa ti riferisci, amico? Io dico tante cose» gli rispose. Aveva preso ad analizzare nuovamente il nostro mezzo di trasporto tornando ad ignorarci, come se non desse minimamente peso a quello che aveva detto in precedenza o non se lo ricordasse affatto.

«Il corvo e la colomba» ripeté Low, impaziente.

«Oh, sì, sapevo che li avrei incontrati. Siete voi, vero?» Non ci guardava, ancora indaffarato a scandagliare con attenzione il veicolo, come se stesse cercando qualcosa.

«Come lo sapevi?» insistette il mietitore, palesemente contrariato.

«Te l'ho detto, amico: "sento" le cose quando non sono fatto e qualche giorno fa avevo finito la droga» spiegò, prima di fermarsi dalla sua attenta osservazione, soddisfatto. «Ah ah! Eccolo: è questo che vibra» esclamò soddisfatto, indicando la runa che avevo inciso Low. «L'ho vista qualche giorno fa ed era anche sull'altra auto, quella con il violino: è questa ad avermi attirato.»

Low espirò spazientito, ma anche un po' più tranquillo, rilassando le spalle. «Questo tossico è un profeta.»

«Un profeta? Che vuol dire che è un profeta?» domandai senza capire.

Il mietitore si stropicciò gli occhi con due dita, frustrato. «Sente la "voce" di Dio. Non la sua voce, ovvio, l'esperienza lo ucciderebbe, ma è come se fosse una radio che alle volte si sintonizza senza volerlo sulla frequenza di Dio. Riesce a dare un'occhiata al suo disegno, una piccolissima parte, e sente l'eco della voce del Metatron» spiegò.

«E ti assicuro che non è per niente piacevole» aggiunse sempre con tono enfatizzato Danyal. «Ho sempre mal di testa e la gente crede che sia folle, ma per fortuna esiste la droga» affermò, sorridendo stupidamente e avvicinandosi a noi. «Questo significa che posso venire?»

«Quindi mi stai dicendo che Dio voleva che lui mi portasse questo violino e che venisse con noi?» domandai guadando Low, ignorando Danyal dopo quello che aveva spiegato il mietitore. «Direi che sarebbe sicuramente interessante portarcelo dietro.»

«Credo che sia molto opinabile quello che abbia visto da Dio e quello che gli ha suggerito la droga» ci tenne a specificare Low. «Lui non esegue gli ordini di Dio, vede delle cose e ha delle sensazioni, come le interpreta è affar suo e, visto come è ridotto, non mi fiderei di quello che dice o, peraltro, di quello che vede e sente» spiegò, incrociando le braccia al petto.

«Ha ragione» mi bisbigliò Danyal, come se non stessimo parlando affatto di lui. «Però sento comunque di dover venire con voi.»

«Quindi che facciamo? Lo portiamo con noi oppure no?» domandai, sospirando e sentendomi sempre più confusa da quella situazione.

«Sali» ordinò l'angelo della morte, senza degnare il ragazzo d'attenzione. «Meglio con noi che con gli angeli o nelle mani di Kora» aggiunse, posando i bagagli nel furgone. L'idea non gli andava a genio neanche un po' ma le alternative erano piuttosto poche se valutate con attenzione.

«Mi siedo davanti» esclamò Danyal entusiasta.

«Ti siedi dietro e guai a te se ci crei problemi» lo avvisò Low con un'occhiataccia, dirigendosi al posto del guidatore.

Mi sedetti accanto a Low, lanciando di nuovo un'occhiata a Danyal, alquanto sospettosa. Non capivo perché era con noi e che cosa avrebbe potuto fare; eppure se era lì un motivo c'era e non si limitava al violino. Sorrisi, accarezzando la custodia, felice di riaverlo.

«Quel violino è importante» affermò il ragazzo, sporgendosi davanti a guardarlo mentre Low metteva in moto. «L'ho percepito quando l'ho toccato.»

«Era di mia madre. L'unico ricordo che ho di lei» spiegai lanciandogli un'occhiata sospettosa. «Credevo di averlo perduto. Ti ringrazio.» Gli sorrisi.

«Ti voleva bene» disse, per poi distogliere l'attenzione. «Posso fumare in macchina?»

«No» rispose l'uomo che avevo a fianco a me, facendomi sfuggire un sorrisetto divertito da quella scena che mi sembrava alquanto buffa.

«Sei parecchio bacchettone per essere quello che sei» valutò. Non era per niente impressionato dalla nostra natura.

«Low, è estate, se anche apriamo i finestrini non credo che sia un problema se fuma, inoltre lo fa per una buona ragione,» insistetti, lanciandogli un'occhiata «o temi il fumo passivo?»

«Hai capito cosa fuma? Cosa diciamo alla polizia se ci fermano?» domandò lanciandomi un'occhiata e inarcando un sopracciglio. Non voleva dare nell'occhio.

«No, infatti non è una buona idea» dissi annuendo. «Meglio non dare nell'occhio.» Annuii lanciando un'occhiata a Low e poi lui.

«I poliziotti non le capiscono certe cose,» borbottò Danyal alle mie spalle mentre si accomodava meglio nel furgone «non mi credono mai.» Sembrava evidente ne sapesse qualcosa. «Dov'è che stiamo andando?»

«Stiamo andando a Salem» risposi, guardando poi la figura del nostro ospite attraverso lo specchietto retrovisore.

«La città delle streghe. Non ci sono mai stato» ci informò sollevando le spalle. «Perché andate a Salem?»

Rimasi in silenzio a quella domanda, lanciando un'occhiata a Low. Avevo intuito il motivo per il quale voleva andare la, senza contare che era stato reso sicuro da lui stesso. «Un posto sicuro.»

«Ottimo» esclamò divertito, continuando a muoversi per trovare una posizione che gli piacesse e che considerasse comoda. «Mi piace questo furgone, sarebbe un peccato finisse come l'auto. Voi vivete qui dentro?» domandò, lanciando un'occhiata al materasso che c'era dietro, ai suoi occhi doveva sembrare un hotel di lusso. Low doveva aver attrezzato il mezzo in modo da doverlo lasciare il meno possibile, soprattutto durante la notte, vista la pregressa esperienza con il Cerbero.

«Ci passeremo qualche notte» ammisi. Addio momenti di intimità. Di certo il nostro nuovo amico non ci avrebbe facilmente lasciati da soli.

«Tu dormi fuori» intervenne il mietitore che stava decisamente seguendo la mia stessa linea di pensiero.

«Quanto ci vorrà prima che arriviamo a Salem?» domandai, tornando a guardare attraverso il vetro.

«Tre giorni forse.»

«Penso di avere abbastanza roba per tre giorni» ci assicurò il nostro nuovo compagno di viaggio.

«A Salem poi vedremo che altro fare. A ogni modo, Danyal, è da tanto che senti queste voci? Di solito che cosa ti dicono?» domandai vaga, ma al contempo curiosa.

«Da sempre» rispose lui. «Sono stato da un sacco di strizzacervelli e in diverse comunità. Mi dicono cose strane e il più delle volte senza senso» spiegò, senza riuscire a stare fermo un istante sui sedili posteriori.

«Gli strizzacervelli dici? Quindi sei passato all'erba per evitare di continuare a sentire quella voce?» domandai voltandomi sul sedile per osservarlo.

«Sì, le soffoco con erba e droghe e nella mia mente c'è silenzio, anche se sono parecchio confuso, ma ehi, non si può avere mica tutto» mi disse sorridendomi beato.

«I profeti sono sempre stati tipi particolari» aggiunse Low. «Fanno fatica a gestire le loro capacità.»

«Beh è comprensibile visto quello che sentono» valutai pensierosa. «Che cosa succederebbe se suonassi con lui da lucido, secondo te?» domandai guardando di nuovo il mietitore.

«Francamente non ne ho idea. Ho sempre evitato i profeti e non ho mai conosciuto qualcuno con il tuo dono.» Mi diede un'occhiata per poi tornare a guardare la strada.

«Se per dono intendi culo ti do ragione, amico; ma lo sai che sei uno schianto!?» esclamò Danyal voltandosi a guardarmi con un sorrisetto lascivo che faceva piuttosto ridere, ma Low frenò bruscamente, sbalzandolo in avanti, faccia a terra visto che il profeta non aveva nessuna cintura di sicurezza, per poi riprendere a guidare tranquillamente, come se niente fosse.

«Danyal è meglio che moderi i tuoi commenti, a Low non piacciono» valutai io, che avevo letteralmente artigliato il sedile. Tornai a guardare il mio compagno, sogghignando e poggiandogli una mano sulla gamba. «A ogni modo potremmo provare a Salem. Tanto non abbiamo nulla da perdere, a meno che lui non impazzisca del tutto.»

«Se gli scoppia la testa voglio essere presente» commentò sadico il mietitore con un ghigno.

«Va bene, forse me lo sono meritato, ma pensavo che dal posto da cui provieni foste abituati a condividere, amico» bofonchiò, massaggiandosi la testa e risistemandosi il berretto sopra una chioma unta di capelli biondi. Probabilmente era da tempo che non si faceva neanche un bagno.

«Non io» rispose freddo il mietitore, senza guardarlo.

«Non condivide e comunque io non sono un oggetto da condividere, a prescindere» specificai lanciandogli un'occhiataccia. «Comunque sono curiosa di provare a vedere l'effetto della mia musica su di te.»

«Mmm... che strano, credevo di aver sentito un'altra figura vicino a te» commentò lui.

«Guarda che inchiodo di nuovo e stavolta mi assicurerò che sfondi in parabrezza» lo minacciò Low. Lui in risposta alzò le mani.

«Va bene! Va bene! Sto zitto!»

Strinsi le labbra a quelle parole, supponendo che si stesse riferendo a Luke. «Quella figura non c'è e dubito che ci sarà in futuro» commentai per poi iniziare a guardare la radio del furgone, cercando qualche canale radio.

Luke non avrebbe mai accettato quello che era successo tra me e il mietitore. Non sarebbe neppure stato giusto alimentare il mio sentimento per lui, nonostante facesse ancora male.

Danyal fece per rispondermi ma tenne la bocca chiusa nel vedere l'occhiataccia di Low dallo specchietto retrovisore. «Amico, mi dai i brividi.»

Cercai una musica decente, senza aggiungere altro, soprattutto che desse abbastanza energia da potermi finalmente staccare dai pensieri che mi aveva scaturito la frase del giovane che avevamo preso con noi.

«Sei per caso Lucifero?» chiese Danyal osservando fisso fisso Low.

«No» gli rispose lui piatto.

«Ne sei sicuro?» lo incalzò senza ricevere risposta.

«A proposito. Come mai la regina dell'Inferno siede sul trono di suo padre? Lui che fine ha fatto?» domandai rivolgendomi al mietitore.

«Lui è sulla terra, da qualche parte, per quello che dice Kora ha avuto un esaurimento nervoso qualche millennio fa e si è preso una vacanza, ma non so quanto quella donna sia credibile. Potrebbe persino averlo cancellato con le sue stesse mani» spiegò, lanciandomi un'occhiata.

«Lucifero ha avuto un crollo di nervi? Lucifero? L'angelo caduto che ha governato all'Inferno e di cui tutti hanno paura? Mi pare molto strano» riflettei, tornando a guardare fuori dal finestrino.

«La gente ha sempre paura di quello che non conosce, ma lui non è tanto diverso da voi due.» Danyal era tornato a una posizione che considerava comoda, mezzo stravaccato su tutta la lunghezza dei sedili posteriori, con le braccia aperte e ovviamente senza cintura.

«Mah, io non credo. Onestamente non so come mi comporterei di fronte a satana in persona» borbottai scuotendo il capo. «Se fosse come la figlia poi; a proposito: ma da chi l'ha avuta?»

«Un angelo caduto,» mi rispose Low, «uno dei primi. Lei è stata cancellata da Michele tentando di proteggere Kora. Suo padre non la prese bene.»

Danyal ascoltava in silenzio, assorbendo le informazioni.

«Michele» ringhiai quasi scuotendo il capo, «ancora stento a crederci» aggiunsi scuotendo il capo infastidita.

«Tuo padre non è molto popolare all'Inferno» confermò lui, tornando a guardarmi rapidamente per vedere la mia espressione: scattavo ogni volta che sentivo fare il suo nome, mi irritava ogni volta che qualcuno lo pronunciava.

«Un arcangelo...» commentò Danyal. «Questa l'ho sentita davvero o è solo l'effetto della droga?»

«Sta zitto» lo rimbeccai io sospirando e poggiando il braccio al finestrino, aprendo la mano per sorreggere il mento e osservare fuori dal vetro.

A quelle parole, il ragazzo chiuse la bocca e si accucciò mogio nel furgone.

«Ehi, non hai niente a che fare con lui, se tuo padre è quello che è non è colpa tua. Tu non sei come loro.» intervenne Low poggiandomi una mano sulla gamba e voltandosi a guardarmi.

«Ma resta mio padre. Per quanto non lo vorrei e non lo accetterò mai, resta mio padre e l'unica cosa che vuole fare è togliermi di mezzo. Cancellare il suo errore» mormorai scuotendo il capo. «Lasciamo perdere il discorso.»

«A volte le cose non sono come sembrano» sentii mormorare dal retro del furgone.

«Esattamente. Ci sono un sacco di cose che non sono come sembrano e per me è stato sempre così» sbottai, scocciata delle parole di Danyal. «Possiamo finirla di discutere di cosa siamo, chi siamo e tutto il resto? Devo ancora cercare di digerire tutta questa storia.»

«Scusa» mormorò il ragazzo dietro.

Non gli risposi, continuando a guardare dal finestrino e lasciando perdere qualsiasi discorso.

Proseguimmo il viaggio in silenzio, con Low che mi dava qualche occhiata di tanto in tanto.

Danyal invece si era addormentato dopo alcuni minuti, cullato dall'incedere ondeggiante del nostro mezzo, dalla musica e dell'effetto delle droghe che aveva assunto. Il suo leggero russare si sentiva appena, come un sottofondo piuttosto irritante.

Dopo un po' iniziai ad appisolarmi a mia volta, risvegliandomi poi tempo dopo con una fame atroce. «Quanto tempo è passato?» domandai con uno sbadiglio.

«Un'ora. Tra poco ci fermiamo a mangiare qualcosa» mi disse Low in risposta al borbottio del mio stomaco. «Come ti senti?»

«Stanca, ma sto bene» lo tranquillizzai lanciando poi un'occhiata alle mie spalle «Che cosa ne facciamo di lui? Sinceramente?»

«Ci sto pensando. Non possiamo lasciarlo in giro incustodito: anche se drogato quel tipo ha un enorme potere; quando è lucido è in grado di mettersi in contatto con Dio e spiare nei suoi disegni, nelle mani sbagliate potrebbe essere pericoloso» spiegò dandogli un'altra occhiata dallo specchietto retrovisore. «I profeti sono da sempre una rogna, non è un caso che muoiono giovani e martiri.»

«Meglio tenerlo con noi, allora. Non deve essere facile neanche per lui. Almeno con noi non è solo.» sussurrai, tornando a guardare il mietitore.

«Non avrà comunque vita lunga se si imbottisce di droghe a quel modo.»

«Beh, però è comprensibile che lo faccia. A te piacerebbe avere Dio che ti bisbiglia nel cervello? Pensa se lo facesse Kora a te» sghignazzai prendendolo in giro.

«Abbaierebbe solo ordini e proposte oscene, di sicuro» osservò lui con un sospiro.

«Sei stato spesso a letto con lei?» domandai a bruciapelo, ma calma.

«Ho settecento anni» mi diede un'occhiata. «Ogni volta che la accontentavo mi toglieva un'anima dal conto.»

«Immagino sia molto gelosa di te o almeno è questa l'impressione che ho avuto. Ritieni che sia stata lei a mandare la peste?» domandai ricordando le parole dell'oscura regina circa la morte della moglie di Low. «Se non vuoi parlarne non fa nulla, la mia è solo curiosità» mi affrettai ad aggiungere.

«Kora non può uccidere, non fu lei a mandare la peste, ma Dio. Lei fece solo in modo che si verificassero una serie di coincidenze che la fecero ammalare e mi impedirono di salvarla. Ha approfittato della situazione per eliminare la concorrenza, insomma, sapendo che sarebbe andata dove io non avrei mai potuto raggiungerla» spiegò guardando la strada.

«Odi Dio quanto odi lei?» domandai, lanciando un'occhiata fuori dal finestrino. «Insomma, se è stato lui a mandare la peste.»

«Lei era innocente, così come tutti gli altri contagiati. Non doveva morire» rispose serrando le dita sul volante.

«Come si chiamava?»

«Sara. Si chiamava Sara.» 

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