Nota storica

"1° dicembre '42. Tempo orribile, gli aerei con i viveri non riescono ad arrivare, ma credo comunque che prenderemo Stalingrado e se resisteremo fino a marzo le cose andranno meglio."

"10 dicembre '42. È da ieri che non mangio. Ho bevuto solo un po' di caffè. Sono assolutamente disperato. Dio, quanto durerà tutto questo? I feriti sono con noi. Non possiamo evacuarli. Siamo circondati. Stalingrado è l'inferno. Bolliamo la carne dei cavalli morti. Non abbiamo sale. In molti hanno contratto la dissenteria. Com'è orribile la vita! Cosa ho fatto di male per meritarmi tutto questo? Qui, in questo scantinato, siamo ammucchiati in trenta, uno sopra l'altro. Fa buio alle due. La notte è infinita. Il giorno arriverà mai più?"

"26 dicembre '42. I soldati assomigliano a cadaveri o a sonnambuli, cercano qualcosa da mettersi in bocca. Ormai non provano più a ripararsi dalle raffiche dei russi, non hanno le forze per muoversi o nascondersi".

"10 gennaio '43. Ti dico addio, perché dopo questa mattina è stato tutto chiaro. Non ti scrivo della situazione al fronte, è evidente, è totalmente nelle mani dei russi. La questione è soltanto quanto a lungo riusciremo ancora a resistere, forse qualche giorno o forse qualche ora".

2 Febbraio 1943.
La Sesta Armata della Wehrmacht, ormai allo stremo, è decimata dalla fame, dal freddo e dai proiettili.
Dopo mesi di strenua resistenza, il Feldmaresciallo tedesco Friedrich von Paulus si arrende e l'Armata Rossa entra vittoriosa a Stalingrado.
Delle venti divisioni (più di un milione e mezzo di uomini) intrappolate nella cosiddetta "sacca" non sopravvisse quasi nessuno.
Tutti gli altri furono presi prigionieri e trascorsero il resto della guerra nei campi di prigionia sovietici.

Fu la prima sconfitta totale subita dalla Germania, che ne segnò l'inesorabile (e ormai inarrestabile) declino.

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