Tianshan
Categoria: Alternative Universe
Fandom: 19 days
Personaggi: He Tian e Mo Guan Shan
Rating: Verde
-💙-
“Scommetto che non riuscirai a passare il weekend intero là dentro”.
Mo Guan Shan squadrò la villa abbandonata che aveva davanti, poi spostò lo sguardo su She Li, che aveva un ghigno stampato in faccia.
“Perché dovrei passare il weekend là dentro?”, disse senza dimostrare la paura che stava provando in realtà.
“Perché conosci bene l’alternativa”.
Aveva fatto preoccupare sua madre già troppe volte, non voleva tornare a casa di nuovo coperto di sangue. Guardò la villa e si incamminò lentamente verso di essa.
Ci mise nemmeno un minuto a raggiungere l’entrata, ma gli parve un’eternità.
“Coraggio, Rosso. Entra”.
Il ragazzo dai capelli rossi gli rivolse uno sguardo irritato, poi entrò nella casa.
La porta fu chiusa - anzi, sbattuta - alle sue spalle e chiusa a chiave. Guan Shan si precipitò al pomello della porta e cercò di aprirla, invano.
Avrebbe potuto sfondare la porta, il legno era così marcio che era già incredibile che si fosse disintegrato sotto le sue dita, ma sapeva cosa lo aspettava se fosse fuggito.
Sospirò, frugando nello zaino e tirando fuori una torcia. Sebbene fuori fosse bel tempo, le tende scure erano tirate e non passava uno spiraglio di luce.
Fu la prima cosa che fece. Fece entrare luce in quel posto, riempiendosi di ragni e polvere. Odiava a morte i ragni, ma preferiva poter almeno vedere dove erano e così evitarli o ucciderli.
Facendo entrare un po’ di luce riuscì a farsi un’idea su cosa c’era al piano inferiore di quella villa immensa. Trovò anche la cucina, nella quale c’erano ancora alimenti, ovviamente scaduti da almeno cent’anni.
Fortunatamente si era portato qualche tramezzino come spuntino. Si sedette al tavolo della cucina dopo averlo spolverato almeno un po’ e ne mangiò uno.
Si fermò a pensare a She Li. Avrebbe voluto denunciarlo o qualcosa, ma sapeva che i suoi compari gliel’avrebbero fatta pagare cara se solo si fosse azzardato, e lui d’altra parte non voleva dare problemi a sua madre.
Si preoccupò di dare una spazzata al piano inferiore per il resto del pomeriggio, così da rendere la casa se non pulita almeno vivibile. Quando arrivò la sera decise che era il caso di andare a cercare un posto in cui potesse dormire.
Salì al piano superiore, le scale di legno che cigolavano in modo inquietante ad ogni passo. Non era ancora salito su quel piano e si rese conto che aver scelto di andarci di sera era stata una pessima idea.
La prima cosa che si trovò davanti, una volta raggiunto il piano, fu la foto di un uomo che sembrava lo stesse guardando.
Avvicinandosi prudentemente, osservò il quadro. Raffigurava un uomo dai capelli corti e lo sguardo serio, che sembrava giudicare con lo sguardo anche se era, di fatto, solo un dipinto.
Si girò, osservando una delle due estremità del corridoio, e iniziò a percorrerlo. Altri quadri si presentarono ai suoi occhi, ma l’unico che attirò il suo sguardo fu quello che sembrava essere più nascosto.
Era il ritratto di un ragazzo circa della sua età, con i capelli neri un po’ più lunghi e lo sguardo decisamente meno serio di quello del primo che aveva visto.
Anche lui sembrava seguire Guan Shan con lo sguardo, ma il ragazzo lo trovò decisamente più vivo come sguardo. Distolse lo sguardo ed entrò nella stanza accanto.
Rimase a bocca aperta. La camera che si trovò davanti sembrava enorme, finemente decorata sul soffitto e anche sui mobili. Il letto, che dominava la stanza, sembrava costare più delle fondamenta della casa stessa.
Si sentiva a disagio a vedere così tanta ricchezza in una stanza sola. Nemmeno se lui e sua madre avessero lavorato sodo per tutta la vita avrebbero potuto permettersi una casa del genere.
Uscì e guardò anche le altre stanze presenti. Escludendo una che costituiva il bagno, non potè non notare che erano tutte camere da letto lussuosissime. Tornò nella prima che aveva trovato, che di tutte era senza dubbio la meno lussuosa.
Mollò lo zaino accanto alla scrivania - anche quella gli sembrava costare più di tutto quello che aveva addosso - e sbatté il copriletto, liberando una nuvola di polvere che lo fece starnutire per almeno cinque minuti di fila.
Quando finalmente riuscì a smettere diede una pulita rapida alla stanza, rendendola anch’essa vivibile.
Nel frattempo non potè che porsi qualche domanda.
Sapeva che quella casa era abbandonata, ma non si spiegava il motivo. Era una villa a dir poco grandiosa, c’erano lì più tesori che mobili. Cosa poteva essere successo da farla abbandonare in quel modo?
Si fermò solo quando sentì un fruscio alle sue spalle. Si girò, la scopa impugnata come un’arma, ma non vide nessuno.
Non c’era un solo posto da cui potessero venire quegli spifferi, lo realizzò con un solo sguardo a tutta la stanza.
C’era qualcosa là dentro. Deglutì senza dire altro e riprese a spazzare.
Il successivo che sentì gli parve a tutti gli effetti una pacca sul fondoschiena. Sobbalzò e si girò, sentendo una risatina macabra.
“Okay, non è divertente, chiunque ci sia si faccia avanti!”, esclamò tirando fuori il poco coraggio che gli era rimasto.
Gli rispose una risata divertita, poi una testa sbucò dal muro e si avvicinò al volto del ragazzo con lentezza, come se godesse nel vedere gli occhi sempre più aperti del rosso.
“Bu!”, esclamò ad un palmo dal suo naso il fantasma.
Guan Shan urlò e cercò di colpire la figura, che fu semplicemente attraversata dalla scopa che stava usando. Il fantasma rise e fluttuò davanti a lui, sorridendo.
“Un ospite! Che sorpresa, non ricevo mai visite!”, esclamò contento il fantasma.
“Cosa?!”, urlò il rosso gattonando all’indietro.
“Benvenuto nella reggia degli He, ragazzo! Tu sei?”.
“Cazzi miei”.
“Okay, Cazzi Miei, cosa ti porta qui?”, disse con un sorriso divertito.
“Non mi chiamo cazzi miei! Mi chiamo Guan Shan!”.
“Oh, che sbadato, non lo avevo capito”.
Il rosso si alzò. Quella cosa si stava prendendo gioco di lui e non gli piaceva per niente.
“Doppiamente sbadato, non mi sono neanche presentato! Io sono He Tian, secondogenito della famiglia He. Piacere, Rosso!”, disse allungando una mano.
“Tu… sei sbucato dal muro! Che diavolo sei?”.
“Morto da un centinaio di anni… o forse due, ho perso il conto. Sono un fantasma”.
Guan Shan si alzò e lo squadrò per intero, senza sapere cosa dire.
“Ripeto la domanda. Cosa ti porta qui, Rosso?”.
“Non è affar tuo”.
“Sono il proprietario di questa villa, direi che è affar mio, sennò ti spedisco fuori a calci in culo”.
“Sei un fantasma, non sei solido”.
“Mi sembra che la mia palpata di prima tu l’abbia sentita eccome”.
Il Rosso divenne dello stesso colore dei suoi capelli e gli diede le spalle, borbottando un “Per una scommessa”.
“A me sembrava una vera e propria minaccia, più che una scommessa, quella di quel biondo platino che era con te. Perché non lo hai preso a calci in culo?”.
Guan Shan non rispose e riprese a spazzare il pavimento.
“Sei proprio antipatico. Andremo d’accordo in questi due giorni”.
Il Rosso si girò verso di lui di scatto e disse: “Mi stai dicendo che intendi seccarmi per tutta la sera e tutto domani?”.
“Se proprio vuoi metterla in questo modo… sì”.
Il ragazzo sbuffò già esasperato, per poi cambiare stanza.
“Se ti interessa, giù di sotto c’è un candeliere nuovo. Farà sicuramente più luce di quel lumino”.
“Si chiama torcia, non lumino”, disse seccato Guan Shan, seguendo però il suo consiglio.
Ben presto si ritrovò a vagare per il piano superiore della villa con un candeliere in mano e il fantasma accanto.
“Non hai risposto alla mia domanda. Perché non lo hai preso a calci in culo?”.
“Riesci a stare zitto per più di cinque minuti?”.
“Se rispondi lo farò”.
Guan Shan sbuffò sonoramente e rispose: “Non voglio dare problemi a mia madre”.
“Perché dovresti dargliene? Prendi a calci in culo una persona fastidiosa così non continua”.
“L’ho già fatto una volta, signor saputello. Non si vince contro di lui, e se vinci, quel che vinci è la battaglia e non la guerra. Sono già finito in ospedale più di una volta e le spese le ha pagate mia madre a fatica”, disse alla fine il rosso, entrando in una stanza a caso e aprendo le finestre per far uscire la polvere.
“Questo spiega molte cose. Allora forse posso essere materialmente utile. Seguimi”.
Tian uscì dalla stanza, lasciando il Rosso solo, che chiuse la porta alle sue spalle e iniziò le pulizie.
“Ma sei sordo, Rosso? Seguimi!”, esclamò il fantasma tornando indietro.
Il Rosso sbuffò sonoramente e prese il candeliere, decidendo di seguire il fantasma solo per farlo tacere.
Scesero fino al pian terreno e Tian imboccò un corridoio nascosto che il giovane non aveva nemmeno notato. Seguendolo raggiunse una stanza vuota.
“Qui non c’è nulla”, osservò il rosso.
“Questo lo dici tu, uomo di poca fede. Vedi quell’affresco? Tocca il naso della mia rappresentazione”.
“È sicuramente una trappola”.
Tian alzò un sopracciglio e disse: “Perché non ti fidi di me?”.
“Perché non ho motivo di fidarmi, nemmeno di te che sei morto e non puoi farmi nulla”.
“Beh, dietro quel muro c’è il tesoro degli He, quindi puoi anche non provare, ma quel tesoro potrebbe essere tuo”.
La curiosità ebbe il sopravvento e il rosso aprì la porta.
Dietro la porta, illuminato dalle candele, trovò una quantità di oro indicibile. Ne vedeva ovunque e la candela nemmeno era in grado di illuminare ogni cosa.
Rimase a bocca aperta, tanto che He Tian volandogli accanto ridacchiò e con uno sforzo gli spinse in su la mandibola, chiudendogliela.
"Ti piace quel che vedi?", chiese con un sorrisetto.
"No".
Non era la risposta che il fantasma si aspettava.
"Come sarebbe a dire 'no'? Questo tesoro è tuo".
"Non è mio. È tuo. Se lo prendessi sarebbe come rubartelo, inoltre mia madre non crederebbe mai che io lo abbia semplicemente trovato. Non posso averlo", disse il rosso con una nota di rammarico, uscendo dalla stanza e dirigendosi al piano superiore.
Guardando il suo orologio vide che erano ormai le nove. Poteva mangiare qualcosa e poi andare a dormire.
Si sedette in cima alle scale e iniziò a mangiare un altro tramezzino mentre il fantasma si sedeva accanto a lui.
"Devi tenerci molto a tua madre", disse guardando il rosso.
"Mio padre è in galera da anni. Mia madre è l'unica persona che mia sia sempre rimasti accanto ed è la persona più forte che conosca, perché va avanti senza lamentarsi e riesce a non farci mancare nulla. Ovviamente la aiuto il più possibile, ma sono ancora giovane, non c'è moltissimo che io possa fare", rispose Guan Shan finendo il tramezzino e conservando gli altri due per il giorno successivo.
"Beh, io sono un secondogenito. Avere un primogenito maschio è sempre perfetto per una famiglia, un secondo figlio già è difficile da piazzare. Dire che sono stato ignorato da piccolo è un eufemismo. Mio padre era corrotto fino al midollo, tradiva mia madre con qualunque essere vivente e non vivente. Lo odiavo. Mia madre era un angelo, come la tua, ma non poteva fare nulla. Era una donna. Mio fratello... è l'unica persona con cui io abbia mai parlato da piccolo. Non lo vedevo spesso, ma almeno con lui mi divertivo, mi aiutava... peccato che non lo vedevo spesso".
Guan Shan guardò il fantasma e disse: "Pensavo che voi nobili foste degli scansafatiche".
"Solo perché sgobbiamo meno dei contadini e della gente comune non vuol dire che abbiamo meno da fare", commentò Tian.
"Giusto così".
Restarono in silenzio a fissare le scale, poi il rosso osò chiedere quello che aveva iniziato a tormentarlo da quando lo aveva visto.
"Com'è che sei morto?".
Tian rimase un momento in silenzio, poi disse: "La casa, per quanto lussuriosa, non aveva un sistema di allarme. Dei nostri rivali sono entrati mentre dormivamo, avevano uno stregone con loro. Ci hanno presi nel sonno e rinchiusi nei sotterranei. Sono venuti a riprenderci tre giorni dopo, mia madre era praticamente morta, quindi l'hanno decapitata lì sul posto. Noi tre no, dovevamo patire le pene dell'inferno. Io ero un secondogenito, non ero importante. Mi hanno lasciato morire in una gabbia, costretto a vedere le torture più orribili e strazianti applicate a mio padre e a mio fratello. Non li hanno lasciati trapassare facilmente, la loro agonia è durata ben oltre la mia morte. Ero fantasma da forse tre giorni quando sono stati finalmente uccisi. Li hanno tenuti in vita con la magia per farli soffrire più a lungo".
Guan Shan si ritrovò con la pelle d'oca. Era orribile quello che era successo.
"Sono però stati dei deficienti. Per avere la proprietà e i soldi dovevano farci firmare un cedimento di proprietà, che non è mai stato siglato. Questa casa è ancora nostra... o meglio, mia".
"Mi dispiace per quello che è successo", sussurrò il rosso.
"È successo, poco importa. Anzi, mi importa che il biondo platinato sia il discendente di quel mostro. Vorrei picchiarlo a sangue".
Il ragazzo avrebbe voluto trovare un modo per farlo tornare in vita, ma non poteva farlo.
"Comunque puoi dormire in camera mia se vuoi. Tanto la casa è vuota".
"E tu?", chiese il rosso alzandosi e prendendo con sé il candeliere.
"Veglierò su di te".
"Se mi sveglio e ti becco a masturbarti o cose simili ti uccido una seconda volta", fece Guan Shan andando nella stanza del corvino e andando sotto le coperte dopo aver riposto sulla scrivania il candeliere.
Ci mise poco ad addormentarsi, pensando ad una soluzione al problema di He Tian.
L'idea folle che gli venne lo svegliò alle sei del mattino. Guardò il fantasma, che lo stava a sua volta guardando.
"Lo stregone aveva un libro di incantesimi?", sussurrò.
"Sì, ne aveva uno. Non so dove sia al momento, ma non ce lo aveva quando se n'è andato".
Guan Shan sorrise, il che fece dire al fantasma: "Guarda che bisogna avere la magia per poterlo usare. Non tutti ne nascono proprietari, sono come le lentiggini o le allergie".
Il rosso pensò a quante volte lo aveva nascosto a tutti. A quante volte si era sforzato di apparire normale, per facilitare ogni cosa. Sua madre sapeva ovviamente che suo figlio era diverso, ma nessuno lo sapeva oltre a lei.
Si concentrò a fatica e chiuse le tende del baldacchino senza neanche toccarle. La testa di He Tian sbucò da esse, un'espressione basita sul volto.
"Oh, questo non me lo aspettavo. Tu pratichi la magia, allora".
"Non la pratico, ce l'ho e cerco di reprimerla da sempre".
"Quindi?".
"E se potessi riportarti in vita?".
He Tian scomparve da lì e il ragazzo sentì ripetere una sequenza quasi rappata di "no". Aprì le tende e lo guardò.
"Non vorresti tornare?".
"Sì, lo vorrei, ma è contro natura! Sono morto!".
Il ragazzo si alzò di scatto e gli andò davanti, sovrastandolo caratterialmente.
"Sentimi, ragazzino privo di consistenza. La tua morte è stata totalmente contro natura. Il tuo fantasma è ancora qui, quindi è qui la tua anima, non devo richiamarla dal mondo dei morti. L'unica cosa difficile è che non ho mai usato la magia per davvero, quindi dovrei allenarmi".
He Tian lo guardò con le lacrime agli occhi. Tentò di abbracciarlo e Guan Shan quasi lo sentì solido.
"Davvero lo faresti per me?".
"Se prometti che non mi stressi appena torni in carne ed ossa sì".
"Ti vorrei baciare".
"Evita, grazie. Hai idea di come si alleni la magia in circa una giornata?".
"No".
"Bene, allora andiamo a tentativi, al massimo ti mando a fuoco la villa".
Dopo una veloce colazione ancora a base di sandwich, il rosso iniziò a fare delle prove di magia. Non aveva idea di cosa potesse fare, così andò semplicemente a tentativi, inventati da lui stesso o suggeriti da He Tian, finalmente collaborativo e non seccante come il giorno prima.
Presto capì il meccanismo giusto per spostare oggetti o muoverli senza rischiare di svenire come accadde ai primi tentativi. Presto riuscì ad aprire le finestre delle camere quasi con facilità, il che lo fece sorridere.
"Per essere uno che non ha mai usato la magia te la cavi", osservò He Tian con un sorriso allegro.
"Non me lo spiego neanche io so solo che sono stanchissimo".
"Ovvio, la magia usa forza fisica".
Il rosso tentò vari incantesimi, quasi tutti di pulizia per riuscire nello stesso tempo a dare una forma umana alla casa, finché non crollò su un letto a caso e lì si addormentò per diverse ore.
Si risvegliò verso le nove di sera. Era buio pesto, l'unica cosa che brillava leggermente era He Tian, sdraiato accanto a lui sul letto.
"Dormito bene, dolcezza?".
"Oh, stai zitto. Per quanto ho dormito?".
"Credo sei ore".
"Diamine. Beh, dobbiamo farlo ora, domani devo tornare a casa. Dobbiamo cercare il libro".
"Beh, quello l'ho trovato io mentre tu dormivi. Forse ci credo troppo, ma se davvero può riportarmi in vita allora voglio tentare e collaborare. Ora andiamo a prendere il candeliere e facciamo ogni cosa, ci stai?".
Guan Shan annuì e si alzò, per poi cadere dal letto con un urlo ben poco virile subito seguito da una serie di risate.
Nel giro di cinque lunghi minuti il rosso tornò a vederci. Fortunatamente la casa aveva fiammiferi da tutte le parti in grado di accendere le candele.
Il ragazzo seguì il fantasma fino ad una parte della casa che lui non aveva nemmeno notato durante le pulizie del giorno prima. Lo vide esitare davanti ad una porta, poi la sospinse verso l'interno come se fosse solido.
Un odore di corpi putrefatti quspasi fece rimettere i sandwich ad entrambi. Un odore di morte insopportabile.
"Dimmi che ci sono finestre da aprire di sotto per arieggiare", disse.
"Forse c'è una grata".
Tappandosi il naso, il giovane scese.
Si trovò davanti una vera e propria stanza delle torture, alla quale non dedicò subito gli occhi. Siconcentrò prima a distruggere i vetri delle finestrelle a livello del terreno lì presenti, che facendo corrente riuscirono a rendere l'aria un minimo respirabile.
La stanza era immensa, soprattutto in altezza. Era alta almeno sei metri, abbastanza alto da poter tener sospesa per davvero una gabbia abbastanza in alto da far vedere ciò che accadeva nella stanza.
Gli strumenti di tortura erano sparsi ovunque. Si accorse che anche quello che aveva in mano e che aveva usato per sfondare le finestre lo era, il che gli fece mollare immediatamente la presa.
In un angolo c'erano due cadaveri in decomposizione avanzata che gli fecero salire un conato di vomito che trattenne a stento.
"Loro sono...".
"Sì. Sono mio padre e mio fratello. Mai stati seppelliti, lasciati semplicemente qui... con me".
Il ragazzo guardò il fantasma, poi guardò la gabbia. In un attimo andò verso la catena che la teneva sollevata e iniziò a farla scendere.
Il cadavere di He Tian non era messo meglio degli altri corpi. Si vedevano le ossa chiaramente, ancora tutte intere, il resto era indistinguibile.
"Spero vivamente che il libro sappia risolvere anche questo", sussurrò il rosso.
"Ah, sì, il libro. È lì", disse indicando un oggetto posto su uno dei tavoli da tortura.
Guan Shan lo sfogliò a velocità fulmine, cercando gli incantesimi che gli servivano.
"Eccolo. 'Come far tornare in vita un cadavere a partire dal fantasma'. Prima magari te lo rendo vivibile", disse continuando a sfogliare le pagine finché non trovò anche quello: "'Come far tornare normale un cadavere in decomposizione'. Questo libro mi spaventa, ma proviamoci".
Prese il libro e lo appoggiò sopra la gabbia, alta forse un metro e mezzo. Studiò l'incantesimo, poi lo lesse, concentrandosi sul corpo ormai disfatto e cercando di ignorare il suo odore.
Una luce rossa iniziò subito ad illuminare il corpo in decomposizione fino a non renderlo più visibile. Quando finì di pronunciare l'incantesimo, il ragazzo perse un momento i sensi, cadendo all'indietro ed evitando un trauma cranico solo grazie al fantasma che riuscì a rallentare la sua caduta mettendosi sotto di lui.
Guan Shan riaprì gli occhi dopo qualche minuto. Era stanchissimo, come se gli fosse stata risucchiata dell'energia vitale.
Si mise a sedere e vide con un certo sollievo che l'incantesimo aveva funzionato. Al posto del cadavere decomposto c'era un cadavere ricostruito che era chiaramente del fantasma che aveva accanto.
"Ha funzionato", disse con un sorriso sollevato. Si alzò, rischiando di cadere si nuovo, poi prese il libro e si sedette per terra, davanti alla gabbia.
"Pronto, Tian?", chiese il rosso guardando il fantasma. Lui annuì, così con un respiro profondo il ragazzo inizio il secondo incantesimo.
Si sentì presto ancora più indebolito di prima. He Tian iniziò ad affievolirsi, finché il suo fantasma non scomparve, lasciando il ragazzo solo con l'incantesimo ancora da concludere.
Quando lo concluse si aspettò di vedere una luce o qualcosa, ma non vide nulla. Il cadavere restò fermo, il fantasma era scomparso e lui era rimasto con un libro tra le mani.
Non fece in tempo a formulare un pensiero di sconfitta che perse i sensi, senza un apparente motivo.
Il rosso si risvegliò in un letto, la stanza lievemente illuminata dal sole e un profumo che aleggiava nell'aria. Si mise a sedere con una certa fatica, riconoscendo il profumo di cioccolata.
Era ancora nella villa degli He, constatò. Ma chi era che stava cucinando?
Poi un ragazzo entrò nella stanza e il rosso rimase a bocca aperta.
"Tu... tu sei...", balbettò.
"Esatto Rosso. Sono vivo", disse He Tian sfoggiando un sorriso brillante. Gli andò accanto, appoggiando sul comodino una tazza di cioccolata calda, poi si buttò su Guan Shan e lo baciò, senza lasciargli il tempo di spostarsi.
"Ma che fai?! Che schifo!", urlò il rosso cercando di allontanarlo.
"Che hai da lamentarti? Io sono bellissimo, chiunque vorrebbe baciarmi! E poi volevo ringraziarti in qualche modo, voglio dire, mi hai fatto tornare in vita! Sei svenuto stecchito per lo sforzo, ma hai fatto una cosa incredibile! Un bacio e una cioccolata mi sembrano un buon prezzo".
Guan Shan lo guardò senza parole, poi disse: "Ti togli? La cioccolata la accetto, poi devo tornare a casa".
"Verrò con te".
"Io non ti voglio!".
"Io voglio prendermi una rivincita su quel biondo platino. Non devi vederlo per mostrare che hai superato il weekend qui? Ne approfitterò per vendicarmi".
"Nessuno crederà mai che tu sei He Tian, sai? Dovresti essere morto da anni".
"Non ti preoccupare per quello, ho un piano".
Nel giro di un'ora Guan Shan fu fuori dalla struttura. Durante la notte la porta era stata aperta, quindi uscì senza problema, il corvino al suo fianco.
She Li lo stava aspettando alla fine del sentiero, ma la sua espressione cambiò dalla soddisfazione alla preoccupazione quando vide tornare due ragazzi al posto di uno solo.
Guan Shan lo superò dicendo: "Come volevi tu, ho trascorso lì l'intero weekend".
"Non mi presenti il tuo... amico?", chiese squadrando He Tian.
"È perfettamente in grado di presentarsi da solo".
Il corvino sorrise e disse: "Io sono He Tian, parente non troppo lontano della famiglia proprietaria della villa. Famiglia che i tuoi avi conoscevano molto bene".
She Li impallidì. Guan Shan non avrebbe mai pensato che lui sapesse cosa era successo davvero là dentro, ma non era certo un problema suo.
"Io so cosa i tuoi avi hanno fatto alla famiglia degli He. Li hanno torturati fino alla morte, usando anche la stregoneria. Mio bisnonno era là quando è successo. Non posso uccidere di persona i responsabili, ma posso pestare te. Inoltre mi sono stancato di come tormenti il rosso, quindi intendo proprio divertirmi".
In meno di un minuto i due stavano facendo a botte, tanto che alla fine il rosso intervenne per dividerli.
"Può bastare. Io me ne torno a casa ora, ho del lavoro da fare. Tanti saluti".
Nel giro di una settimana la notizia dell'arrivo di He Tian parve cambiare ogni cosa. Guan Shan non venne più stressato e lui e sua madre poterono godersi un po' di riposo grazie al corvino che in ringraziamento della resurrezione aveva dato alla famiglia abbastanza soldi da campare fino alla fine dei loro giorni solo con quelli. La spiegazione di tutto quello fu difficile da dare, dato che non si poteva spiegare se non dicendo la verità, ma alla fine la donna accettò quel che il figlio le disse. Sapeva che non avrebbe mai mentito a lei.
Da quel momento He Tian corteggiò il rosso ogni volta che poteva. Sebbene quest'ultimo credesse che il corvino lo facesse solo per seccarlo, in realtà He Tian si era davvero innamorato di lui. E sotto sotto il sentimento era ricambiato, ma Guan Shan non trovò mai il coraggio di confessarglielo per davvero. Un bacio, l'unico che diede lui di sua spontanea volontà al ragazzo, bastò a dire ogni cosa.
Il resto della loro vita la vissero insieme, e anche quando morirono, poterono stare insieme.
Il loro era un legame che non poteva essere distrutto. Neanche dalla morte.
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