Stucky 2
Ne ho abbastanza di questa ff, se ho sbagliato qualcosa ditemelo pure ma io ne ho abbastanza hghiegsuoa È DALL'ANNO SCORSO CHE CE L'HO IN SOSPESO BASTAAAAA
Alice e le ff be like
Vbb buona lettura
(P.S. Spero le ff salvate mi bastino per un po' perché sono nel bel mezzo dei miei casini e non so quanto riuscirò a scrivere)
-💙-
Categoria: Alternative Universe
Fandom: Marvel
Personaggi: Steve e Bucky
Rating: Verde
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La neve cadeva fitta come mai aveva fatto. La strada era totalmente ghiacciata e sommersa da non meno di venti centimetri di neve.
Era buio pesto, nessuno si azzardava anche solo a pensare di uscire di casa: tutti volevano restare al caldo nelle loro abitazioni.
Bucky constatò tutto questo mentre, tremando per il freddo, si rifugiava in un vicolo ancora più buio e si rannicchiava dietro un bidone della spazzatura, sfregandosi le mani per scaldarsi.
Sapeva che era un tentativo inutile, l’unico capo d’abbigliamento che indossava erano un paio di boxer che gli impedivano solo di andare in giro nudo, che nel suo caso era pure pericoloso.
Tutti volevano quelli come lui. Anche quelli da cui era scappato nemmeno un’ora prima e per i quali aveva corso a piedi mezza città, arrivando ad avere i piedi in ipotermia.
Si rannicchiò su se stesso, sapendo che il giorno dopo sarebbe stato ritrovato morto. Nemmeno con un colpo di fortuna poteva sopravvivere con quella temperatura antartica.
La vista gli si offuscò pian piano mentre osservava assorto nei suoi pensieri la neve cadere. Aveva fatto davvero bene a fuggire? Magari avrebbe potuto aspettare, ma non avrebbe potuto sopportare altri abusi.
Meglio morire lì.
Quando ormai aveva perso la sensibilità alle braccia intravide qualcuno davanti a sé. Disse qualcosa, ma evidentemente anche il suo cervello si era congelato, abbastanza da non capire nulla.
Lo sconosciuto lo tirò su di peso. Lui non sentì nulla, il che era una pessima notizia.
Perse i sensi sentendo l’aria fredda su di sé mentre lo sconosciuto correva.
Forse per riportarlo dai suoi padroni
-
Bucky si svegliò sentendosi piacevolmente al caldo. Una sensazione che non provava da anni.
Rimase ad occhi chiusi per diversi minuti, totalmente rilassato, finché non ricordò cosa era successo prima di svenire. Spalancò gli occhi e balzò a sedere, tutti i sensi all’erta.
Constatò immediatamente che non era nella sua vecchia casa. Era in un salotto piuttosto modesto, con solo un camino, un divano, un vecchio televisore e una libreria. Il camino era acceso e il divano con lui sopra era stato posto proprio lì davanti.
Bucky si diede un’occhiata. Aveva su un pigiama giallo che gli andava grande, al quale - notò con sorpresa - era stato fatto un buco per far passare la sua coda.
Osservò le tre coperte che aveva sopra, quelle che probabilmente gli avevano impedito di morire congelato, per poi guardare il muro senza fiatare.
Quell’uomo doveva sapere per forza che era un kitten. Come era possibile che fosse in quelle condizioni, come se fosse un umano qualunque?
Un suono di passi lo fece voltare di scatto verso la porta. Fu così che potè vedere il suo anfitrione.
Era un uomo veramente alto, con i capelli biondi e gli occhi azzurri. Tra le mani aveva una tazza piena di qualcosa di evidentemente caldo, dato che ci stava soffiando sopra.
I suoi occhi incrociarono quelli del kitten. Il proprietario sorrise e disse: 《Sono felice di vederti sveglio. Come ti senti?》.
Bucky non rispose, indeciso sul da farsi. Si limitò a farsi in là abbastanza da farlo sedere accanto a lui.
《Puoi parlare, non temere》, disse come se si fosse aspettato quel silenzio.
《Caldo. Mi sento caldo》.
《Considerato che eri praticamente morto congelato è un’ottima notizia. Ho fatto quello che ho potuto, con un po’ di fortuna si scongeleranno del tutto anche le dita dei piedi》, disse il biondo mantenendo il sorriso.
Bucky annuì, felice di sapere che non aveva perso pezzi mentre era congelato.
I due rimasero in silenzio, poi il biondo disse: 《Non avevo mai visto un kitten prima d’ora》.
Bucky deglutì, ma il biondo scosse il capo.
《So a cosa stai pensando e non pensarci. Sei mio ospite e potrai fermarti finché vuoi. Comunque, vuoi un po’ di cioccolata?》.
《Non… non l’ho mai provata》.
Il biondo gli offrì la propria tazza, che lui provò a bere.
Gli si illuminarono gli occhi. Non aveva mai assaggiato niente di così buono.
《Oh, comunque, io sono Steve. Tu come to chiami?》.
《... Bucky》.
Il biondo annuì e disse: 《Finiscila pure la cioccolata. Ti scalderà e ti riempirà la pancia. Saranno stati almeno due giorni che non tocchi cibo》.
《Fossero solo due…》, sussurrò a piano il moro.
Steve lo guardò un momento con la testa inclinata, per poi dire: 《Appena starai meglio ti porto a mangiare al ristorante. Prima dovrò cercarti dei vestiti della tua taglia, però》.
《Vanno bene questi》, si affrettò a dire Bucky.
《In casa forse sì, ma per uscire è meglio trovarti dei vestiti comodi e della tua misura》.
《Non… c’è bisogno di scomodarsi tanto per me. Sono solo un kitten… nulla per cui valga la pena spendere soldi. E poi mo conosci da forse due giorni》, disse in un sussurro, le parole del suo vecchio padrone impresse nella mente.
《Un kitten vale come una persona, e una persona merita di essere vestito, di mangiare e di poter essere libero. Quindi spenderò soldi per te e non rimpiangerò di aver speso nemmeno un dollaro. Adesso è sera, appena saranno aperti i negozi vado a comprarti qualcosa. Dovresti avere una taglia in meno di me… sai magari che taglia porti?》.
Bucky scosse il capo.
《Allora andrò ad occhio》.
Il moro guardò le coperte, continuando a bere la cioccolata che gli era stata offerta fino a finirla. A quel punto Steve gliela prese dalle mani gentilmente, per poi arruffargli i capelli con una mano, soffermandosi ad accarezzargli le orecchie.
《Bucky, stai facendo le fusa》.
Bucky arrossì di colpo e nascose la faccia sotto le coperte, facendo ridere il biondo.
Tolse la faccia da lì solo cinque minuti dopo, potendo vedere l’uomo in un pigiama simile al suo.
《Io vado a dormire. Se ti serve qualcosa non esitare a svegliarmi. Il bagno è nella stanza accanto a questa. Buonanotte, Bucky》.
Quando il biondo svanì il moro si concesse di piangere in silenzio per la gioia.
Per la prima volta dopo tanto tempo, qualcuno lo stava trattando come un essere umano.
-
Bucky si svegliò sentendosi riposato. Non gli era mai successo, che lui ricordasse.
Si alzò lentamente e decise di andare in bagno, almeno per vedere in che condizioni era.
Il bagno che si trovò davanti non era particolarmente grande. Aveva giusto il necessario: la doccia, che occupava una buona parte del locale, un water, un armadio con lavandino e specchio e una lavatrice. Bucky si diresse direttamente verso lo specchio e si guardò.
Non si riconobbe. Non aveva nemmeno idea di quand’era stata l’ultima volta che si era visto allo specchio, ma non si ricordava così.
Riconobbe le orecchie da gatto marroni, dello stesso colore dei suoi capelli lunghi che gli ricadevano flosciamente sulle spalle. Le solite occhiaie erano meno evidenti del solito e aveva un leggero accenno di barba.
Incredibilmente aveva un aspetto migliore del solito. Avrebbe solo voluto avere dei capelli più decenti e non avere la barba.
Si diede una sciacquata e fece i suoi bisogni - era da giorni che non andava in bagno -, per poi tornare in sala.
Rimase in piedi a guardare il fuoco mentre si massaggiava la coda. Alla fine decise di dare un’occhiata alla casa.
Scoprì presto che era solo un piccolo appartamento. C’era il salotto, il bagno, la cucina e due camere, una palesemente per gli ospiti, dato che il letto sembrava essere rimasto intoccato per anni.
Era impossibile perdersi là dentro. Per fortuna.
Steve tornò a casa verso mezzogiorno, un paio di borse con sé.
《Ben svegliato, Bucky. È tanto che sei in piedi?》, chiese con un sorriso vedendolo in mezzo al corridoio, intento ad osservare i vari quadri appesi ai muri.
《Un’oretta, credo》, rispose l’altro.
《Ti ho comprato qualcosa da metterti. Un paio di jeans, una maglietta, una felpa e una giacca pesante . Dovrebbero andarti bene》, disse tendendogli uno dei due sacchetti. Bucky lo prese timidamente, sussurrando un “grazie”.
《Voglio vedere come ti stanno. Prova ad andare a metterteli》.
Il kitten guardò la borsa, per poi andare nella camera vuota. Quando uscì da lì si fece vedere, sentendosi strano così coperto.
Steve lo guardò meravigliato, facendo sentire in imbarazzo il moro.
《Ti stanno davvero bene. Comunque stasera ti porto al ristorante, per pranzo spero ti vada bene un po’ di pasta. È l’unica cosa che so cucinare decentemente, sennò rischio di intossicarti》.
Bucky accennò ad un sorriso e si sedette al tavolo, abbassando il bordo dei pantaloni così da far sbucare la coda.
Il pranzo gli parve delizioso. Non ricordava nemmeno quand’era stata l’ultima volta che aveva mangiato qualcosa di caldo.
《Stasera mangerai meglio, promesso. Ti va bene se oggi pomeriggio andiamo a comprarti un po’ di vestiti?》.
《Lo dici come se volessi restare》.
Vedendo la sua espressione cercò subito di rimediare: 《Voglio dire, lo stai dando per scontato anche se io ti conosco da solo un giorno. Non volevo intendere che non voglio restare, sto benissimo qui》.
《Sì, scusami, è che… mi dispiacerebbe se tu te ne andassi》.
Anche a Bucky sarebbe dispiaciuto. Per la prima volta veniva trattato come un essere umano, se poteva evitarlo non si se ne sarebbe andato.
Per questo accettò di buon grado di uscire con lui, dopo essersi fatto prestare un paio di scarpe dal biondo e aver nascosto la coda nei pantaloni e le orecchie nel cappuccio. Scarpe che per fortuna erano della sua misura.
Scoprì così che Steve aveva parecchi soldi, ben più di quelli che immaginava. Abbastanza da comprargli parecchi vestiti, che Bucky cercò comunque di trovare meno costosi possibile.
Quando tornò all’appartamento quella sera sistemò tutto nell’armadio, per poi cambiarsi. Non era mai stato in un ristorante e voleva essere almeno presentabile.
Si diressero al luogo scelto da Steve, che Bucky scoprì essere un ristorante di lusso.
《Steve, ma ne sei sicuro? Costerà un patrimonio!》.
《Non ti preoccupare, qua si mangia molto bene. Il costo non è affatto un problema, i soldi li ho》, disse Steve sorridendogli e facendogli strada nel locale.
Il kitten si calcò il berretto in testa, nervoso. Qualcuno si sarebbe sicuramente accorto prima o poi che gli mancavano le orecchie umane, il cui punto era nascosto dal copricapo. Qualcuno si sarebbe accorto che il berretto si muoveva lievemente, mentre ascoltava gli svariati suoni che venivano dal ristorante.
Aveva paura di essere scoperto e a quel punto poteva essere un guaio.
Si sedette in un tavolo per due dando le spalle all’entrata. Steve si sedette di fronte a lui e un cameriere si affrettò a dar loro un paio di menù.
La scelta fu per il moro difficile. Non aveva mai mangiato nulla di meglio del tonno in scatola, e questo solo nelle occasioni speciali. Alla fine optò per il fritto misto, che già dalla foto gli sembrava molto invitante. Steve prese lo stesso, così nel giro di venti minuti si ritrovarono entrambi con una porzione gigantesca di pesce.
Che scomparve nel giro di dieci minuti. Bucky non aveva mai mangiato nulla di così buono e lo comunicò anche al suo anfitrione, ringraziandolo per tutto il pasto.
Fu quando stava mangiando l’ultimo anello di totano rimastogli nel piatto che la sentì.
《Ah, Steven! Che sorpresa trovarti qui! Hai dovuto metterti da parte tutti i soldi del mese per poterti permettere una cena qua dentro?》.
Steve notò subito il cambiamento. Lui non ci aveva neanche fatto caso a quella considerazione acida, ma non poté non notare il modo in cui Bucky si irrigidì solo a sentire quella voce.
《Oh, vedo che hai pure portato un amico! Allora degli ultimi due mesi. Posso sedermi con voi?》, chiese Pierce prima di bloccarsi alla vista di Bucky.
Il sorriso dell’uomo divenne freddo mentre squadrava il kitten, ancora paralizzato di paura.
《Scommetto che ti stai divertendo con lui, Steven》, disse abbassando la voce, 《I kitten sono ottimi per il divertimento personale, scommetto che te ne sei accorto》.
《Per la verità no, ma mi sono accorto che Bucky non è contento di questa conversazione quindi sarei molto contento se tu te ne andassi》.
《Bucky? Avrebbe anche un nome?》.
《Ebbene sì, Pierce. Si chiama Bucky e rinnovo la proposta di andartene, a meno che tu non voglia che chiami la polizia per infrazione della legge a tutela dei kitten》.
Il silenzio calò sul tavolo mentre Bucky guardava Steve con gli occhi sbarrati. Il biondo dal canto suo stava sorridendo all’uomo che aveva davanti, diventato improvvisamente serio.
《Vedi, Pierce, sono almeno dieci anni che è stato abolito l’abuso e il maltrattamento dei kitten come se fossero degli oggetti da utilizzare. Per legge è obbligatorio far registrare i kitten in comune e trattarli come esseri umani. Dopo averlo ritrovato praticamente morto e, una volta curato, coperto di cicatrici da tortura e altri segni che non mi va di nominare, mi sono insospettito e sono andato a chiedere al mio amico Sam se Bucky era registrato. Conclusione, tu hai torturato e hai abusato di lui, tenendolo all’oscuro della legge e infrangendola. Se non vuoi che chiami la polizia in questo preciso istante ti conviene andartene》, spiegò con una calma che a Bucky parve quasi spaventosa.
Pierce sorrise. Un sorriso che non prometteva nulla di buono.
《Dovresti sapere comunque che chi si mette contro di me non fa una bella fine, Steven. Se mi ridai Winter fingerò di non aver sentito nulla di quello che hai detto finora》.
《Non mi rimangio nessuna delle cose che ho detto, Pierce. Lui starà con me finché non sarà lui a decidere di volersene andare. E ora, se permetti, noi dovremmo andarcene. Se osi seguirci o mandare dei tuoi scagnozzi a pedinarci ti denuncio immediatamente》, disse alzandosi dal tavolo. Bucky lo imitò, ammirato. Avrebbe voluto essere coraggioso come lui.
Steve tenne d’occhio l’uomo anche mentre stava pagando e poi fuori dal ristorante.
《Steve, siamo nei casini, tutti quelli che si sono messi contro di lui non hanno mai fatto ritorno a casa》, mormorò Bucky.
《Pierce non mi conosce abbastanza bene, mentre io ho capito chi è davvero. Le cicatrici che hai sul tuo corpo non mentono, con due giorni a disposizione ho capito cosa ti ha fatto e quello non lo fa nemmeno classificare come essere umano. Avrei dovuto piantargli un coltello nel petto e non pensarci più》.
Arrivarono nell’appartamento e Bucky si levò immediatamente cappello e pantaloni, lasciando le orecchie e la coda libere di muoversi, per poi buttarsi sul letto.
Rielaborò tutto quello che era successo e sentì il suo cuore iniziare a battere con rapidità.
Si appoggiò al muro, sentendo una paura opprimente schiacciarlo. Non era una cosa strana per lui avere degli attacchi di panico, ma aveva creduto per un momento di poter vivere libero e pacifico, al posto di averne uno ogni due giorni.
Si era sbagliato.
《Bucky?》.
Il ragazzo non riuscì a rispondere, ma la situazione per Steve fu chiara. Si sedette subito accanto a lui e gli prese il volto fra le mani, costringendolo a guardarlo in faccia, per poi mollarlo immediatamente
《Ascoltami, Bucky, devi riuscire a calmarti e a pensare ad altro. Devi distrarti, pensa a qualcosa di felice》, disse cercando di restare calmo.
Bucky chiuse gli occhi e ci provò, ma vedeva solo le tenebre che lo avevano avvolto fino a quel momento.
《Non riesco, non riesco, è ovunque, non riesco a scacc-》.
Le sue parole furono interrotte da un paio di labbra sulle proprie. Spalancò gli occhi per la sorpresa mentre guardava Steve, che si staccò solo quando sentì Bucky respirare normalmente.
Quest’ultimo lo guardò interdetto, sentendo il cuore tornare a battere normalmente, poi lo abbracciò.
《Tu mi hai calmato con un bacio》.
《Ti ha distratto e ti ha fatto trattenere il fiato. Un metodo piuttosto buono per combattere un attacco di panico》.
《Grazie, Steve. Grazie per tutto quello che stai facendo, non lo merito, uno come me non merita tutto questo》, disse seppellendo la faccia nella sua giacca.
《Ho visto cosa hai passato e ho capito che meriti ben più di uno come me. Non si può rimediare a tutte le cicatrici che hai sul corpo, a tutti i segni che quell’essere ti ha lasciato. Tu meriti tutto il meglio che può esistere e a me non importa di finire nei guai se questo vuol dire riuscire a farti comparire almeno un sorriso sul volto… perché quello vuol dire che stai meglio e che stai dimenticando un passato che non ti sarebbe dovuto appartenere》.
Bucky lo guardò facendo tanto d’occhi, per poi posare le proprie labbra sulle sue.
Non era il suo primo bacio, ma era il primo che si poteva concedere lui stesso di dare a qualcuno ed era quello che valeva più di tutti quelli che aveva ricevuto, sempre se di baci si poteva parlare.
Steve ricambiò il bacio decisamente sollevato, accarezzando delicatamente il kitten. Quest'ultimo non poté non notare quanto era diverso il suo tocco da quello di Pierce, ma decise di buttar via il pensiero per non rovinare il momento.
Quando si staccarono erano entrambi ansimanti ma decisamente di buonumore.
Steve si rabbuiò poco dopo e disse: 《Mi dispiace per quello che sto per fare, ma è meglio farlo che non farlo. Seguimi》.
Bucky deglutì e lo seguì fino nella sua camera. Il biondo aprì un cassetto e sollevò i vestiti, mostrando una pistola nascosta lì dentro.
《Spero vivamente che non serva, ma nel dubbio… questa è una pistola, basta caricarla e premere il grilletto per sparare. Mi aspetto che Pierce venga anche fin qui a cercarti, quindi meglio se sai dove si trova》.
Bucky annuì, deglutendo. Quella prospettiva non gli piaceva per niente.
《Rischiamo tanto che lui… torni qui?》.
《Temo di sì, ma non ti preoccupare, risolveremo la faccenda al meglio》.
Bucky decise di fidarsi e sperare che tutto andasse nel verso giusto.
-
Ovviamente nulla andò per il verso giusto. Ci pensò mentre si dimenava nel sacco in cui lo avevano letteralmente buttato i tirapiedi di Pierce.
Avevano fatto irruzione in piena notte e a nulla era servito il tentativo di opporre resistenza: lui era stato buttato in un sacco come fosse dell’immondizia, mentre Steve… non sapeva cosa fosse successo a lui. Aveva sentito due o tre spari che lo avevano fatto sobbalzare e che lo avevano lasciato sordo per diversi minuti, ma non sapeva altro. Era stato poi caricato sulla spalla di qualcuno e portato via da quella casa; un breve tragitto in macchina ed erano arrivati a destinazione.
Quando finalmente fu liberato, si ritrovò nel luogo dei suoi incubi. La villa di Pierce, l'ultimo posto in cui sarebbe voluto tornare.
Il proprietario era poco distante da lui e lo stava guardando con odio. Stava mormorando qualcosa e Bucky colse un “Va rieducato”, che lo fece dimenare nella morsa delle corde che gli avevano stretto i polsi. Sapeva di essere già stato “rieducato”, come aveva detto lui, ma non voleva accadesse di nuovo. Non voleva di nuovo perdere tutti i ricordi - che tornavano poi, a sprazzi, ma erano pezzi di un puzzle che non riusciva mai a ricomporre.
L’uomo si avvicinò a lui, ma al contrario delle sue aspettative lo scavalcò e proseguì oltre. Il kitten si girò e finalmente vide Steve, legato, sostenuto da due uomini e con del sangue che gli scendeva dal naso. Pierce andò verso di lui e gli rifilò un pugno secco nello stomaco che fece piegare l’uomo in due con un gemito.
《Così impari, insulso individuo, a mettere le mani sulle mie proprietà》, ringhiò furioso, rifilandogli un calcio secco. Gliene tirò altri ancora, infine si girò verso uno dei suoi sottoposti. 《Era armato?》.
《Sì. Aveva questa》, disse lui mostrando la pistola che Steve gli aveva mostrato poche ore prima.
《Vediamo se sarà felice di testare la sua arma》, disse puntandogliela contro. Bucky urlò un “No!” nello stesso momento in cui una quarta voce urlava “Fermi tutti!”.
Tutti si girarono verso un uomo che il kitten fino a quel momento non aveva notato. Era un uomo non troppo alto, dalla carnagione scura, con una pistola in mano che stava puntando proprio contro Pierce.
《Non osare premere quel grilletto Pierce o giuro che ti faccio saltare le cervella. Così come quelle di tutti i presenti. La polizia ha circondato la villa, nessuno può fuggire》, disse intimandogli di abbassare l’arma.
《Posso avere l’onore di conoscere il nome del mio ospite?》, chiese Pierce abbassando l’arma.
《Buttala a terra》, disse. Pierce lo fece, ma si impegnò a guardare qualcosa alle sue spalle. Anche Bucky lo vide e urlò: 《Alle tue spalle!》.
Quell’uomo non era stupido, anche se assomigliava a certi attori dei film comici. Schivò l’uomo che stava cercando di ucciderlo e lo bloccò davanti a sé, usandolo come scudo umano; Pierce prese subito la pistola che aveva fatto cadere a terra e sparò, uccidendo al posto dell’agente il suo scagnozzo.
Calò il silenzio, rotto solo dalle sirene delle pattuglie, ormai arrivate. Bucky guardò Steve, che stava fissando Pierce con odio.
Gli agenti entrarono immediatamente nella sala. Il padrone della villa li guardò tutti con odio, ma non provò ad uccidere nessun altro. Bucky sapeva quanto ci tenesse a restare vivo, non avrebbe sfidato la sorte. Non con quell’agente che lo stava ancora puntando con la pistola.
Il kitten fu liberato poco dopo. Appena gli agenti gli levarono i lacci corse da Steve, che era stato messo su una barella. Evidentemente doveva essere arrivata anche un’ambulanza, anche se non ci aveva fatto caso.
《Stai bene?》, gli chiese Bucky mentre lo portavano verso il mezzo.
《Non credo, ma non ti preoccupare, mi rimetterò. L’importante è che tu stia bene》, disse Steve mentre lo caricavano sull’ambulanza.
Il kitten avrebbe voluto seguirlo, ma una mano gli si posò sulla spalla.
《È in buone mani, tranquillo》.
Bucky si girò verso l’agente che aveva tenuto sotto tiro Pierce e disse: 《Grazie dell’aiuto》.
《Steve mi aveva detto che temeva arrivassero, così mi sono appostato sotto casa vostra a controllare. fortuna che l’ho fatto. Comunque io sono Sam Wilson, e tu devi essere il kitten non registrato》, disse tendendogli la mano.
《Puoi chiamarmi Bucky》, disse stringendogliela.
《So che non dovrei rompere ma lo farò comunque. Vorrei venissi subito a farti registrare, così evitiamo che qualcun altro ne approfitti. Va bene?》.
Bucky annuì e lo seguì sulla sua macchina. Con quell’atto quella tortura durata anni si sarebbe finalmente conclusa.
-
Alcune settimane dopo Steve tornò nel suo appartamento. Era carico di regali di Natale da mettere sotto l’albero.
Bucky apparve immediatamente ed esclamò: 《Non lo sopporto più, Stevie! Si continua a credere migliore di me solo perché ti ha salvato la vita! Io l’ho avvisato che gli uomini di Pierce stavano per prenderlo!》.
Sam apparve dal salotto ed esclamò: 《Io sapevo già che stava arrivando qualcuno, Pierce stava guardando alle mie spalle, era ovvio!》.
Da quando Steve era uscito dall’ospedale Sam era stato a casa sua tutti i giorni, all’inizio per tener compagnia a Bucky ed aiutarlo a superare il trauma - anche se forse pagare un buon psicologo sarebbe stato più efficace -, poi per controllare che il biondo stesse bene sul serio, viste tutte le botte che aveva preso.
Da quando era tornato però i due non avevano fatto altro che bisticciare e tirarsi addosso ciò che capitava a tiro: fortunatamente era la casa di Steve e i due si limitavano a tirarsi contro cose che non potevano rompersi, come cuscini, panni sporchi e sedie.
《Calmatevi tutti e due, è il giorno di natale! So che ho portato i regali in ritardo, ma i giorni scorsi non ne ho davvero avuto il tempo. Ora tutti in sala che li apriamo》.
Il regalo di Steve a Sam fu un maglione di lana - che Sam detestava e che era stata presa solo per dispetto - e una tazza con disegnati sopra da Steve stesso una serie di falchi che volavano lungo il bordo - che invece Sam amava.
《Mi piace》, disse soddisfatto tendendogli il proprio pacchetto, contenente uno smoking nuovo.
《Ne ho già uno Sam》.
《Ma hai aperto l’armadio nelle ultime settimane? Gli uomini di Pierce te lo avevano disintegrato》, disse Sam dando a Bucky il proprio regalo.
Era un portachiavi con su un gattino che il kitten trovò tremendamente tenero. Non era molto, ma visto che lui per Sam aveva preso un portachiavi con un falco decise che non c’era bisogno di lamentarsi.
Toccò poi a Bucky dare il regalo a Steve. Era andato a cercare qualcosa con Sam, che aveva anche pagato il regalo per lui.
Glielo consegnò. Era una semplice cornice, decorata da lui con motivetti di gatti infantili ma disegnati con cura, con già all’interno una foto di Steve seduto sul tappeto della sala, sorridente, e Bucky seduto a gambe incrociate sul divano, un’espressione di pura gioia sul volto. Una delle loro foto più belle.
《Oh, Buck, è bellissima》, disse Steve dandogli un bacio sulle labbra e ignorando Sam che aveva alzato gli occhi al cielo.
Si allontanò poi dal kitten e frugò nella tasca della giacca, sfoderando un piccolo cofanetto.
Lo aprì davanti a lui, mostrando un piccolo anello. Prima che Bucky potesse fare domande Steve disse: 《Bucky. Vorresti essere il mio ragazzo?》.
Gli occhi di Bucky si riempirono di lacrime di gioia. Con un salto che solo uno mezzo gatto poteva fare, gli saltò addosso e lo strinse in un abbraccio.
《Sì. Lo voglio》.
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