Mux 3

Oggi credo sia uno dei giorni più belli della mia vita per motivi miei, o questo capitolo lo avreste visto domani
Pls show him some love, non buttatemi giù proprio qui ahahahahah
Enjoy

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Categoria: Alternative Universe
Fandom: Inferorum Gemmae Saga
Personaggi: Lux e Mik
Rating: Verde lievemente tendente al giallo

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Lux sapeva che la gente lo temeva. Lo aveva sempre temuto, non era una sorpresa: aveva vissuto in mezzo a gente che credeva che le streghe e gli stregoni avessero marchi ben distinti per essere riconosciuti in mezzo agli altri uomini, e lui aveva gli occhi di due colori diversi.

Figlio del demonio, qualcuno lo aveva appellato anche così per quella caratteristica. Lux aveva anche provato a nascondere uno dei due occhi, ma era stata una premura inutile.

Era sera quando si risvegliò, un frastuono nelle orecchie a fargli aumentare il mal di testa già troppo accentuato. A svegliarlo completamente fu un’onda che lo colpì in pieno volto, facendogli andare dell’acqua salata in bocca che sputò e tossì subito.

Era immerso in acqua marina, fu la prima conclusione a cui giunse prima di aprire gli occhi. Quando anche questi si aprirono (uno con più fatica dell’altro), colse tutta la situazione in cui era finito.

Era stato legato saldamente ad uno scoglio ben lontano dalla costa, le mani tenute lontane dal corpo per impedirgli di liberarsi. L’acqua gli arrivava alla gola e intuì che presto la marea lo avrebbe coperto del tutto.

Scacciò il pensiero della sua morte dalla testa e si concentrò sul resto. Il suo volto gli bruciava, probabilmente era stato ferito, e il dolore che provava alla gamba gli diceva la stessa cosa. Doveva essere finito in una rissa, ma non ricordava nulla di quel che era successo.

Non aveva altri dolori, senza contare il dolore alla schiena dovuto per la posizione scomoda. Provò a liberarsi, ma si accorse che non poteva. Le sue braccia erano tese allo stremo, le sue gambe erano legate e immobilizzate.

Non poteva fuggire di lì. Appoggiò la testa contro lo scoglio, sentendo gli occhi riempirsi di lacrime. Non voleva crederci che sarebbe finita così, che sarebbe morto lì, senza potersi difendere, senza speranze di liberarsi, congelato e annegato..

Poi vide in lontananza una coda di pesce e il suo cuore mancò un battito. Era distante dalla riva e stava per scendere la notte: presto le sirene si sarebbero scatenate.

E lui era ferito ad una gamba. Avrebbero fiutato il suo odore. Era così che sarebbe morto, allora.

Sentì montare la paura. Era indifeso e poteva vedere la sirena (perché c’era davvero una sirena) avvicinarsi sempre di più.

Quando fu a forse una decina di metri da lui, la sirena scomparve sott’acqua e Lux la perse completamente di vista. Se voleva ucciderlo avrebbe dovuto liberarlo, pensò, quindi forse aveva una speranza.

Poteva però trascinarlo giù dal basso e gli avrebbe quindi rotto le spalle prima di portarlo con sé e ucciderlo. L’idea di un simile dolore gli fece venire le lacrime agli occhi: non voleva morire così.

Poi, ma poco più di un paio di metri da lui, la sirena si fece vedere, sbucando fuori dall’acqua. No, non una sirena, un tritone.

Era un maschio, ed era bellissimo. Era così che uno moriva in mare di notte: innamorandosi di una sirena bellissima. Anche sapendolo, Lux non poteva che trovare il tritone stupendo, con quei capelli biondi, gli occhi così azzurri e il volto di un ragazzo che poteva avere la sua età.

Egli gli si avvicinò lentamente, finché non gli fu di fronte. Lux deglutì, non sapeva neanche lui se per paura o perché era rimasto a bocca asciutta da quell’apparizione.

Il tritone appoggiò i palmi delle mani contro lo scoglio, ai lati della testa di Lux. Tenne le braccia tese, ma erano comunque fin troppo vicini e l’umano si sentiva in pericolo.

“La tua gente non ti vuole”.

Qualunque frase Lux si aspettasse il tritone dicesse, di certo non era quella.

“... Sì.” rispose il ragazzo.

“Non si rendono conto di ciò che hanno fatto. Hanno rovinato un’opera eccezionale,” disse staccando una delle due mani dallo scoglio e sfiorandogli il volto seguendo una linea retta obliqua. Lux gemette di dolore.

Quando ritirò il dito, era coperto di sangue. Se lo mise in bocca con un sorriso, poi si rimise come prima e disse: “Scommetto che desideri la libertà.”

“Chi non la vorrebbe, sapendo che lo attende null’altro che la morte?” rispose Lux, riuscendo finalmente a ragionare e pensare lucidamente.

“Chi lo dice che devi per forza morire?”

“Sono ferito e legato ad uno scoglio, si sta alzando la marea e ho davanti una sirena.”

Il tritone sorrise e si chinò su di lui a sussurrargli all’orecchio: “Se hai dei santi da pregare, ti conviene pregarli tutti, perché se uscirai vivo da quello che sto per fare sarà grazie a loro.”

Non era rassicurante, tuttavia non aveva scelta.

Il tritone lo liberò dalle corde con fare seducente, come se stesse flirtando. Che lo stesse facendo per finta o per davvero, ebbe comunque il risultato di far arrossire prepotentemente Lux.

Il biondo lo trascinò con sé lontano dallo scoglio e disse: “Ti conviene prendere un bel respiro.”

Lux ebbe appena il tempo di dargli retta che il tritone lo trascinò sott’acqua.

Lux non era mai riuscito a tenere aperti gli occhi in mezzo al mare, quindi li tenne semplicemente chiusi: bastavano le orecchie per intuire cosa stesse succedendo, insieme ai movimenti del tritone che lo stava tenendo. Non lo stava portando in profondità, stava fuggendo lontano con lui e stava nel frattempo anche lottando.

C’erano altre sirene lì che volevano lui come pasto e il tritone biondo glielo stava sottraendo. Le sentiva urlare.

Qualcuno li fermò e sentì una mano afferrargli la caviglia. Istintivamente Lux calciò e riuscì a far mollare la presa all’aggressore. Sentì altre mani afferrarlo e Lux perse l’orientamento e la speranza mentre veniva trascinato chissà dove.

Fu per lo sballottamento successivo che tutta l’aria gli uscì dai polmoni, sostituita da acqua. A quel punto perse i sensi.

-

La prima cosa che Lux fece al suo risveglio fu rotolarsi di lato e tossire e sputare acqua come un dannato. Continuò almeno cinque minuti, poi rotolò a pancia in su e respirò profondamente.

Era vivo. In qualche modo era vivo, fuori dall’acqua.

Aprì gli occhi a fatica e si ritrovò sopra una testa dorata che lo stava guardando preoccupato.

“Tutto bene?” chiese infatti.

“Sono vivo.” fu la risposta che ottenne. Respirava ancora, andava più che bene.

“Bene, ti conviene chiudere gli occhi e prepararti. Ti sto ricucendo la ferita.”

“Che ferita?”

“Hai un taglio che ti passa da una parte all’altra della faccia e sanguina ancora. Considerato che è stata a contatto con acqua di mare e sale per parecchio dubito ti potrebbe fare più male di quanto già non abbia fatto, ma non voglio fare scommesse a riguardo.”

Ottima idea, perché Lux soffrì parecchio durante la cucitura, ma si impose di rimanere fermo per agevolargli il lavoro. Quando finì rimase ad occhi chiusi un momento, oscillando tra la veglia e l’incoscienza, poi sentì a distanza una voce.

“Ci sei, ragazzo?”

Fu quando gli venne ripetuta per la terza volta che capì la domanda. Aprì gli occhi e disse: “Ci s-”

E si fermò, un dolore non indifferente al lato destro del volto, dove era stato ricucito.

“Sì, lo so, fa male. Purtroppo non sono granché come medico e non so cosa usare come antidolorifico per un umano.”

Lux fece un cenno per dirgli che non c’era un problema (anche se un problema c’era eccome), poi si mise a sedere.

Si trovava su una spiaggia che non aveva mai visto. Non era molto grande e al centro di essa, affacciata sul mare con un piccolo molo, c’era una casetta.

In quel momento si trovava sulla sabbia e sentiva l’acqua raggiungerlo ad ondate. Doveva essere per il tritone che era lì, ma non gli dava grossi problemi il fatto.

Abbassò lo sguardo sulla ferita sulla sua gamba e notò che anche quella era stata cucita e fasciata. Fasciata coi suoi stessi pantaloni, tra l’altro.

Infine, il suo sguardo andò verso il tritone.

Alla luce del giorno era ancora più bello di come lo aveva visto all’inizio. Biondo dagli occhi azzurri, slanciato e dalla coda turchese. Quella  rimase a guardarla un momento, non capacitandosi che quella era una sirena vera, un tritone vero.

“Direi che possiamo presentarci, non trovi? disse il tritone osservandolo.

“Lux.”, disse velocemente il ragazzo, facendo una smorfia per il dolore che provò al viso.

“Mik. Ora permettimi una domanda: perché eri lì dove ti ho trovato?”

Il ragazzo non sapeva come dirlo brevemente. Alla fine disse: “I miei occhi.”

“Sono belli e unici. Dove sta il problema?”

Lux si sentì avvampare e disse: “Segno delle streghe.”

Mik scoppiò a ridere, ed era la risata che si aspettava di sentire da una sirena: musicale.

“Questa è la cosa più stupida che io abbia mai sentito, e di sciocchezze ne ho sentite parecchie. Quello non è il segno della strega, è il segno che sei diverso dagli altri e basta. Preferisco uno diverso che cento uguali.”

E di nuovo Lux avvampò. Cercò di coprirsi la faccia con le mani per nascondere il rossore, ma Mik gliele tirò giù e disse, serio: “Non sfidare le mie cuciture da principiante così.”

Fu con quel gesto che si rese conto che anche il tritone era ferito. Un taglio sul braccio, non grave come i suoi ma comunque sanguinante.

“Sei ferito.”

Mik osservò la ferita e disse: “Non è niente, un paio d’ore in acqua e torna come nuova.”

Lux lo guardò e disse: “Sicuro?”

“Sicuro. Ora dovresti riposare, quella casa non so come sia dentro, ma meglio che dormire fuori all’aperto. Le piante che vedi dovrebbero essere da frutto e c’è dell’acqua dolce in fondo alla spiaggia. Non è molto, ma non posso fare molto di più.”

“Mi hai salvato la vita. Hai fatto anche troppo per uno come me. Grazie.”

Lux avrebbe voluto abbracciarlo o fare qualcosa, ma Mik era mezzo sdraiato in mezzo all’acqua e non ci sarebbe riuscito. Si limitò quindi a scompigliargli i capelli e ad arrancare verso la catapecchia mentre il tritone scivolava verso le profondità marine.

La gamba reggeva il suo peso a malapena e camminare sulla sabbia non rendeva ogni passo più semplice. Lux doveva però muoversi per tutta la spiaggia anche solo per sopravvivere, quindi decise che doveva reggere.

Se quelli che lo avevano legato a quello scoglio lo volevano morto, lui sarebbe sopravvissuto.

La casetta era fatta di legno e sembrava reggersi in piedi più per miracolo che per altro, ma entrandoci non emise un suono, neanche quando Lux ci saltellò dentro su un piede solo.

Dentro c’erano degli specie di lunghi tappeti di legno arrotolati. Erano delle passerelle da stendere sulla sabbia, e sebbene avessero delle fessure tra i vari pezzi per cui Lux non avrebbe potuto saltellarci sopra su un piede solo a meno di non volersi ammazzare, erano decisamente più comodi per camminare o trascinarsi.

Almeno non aveva fretta.

La scoperta migliore fu una cascata grazie alla quale poté finalmente lavarsi via sabbia e sangue secco dal suo corpo. Così scoprì di avere un sacco di lividi sparsi su tutto il corpo, segno che le doveva aver davvero prese prima di essere mandato a morte. Non riusciva a ricordarlo però, e non capiva se erano ferite che aveva ricevuto mentre era svenuto, o semplicemente non ricordava.

Quella cascata fu anche ciò da cui bevve e ciò in cui lavò i suoi vestiti. Sebbene i suoi pantaloni erano stati messi apposta come fasciatura, Lux lavò anche quelli e li stese su dei rami bassi. Girovagò quindi poi con le ferite al vento e senza più vestiti addosso, e poterlo fare fu quasi liberatorio.

Mangiò all’ombra degli alberi e si ritirò poi nella casa per evitare di ustionarsi: per qualche motivo a lui ignoto, dopo che Mik se n’era andato il sole era spuntato dalle nubi e non se n’era mai andato.

Fu proprio su di lui che vagarono i pensieri di Lux. Cercò di tenersi lontano dai pensieri che riportavano alla sua quasi morte, ma non si trattenne dal fantasticare. Era solo lì, era tutto chiuso e nessuno lo avrebbe giudicato (per fortuna quando era stato condannato nessuno sapeva che aveva interesse anche negli uomini, o lo avrebbero direttamente decapitato).

Il suo corpo reagì appena Lux si ritrovò ad immaginarsi un bacio tra loro, ma al posto che respingere quel desiderio il ragazzo decise di assecondarlo e incrementarlo.

E si sentì bene. Bene come mai era successo, in effetti.

E insieme si sentì male, perché gli sembrava sbagliato ciò che stava facendo. Lo era, o non avrebbero condannato così quei sentimenti.

Non bastò a fermarlo.

Si sentiva bene e questo gli bastava.

-

Una serie di colpi svegliarono Lux dal sonno in cui era caduto neanche lui sapeva quando. Balzò a sedere, guardandosi intorno ancora confuso.

Casa. Spiaggia. Sirene. Collegò ogni cosa e si riprese.

Uscì sul piccolo pontile e trovò Mik ad aspettarlo. Un Mik che lo guardo facendo tanto d’occhi appena uscì dalla porta per raggiungerlo.

“Lux. Sei molto… nudo.”

Lux si osservò un momento e arrossì immediatamente, buttandosi sul pontile a pancia in giù così da nascondere le sue nudità. La ferita alla gamba non gradì, ma fece del suo meglio per ignorare il dolore.

Strisciò così verso Mik finché non furono praticamente faccia a faccia. Lux tossicchiò e disse: “Scusami. Ho lavato i vestiti e non me li sono più rimessi.”

“Non hai più la fasciatura alla gamba. Sei un idiota, non è una ferita che può restare così libera!”

“Domani me la rimetto, lo prometto!” esclamò Lux. Gli veniva da ridere, che si preoccupasse delle sue ferite quando lo aveva appena visto nudo.

“Ti controllerò, sappilo. Comunque, ho portato una cosa… penso tu non abbia ancora avuto occasione di vederti in faccia.” disse Mik tirando fuori uno specchio dall’acqua.

Non era uno specchio che uno poteva semplicemente trovare in giro, notò Lux quando lo vide. Poi lo specchio gli fu davanti e non poté che rimirarsi.

Aveva un aspetto terrificante. Il suo volto era sfigurato dall’orribile ferita che lo attraversava da sopra il sopracciglio sinistro fino alla guancia destra. Aveva un brutto aspetto, ma viste le cure suppose di non essere neanche messo così male.

Aveva delle occhiaie spaventose, dei capelli sparati ovunque e, ultimo ma non meno importante, si ritrovò a rimirare i suoi occhi spaiati.

Li odiava. Non sarebbe successo nulla se non fosse stato per loro.

“Stai pensando ai tuoi occhi, vero?”

Lux li sbatté mentre il suo riflesso veniva scambiato con il volto di Mik. Non fece in tempo a negare che aggiunse: “So che lo stavi facendo. Non li sopporti.”

“È vero, non li sopporto. Ho passato diciannove anni d’inferno per colpa loro, non li perdonerò mai per essere così.” disse Lux senza provare altro che amarezza e rabbia.

“Prima o poi riuscirai ad amarli, vedrai.”

“Ho qualche dubbio a riguardo, ma finché non li vedo allo specchio è quasi facile dimenticarmi di averli diversi.”

Mik sorrise e disse: “Questo specchio non lo vedrai più allora. Comunque… ti ho svegliato? Forse dovevo dirtelo ieri che vengo solo di notte, se possibile.”

“In effetti sì, ma non ti preoccupare, tanto non ho appuntamenti domani.”

Il sorrise che fece il tritone lo fece avvampare e Lux sperò il buio lo celasse quanto bastava. Per distrarsi disse: “Lo hai trovato sul fondale quello specchio?”

Mik lo tirò su dall’acqua e lo guardò, poi disse: “No, viene dalla mia camera.”

“La tua camera?”

“Sì, io vivo in un palazzo.”

“Credevo le sirene vivessero… in libertà?” disse Lux confuso e insieme incuriosito.

“Quelle che sono state esiliate dalle città lo fanno. Le altre abitano in città in fondo al mare.”

“Esiliate?”

“Beh, ci sono leggi nelle città che impediscono di mangiare marinai e simili. Chi non le rispetta viene esiliato e non riceverà sostegno o altro in caso di cattura e morte.”

“Perché mi hai salvato da loro?”

Era una domanda che Lux si stava ancora ponendo quando si era addormentato. Ci teneva a saperlo, se abitava in una città lui non doveva esserci motivo per cui si trovava a quello scoglio con lui.

“Perché ti osservavo da parecchio. Non sapevo il tuo nome ma conoscevo il tuo aspetto e il tuo umore. Avevi l’abitudine di passeggiare in spiaggia la sera e la volta in cui non ti ho visto ti ho cercato e ti ho trovato allo scoglio. Non ti avrei lasciato lì a morire, non lo meritavi.”

Lux si ritrovò con gli occhi pieni di lacrime. Aveva salvato quello che era di fatto un perfetto sconosciuto e lo aveva fatto per un’ingiustizia che nemmeno lo riguardava.

Se non fosse stato nudo, ferito e Mik non fosse stato in acqua, lo avrebbe abbracciato. E baciato.

“Io… grazie.” balbettò asciugandosi con disinvoltura (o almeno sperava) le lacrime che avevano iniziato a scendere lungo il suo volto.

Mik si aggrappò al pontile e si sollevò, riuscendo ad abbracciarlo. Lux lo ricambiò, troppo emozionato per dire qualcosa di sensato.

“Non serve piangere, anche perché se le lacrime toccano la ferita ti ritroverai a urlare.” sussurrò il biondo al suo orecchio, facendo scoppiare a ridere il ragazzo.

Quella sarebbe di certo stata l’inizio di una splendida amicizia, si disse, e osava sperare magari potesse diventare qualcosa di più.

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Mik lo andò a trovare tutte le notti da allora per un mese intero. All’inizio fu, a suo dire, per controllare che le ferite stessero bene (non fu contento quando scoprì che aveva fatto la doccia senza la benda attorno alla coscia), ma appena iniziarono con maggior evidenza a guarire, le sue furono visite di piacere.

Lux gli piaceva. Gli stessi motivi per cui lo aveva salvato, lo convinsero ad andare a trovarlo anche quando la ferita sul suo volto fu guarita e quella sulla sua gamba iniziò a migliorare.

Lux non sapeva però in che modo realmente piaceva a quel ragazzo. Non accennò mai a quante volte si era dato piacere pensando a lui e mai gli fece domande che li riguardassero come qualcosa di più di semplici amici.

Scoprì però cose interessanti. La spiaggia in cui era stato portato era delimitato da due scogliere: superando quella alla sua destra guardando verso il mare, sarebbe potuto tornare al suo villaggio.

Scoprì che Mik non era una sirena qualunque, ma era un nobile tritone di una città subacquea che si trovava poco lontano da lì. Nobile a dir poco: era un principe, e quando Lux lo scoprì rimase di sasso. Era quello il vero motivo per cui erano riusciti a cavarsela in quell’imboscata delle altre sirene: nessuno voleva davvero uccidere un principe, nemmeno le sirene che erano state esiliate dalla città.

E Lux raccontò di sé, forse per la prima volta in vita sua. Raccontò dei suoi genitori e di sua sorella che erano morti per una malattia che aveva travolto il villaggio una decina di anni prima e della solitudine che aveva seguito l’evento, perché se già i suoi occhi spaventavano, spaventava ancor di più sapere che proprio lui era sopravvissuto a quella peste.

Raccontò del suo villaggio, che si trovava fuori dalle mura di una città che sembrava fatta d’oro dove tutti erano ricchi, vivevano bene, godevano di privilegi che Lux poteva solo immaginare nei suoi sogni migliori.

Entrambi raccontarono storielle che riguardavano gli uni gli altri, per quanto spaventose fossero. Si fecero compagnia.

Poi un giorno Mik non si presentò. Lux non se ne preoccupò troppo: era un principe, chissà che affari aveva da svolgere nel suo regno.

Neanche il giorno successivo lo vide. Neanche quello dopo ancora.

Dopo il quarto giorno, Lux si chiese cos’aveva fatto per allontanarlo. Forse aveva mentito e in realtà odiava gli occhi che diceva di amare tanto. Forse aveva intuito cosa davvero provava per lui e gli aveva fatto ribrezzo. Forse lo aveva preso solo in giro tutto il tempo.

Se ne convinse. E pianse, tanto nessuno lo avrebbe potuto vedere.

Fu solo una settimana dopo la sparizione di Mik che Lux vide qualcosa affiorare dall’acqua. Una testa bionda, seguita dal corpo di un uomo che assomigliava molto al tritone che conosceva, ma che era più vecchio. Insieme a lui, un altro paio di tritoni armati di quelle che sembravano essere spade.

Il ragazzo andò fino a riva. Aveva pochi dubbi sul fatto che quello fosse il re e padre di Mik, non lo avrebbe quindi fatto aspettare.

Dovette spingersi finché l’acqua non gli arrivò alla vita per poter parlare con loro senza urlare. La sua ferita alla coscia protestò per la salinità marina, ma Lux si impose di non pensarci.

“Tu devi essere l’umano Lux.” disse l’uomo.

“Corretto.”

“Il ragazzo che Mik ha salvato dalla morte.”

“Esatto.”

“Vorrei non essere qui al momento, ma non ho scelta. Ho un favore da chiederti.”

Lux sgranò gli occhi. Un re che aveva bisogno di lui? Stava sognando.

“Dica… dica pure.”

“Degli umani hanno catturato Mik. Lo hanno portato nel cuore della città e lo vogliono mettere all’asta, secondo gli umani che hanno pescato qua in giro. Vorrei tu lo riportassi indietro.”

Lux sentì una sequenza di pensieri affollarsi nella sua mente. Mik non lo aveva abbandonato, era stato rapito, quindi forse non lo odiava. Entrare nella cittadella significava mostrare a tutti che era vivo ed essere immediatamente ucciso. Voleva dire fuggire verso il porto con una sirena in braccio e lui ben riconoscibile.

Non era per niente certo di esserne in grado.

“Mik mi ha detto molte cose su di te, Lux. Per questo voglio darti un aiuto, per quanto minimo. Prendi un respiro e vai sott’acqua.”

Lux non si fidava di tutto, ma era di Mik che si parlava e quello che aveva davanti era pur sempre un re. Chiuse gli occhi e andò sotto la superficie.

Non vide nulla di ciò che accadde. Sentì semplicemente un pizzicore sul volto e del fresco.

“Puoi uscire.” disse la voce del tritone ben chiara anche sotto l’acqua

Lux lo fece e si asciugò gli occhi senza aprir bocca. Quando li aprì, una delle due guardie gli mise davanti lo stesso specchio che gli aveva mostrato anche Mik.

La ferita sul volto era totalmente guarita, restava di essa solo una pallida linea, ma non fu ciò che notò nell'immediato.

L’occhio azzurro che da sempre aveva terrorizzato tutti non c’era più. Era diventato marrone. Ora lo erano entrambi.

“Così meno persone ti riconosceranno.” disse semplicemente il re.

“Non ho parole… grazie.”

E subito corse fino alla fine della spiaggia. Anche la sua gamba era stata guarita, senza che se ne accorgesse.

Nessuno lo avrebbe riconosciuto.

E lui così avrebbe salvato Mik.

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Entrare nella città fu più semplice di quanto avesse immaginato. Con un mantello addosso recuperato dalla sua stessa casa (che era ancora intera e non era stata razziata, incredibilmente) superò le mura senza domande. Nessuno fece attenzione a lui e ne fu felicemente sorpreso.

Non servì fare domande alle persone per sapere dove si teneva l’asta: l’intera città era tappezzata di manifesti. Lo esaminò per bene e capì che Mik era una sorpresa e che nessuno sapeva che ci sarebbe stata in vendita una sirena. Sarebbe stato più semplice portarlo fuori in tal caso.

L’edificio in cui si teneva era però sorvegliato benissimo. Non ebbe problemi ad entrare (venne semplicemente perquisito, ma non aveva nulla da nascondere, ancora), ma sapeva che uscire con un tritone tra le braccia non lo avrebbe fatto filare liscio.

Appena entrò si defilò per una rampa di scale che portava ai sotterranei. Non aveva idea di dove Mik potesse essere, ma per prima cosa doveva nascondersi.

Là sotto non c’era nessuno. Dopo aver controllato di essere solo corse verso la zona in cui suppose esserci il palco. Superò un sacco di porte e iniziò a rallentare quando si accorse che erano porte di celle.

C’era della gente dentro. Lo verificò sbirciando attraverso un’apertura.

Non sapeva ci fosse traffico di esseri umani. Non sapeva che fosse quello ciò che veniva venduto all’asta, perché era evidente che quegli uomini erano da vendere.

Gli venne il voltastomaco.

Sentì dei passi in lontananza e Lux corse a nascondersi nel primo posto buio che riuscì a trovare, all’interno di una cella. Si mise poi in ascolto.

“Abbiamo avuto una fortuna sfacciata a trovare quella sirena. I nobili iniziavano a lamentarsi della scarsa qualità della merce, questa sarà una sorpresa. Pagheranno anche milioni!” disse una voce.

“Stavolta saranno contenti a prescindere, la metà di questi uomini sono cospiratori e i nobili li prenderebbero solo per torturarli.” rispose una seconda voce.

“Sai cosa avrei voluto vedere in vendita? Quel ragazzino che quelli del villaggio al mare hanno messo a morte un mese fa. Loro credono nella stregoneria, ma ti immagini quanto costerebbe uno con degli occhi come i suoi? Che occasione sprecata.”

Lux dovette sforzarsi per non vomitare e farsi scoprire. L’idea che sarebbe potuto succedere quello gli dava il voltastomaco, e poco importava che nessuno poteva ora riconoscerlo. Sapere che quella città sarebbe potuta essere interessata a lui come ad un oggetto era orribile.

“Non hai tutti i torti. Io l’ho anche visto, sai? Non che mi interessino gli uomini, ma era davvero un bel ragazzino.” disse la prima voce con una risatina.

“Anche io l’ho visto, non crederti speciale. A me i mori piacciono, lo avrei anche fatto uscire per portarmelo in casa, era troppo bello.”

Forse sarebbe dovuto essere felice di quelle attenzioni, dopo diciannove anni di rifiuto, ma non lo era e avrebbe ardentemente voluto vedere loro in quelle celle.

Erano disgustosi e stupidi, perché passarono oltre senza vederlo. Quando finalmente se ne andarono uscì di lì e iniziò a cercare Mik.

In fondo al corridoio trovò quelle che dovevano essere le chiavi delle celle. Le prese e si mise l’anello che le teneva al polso, poi iniziò a cercare in tutte le celle il suo tritone.

Lo trovò. Era in una cella che conteneva una vasca piena d’acqua e totalmente sigillata in cui lui era immerso. Prese quindi le chiavi, le provò una ad una fino a trovare quella giusta e riuscì ad entrare.

Una volta dentro si abbassò il cappuccio del suo mantello e si chiuse la porta alle spalle.

“Mik.” chiamò il ragazzo. La vasca sembrava vuota, ma appena pronunciò la parola il suo tritone comparve e andò fino al vetro, appoggiandoci contro le mani.

“Lux! Tu… che è successo al tuo occhio?”

“Tuo padre. Non fosse per lui non avrei saputo neanche che eri qui. Devo farti uscire.”

“Chi vorresti fare uscire, ragazzino?” s’intromise una voce.

Lux si girò di scatto e riconobbe una delle due guardie che lo avevano superato poco prima. Tra le sue mani c’era una spada.

“Lux. Questo è il nome del ragazzino che un mese fa è stato ucciso dal villaggio sulla costa. Un ragazzino che anche io ho visto di persona. So che sei tu, e ora ti porto in una cella tutta per te.” disse con un sorriso, attaccandolo.

Lux si chinò ed evitò un fendente che lo avrebbe decapitato di netto. Schivò un secondo colpo saltando all’indietro, poi si chinò di nuovo e spinse via l’uomo. Non sarebbe finito nelle mani di un depravato simile.

Venne però buttato a terra. L’uomo buttò la spada accanto a loro e lo inchiodò sotto di sé con l’aria di chi aveva intenzioni tutt’altro che buone. Lux cercò di divincolarsi ma ricevette uno schiaffo.

Fu un lampo. Riuscì a prendere la spada e, con tutta la sua forza, la conficcò nella scatola di vetro.

La parete andò in mille pezzi. L’acqua travolse entrambi, sbattendoli contro il muro della cella. La violenza dell’impatto fece perdere a Lux i sensi per qualche istante; quando li riprese vide l’uomo in un angolo che cercava di rialzarsi.

Quando ci riuscì avanzò verso di lui, ma si bloccò presto.

La sua spada comparve dal suo petto, coperta di sangue, e l’uomo cadde a terra, tingendo l’acqua di rosso. Alle sue spalle c’era Mik, che era in piedi. Letteralmente.

Aveva le gambe. Lux rimase a guardarle e guardare ciò che c’era in mezzo ad esse per un lungo momento, poi il tritone perse l’equilibrio e cadde a terra.

“Ahi!” gemette. Lux gli fu subito accanto e gli mise addosso il mantello per coprire il suo corpo nudo.

“Tu sei matto! E se morivo?” esclamò Mik fissandolo.

“Lo avrei lasciato uccidermi. Ora dobbiamo andare.”

“Credo di doverti dire che il tuo occhio è tornato normale.” disse Mik, facendo andare il morale di Lux sotto le scarpe.

“Diavolo, non posso uscire di qui senza essere riconosciuto.”

“Lo dici perché ora non puoi essere qualcun altro? Io dico che puoi. Ascolta, tutti ti hanno sempre creduto figlio del diavolo, giusto? Allora faglielo credere e sgombra così il passaggio.” disse Mik. Quella lavata di capo fermò Lux per quei secondi che gli servirono per avere un’idea.

“Okay, allora, tu mettiti i suoi vestiti, io devo fare una cosa. Torno tra poco.”

Aprì tutte le celle. Liberò tutti i prigionieri e disse loro che potevano scatenare l’inferno. Tornò poi da Mik e disse: “Dovrai fingere di essere ubriaco tanto da non reggerti in piedi.”

Fu così che uscirono da quel posto. Quelli che aveva liberato attesero prima di devastare la casa d’aste e nel mentre Lux diceva alle guardie che l’uomo che stava tenendo era ubriaco e che lo stava portando a casa. Chiese anche loro di mantenere il segreto per non fargli perdere il posto, giusto per rendere quella scena più plausibile.

Appena furono lontani. Lux prese Mik in braccio e iniziò a correre verso la spiaggia.

Dovevano passare in mezzo al villaggio. Il principe lo guardò e disse: “Ci sono io con te, tu non preoccuparti.”

Superarono tre quarti del villaggio correndo prima che qualcuno li vedesse e riconoscesse Lux. A quel punto iniziarono le urla.

Il ragazzo fece del suo meglio per ignorarli e concentrarsi su dove stava andando.

Poi sentì un dolore atroce alla schiena che per poco non lo fece cadere. Mik si aggrappò a lui e lo guardò con gli occhi spalancati.

“Lux? Che succede?!” chiese. Lux non rispose, semplicemente guardò dietro di sé e si sforzò di continuare a correre.

Quanti minuti ancora avrebbe potuto continuare a correre con un pugnale nella schiena? Non lo sapeva, ma sarebbero bastati.

Il sangue iniziò a sentirlo in bocca quando era ormai sul molo. Era solo per pura forza di volontà che stava ancora correndo, perché il suo corpo sapeva che era sul punto di abbandonarlo.

Alla fine del pontile si fermò. Mise giù Mik così da permettergli di levarsi scarpe e pantaloni e nel farlo vide nero per un istante. Quando tornò a vederci, aveva Mik sopra con gli occhi sbarrati.

“Il pugnale-” riuscì solo a dire.

Lux sentì dei tonfi sul molo. Fece cenno a Mik di andare, poi con delle forze che non credeva di avere si tirò in piedi.

Arretrò fino al bordo del molo e li affrontò tutti.

Li guardò uno ad uno, quegli uomini armati di forconi e torce. Sorrise a tutti loro, del sangue che uscivano dalla sua bocca.

“Diciannove anni avete trascorso in mia presenza. Diciannove anni avete avuto la possibilità di dimostrarvi persone migliori con chi era diverso. Ora il tempo è scaduto. Ricordatevi di me e di mio padre quando perirete tutti, perché a miglior vita sarà lui ad accogliervi.”

Chiuse gli occhi e si lasciò cadere nel mare. Non vide Mik, ma sentì le sue labbra contro le proprie.

Il bacio di una sirena ti permetteva di respirare sott’acqua. Lux probabilmente sarebbe morto, ma almeno in quel momento, lui poté aprire gli occhi.

Poté vedere Mik nella sua piena bellezza.

E fu l’ultima cosa che vide prima di sprofondare nel buio.

-

Non si sa molto sulle città delle sirene. Si sa solo che quando la gioia le travolge, l’intera città si accende e persino un umano in barca potrebbe vedere la loro luce.
E quel giorno, quando una nuova sirena dagli occhi bicolori si svegliò, si dice che la luce della città in cui era brillò tanto da poter essere vista dalle stelle.

-💙-

Questa storia è stata creata con l'influsso di:
- One Piece (per il destino di Mik se Lux non lo avesse salvato, e per i problemi che dà avere qualcosa di diverso)
- Pirati dei Caraibi 4 (non sono sicura sia una cosa "canon" che le sirene fuori dall'acqua acquisiscano le gambe)
- Da questa fanart da cui ho effettivamente preso ispirazione:

Sono Damen e Laurent de Il Principe Prigioniero. Forse li incontrerete :')

E niente, spero la storia vi sia piaciuta.
Bye~

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