Capitolo 33: Cerbero


Hi-lo - Lindsey Stirling feat. Evanescence


Eravamo partiti da un giorno e ormai di fronte a noi iniziava a tramontare il sole, lasciando risplendere ciò che ci circondava con i classici colori rossastri che preannunciavano l'arrivo della notte.

Avevo sonnecchiato per gran parte del viaggio e mangiato qualcosa tra una chiacchiera e l'altra.

Ci eravamo fermati solo un istante per permettermi di andare in bagno, anche se eravamo in aperta campagna praticamente, e lui aveva fatto lo stesso.

Mi stiracchiai sul sedile, iniziando già ad essere stanca di quel lungo viaggio e a risentire della posizione scomoda tenuta per troppe ore.

«Hai bisogno che ti dia il cambio?» Domandai, voltandomi a guardare Low.

«Sto faticando troppo per tenerti in vita per permetterti di guidare e ucciderci.» scherzò lui. «Sta tranquilla, tirerò ancora per qualche ora, poi ci fermeremo a dormire in un posto tranquillo e riservato, anche se, visto quanto tu abbia dormito, credo che passerai tutta la notte con gli occhi spalancati.»

«Può essere, ma guidi bene e il viaggio è stato davvero rilassante.» risposi sorridendogli. «Ma non mi dispiacerebbe passare la notte in macchina con te. Sono certa che un modo per stancarmi lo troveresti.» scherzai, senza nascondere la malizia in quello che avevo appena detto.

«In effetti, mentre dormivi beata, mi è venuta in mente qualche idea.» mi rivolse un'occhiata molto peccaminosa.

Dopotutto che cosa volete che potesse farmi il dio del peccato, se non desiderare di perdere completamente la concezione di me stessa, di chi fossi e di cosa volessi davvero?

Non capirò mai come possa essere stato possibile, che quell'uomo dalle ali nere come la notte, fosse riuscito a sovvertire ogni pensiero o ipotesi che la mia mente creava.

Era stato capace di risvegliare in me qualcosa che era da sempre rimasto sopito, volontariamente o involontariamente, impostomi da chi mi era stato vicino in tutti quegli anni.

Per quello non riuscivo più a resistergli e dopo quanto successo nel villaggio indiano sarebbe stato completamente inutile, dopotutto.

Avevo ceduto, la mia volontà era stata annientata e ora accettavo quelle che sarebbero state le conseguenze, anche se ero stata io stessa a volerlo e, oltretutto, non potevo pentirmene. Non ci riuscivo. Le sensazioni provate con Low erano completamente diverse da quelle che avevo con Luke e faticavo a metterle sullo stesso piano, valutando quali dei miei sentimenti fosse quello più persistente, quello vero, e quello che in realtà non lo fosse.

Se pensavo a Luke mi si stringeva il cuore, vergognandomi per quanto avessi fatto, ma mi bastava sentire la voce di Low o incrociare il suo sguardo per dimenticare ciò a cui stessi pensando e smettere di ragionare.

Il viaggiò continuò fino a tardi, senza che ci fermassimo un attimo, nonostante la stanchezza. Low parcheggiò l'auto in uno spiazzo del bosco, accanto a una strada dove non sembrava passare anima viva. Non mi stupii affatto la sua conoscenza della zona e la capacità di trovare così facilmente un posto lontano da occhi indiscreti.

Era terribilmente buio e il bosco nascondeva la volta stellata e la luna, impedendo che la poca luce proveniente da essa potesse arrivare fino a noi, nascondendoci nell'oscurità di quella foresta.

Nonostante la stanchezza ci lasciammo andare ai nostri desideri per l'ennesima volta e io tornai ad essere una marionetta nelle sue mani, incapace di volere altro se non lui stesso.

«Tu sei la mia redenzione, Hope.» mormorò ad occhi chiusi, dopo che i respiri affannati legati al rapporto che avevamo avuto ebbero iniziato ad affievolirsi in un piacevole torpore.

Scossi il capo sospirando. «No, Low. Potrei deluderti in futuro. Mi stai dando troppa importanza.» sussurrai a mia volta per non rovinare l'atmosfera di pace che regnava tra quei boschi.

«Non potresti mai deludermi.» Scosse la testa. Potevo leggere su quel viso dai lineamenti armoniosi tutta la stanchezza che aveva accumulato fino a quel momento.

«Potrei fare delle scelte che non condivideresti.» mormorai abbracciandolo e portando il volto accanto al suo, ormai completamente rilassata e appagata.

«Non mi importa di che colore saranno le tue ali alla fine di questa storia, mi andrà bene comunque. Voglio averti con me, il resto non ha importanza.» Mi strinse forte, nascondendo il viso nell'incavo del mio collo.

«Potresti trovare qualcuno che non voglia lasciarmi andare.»

Pensai a Luke, non potendone farne a meno. Aveva fatto parte della mia vita fino a quel momento, per quanto stare con Low me lo facesse in parte dimenticare.

«Affronterò chiunque voglia portarti via da me.» Strofinò il viso sulla mia spalla. «Affronterò gli angeli e i demoni, mi metterò anche contro Dio e Lucifero in persona se dovesse essere necessario, ma non ti perderò, non posso e non voglio perderti.»

Rimasi in silenzio, accoccolata a lui e con mille pensieri per la testa, sentendomi scossa e confusa. Le sue parole erano così piacevoli da sciogliermi, ma allo stesso tempo le sentivo bruciare sulla mia pelle.

Passammo un po' di tempo così, prima che lui proponesse di stendere i sediolini e provare a riposare. Non era come dormire abbracciati nella casetta indiana, ma si trattava di resistere solo pochi giorni, fino all'arrivo a Salem e a quella che lui chiamava casa.

Nonostante la scomodità, caddi in uno stato di dormiveglia piuttosto in fretta. Iniziai quasi a sentirmi cullata da leggere vibrazioni, sempre più intense e ritmiche, fino a che non avvertii Low al mio fianco irrigidirsi di colpo, tirandosi su a sedere di scatto, con l'orecchio teso all'ascolto.

«Che succede?» domandai, mezza intontita dal sonno.

Lui non mi rispose, restando in un tacito silenzio che mi mise ancora più in allarme. Sembrava un gatto con il pelo irto e il corpo pronto a reagire al minimo pericolo, mentre fuori dall'auto la vibrazione si faceva più vicina e intensa.

«Dobbiamo andarcene!» si affrettò a ricomporsi, tirando su il sedile del guidatore.

Mi allarmai subito, appena notai il suo atteggiamento e, trafelata, mi affrettai a mettermi la cintura di sicurezza, guardando fuori dal finestrino nel buio più assoluto.

«Che succede?» ripetei spaventata.

«Niente di buono.» mi rispose atono. Cercava di mettere in moto, ma, dopo un tonfo più forte che fece traballare la macchina, lui si fermò, restando immobile. La vibrazione ritmica che avevamo sentito fino a poco prima smise e scese il silenzio.

Il mio cuore iniziò a battere sempre più rapidamente e un brivido mi scese lungo la schiena. Avevo le mani sudaticce dall'adrenalina dovuta a quello che stava accadendo. Non riuscivo a capire cosa fosse la fonte del rumore, ma ancora di più mi spaventata terribilmente vedere Low così agitato. Non si era mai scomposto in nessuna occasione, mentre in quel momento sembrava teso come una corda del mio violino, pronto a spezzarsi da un momento all'altro.

A un ennesimo tentativo la macchina finalmente si accese e lui ingranò furiosamente la marcia, pronto a partire, ma un'enorme secchiata di un liquido viscoso cadde sul parabrezza, impedendoci di vedere la strada. «Merda! Siamo stati troppo lenti!» Accelerò, spingendo il pedale fino in fondo, ma la macchina non si mosse, si sentivano solo le ruote slittare assieme al rumore del motore che ruggiva in maniera assordante.

Mi irrigidii, guardandomi attorno, cercando di capire che cosa stesse succedendo. Low invece aveva il respiro accelerato, stato che mi metteva sempre più in agitazione. Cosa poteva esserci di così tremendo lì fuori da far paura alla morte stessa?

«Non muoverti di qui fino a quando non te lo dico io. A quel punto corri, corri più forte che puoi senza fermarti e senza voltarti. Mi hai capito?» bisbigliò a voce bassissima, serrando convulsamente la presa sul volante.

Annuii guardandolo scossa e perplessa, chiaramente spaventata. Con le mani tremanti mi aprestai ad obbedirgli, slacciandomi la cintura di sicurezza, lentamente.

Non mi piaceva affatto l'idea di separarmi da lui e scappare, considerando che non sapevo cosa gli sarebbe successo e cosa avrei visto fuori dall'auto, ma non avevo scelta.

Lui mi diede un'occhiata e prese un profondo respiro prima di sparire dall'auto lasciandomi sola. Il vetro era macchiato e non riuscivo a vedere niente, ma sentii la sua voce urlare. «Ehi bestiaccia! È me che cercavi?»

Tentai di vedere qualcosa, ma lo schifo sul parabrezza e il buio non aiutavano. Non capivo assolutamente cosa stesse succedendo.

Sentii un ringhio profondo e gutturale, agghiacciante, provenire da sopra di me che mi paralizzò. Che diavolo era stato?

Vidi apparire un'enorme testa di quello che sembrava un gigantesco mastino, vicino al mio finestrino. Solo il muso era grande quanto l'intera auto, con occhi completamente neri e grosse zanne da cui gocciolava bava, la stessa che doveva aver macchiato il parabrezza.

Sgranai gli occhi, impallidendo e irigidendomi sul sedile. Mi sembrava di rivedere la stessa scena di Jurassic Park, solo che al posto del tirannosauro avevo davanti un'enorme testa di cane bavoso.

Sembrava tutto assurdo, ma il terrore che quella visione infernale mi aveva generato era assolutamente reale.

Iniziai a respirare sempre più velocemente, impossibilitata a muovermi per lo sgomento. Anche se avessi voluto, in quel momento il mio corpo non avrebbe reagito per nessuna ragione. Il mio cervello sembrava aver perso il controllo su qualsiasi mio arto o muscolo, come un cervo paralizzato di fronte ai fari di un'auto.

La situazione, già surreale di suo, peggiorò con l'apparizione della seconda testa alla mia sinistra.

Non era possibile, doveva essere un incubo. Quanti cani demoniaci erano comparsi?

Abbassai il capo, cercando di razionalizzare la cosa. Erano reali, non c'erano dubbi. Sentivo il rumore basso e sordo del loro ringhio, segno della loro presenza. Ma il peggio era che ne percepissi ancora un terzo sopra la mia testa. Udii le loro zampe grattare il terreno, segno della loro intenzione di sorpassare l'auto per recarsi da Low. Vidi una sola zampa per ogni lato dell'auto e sebbene il mio cervello si rifiutasse di elaborare le informazioni visive che i miei occhi gli stavano fornendo, iniziava ad essere evidente che quelle gigantesche teste appartenessero tutte ad un unico gigantesco, muscoloso e terrificante corpo.

Rimasi bloccata nella macchina, ansimante e con gli occhi sgranati, bianca in viso. Avevo sentito parlare di Cerbero, il mastino infernale a tre teste di Ade, Dio della mitologia greca, che faceva la guardia al regno degli Inferi, ma trovarsi di fronte quella cosa era una follia. Rischiavo seriamente di perdere tutta la mia sanità mentale.

Ok, avevo avuto a che fare con angeli e quelli che erano sicuramente demoni e ne ero rimasta piuttosto sconvolta e scossa, ma di fronte a quella bestia stavo provando una sensazione di puro terrore. Era assurdo, impossibile.

Con una delle zampe posteriori urtò l'auto, facendole fare un quarto di giro come fosse in gommapiuma. Quell'essere aveva una forza spaventosa e se avesse messo per sbaglio una zampa sull'abitacolo nel quale mi stavo nascondendo mi avrebbe di sicuro schiacciata e uccisa.

Low cercava di attirarlo lontano da me per permettermi di scappare. Aveva evocato la spada nera e inveiva contro il cane nella speranza di allontanarlo il più possibile dall'auto.

Io, invece, ero immobile come una statua. Ero sconvolta da ciò che stavo vedendo e completamente incredula. Per quanto fossi entrata in contatto con una parte di quel mondo immortale, l'avere di fronte quel mostro mi aveva mandata praticamente in stato di shock.

Il cane demoniaco si abbassò sull'auto, ringhiando, come se stesse prendendo lo slancio per attaccare Low. Con le possenti zampe scavava il terriccio, e le vibrazioni di quelle semplici azioni le sentivo riverberarmi sin dentro le ossa. Chiusi gli occhi, sperando vivamente che non si accorgesse della mia presenza sotto di sé e di non finire tra le sue fauci.

Scattò verso il mietitore, ignorandomi. Nonostante la mole era agilissimo e quando fu davanti all'auto potei vedere, dai punti in cui la bava era colata via, quanto grosso e mostruoso fosse quell'essere orribile.

Low scartò, cercando di colpirlo, ma quella creatura non aveva punti ciechi. La testa più vicina a lui fece scattare la mascella, mancandolo per un soffio. Low indietreggiò, stava provando ad allontanarlo da me, ma che possibilità avevo di scappare?

Anche se avessi iniziando a correre mi avrebbe presa subito. Non avevo nessuna chance di seminare quell'orribile canide.

«Hope! Scappa!» mi urlò Low all'improvviso, parando un morso con la spada e scartando le altre due teste.

La sua voce mi scosse dallo stato di trance, facendomi riacquistare un briciolo di lucidità.

Dopo un attimo di esitazione aprii la portiera e iniziai a scappare dalla parte opposta alla bestia e a lui, completamente nel terrore e completamente alla cieca.

Con il respiro fuori controllo e il cuore che mi stava praticamente uscendo dal petto, corsi per il bosco come non avevo mai fatto prima, volevo solo allontanarmi il più possibile.

Correvo a perdifiato, ma avevo sempre nelle orecchie quel ringhio agghiacciante e sentivo la terra tremare sotto i miei piedi: mi stava inseguendo e, quello che era peggio, mi stava probabilmente raggiungendo e io non avevo il coraggio di guardarmi alle spalle.

Più lo sentivo avvicinarsi, più sentivo il terrore salire.

Quella bestiaccia era velocissima, ma dopo poco mi accorsi che non riuscivo più a sentire il suo ringhio alle mie spalle, nonostante fossi sicura di non essere riuscita a seminarlo.

Ero spaventata e sconvolta, correndo a perdifiato per il bosco, per di più al completo buio. Inciampai e caddi in avanti, rotolando a terra con un guaito di dolore.

Il ringhio si era spostato, proveniva da davanti a me.

Il cane demoniaco spezzava i tronchi sotto le possenti zampe, ostentando il suo avvicinarsi alla preda. Ero sicura che stavolta non sarei riuscita a cavarmela, quando lo sentii guaire da un punto imprecisato tra gli alberi che non riuscivo a raggiungere con lo sguardo.

Cercai di approfittarne per provare a riprendermi un po' e guardare in direzione del cane a tre teste. Tremavo e non riuscivo a muovermi, mi sembrava come se le mie gambe si rifiutassero di seguire i miei ordini.

Sentii dei passi dirigersi verso di me, una cadenza ritmica, e mi sembrò quasi di vedere una luce provenire da quella direzione, la luce di una fiamma.

A quel punto rimasi ferma, atterrita. O avevo le allucinazioni o davvero stavo vedendo delle fiamme che si avvicinavano. Ma che cosa diavolo stava succedendo?

Mi alzai a fatica, con le gambe che mi tremavano, pronta a riprendere la mia fuga cieca e disperata, quando vidi un uomo, no, anzi, un angelo, che avanzava lentamente verso di me. Indossava il busto di un'armatura d'argento e aveva gigantesche ali bianche bene in vista. Incedeva verso di me, impugnando una spada di fuoco con aria minacciosa.

Sgranai gli occhi alla sua vista: la spada di fuoco, le ali di un angelo, l'armatura... la mia mente ci mise un attimo a collegare il tutto.

L'arcangelo Michele, la mano destra di Dio.

Lo sterminatore di Nephilim!

Sentii il corpo tornate a non seguire gli ordini dettati dalla mente, troppo sconvolta da tutto quello che stava succedendo. Gli occhi mi pizzicavano per le lacrime che chiedevano furiosamente di uscire. Ero in preda al panico come non lo ero mai stata.

Perché stava succedendo tutto questo? Non era giusto. Non poteva essere già arrivata la mia fine? Non bastava l'arrivo di quell'essere abominevole, adesso mi trovavo di fronte a una delle creature più pericolose per chi era nato come me.

Avanzava nella mia direzione, con passo fiero e saldo, era me che stava cercando, non c'erano dubbi.

«Finalmente ti ho trovata!» osservò con tono fermo.

Aveva i capelli castani, come i suoi occhi, nei quali la luce emanata dalle fiamme della sua spada mettevano in risalto una sfumatura dorata, un uomo bellissimo, come tutti gli angeli. Poco più dietro atterrarono Joan e Mark, senza nascondere le loro ali, tutti trafelati e con un'espressione avvilita.

«Sta lontano da me!» Gridai, nel panico totale. Mi avrebbe uccisa, era quello che mi aveva spiegato Low e che avevano confermato i miei amici.

Era la fine.

«Hope...» Joan allungò la mano verso di me, veramente contrita, ma Mark la fermò.

Michele ignorò quello che gli avevo detto. «Tu adesso vieni con me.»

«No!» risposi scuotendo il capo. «Lasciatemi in pace! Non voglio essere cancellata!»

Sbuffò, per poi ricominciare ad avvicinarsi, mentre Joan si faceva sempre più preoccupata.

Più lui incedeva più io indietreggiavo, cercando di mettere distanza tra noi.

Arrivai a toccare un albero con la schiena, incespicando contro le sue radici, tenendo sempre lo sguardo su di lui. Sapevo che non avevo possibilità, essendo lui forte quanto Low ed essendosi liberato del mastino a tre teste in una manciata di secondi, ma non potevo stare lì a farmi uccidere.

La mente correva velocissima, cercando una soluzione per rimandare l'inevitabile. A quel punto feci l'unica cosa che mi venisse in mente. Richiamai la spada di luce, rigirandomela tra le mani e puntandola al mio petto.

Suicidio, sapevo benissimo dove mi avrebbe portato e lui si bloccò, mentre sul suo volto appariva un'espressione dapprima sorpresa e poi furente. «Cosa pensi di fare?»

«Hope!» Joan cercava di liberarsi da Mark che la teneva ferma in un abbraccio frontale.

«Piuttosto che farmi cancellare preferisco uccidermi e scendere all'Inferno. Ho ancora delle cose da fare, non ho intenzione di venire con voi.» risposi risoluta, nonostante fossi ancora spaventata.

«Sciocca ragazzina!» inveì l'arcangelo, furioso. «La spada di luce non ha effetto su un angelo. Dio ha fatto in modo che nessuno di noi potesse uccidersi da solo.» Riprese ad avanzare, ancora più deciso. Sembrava che lo avessi solo fatto arrabbiare con le mie parole.

Abbassai la spada, iniziando a scuotere il capo. «Ti prego, non farlo.»

Rimasi con lo sguardo su di lui, deglutendo. Chiusi poi gli occhi, non volevo vedere cosa mi avrebbe fatto, ma all'improvviso sentii qualcosa stringermi e un attimo dopo l'angelo con la spada di fuoco e tutto il resto sparirono e mi ritrovai in un posto diverso.

Low era leggermente ferito e ansimante, ma, appena fummo riapparsi, mi afferrò la mano e iniziò a correre, trascinandomi dietro di sé senza dire niente.

Incespicai appena, ma non caddi, iniziando a correre assieme a lui in maniera incerta, ancora scossa per tutto quello che era successo.

Gli angeli ci furono addosso in poco, ma Low usò ancora i suoi poteri, una sorta di misto tra telecinesi e incredibile velocità, anche se probabilmente c'entrava anche il poter manipolare lo spazio e il tempo, e ci ritrovammo a correre in un altro punto del bosco.

Avevo già il fiato corto ed ero sfiancata, letteralmente. Facevo fatica a tenere il passo del mietitore, ma avevo troppa paura di guardarmi indietro. Ero certa che se ci fossimo fermati, sarei stata cancellata.

«Non puoi sfuggirmi per sempre, mietitore.» tuonò Michele, dalla nostra sinistra. «Consegnami la Nephilim.»

Incespicai di nuovo, a causa dei bruschi spostamenti, che mi davano le vertigini e la nausea, tenendomi a Low per non cadere. Non riuscivo più a mantenere quel ritmo.

Poi lo sguardo mi cadde sul suo pugnale, decisamente a portata di mano. Se non funzionava la spada di luce magari con quello sarei riuscita a prendere quella che mi sembrava l'unica via d'uscita possibile.

«MIETITORE!» tuonò Michele, facendo ardere ancora di più la sua spada.

Low si fermò bruscamente, strattonandomi dietro di sé. «Non riusciremo mai a seminarlo.» Ero un peso per lui in quel momento, impedendogli di concentrarsi e di fare quanto normalmente avrebbe fatto in mia assenza. Serrò la mascella e strinse la presa sulla spada nera, risoluto nel volerlo affrontare.

«È troppo pericoloso.» lo implorai alle sue spalle, alzando poi lo sguardo verso Michele e gli altri angeli.

«Non abbiamo scelta. Ci sta addosso.» Teneva lo sguardo fisso sull'arcangelo, il quale aveva iniziato a scendere lentamente verso di noi.

«Restituisci la Nephilim. Non ti appartiene.» sibilò tra i denti.

«Neanche a te.» gli rispose, frapponendosi tra noi.

Guardai Michele e poi Joan e Mark che gli facevano da seguito. Erano stati loro a chiamarlo. Dopo tutto quello che avevo passato vedere loro in una situazione simile, impossibilitati ad aiutarmi e, anzi, pronti ad aiutare Michele, mi fece stringere maggiormente il petto dal dolore. «Sono in tre, Low.»

«Anche se fossero cento non lascerei che ti portino via.» mormorò, senza voltarsi a guardarmi. Spostava lo sguardo su tutti e tre, ma era Michele che temeva, era evidente.

L'arcangelo atterrò e iniziò ad avvicinarsi a noi a piedi, allungando la mano verso di me. «Vieni qui, Hope.» disse in tono più suadente, ma mantenendo quel cipiglio severo.

«Non osare rivolgerti a lei!» gli abbaiò contro il mietitore. Palesemente irritato e teso dalla situazione.

«Non ci penso nemmeno. So benissimo cosa vuoi fare.» sbottai con il respiro accelerato per lo spavento e di nuovo lo sguardo mi cadde sul pugnale di Low.

«Non consentirò che tu ti faccia corrompere dal mietitore.» Fece un altro passo e il ragazzo che mi stava proteggendo gli rivolse la spada contro.

«Questi non sono affari tuoi, arcangelo. Il Paradiso se ne è lavato le mani quando suo padre l'ha abbandonata.»

«Senza contare che non posso andare in Paradiso. Preferisco andare all'Inferno che essere cancellata. Te l'ho già detto.» rincarai le parole del mietitore.

«Adesso basta. La tua esistenza è stata tollerata fin troppo, mietitore.» Michele scattò verso di noi e Low si preparò a difendermi.

Sfruttai l'occasione, afferrando rapida il pugnale alla cintola di Low, strappandoglielo praticamente di dosso e indietreggiando.

«BASTA!» urlai, poggiandomi la lama sul collo. «Questa è un'arma mortale. Questa funziona, arcangelo.»

«Hope!» Low sgranò gli occhi, mi sembrò anche più pallido, mentre al contempo cercava di tenere d'occhio sia me che lui. «Hope, abbassa quel pugnale.»

«Ecco il risultato della tua depravazione, mietitore.» tornò a rivolgersi a me. «Metti giù quell'arma e allontanati da lui.»

«Hope, ti prego.» Joan sembrava distrutta, sull'orlo di una crisi di pianto.

«Perché? Non ho nessun futuro. Verrò distrutta comunque.» risposi, facendo qualche passo indietro, guardando poi Low. «Non puoi proteggermi per sempre e se le mie ali resteranno bianche la fine che mi spetta è comunque la distruzione.»

«Hope, ti prego.» teneva la mano tesa davanti a sé. «Metti giù il pugnale, ci sono altri modi.» Michele per lo meno si era fermato e mi osservava, sembrando, a sua volta, impensierito dal mio gesto.

«Non ci sono alternative. Me lo hai detto tu, me lo hanno detto loro!» Dissi lanciando un'occhiata a Mark e Joan. «Sai dove andrò... Sai dove trovarmi.»

Avevo completamente dimenticato che la mia discesa all'Inferno, utilizzando il suo pugnale, avrebbe portato a conclusione il contratto che aveva con Kora e da quel momento sarebbe tornato ad essere un comune mortale. Non ci saremmo rivisti mai più e lui, tra l'altro, sarebbe rimasto lì, completamente indifeso, a subire la furia di tre angeli.

Per fortuna i suoi poteri furono più rapidi di me e il pugnale scomparve dalle mie mani per finire tra le sue, ma, al contempo, anche Michele fu piuttosto veloce e anche abbastanza subdolo da sfruttare la distrazione del mietitore per ferirlo al fianco con la spada infuocata.

Low aveva schivato il colpo mortale solo grazie ai suoi riflessi, raffinati nell'arco di quasi settecento anni, ma non aveva potuto evitarlo del tutto e ora se ne stava là, piegato, a premersi le mani sul fianco sanguinante, continuando a stringere pugnale e spada nera.

«No.» dissi ad occhi sgranati.

L'odore di carne bruciata era nauseante, ma nonostante ciò la ferita che gli aveva inferto non sembrava affatto cauterizzata. Si stava mettendo male e avevo solo peggiorato la situazione.

«L'ultima volta che ci siamo incontrati ti avevo avvisato che non avresti più ammorbato la terra con il tuo immondo fetore demoniaco.» disse Michele, iniziando ad avvicinarsi a lui.

«Sì, me lo hai detto, ma esattamente come l'ultima volta, le tue resteranno solo e unicamente chiacchiere.» nonostante la ferita, Low si lanciò su Michele, il quale parò il colpo, ma il mietitore non si perse d'animo e continuò ad attaccare.

Era assurdo, tutto assurdo. Cosa potevo fare? Non potevo uccidermi, non potevo fermarli. Non potevo fare niente se non guardare.

Mentre Low si scontrava con l'arcangelo, altri due angeli dalle candide ali mi tenevano gli occhi addosso, incerti sul se avvicinarsi a me oppure attendere ordini e in tutto questo il mietitore era ferito, Michele no.

Era sopravvissuto per un pelo al suo ultimo scontro con l'arcangelo cinquant'anni prima, era sopravvissuto solo perché era precipitato nella riserva indiana, fortuna su cui stavolta non avrebbe potuto contare.

«Davvero lascerete che mi uccida?» domandai frustrata ai due.

«Hope, noi...» Joan non trovava le parole.

«Vieni con noi, Hope, il mietitore non ti farà del male.» cercò di convincermi Mark.

«Il mietitore non mi ha mai fatto del male. Il mietitore mi ha solo protetta.» risposi rabbiosa. «Come puoi permetterti di insinuare che lui possa farmi del male quando con voi c'è lo sterminatore di Nephilim? Quanto ancora voi angeli volete mentirmi? Quante volte ancora dovrò sentire le vostre bugie?» gridai fuori di me.

«Hope, non puoi fidarti del mietitore, ti sta manipolando. Vieni con noi.» Mark tentava di imitare Michele anche se non ci riusciva.

«Mi ucciderà. Mi stai dicendo di venire con voi per farmi cancellare?» domandai scuotendo il capo. «Io mi fido del mietitore.»

«Non costringerci a usare le maniere forti, ti assicuro che non ci farebbe felici.» Mark era l'unico a parlare, Joan aveva l'aria sofferente di chi preferirebbe farsi cancellare che essere lì ad eseguire gli ordini.

«Dopo tutti questi anni vuoi davvero farlo?! C'è mai stato qualcosa di vero in quello che dicevate voi quattro?» domandai con le lacrime agli occhi. «Sono andata con il mietitore per cadere e scendere all'Inferno per trovare Luke. Non crederò mai alla sua morte fino che non ne avrò la certezza.» dissi scuotendo il capo e indietreggiando. «Non verrò con voi. Non mi farò ammazzare per il vostro cieco egoismo e la paura che avete di deludere Dio.»

«Che significa che sei andata con il mietitore per cadere? Che cosa hai fatto alle tue ali?» Iniziava a preoccuparsi anche lui.

Intanto sulle nostre teste la battaglia era ferocissima e da un punto che non riuscivo a identificare avevo ripreso a sentire il ringhio del mastino e quella leggera vibrazione, segno chiaro che avesse ripreso la sua caccia.

«Le mie ali sono ancora bianche.» dissi aprendole di fronte a loro. «A me non interessa il Paradiso, non mi interessano i vostri problemi angelici né quelli demoniaci e dopo che avete chiamato Michele non voglio più avere a che fare con voi. Voglio solo rivedere Luke e aiutare il mietitore. Da voi e con voi, dopo questo, non voglio più avere niente a che fare!» Spiegai delusa e frustrata.

Sentivo il mastino ma non mi voltai, Ero distrutta: fisicamente, mentalmente e moralmente.

«Sei stata con il mietitore, ma le tue ali sono ancora bianche?» Joan sbarrò gli occhi incredula, anche Mark restò stranamente senza parole a quella vista. «Hope» continuò la ragazza «non puoi dire sul serio, noi siamo cresciute insieme, siamo amiche, siamo quasi sorelle, io ti voglio bene.» tentò lei di convincermi. Eppure erano lì con Michele. Come faceva a dire quelle parole se avevano portato il mio assassino assieme a loro?

«No, non siamo amiche. Mi avete fatto credere di esserlo, per anni avete finto di essere miei amici, sapendo che alla fine avrei dovuto essere cancellata. Vi siete presi gioco di me, mi avete mentito e ora mi braccate per porre fine alla mia vita. Non mi posso più fidare di voi. Non riuscirò a farlo più con nessuno.»

Fermai il mio monologo, nel momento stesso in cui mi accorsi della figura che stava correndo verso di noi, sradicando gli alberi al suo passaggio. Il mastino non tardò a raggiungerci, comparendo alle spalle dei due angeli che furono costretti a voltarsi per evitare di essere sbranati.

«Questo non è il momento di piagnucolare.» mi rimproverò Mark, estraendo la spada di luce.

«Sopravvivi.» ordinò supplichevole Joan al suo compagno, correndo verso di me ed estraendo la spada di luce. Lui avrebbe dovuto coprirla dal pericolo del cane mentre lei si avvicinava a me correndo.

«Corri, Hope! Corri!» mi gridò Joan, cercando di afferrarmi per il braccio. Imprecai guardando il cane, per poi voltarmi seguendo il consiglio di Joan, iniziando a scappare.

La bestia sbalzò via Mark con una sola zampata e prese a inseguirci. Il biondo cercò di rimettersi in piedi, lanciandosi sul cane. Una delle teste scattò, mordendolo. Lui urlò per il dolore, e dalle fauci iniziò a grondare il sangue.

«MARK!» Joan si fermò in preda alla disperazione. Voleva correre ad aiutarlo, lo amava, ma era anche combattuta dal non volermi lasciare.

«Va da lui.» gridai, in direzione di Joan. «Io me la caverò, vai.» la rassicurai, continuando a correre.

Lei mi diede un'ultima occhiata. «Grazie.» Ripercorse i suoi passi a una velocità sovrumana, con la spada alla mano, e colpii la testa del mastino che stringeva il ragazzone, facendo in modo che lo lasciasse cadere, ma c'erano altre due teste e davvero poche speranze di portarlo via da sola. Aveva bisogno di aiuto e io non potevo mollarli così.

Era un'idea stupida, lo so, ma ricordavo che quella bestiaccia cercasse me e magari potevo fare da diversivo.

Scattai verso di loro, ormai folle dallo scontro e dall'adrenalina. Sebbene prima non riuscissi praticamente a muovermi per via di quel mostro, adesso invece ero fuori di me. Non ragionavo più e agivo d'istinto.

«Hei, bestiaccia!» Gli urlai contro, cercando di attirare la sua attenzione, afferrando una pietra a caso e lanciandogliela contro uno dei musi. La mia "geniale idea" funzionò, e ovviamente il cane scosse la testa e puntò quella che avevo colpito verso di me, ringhiando. Le altre due si voltarono a vedere cosa aveva attirato l'attenzione della prima.

Joan ne approfittò per trascinare via Mark. «No, Hope... pensa a Hope.» le disse lui, nonostante fosse sofferente e gravemente ferito.

«Sta zitto!» gli urlò di rimando Joan «Non ti lascerò morire, Mark.» ormai completamente presa nel cercare di salvare la vita all'angelo che voleva portare al sicuro.

Il cane sembrava indeciso sul chi di noi attaccare per primo e a quel punto presi un'altra pietra e gliela tirai. Se dovevo suicidarmi, tanto valeva farlo con lui, anche se con il senno di poi sarebbe potuto apparire come un sacrificio per salvare i due angeli, più che come un modo per togliermi la vita.

Non avevo effettivamente idea di cosa sarebbe successo se Cerbero, a quel punto, fosse riuscito a uccidermi.

Il mastino mi ringhiò contro, cominciando ad avanzare nella mia direzione, perdendo rapidamente di interesse nei due angeli che si trascinavano via ed io girai i tacchi, iniziando a correre come una forsennata, conscia che non sarei riuscita a fuggire a lungo.

Vedendomi correre, il cane fece altrettanto, standomi alle calcagna.

Nonostante fosse occupato con Michele, Low si era però reso conto di cosa stesse succedendo e lo stesso valeva per l'arcangelo. Il mietitore sfruttò la distrazione del suo avversario per colpirlo e ferirlo al braccio, riuscendo a fargli cadere la spada di fuoco, per caso o destino che fosse, la quale precipitò conficcandosi al suolo poco più avanti, proprio nella direzione in cui stavo correndo io, spegnendosi.

Agii di puro istinto, senza neanche rendermi conto di ciò che facevo. Afferrai la spada caduta a Michele, sentendo una delle fauci aprirsi su di me mentre io mi giravo, afferrando l'arma con entrambe le mani, urlando dalla disperazione in un banale tentativo di proteggermi.

L'arma si riaccese tra le mie mani, facendo divampare le fiamme che avvolgevano la lama.

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